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Andrea Agostinelli
Guida alle Stanley Cup Finals
30 mag 2016
30 mag 2016
Pittsburgh Penguins vs San Jose Sharks. La presentazione del momento più atteso della stagione hockeystica.
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Andrea Agostinelli
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Alla vigilia di questi playoff, Pittsburgh Penguins e San Jose Sharks non partivano come teste di serie e non facevano parte del lotto delle favorite al titolo ma al termine delle Finals 2016 solo i giocatori di uno dei due roster potranno vedere il proprio nome inciso sulla Stanley Cup.

 

Si comincia questa notte con Gara 1 al Consol Energy Center di Pittsburgh dato che i Penguins, avendo chiuso la regular season con più punti rispetto ai californiani, hanno ottenuto il fattore campo. Le due squadre, pur giocando in maniera simile, hanno differenti caratteristiche tattiche e stanno attraversando un

decisamente positivo. Pittsburgh ha ribaltato lo svantaggio per 3-2 con i Tampa Bay Lightning vincendo le ultime due gare della serie e ostentando anche una certa

. I San Jose Sharks stanno invece cavalcando l’onda dell’entusiasmo per essere arrivati alle Finals per la prima volta in 25 anni di storia della franchigia.

 

 



 

In maniera bizzarra, in questa fase cruciale della stagione entrambe le squadre stanno facendo affidamento su due goalie che sono alla loro prima esperienza ai playoff.

 

Matt Murray è il protagonista indiscusso della cavalcata dei Penguins. È stato gettato nella mischia a causa dell’infortunio di Marc-André Fleury ma ha retto in maniera sorprendente alla pressione dimostrando anche contro i Lightning tutto il suo talento. Lo stile non è sempre elegante ma è molto spettacolare e soprattutto efficace. Il suo tratto distintivo è la

che gli permette di restare impassibile sino a costringere l’attaccante a fare la prima mossa.

 

La Eastern Conference Final ha segnato definitivamente il suo passaggio da backup a titolare, dato che Sullivan non lo ha schierato dal primo minuto solo in Gara 5, e allo stesso tempo l’ha reso il simbolo della nuova generazione di portieri che si sta facendo largo nella lega. Non più semplici riserve ma veri e propri titolari che possono offrire una scelta alternativa al proprio allenatore. A conferma di questa teoria c’è un dato interessante: per la prima volta dal 1980 sono scesi in campo

 delle quattro squadre in finale di Conference.

 


A proposito di giovani portieri, segnatevi questo nome: Andrei Vasilevskiy.



 

Gli Sharks invece hanno affidato le chiavi della loro porta a Martin Jones che nel suo palmares può vantare una Stanley Cup, vinta nel 2014 come backup di Jonathan Quick ai Los Angeles Kings, ma che è reduce dalla sua prima stagione da titolare. Ha fatto registrare 3 shootout, di cui 2 nella serie con i St. Louis Blues, e nonostante la sua save percentage (.919 con 440 parate su 479 tiri nei playoff) non sia fra le migliori si sta imponendo come un portiere affidabile, che spicca soprattutto per la sua capacità di frasi trovare pronto

.

 

È bravissimo nel coprire lo specchio della porta ed è dotato di una grande rapidità che gli permette di muoversi da un palo all’altro sia con tutto il corpo sia con la sola estensione dei gambali. Durante le ultime partite ha sofferto di qualche piccolo problema nel recuperare la posizione migliore quando, per chiudere lo specchio in situazioni di tiri dalla distanza con la visuale libera, si porta al di fuori dell’area pitturata.

 



 

Rispetto a Murray, che per quanto goda di grande fiducia deve sempre fare i conti con l’ingombrante presenza di Fleury, Jones può concedersi qualche piccolo errore in più. La gerarchia infatti è stabilita e il suo backup, James Reimer, ha giocato solamente 30 minuti in tutta la post season.

 

 



 

Questo è l’unico reparto in cui una delle due squadre, San Jose, ha un reale vantaggio. I Penguins infatti devono fare i conti con l’assenza di Trevor Daley che a causa di una caviglia fratturata ha chiuso anticipatamente i suoi playoff e ha ridotto le rotazioni di Mike Sullivan, che in ogni caso ha rilanciato con buoni risultati Olli Maatta. A livello tattico le due squadre giocano in maniera differente. Pittsburgh non disdegna il lavoro sporco sulle balaustre ma, piuttosto che collassare davanti al proprio goalie per creare densità, preferisce disturbare la manovra avversaria attaccando le linee di passaggio. Una politica aggressiva che però dà i suoi frutti in termini di dischi rubati (18 per Crosby, 11 per Malkin e 12 per Letang) che generano azioni di contropiede.

 

https://youtu.be/XnlHlzGcB8A?t=1h8m1s

Tipo questa.



 

Su questo snodo potrebbe svilupparsi un filone tattico della serie molto importante dato che tre giocatori degli Sharks occupano le prime quattro posizioni

. Ma anche in un eventuale contropiede, Pittsburgh dovrà fare conti con la difesa degli Sharks, nota per non fare prigionieri. Chiunque provi ad entrare nel terzo offensivo portando il puck si prende una carica. Chiunque lo difenda alla balaustra si prende una carica. E quando un giocatore è libero per la conclusione, oltre che mirare alla porta, deve trovare il modo di far passare il disco attraverso la foresta di maglie verde acqua che gli si para davanti: Vlasic, Martin, Brown, Burns e Polak sono

 in questi playoff.

 

Questa compattezza difensiva ha concesso solo 3 gol in 18 partite totali a Toffoli, Forsberg e Tarasenko, le tre punte di diamante delle squadre eliminate da San Jose. Inoltre concede a Brent Burns la possibilità di sganciarsi e trasformarsi nel quarto attaccante senza particolari controindicazioni. La sua presenza in campo,

 di tutto il roster, alza ulteriormente il livello di fisicità e permette agli Sharks

 data la sua grande capacità di saltare l’avversario durante la conduzione del puck.

 

 



 

Non solo. Burns fa parte del power play più letale di questi playoff: 17 gol su 63 opportunità con il 27% di efficienza, il secondo miglior dato della lega dietro al 31% dei Chicago Blackhawks che però hanno giocato solo sette partite. Bisogna partire da qui per analizzare la produzione offensiva di San Jose che, rispetto ai Penguins, non ha una ricerca maniacale del contropiede ma, pur facendo della velocità un suo tratto distintivo, preferisce giostrare il puck in ricerca di una linea di passaggio verso la gabbia, il più delle volte sull’asse

 che insieme hanno prodotto 50 punti dall’inizio dei playoff.

 

In seconda battuta c’è uno schema semplice ed efficace che prevede una sassata di Burns verso lo specchio della porta e la deviazione da parte di un suo compagno:

 



 

Non si tratta di fortuna e non è nemmeno paragonabile ai

. La deflection è una delle tecniche offensive più pericolose ed efficaci. Pericolosa perché bisogna buttarsi su un disco che viaggia a oltre 120 km/h. Efficace perché, proprio per l’incredibile velocità a cui viaggia il puck, ogni minima deviazione cambia radicalmente la traiettoria mettendo fuori causa il portiere. Questo tipo di gesto richiede

 ma senza un giocatore in grado di trovare la porta da qualsiasi posizione, come solo Burns sa fare, diventa tutto inutile.

 

Nonostante queste frecce all’arco degli Sharks, però, l’attacco rimane il reparto in cui Pittsburgh ha un leggero vantaggio, se non altro perché può contare su Sidney Crosby e Evgeny Malkin, leader tecnici e carismatici. Nei momenti in cui i Pens non viaggiano alla massima velocità verso la porta avversaria,

. Crosby ha giocato una serie al di sotto delle aspettative contro i Capitals ma contro i Lightning ha alzato l’asticella, ponendo fine a un’astinenza di 8 partite senza reti con 3 game winning goals consecutivi, tra cui il primo in overtime della sua carriera. Nonostante rappresenti il faro di Pittsburgh, la profondità del roster offensivo gli consente di centellinare il suo talento. Mettersi a disposizione dei compagni aspettando che sia la partita ad andare da lui.

 

Infatti, sulla carta la linea offensiva più produttiva per i Pens è la terza, quella formata da Hagelin, Bonino e Kessel. Dopo aver triturato i Capitals, i tre si sono ripetuti anche nella serie con i Lightning (16 punti) ma soprattutto la loro è una presenza costante in campo tanto che la HBK è stata

nelle ultime 10 partite ed essendo stata costruita via trade, ha garantito al General Manager Jim Rutherford la nomination ai prossimi NHL Awads.

 

https://www.youtube.com/watch?v=24nOXnwvxQ8

L’originale HBK e in sottofondo l’entry music di Triple H. What else?



 

 



 

Fin qui abbiamo affrontato il lato tecnico e tattico ma ovviamente ci sono anche diversi filoni romantici che aumentano in maniera esponenziale il fascino di questa finale.

 

Ad esempio Sidney Crosby ha l’ennesimo appuntamento con la storia e gioca per la sua legacy, già di per sé straordinaria. Vincendo la sua seconda Stanley Cup, infatti, eguaglierebbe Mario Lemieux, capitano all’epoca dei due titoli consecutivi (1991-1992) e oggi co-proprietario dei Penguins

.

 

Oppure ci sono Joe Thornton e Patrick Marleu che dopo 3093 partite combinate in NHL fra regular season e playoff, per la prima volta nella loro carriera avranno l’opportunità di vincere la Stanley Cup. Rispettivamente prima e

del Draft 1997, nonostante un palmares di tutto rispetto, compresa la medaglia d’oro olimpica a Vancouver 2010, sono al loro primo viaggio alle Finals ma l’esperienza accumulata in questi vent’anni di carriera fa sì che non sentano

 di essere arrivati sul grande palcoscenico. Inoltre non ci approdano da comprimari ma come assoluti protagonisti e, soprattutto per Thornton, con la possibilità di vincere il premio di MVP.

 


Hey Jumbo, teso per le Finals?



 

Per di più, in caso di vittoria per gli Sharks, si prenderanno la copertina emozionale perché uno dei due sarà il primo a cui verrà passata la Stanley Cup dal loro capitano: Joe Pavelski.

 

Alla sua prima stagione con la C sul petto, Pavelski ha alzato il livello delle sue prestazioni: è il capocannoniere di questi playoff con 13 gol, è secondo in classifica per punti (22) e ogni suo gesto è accompagnato dagli

. Probabilmente non conoscerà a memoria i nomi di chi lo ha preceduto al draft

, ma il risentimento per quella chiamata numero 203 al draft del 2003 lo ha spinto a lavorare più intensamente di qualsiasi altro giocatore ed ora ne sta raccogliendo i frutti.

 

Anche Phil Kessel si sta togliendo qualche sassolino dalle scarpe. La trade che lo ha visto passare dai Maple Leafs ai Pens è stata oggetto di numerosi commenti, soprattutto a Toronto dove l’unico che sarebbe stato triste per la sua partenza sarebbe stato un

. I tifosi e stampa non gli hanno perdonato il fatto di non aver vinto nulla, bollandolo come un fallito nonostante avesse messo a referto 181 gol e 394 punti totali fra il 2009 e il 2015. Oggi è la colonna portante dell’attacco di Pittsburgh e finalmente ha l’occasione di togliersi di dosso l’etichetta di eterno perdente.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Yu_wv43t5Ig

È anche il protagonista delle gag più divertente di questi playoff. Ovviamente dopo questa.



 

Per la NHL queste Finals non potevano iniziare in un momento peggiore. L’obiettivo dichiarato del commisioner Gary Bettman è quello di espandere gli interessi della lega sul mercato americano e il fatto che la Stanley Cup si giochi fra due città in cui non c’è una franchigia NBA rappresenta un buon punto di partenza. L’attenzione della Bay Area, l’area metropolitana in cui sorgono sia San Jose che San Francisco, però è rivolta a Gara 7 della WCF fra Warriors e Thunder, che si gioca in contemporanea al primo atto di Penguins e Sharks. Inoltre c’è la concreta possibilità che la fetta di mercato si possa ridurre ulteriormente qualora Golden State arrivasse alle Finals. L’assenza di squadre canadesi ha causato un

 e la presenza di Crosby, unico motivo d’interesse per il Canada, non basterà per rinvigorire una situazione che si annuncia pessima nonostante i Pens siano

della lega.

 

Detto questo, che siate appassionati o meno, il consiglio è quello di organizzarvi per vedere in qualche modo queste Stanley Cup Finals perché c’è tanta carne al fuoco e vale la pena di passare qualche notte in bianco. Speriamo.

 

 

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