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Guida alle Final Four di Eurolega
15 mag 2015
15 mag 2015
Inizia stasera a Madrid l'evento culminante della stagione di basket europea: storie, personaggi e analisi delle magnifiche 4 che si giocano il titolo.
(articolo)
18 min
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Prima semifinale: 15 Maggio ore 18 - Cska Mosca vs. Olympiacos Pireo

Cska dimonio, occhi di bragia

Stagione Regolare EL: 10-0

Top-16 EL: 12-2

Playoff EL: 3-1 sul Panathinaikos

VTB: 26-4 (prima)

L’Armata Rossa del Cska si presenta a Madrid con gli occhi iniettati di sangue, ma se c’è un avversario che forse non avrebbe voluto incontrare è sicuramente l’Olympiacos. Il ricordo della finalissima di Istanbul nel 2012—decisa allo scadere dal canestro dell’unico sorpasso di tutta la gara con l’ormai leggendario semigancio di Printezis—ha rappresentato l’inizio del miracolo ateniese, ma anche dei grandi tormenti moscoviti.

Dopo quella cocente sconfitta, un Kirilenko mai così avvilito se ne andò negli States e venne fatto ritornare alla casa madre Ettore Messina, con l’ordine di riportare La Vittoria affrontando la sfida più grande: farcela con il play Milos Teodosic alla guida della squadra. Ma anche l’Ettore nazionale dovette giocoforza arrendersi alla doppia identità di un Cska incapace di battere gli underdog: battuto da favorito nella semifinale 2013 dalla nemesi Olympiacos, tradito da una palla scivolata al veterano Khryapa nella semifinale 2014 contro il Maccabi Tel Aviv di Blatt, il Cska (salutato senza troppi complimenti Messina) è arrivato a queste F4 con una spada di Damocle pendente sulla testa e un desiderio di vendetta superiore a qualsiasi altra squadra.

Andrei Kirilenko e coach Itoudis, due delle principali ragioni della grande stagione del Cska.

Cska Basketball

“Eccellente” è l’aggettivo più immediato se si guarda alla fin qui straordinaria stagione moscovita. Aver inaugurato l’annata con 15 vittorie consecutive in Europa mentre i migliori erano ai box per infortunio (a turno De Colo, Teodosic, Markoishvili) ha creato da subito entusiasmo e fiducia in un gruppo che coach Itoudis ha forgiato di mese in mese, sviluppando un equilibrio sempre più evidente grazie a una rotazione con pochissimi eguali.

L’attacco del Cska è già entrato nella storia della coppa: il 106,9 di valutazione media in Eurolega quest’anno vale il secondo posto di sempre, così come i tiri da 3 segnati (276) e gli assist distribuiti in media a partita (20,9). Discorsi simili si potrebbero fare per i punti segnati a partita (prima quest’anno con 87,8; quinta ogni epoca) e le percentuali al tiro (55% da 2, seconda nel 14-15; 41,6% da 3, prima nel 14-15), tutti dati che esaltano il super lavoro del coach esordiente (ma per 13 anni assistente al Panathinaikos), esemplare nell’amalgamare isolamenti e talento individuale in un gioco di squadra fluido ed efficiente.

Una delle azioni tipiche del Cska 2015, anche se tipica non è l’interpretazione di De Colo.

Con il ritorno in patria di un Kirilenko stufo di panca NBA, il Cska ha infine completato un mosaico già di altissimo livello, inanellando una serie di 9 vittorie consecutive interrotte solo dalla sconfitta in gara-3 all’OAKA contro il Panathinaikos nei playoff, persa allo scadere. AK47 ha portato alla corte di coach Itoudis un’atipicità sia offensiva che difensiva, ampliando ulteriormente le opzioni a disposizione: con un passatore sopra la media come lui, i ribaltamenti e gli alti-bassi per Kaun e Hines sono diventati ancor più letali, così come i cambi difensivi sugli avversari, dato che Kirilenko può difendere su almeno quattro ruoli differenti.

Fisicità, versatilità e atletismo sono i fattori su cui il Cska ha fondato il proprio successo (76 punti subìti di media in quest’Eurolega, nona assoluta) e con cui proverà a battere l’Olympiacos in semifinale: il backcourt moscovita è superiore per stazza e talento (Spanoulis a parte), e tenere a basse percentuali i tiratori greci sarà uno degli obiettivi principali per Itoudis, considerata la scarsa pericolosità spalle a canestro dei lunghi dell’Olympiacos. In attacco, invece, i mismatch degli esterni, la precisione nei blocchi e la rapidità nell’esecuzione saranno indispensabili per avere la meglio sulla terrificante pressione dei Reds.

Anche in questa stagione però le fortune della squadra sono dipese soprattutto dalle mani fatate dell’ex Olympiacos Teodosic (career high per lui con 15 punti di media) e dalla qualità delle sue decisioni offensive nei momenti topici delle partite. Una dipendenza rivelatasi ancora una volta vincente (miglior record europeo) ma non priva di effetti collaterali potenziali cui il Cska ha provato a trovare una soluzione. In una situazione inedita rispetto agli ultimi anni, infatti, è stato affiancato al guizzante ma discontinuo Jackson, un giocatore ormai d’élite come De Colo (pure una partita da 28 punti senza errori al tiro), forse l’innesto più importante per leadership e alternativa alle giornate storte del play serbo. Con loro due come creatori principali in attacco (primi due realizzatori della squadra) l’uso del pick and roll contro un Olympiacos in difficoltà sugli attacchi dinamici sarà fondamentale (16% dell’attacco Cska in stagione, per Synergy Sports), aprendo spazi e scarichi a compagni come AK47, Vorontsevich, Hines (altro ex Oly) e Markoishvili, non rinunciando però a ritmi elevati e a situazioni di transizione capaci di accendere giocatori come Weems, inarrestabili in campo aperto (13,5 punti di media).

Teodosic al suo peggio: il secondo tempo della finalissima del 2012 contro l’Olympiacos.

I (pochi) problemi durante la stagione sono semmai sembrati legati alla capacità dei giocatori principali di leggere i momenti delle partite e di sottomettere i propri istinti a una ragione che spesso e volentieri avrebbe portato a decisioni migliori e meno forzate. Nonostante il 25-3 in Eurolega, ancora oggi i dubbi maggiori riguardano le letture di De Colo e soprattutto Teodosic (le ormai famigerate Triple Senza Senso) oltre che gli 1-vs-1 avventati di Weems nei primi dieci secondi dell’azione.

Calma e pazienza, oltre che durezza mentale e rabbia agonistica, soprattutto contro l’Olympiacos, dovranno regnare sovrane: le scelte offensive sono talmente tante e variegate che solo il fattore-testa, quello meno controllabile, potrebbe far calare le percentuali e la lucidità nella gestione del quarto periodo mettendo a rischio le chance del Cska di strappare un biglietto per la finale di domenica.

L’Olympiacos Pireo e i custodi del sacro fuoco

Stagione Regolare EL: 8-2

Top-16 EL: 10-4

Playoff EL: 3-1 sul Barcellona

Heba Greca: 25-1 (prima)

Riecco i Reds! L’ultima volta che la compagine guidata da Spanoulis s’era ritrovata alle Final Four ne era uscita festeggiando ubriaca con il trofeo in mano dopo aver rimontato dal -17 il Real (Londra 2013). Vittoria che era valsa il back-to-back continentale e una delle imprese più incredibili nella storia del Gioco. Successi coincisi, ironia della sorte, con la drastica riduzione del budget rispetto al ricco e vicino passato, culminata in una rivoluzione radicale sia nel roster che nel tipo di pallacanestro giocata.

Ma se c’era un posto tra i tanti dove l’antico spirito guerriero e operaio poteva ritrovare respiro e attecchire, quello era proprio nella città all’ombra del Partenone e nella squadra del gemello maschile della dea Atena, Vassilis Spanoulis. Tra le giocate decisive, i canestri e gli assist vincenti, Spanoulis si è già elevato al rango di Leggenda Vivente. Anche così si spiega come sia stato possibile che, dopo un’intera stagione giocata sotto i suoi (eroici) standard, sia riuscito ancora una volta a esplodere nel mese di aprile, conducendo i suoi all’eliminazione del Barcellona con il fattore campo a sfavore nella serie playoff (dati per morti in Gara-1, dominata Gara-2 e serie chiusa ad Atene in un’epica Gara-4 con il buzzer beater—un altro!—di Printezis). L’ennesima dimostrazione di quanto poco contino numeri e vittorie “da regular” se poi non ci si fa trovar pronti nell’attimo supremo, quando oltre a tecnica e tattica servono cuore e attributi per fare la differenza e ribaltare un risultato che all’apparenza sembra già deciso. E in questo l’Olympiacos dell’ultimo quadriennio onestamente non è mai stato inferiore a nessuno.

La Printezata di Printezis che è valsa il titolo del 2012 vs il Cska.

Olympiacos Basketball

I Reds contro il Cska partiranno da un cardine fondamentale: la miglior difesa d’Europa sia in termini d’impatto fisico sulle squadre avversarie sia in termini statistici, con 71,2 punti concessi a partita (dato Eurolega 14-15). L’intensità sarà asfissiante, sia sul perimetro con Mantzaris e Sloukas che in un’area dove i lunghi si esaltano negli aiuti-e-recuperi sui pick and roll e nelle rotazioni dal lato debole, rendendola una “NO-FLY zone” (quando pressano concedono solo 3,5 punti a gara, dato Synergy, il migliore tra le 4 di Madrid). Proprio quest’ultimo aspetto è probabilmente valso a Bryant Dunston il secondo premio consecutivo di Difensore dell’anno, con il rimpianto ex-Varese a comandare la “Death Squad” con Hunter, Printezis e Petway, capace di concedere solo 19,4 punti di media in stagione su penetrazione (dato stagionale Synergy) e il 45,7% da 2, secondo miglior dato Eurolega 2014-15.

In attacco invece, limitati dal poco talento in post e nell’1-vs-1 (sono poco sopra la media EL nelle principali voci statistiche, con il 35,5% da 3 e il 52% da 2), baseranno le proprie fortune su un’estremizzazione della motion offense a ritmi compassati, con cinque giocatori in perenne movimento e l'obiettivo di trovare uno scarico “aperto” per i tiratori (il 25,4% dell’attacco, con principali target Sloukas, Lojeski e Petway) o un mismatch da sfruttare con l’atipicità e il dinamismo di un Printezis mai così decisivo come quest’anno (i 12,2 punti a partita sono career high).

Spanoulis naturalmente comanderà toni e opzioni di tutta la fase offensiva, decidendo quando e come usare i suoi micidiali isolamenti (vedi grafico sotto), caricando di falli gli avversari e creando opportunità per tutti, anche e soprattutto usando il pick and roll centrale (il P&R coinvolge in generale ben il 16,3% di tutto l’attacco biancorosso).

Il pregio di questa fase offensiva è la continua imprevedibilità, basandosi su principi, azioni-e-reazioni e rendendo impossibile pronosticare un protagonista certo per la semifinale (sette giocatori tra i 6 e i 14 punti di media in Eurolega): tutti saranno preparati a sfruttare qualsiasi distrazione del Cska, togliendo punti di riferimento, cercando canestri di rapina da rimbalzo offensivo e dai recuperi difensivi.

In definitiva più adrenalina ci sarà in campo, più l’Olympiacos si sentirà a proprio agio. E se si troveranno sotto nel punteggio Mosca dovrà stare ben attenta. “Pressione” è una parola sconosciuta a una squadra composta da incredibili agonisti capaci di elevare il rendimento anche al di sopra delle proprie reali capacità quando più conta. L’esempio classico, oltre all’immancabile Printezis, il Mantzaris degli ultimi playoff che ha tirato i suoi 2,5 tiri da 3 a gara con un assurdo 90%.

Seconda semifinale, 15 Maggio ore 21 - Real Madrid vs. Fenerbahce Ulker

La maldición de la Novena

Stagione Regolare EL: 8-2

Top-16 EL: 11-3

Playoff EL: 3-1 sull’Efes Pilsen

ACB: 27-5 (prima)

Ci dispiace per il meraviglioso tiratore Jaycee Carroll, ma non siamo d’accordo con il suo ultimo post sul blog ufficiale dell’Eurolega: vincere le Final Four a Madrid non sarà la classica “ciliegina sulla torta”. Per le altre forse sì (due coach e un intero club esordienti a questo livello) ma per il Real vincere—dopo due finali perse in fila—significherà tutto. All in. A maggior ragione se te la giochi sul campo di casa, evento che non succedeva dal 1967.

La squadra che arriva a questo atto finale però sembra meno forte, solida e sicura delle ultime due versioni, quando “solo” la testa e la scomparsa di giocatori chiave nei finali di partita avevano compromesso l’alzata della coppa. Per assurdo infatti, sebbene siano sul parquet amico, i blancos non sembrano i maggiori favoriti come nelle ultime edizioni, mentre l’unico vantaggio di giocare al Barclaycard Center, come ha detto coach Laso, sarà esclusivamente quello di essere gli unici a conoscere bene la strada per arrivare al palazzetto. O, parafrasandone le dichiarazioni, la pressione, anche se non lo dicono, è tutta dalla loro parte. Ma come nella più tipica delle tradizioni cestistiche, forse proprio nell’annata meno dominante potrebbe arrivare la Novena e la fine della maledizione che—un po’ come è stato per i cugini del Bernabéu fino all’anno scorso—dura ormai dal 1995.

Real Madrid Basketball

Da quando nel 2011 è arrivato coach Pablo Laso, ex giocatore madrileno e uno dei migliori play spagnoli di sempre (primo per assist nella storia dell’ACB), il Real ha intrapreso un percorso tecnico-tattico ben definito, costruendo uno stile di gioco parallelo all’idea già applicata al calcio dalla stessa polisportiva: vincere dando spettacolo.

L’arrivo contestuale dall’NBA prima di Sergio Rodriguez (2011) e poi di Rudy Fernandez (2012 con la “finestra” del lockout) ha fatto decollare questa visione. Con due giocatori di quel talento—creativi, completi, rapidi, dinamici, e in aggiunta all’esplosione di Sergio Llull—il Real ha implementato un sistema di run-and-gun basato offensivamente soprattutto sui tre spagnoli, anima e cuore della squadra insieme alla bandiera Felipe Reyes, migliorando qualità del gioco e numero di successi di anno in anno, tanto da centrare ben tre Final Four consecutive sui cinque anni di progetto (questo è il quarto).

Una delle immediate conseguenze del Real Baloncesto all’arrivo di Sergio&Rudy: l’alley oop!

Un risultato di assoluta competitività e continuità testimone del clamoroso lavoro di Laso, dello staff tecnico (anche l’ex stella Zan Tabak in panca) e del gruppo di giocatori rimasto quasi intatto nell’ultimo triennio, fattore basilare per garantire stabilità e coerenza a un qualsiasi programma sportivo. Vittorie e numeri europei di questo 2014-15 parlano chiaro: il Real si presenta alla gara contro il Fenerbahce con il secondo miglior attacco in Eurolega dietro al Cska, con 86,3 punti a partita e addirittura con la più elevata media di assist nella storia con 21,6 a gara, oltre a due match consecutivi chiusi a 33 assist in stagione regolare.

Il sospirato ritorno ad alti livelli dello sharpshooter Carroll (memorabile la tripla del pareggio in Gara-3 contro l’Efes) e l’affidabilità della guardia americana K.C. Rivers hanno sicuramente contribuito alla grande stagione offensiva, ma il Real sembra ancora dipendere troppo dal tiro da tre e più volte in stagione contro una difesa tosta come quella che incontrerà in semifinale è andato fuori giri, improvvisando e forzando dal palleggio.

In realtà, ben consapevoli del problema, i rinforzi estivi erano stati cercati anche in quest’ottica, aggiungendo alla rosa giocatori capaci di colpire da altre zone del campo come le ali Maciulis e Nocioni, abili negli 1vs1 e spalle a canestro contro avversari più piccoli, e Gustavo Ayon, centrone messicano mobile e dotato di movimenti da centro vero, ma alcune incognite sono rimaste.

Rispetto allo scorso biennio però quello che s’è notato durante la stagione—oltre a un avvio più difficoltoso sia in ACB che in Europa a causa di una catena di infortuni—è stato il quasi impercettibile calo dei due massimi rappresentanti del Real, Rodriguez e Fernandez. Soprattutto l’MVP europeo in carica, il Sergio barbuto, c’è sembrato per alcuni tratti scarico, meno pervaso da quell’energia positiva e da quella verve che aveva trascinato Madrid alla cavalcata quasi vincente del 2013-14. Utilizzato come da consuetudine da sesto uomo in uscita dalla panchina, le sue statistiche sono tutte calate rispetto alla precedente annata a parità di minuti (21 di media), soprattutto nel tiro da tre punti (38% vs 50%, e l’anno scorso tirava pure di più): ritrovare il miglior Rodriguez sarà imperativo considerata la supremazia turca in area e i ritmi avversari volutamente più bassi.

Un altro punto di domanda riguarda una difesa che, a dispetto di un numero consistente di palle recuperate (8,3 a gara, primo dato tra le 4 finaliste) necessarie per scatenare i contropiedi e migliorata sul perimetro (sono la squadra che concede di meno sugli isolamenti, solo 4,5 punti a partita—dato Synergy) non ha ancora trovato quella maggior solidità e cattiveria che l’innesto di guerrieri come Nocioni e Ayon, uniti alla verticalità di Slaughter e Mejri, si pensava avrebbero portato (il baluardo difensivo rimane Reyes, 35enne alla miglior stagione di sempre).

Le incognite riguardano anche l’aspetto mentale nei finali tirati, specialmente quando si tratta di coach Laso: nelle ultime due finali la sua personalità pacata e mai sopra le righe potrebbe influire in negativo su una squadra abituata a giocare sul velluto, ma che nei momenti decisivi necessita di una strigliata sia tecnica che mentale per ritrovare la retta via. Laso crede fermamente nella propria idea di basket, ma è di fronte alla prova definitiva: ganar o morir.

La vergine Fenerbahce e il lupo Obradovic

Stagione Regolare EL: 8-2

Top-16 EL: 11-3

Playoff EL: 3-0 sul Maccabi Tel Aviv

TBL Turca: 23-7 (prima)

In una recente intervista alla Gazzetta dello Sport, coach Zeljiko “The Greatest” Obradovic ha dichiarato che nell’Eurolega di oggi sono rimasti solo sette veri campioni: Diamantidis, Spanoulis, Teodosic, Navarro, Fernandez, Rodriguez e Llull. Non conosciamo la sua reazione dopo aver appreso che ben tre di essi se li sarebbe ritrovati contro nella semifinale di Madrid, ma possiamo immaginare una sua tipica risposta, peraltro data realmente anche ad Euroleague.net pochi giorni fa: «Sì lo so, è la semifinale dell’Eurolega, ma non è altro che una partita di basket, nulla di differente».

Un pragmatismo e un’ironia che hanno reso Obradovic riconoscibile ovunque e che nascondono una fiducia nei propri mezzi, un’esperienza infinita e una conoscenza del Gioco con pochi eguali nella storia della pallacanestro. Qualità che Obradovic ha dovuto mettere tutte in campo quando al primo anno al Fenerbahce, lo scorso, si ritrovò con una squadra buona ma non corrispondente alle proprie idee, sia come giocatori che come approccio mentale. Da lì in avanti la vecchia volpe serba, come un padre saggio e severo, ha preso per mano la sua creatura e a furia di ceffoni e insegnamenti è riuscita a farla maturare, portandola dove mai prima era arrivata: alle finali dell’Eurolega. Un percorso difficile, che crediamo sia costato parecchie energie all’allenatore capace di vincere 8 coppe con 4 squadre differenti (unico nella storia) e un’impresa storica, anche senza la vittoria finale. Ma non è quello che Obradovic deve aver detto ai suoi alla vigilia di Madrid.

Fenerbahce Basketball

Ciò che più ha colpito della squadra turca è stata la capacità di mutare pelle nel corso del biennio targato Obradovic, trasformandosi lentamente da crisalide incompiuta a farfalla, seguendo un maestro che, nonostante il diverso materiale a disposizione rispetto alle ultime stagioni vincenti con il Panathinaikos, ha applicato alcuni dei concetti imprescindibili del proprio basket, universali e unici allo stesso tempo, a cominciare dall’importanza vitale del post basso.

Delle quattro partecipanti il Fenerbahce può essere considerato decisamente il team con la batteria lunghi più possente, con una rotazione a cinque senza paragoni che si completa splendidamente nelle caratteristiche offensive e difensive essenziali a sviluppare il gioco del coach. In primis naturalmente il neo MVP dell’Eurolega 2015, ovvero quel Nemanja Bjelica ha compiuto finalmente (classe ’88) l’ultimo salto di qualità: talento, controllo del corpo e della palla di una guardia incastrato in un corpo da centro, Bjelica è riuscito a concretizzare tutto il proprio potenziale mettendo a disposizione della squadra la propria versatilità, visione di gioco e istinto per il canestro, meritandosi gli elogi rarissimi dello stesso allenatore che l’anno scorso l’aveva cacciato in spogliatoio a partita ancora in corso.

Ridefinire il concetto di “accompagnare alla porta”.

Le sue iniziative, i suoi tiri da fuori e la sua capacità di andare a rimbalzo su entrambi i lati del campo saranno cruciali contro i lunghi del Real, tanto quanto l’impatto dell’altro grande fattore dei gialloneri sotto i tabelloni, Jan Vesely. Il ceco ex Wizards nel corso della stagione è stato capace di convertirsi da ala forte “ibrida” in un centro rapido, tremendamente esplosivo e sempre più veloce del diretto avversario, contribuendo in modo esponenziale alla crescita della squadra nella seconda parte della stagione, con 13 vittorie nelle ultime 14, compreso il 3-0 ai campioni in carica nei playoff.

Attorno a loro Obradovic dividerà compiti e minutaggi per gli altri tre lunghi: le due torri turche Savas e Erden, perfette per contrastare centri come Ayon o Bourousis, a piazzare blocchi granatici e racimolare punti spalle a canestro; e il croato Zoric, intelligente e ottimo nel gioco dalla media e nei pick and roll con gli esterni.

Un muro impenetrabile in area e onnipotente a rimbalzo (settima difesa d’Europa; seconda per minor numero di rimbalzi concessi agli avversari) che dovrebbe compensare difensivamente la perdita del miglior atleta sul perimetro, ovvero quel Ricky Hickman campione europeo col Maccabi, infortunatosi a fine marzo. Ma se il suo forfait poteva significare un ridimensionamento in chiave Final Four l’arrivo del sempreverde play Nikos Zisis ha addirittura migliorato l’equilibrio dell’Ulker, fornendo alla squadra un leader nato e un regista esperto pronto ad innescare a Madrid il terzo miglior realizzatore di quest’Eurolega, la guardia ex Lakers Andrew Goudelock (16,4 punti di media), e la stella nascente del basket europeo, la guardia serba Bogdan Bogdanovic esploso fragorosamente sotto la (tremenda) cura-Obradovic.

Le 10 triple contro il Bayern di Goudelock, nuovo record Eurolega.

Potenza di fuoco gestita al meglio dal coach serbo, sagace nel lasciare maggiori libertà ai più pericolosi attaccanti (i due serbi e Goudelock, il giocatore più usato in stagione con 29 minuti di media) miscelandoli però in un sistema di basket a metà campo basato su esecuzioni ferree e ricerca delle migliori spaziature grazie all’incredibile versatilità della maggior parte dei propri uomini. Qualità sublimata dalla stella turca, la point-forward Preldzic, e da Bjelica, due delle principali fonti di mismatch e assist dell’attacco del Fenerbahce, quasi un terzo del totale.

Obradovic è arrivato alla sua 15.esima Final Four, con la prima conquistata 24 anni fa con il “suo” Partizan Belgrado, quando fu subito vittoria: il Fenerbahce sogna un epilogo altrettanto dolce che solo uno dei migliori coach del mondo poteva convertire da utopia a sogno realizzabile.

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