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Guida alla Croazia
07 giu 2021
07 giu 2021
Una Nazionale in un pessimo momento, ma che spesso riesce a dare il meglio in queste competizioni.
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Cominciamo con un dato evidente, alla portata di tutti: da quando ha perso in finale di Coppa del Mondo con la Francia, la Croazia ha giocato 28 partite, vincendone appena 12. Ha perso con squadre come Tunisia, Slovenia, Svezia, Ungheria, oltre che con Belgio, Francia, Portogallo e Inghilterra. È arrivata prima nel girone di qualificazione per l’

ma ha vinto una sola partite dell’ultima Nations League, perdendone 5. Pochi giorni fa ha pareggiato 1-1 con l’Armenia, poi ha perso 1-0 con il Belgio. Ci sono sempre Perisic, Vrsaljko (che dallo scorso dicembre ha giocato 9 partite in campionato con l’Atletico, dopo essere tornato da un’operazione al ginocchio che lo ha tenuto fermo per due anni), Vida, Lovren, oltre ovviamente a Modric. E nei ventisei convocati, come attaccante di riserva, ci è finito dentro persino Ante Budimir. Insomma, sono stati tre anni non del tutto positivi che farebbero pensare, considerata l’età dei giocatori più rappresentativi, alla fine di un ciclo.

 

Anche le dichiarazioni del tecnico Zlatko Dalic, secondo cui «manca l’alchimia», e i giocatori giovani in particolare devono ancora realizzare che per adattarsi in Nazionale ci vuole tempo, non sembrano di buon auspicio. Eppure è difficile escludere in partenza la possibilità che la Croazia faccia un grande torneo, riscoprendo quello spirito di gruppo che l’ha portata fino in fondo lo scorso Mondiale, e che era soprattutto una sintonia tecnica, dentro cui non ci sono ragioni perché non si possano trovare alla perfezione anche talenti come quello di Niko Vlasic, Josip Brekalo o Bruno Petkovic.

 





Cambia poco se gioca con il 4-3-3 o il 4-2-3-1, la Croazia è una squadra con grande qualità tecnica, soprattutto a centrocampo, e una discreta profondità (Kovacic e Rebic non dovrebbero partire titolari, per dire) che gli permette di mantenere la propria identità indipendentemente dall’avversario. Cambia l’efficacia, però, di un gioco di possesso che a volte viene portato avanti sotto ritmo e diventa fragile, se non addirittura insostenibile anche per gente con i piedi di Modric. Quando la Croazia non tiene alta l’intensità è una squadra passiva e prevedibile, che attacca con pochi uomini e fatica a trovare la giocata individuale, o la linea di passaggio per entrare nell’area di rigore avversaria, limitandosi ai cross dalla fascia per l’attaccante solo contro tutti (sugli esterni Dalic continua ad aver fiducia in Perisic a sinistra, mentre a destra dovrebbe partire Brekalo, sul lato del suo piede forte).

 

Un gioco meccanico che, a volte, dà il proprio meglio in transizione, partendo con un baricentro basso e molto campo da far attaccare a giocatori come Perisic e Rebic. Manca, però, per puntare sul controllo senza palla della propria metà campo, la solidità difensiva. Recentemente contro grandi squadre la Croazia è sembrata semplicemente troppo debole individualmente e troppo passiva collettivamente. Al contrario, per la Croazia è necessario controllare il ritmo della gara, con e senza palla. Solo così, con un baricentro medio-alto e combinazioni veloci e verticali nell’ultima trequarti, preceduti dai cambi di campo di Brozovic e dal lavoro di cucitura di Modric, la squadra di Dalic può pensare di far male alle sue avversarie.

 

https://www.youtube.com/watch?v=qBP3HtaNo9Q

 



Sarebbe scontato dire uno tra Modric e Brozovic, i due giocatori più influenti della Croazia, ma per pensare di fare qualcosa di significativo durante l’Europeo sarà necessario che Niko Vlasic – che viene da una grande stagione in Russia con il CSKA viva più di un momento di ispirazione. Vlasic in particolare ha tutto quello che serve per mettersi in mostra in una competizione così breve. Poche Nazionali hanno un numero 10 con le sue caratteristiche fisiche e tecniche, la sua capacità di corsa e la sua visione di gioco.

 

Questo, oppure una felice – per non dire miracolosa – alternanza di momenti ispirati di giocatori come Bruno Petkovic (uno di quegli attaccanti che segnano poco ma che rubano l’occhio nel lavoro di sponda sulla trequarti) o gli esterni Orsic (che in Europa League con la Dinamo Zagabria ha segnato tre gol al Tottenham) e Brekalo. Difficile però arrivare in fondo svoltando una partita alla volta, qualcuno dovrà prendersi la Croazia sulle spalle e, stavolta, non basterà il solo Modric.

 



Le prestazioni difensive degli ultimi mesi sono state preoccupanti. Non solo per la passività generale, ma anche per la difesa dell’area, dove gli anni passati sembrano aver tolto forza e resistenza a veterani come Vida e Lovren e anche qui il solo Caleta-Car non può fare miracoli. La mancanza di coesione psicologica della Croazia si riflette pesantemente nel reparto che più di tutti gli altri ha bisogno di concentrazione e intensità. La passività  con cui si fa chiudere nella propria trequarti la squadra di Dalic è preoccupante, e se non reagirà contro squadre di qualità rischia di fare brutte figure.

 



Come detto, lo stato di forma degli ultimi mesi è quello di una squadra che alla prima difficoltà può andare in mille pezzi. Oltre gli ottavi, cioè, è difficile immaginarla ora come ora. Sarebbe bello immaginare una Croazia funzionante, equilibrata e stretta, coesa psicologicamente e tatticamente, intensa e creativa. I giocatori ci sono, il sistema anche tutto sommato è così semplice e rodato (a un certo punto Dalic ha provato a giocare con il rombo ma è tornato presto indietro) che non sembra impossibile renderlo più solido e flessibile. Ma sono tutti ragionamenti astratti, basati su quasi nessuna prova empirica. La Croazia arriva all’Europeo in pessima forma e se riuscisse ad arrivare ai quarti sarebbe già un buon risultato.

 

 

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