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Guida alla Western Conference NBA
15 nov 2014
15 nov 2014
Tutto quello che c'è da sapere sulla Western Conference 14/15, a cura del nostro team NBA: Alessio Marchionna, Lorenzo Neri e Dario Vismara, con la partecipazione speciale di Francesco Pacifico.
(articolo)
14 min
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Qui puoi trovare la Guida alla Eastern Conference.

Western Conference

Northwest Division:

Oklahoma City Thunder, Portland Trail Blazers, Utah Jazz, Denver Nuggets, Minnesota Timberwolves

Pacific Division:

Los Angeles Clippers, Los Angeles Lakers, Phoenix Suns, Sacramento Kings, Golden State Warriors

Southwest Division:

San Antonio Spurs, Houston Rockets, Dallas Mavericks, Memphis Grizzlies, New Orleans Pelicans

League Pass Watch

di Francesco Pacifico

Il League Pass a ovest sarà deturpato molto spesso dai pigiamini dei Clippers. Qualche settimana fa, nella pomeridiana domenicale in casa contro i Kings, i Clippers hanno indossato l’orrenda t-shirt celestina, che sta particolarmente male ai giganti come Spencer Hawes, presentatosi con pizzetto a manubrio e capelli di media lunghezza. Anche i Lakers hanno già mostrato la t-shirt nera, un po’ meno spiacevole. Ma tanto i Lakers di Boozer e Lin non li guarderemo, e si dice già che il destino di Kobe è a New York con Phil Jackson per fare il super veterano quando saranno competitivi. Si dice.

Da guardare ci sarebbe stata OKC con Westbrook leader, ma si è infortunato, e quindi non li guarderò prima di Natale. La regular season inizia così lenta che ci si annoia parecchio con la forma scarsa delle squadre. Il problema della regular season è che hai ancora in mente il basket delle Finali e nonostante l’eccitazione delle novità, sostanzialmente ti annoi in queste prime partite in cui (a est) la cosa più divertente da vedere (…) è Chris Bosh che ridiventa leader. Quindi il League Pass serve soprattutto a seguire la raffinita distribuzione di minuti di Popovich agli Spurs, per capire se Belinelli aumenterà le sue responsabilità (quando tornerà dall’infortunio). Si può sopportare di seguire Denver, priva di ambizioni, per avere il polso del recupero di Gallinari? No. Si dice che la squadra divertente – e con nuova divisa rossa – sia New Orleans, che è un po’ come Charlotte a est. Dovrebbe essere l’anno in cui Anthony Davis diventa veramente famoso, ma la verità, per tornare a dove abbiamo iniziato, è che quest’anno mi interessa solo chi vince: la sfida è tra Clippers in piagiama e Spurs stanchi morti dopo due finali consecutive. Gli Spurs possono perdere con i Mavericks e non arrivare in finale, quindi seguiamo il gioco bianco di Chandler Parsons e Dirk Nowitzki. Non mi interessa assistere al progresso dei Suns, e a veder giocare con la tripla guardia, mentre mi interessano il pizzetto e il contratto di Klay Thompson e la facilità antiagonistica di Stephen Curry. In un certo senso, però, l’unico vero basket che si può guardare al momento è una sfida con infortunati fra Grizzlies, durissimi, e una contender. Il resto è troppo leggero per chi ha ancora negli occhi i sacrifici megalomani di James e il “tiki-taka” degli Spurs.

La Top-3 dei personaggi da nerdgasm

di Alessio Marchionna (@alessiomarchio):

1) Klay Thompson

C’è stato un momento, quest’estate, in cui molti di noi si sono accorti di avere un’idea sbagliata di Klay Thompson. Lo vedevamo soprattutto come un gran tiratore, un giocatore con una mano meravigliosa e un tiro letale sugli scarichi, ma un po’ troppo incasellato, il fratello minore perfettino di Steph Curry. Durante tutto il mondiale di Spagna, ma soprattutto contro la Slovenia, Thompson ha demolito quell’idea. La sua partita contro la Slovenia è impressionante per completezza tecnica sui due lati del campo e per personalità. Minuto 3 del secondo quarto: penetrazione a sinistra di Klobucar, Thompson di rincorsa alla LeBron James lo inchioda al tabellone. Minuto 10 del terzo quarto: penetrazione a sinistra di Zoran Dragic, Thompson gli toglie lo spazio per andare verso il canestro e poi chiude la linea di passaggio, palla recuperata; dopo tre secondi è già con la palla in mano sulla linea del tiro da tre, finta, penetrazione verso il fondo, terzo tempo e floater per anticipare l’arrivo del lungo avversario. Minuto 7 dell’ultimo quarto: uscita a ricciolo sfruttando il blocco di Cousins, riceve, vede il ritardo della difesa e infila il pallone tra i due marcatori per farlo arrivare al lungo dei Kings smarcato. Ultimo minuto: rimbalzo e apertura baseball senza guardare per Mason Plumlee che riceve e schiaccia. Insomma, un’abilità sorprendente di cambiare gioco in base agli avversari e alle situazioni di gioco, il tutto mentre Curry stentava ad adattarsi ad attacchi, difese e arbitraggi diversi. Aspettiamoci una stagione in cui il fratello minore fa il salto definitivo per diventare co-padrone della squadra.

Max player:

2) Trevor Ariza

Nel triangolo del basket texano probabilmente non vedevano tanto talento dal 1995, cioè da quando i Rockets di Hakeem Olajuwon, Clyde Drexler e Robert Horry vinsero il titolo dopo aver battuto in finale di conference gli Spurs di David Robinson, Sean Elliott e Dennis Rodman. Le questioni più interessanti dal punto di vista tecnico riguardano i Rockets. Houston ha perso peso e solidità sotto canestro cedendo Omer Asik, ma ha guadagnato qualcosa sul fronte esterni. Soprattutto grazie a Trevor Ariza, che si adatta alle esigenze della squadra meglio di quanto facesse Chandler Parsons. Ariza non è altrettanto efficace in campo aperto ma è un tiratore molto più affidabile. E questo è fondamentale per un attacco che passerà tantissimo per le mani di Dwight Howard e James Harden e creerà tanti tiri da fuori sugli scarichi (è 25/52 finora, 48% abbondante da tre) e tante possibilità per gli esterni di tagliare verso il canestro. E poi è un difensore migliore di Parsons, abbastanza veloce per marcare guardie più piccole e leggere. Contro i Lakers, nella gara di apertura, la sua difesa su Kobe Bryant è stata quasi perfetta: non ha mai abboccato alle finte di tiro e ha costretto più di una volta la star dei Lakers a fermare il palleggio e appoggiarsi a un compagno; tutti i punti che Bryant ha segnato contro Ariza sono stati sudatissimi, frutto di giocate notevoli. Chiudete gli occhi, pensate a Damian Lillard che segna smarcato la bomba che manda a casa i Rockets durante i playoff dello scorso anni, e capirete tutto.

3) Dante Exum

Per certi versi è ancora un mistero. Prima di giocare la Summer League era rimasto fermo per un anno intero. Ma per quel poco che siamo riusciti a vedere è capace di lampi di classe fulminanti. Ha tutte le armi che servono per diventare un playmaker completo a ottimi livelli. È alto un metro e 96 centimetri, cioè più della maggior parte dei difensori che si troverà ad affrontare, è veloce e ha doti atletiche notevoli, gran palleggiatore, primo passo velocissimo, si butta dentro senza paura, capisce il gioco e i vede i movimenti dei compagni. La meccanica di tiro non è perfetta e le percentuali non sono eccezionali, ma quello che siamo abituati a vedere con i rookie da qualche anno a questa parte sarebbe strano il contrario. E dire che ci si aspettava molto di meno.

Young Guns

di Lorenzo Neri (@TheBro84):

Northwest Division

Possibile arrivare in NBA da poco tempo, massimo un anno, e avere già dei sassolini da togliersi dalle scarpe? Se andate a scorgere il roster dei Minnesota Timberwolves troverete le ultime due prime scelte assolute, Andrew Wiggins e Anthony Bennett, vittime sacrificali estive dei Cavs per arrivare a Kevin Love in quanto ritenuti poco adatti alle aspirazioni da titolo della franchigia sulle sponde del lago Erie. Per Bennett è una bocciatura dopo una stagione dove è stato criticato non solo per le prestazioni mediocri, ma anche per una forma fisica che non è mai sembrata ottimale. Wiggins invece non ha avuto la possibilità di mostrare niente, pedina fondamentale dello scambio avvenuto a neanche due mesi dalla sua scelta. Il loro desiderio di rivincita sarà forte e dovranno “combattere” contro un allenatore, Flip Saunders, sempre restìo a fidarsi dei giovani, che però si trova la squadra infarcita con il centro senegalese Gorgui Dieng, alla ricerca di risposte dopo un gran Mondiale dal punto di vista statistico, Zach LaVine, atleta irreale dal potenziale illimitato e un gioco tutt’altro che definito, e Shabazz Muhammad. La loro fortuna? In attacco a gestire le operazioni c’è Ricky Rubio. La sfortuna? Si è già fatto male. È di particolare interesse la coppia di rookie presenti a Denver. Jusuf Nurkic e Gary Harris hanno infatti caratteri molto diversi tra loro, dove il bosniaco fa la parte del lungo-sbruffone-e-irrispettoso, mentre Harris è la guardia-duttile-e-concentrata. Due cose però li accomunano: il talento ed il poco spazio che rischiano di avere nelle rotazioni di Brian Shaw, perché nei loro ruoli hanno un’agguerrita ed esperta concorrenza.

Sleeper: molta attenzione a quello che possono fare i secondo anno Andre Roberson e CJ McCollum nelle rotazioni rispettivamente dei Thunder e dei Blazers. Possono assicurare minuti di qualità a squadre che nei playoff ne avranno molto bisogno.

Pacific Division

Non poteva partire nel peggiore dei modi la carriera di Julius Randle nei Los Angeles Lakers. L’ala forte proveniente da Kentucky, uno degli esordienti che sembravano più pronti al salto NBA ed a dare un contributo sensibile alla propria squadra, dopo 14 minuti della sua prima partita professionista è dovuto uscire a causa della frattura della tibia destra a seguito di una penetrazione andata male. Stagione finita e Lakers che perdono uno dei pochi motivi d’interesse di quest’anno oltre al ritorno di Kobe. Saranno mesi lunghissimi per i tifosi gialloviola.

Le personalità agli antipodi di Ben McLemore e del rookie Nik Stauskas si giocheranno nel corso dell’anno minuti nel ruolo di guardia nei Sacramento Kings di Mike Malone. Se Ben è il ragazzo timido dalla storia strappalacrime che fa grande fatica in una squadra dove ego e faccia tosta la fanno da padrona, il cecchino Nik sembra adattassimo a un ambiente del genere dichiarando sin da subito che, consapevole del trattamento che verrà riservato a lui, white kid, non mancherà occasione per rispondere sul campo.

A Phoenix mentre si aspetta che i giocatori scelti quest’anno, Tyler Ennis e TJ Warren, riescano ad adattare il proprio gioco alle richieste di coach Hornacek, sperano di vedere giocare con molta più continuità il centro ucraino Alex Len, lungo dotato di centimetri, piedi veloci e mani da pianista ma anche di un corpo di cristallo che lo mette di fronte a continui problemi fisici. I primi flash visti contro gli Spurs sono da stropicciarsi gli occhi, chissà se riuscià a calcare il campo per tutta la stagione fermandosi il meno possibile.

Sleeper: le qualità balistiche di Reggie Bullock rischiano di essere vitali nella stagione dei Los Angeles Clippers, soprattutto se lo specialista JJ Redick non riuscisse a rimettere a posto la mira come dimostrato nelle prime uscite stagionali.

Southwest Division

Già, in ala piccola c’è Trevor Ariza, ma non dimentichiamoci di Kostas Papanikolaou che, a dispetto dei soli 22 anni, ha già nel palmares due titoli di Eurolega giocati da protagonista nell’Olympiacos. Super intelligente tatticamente, gran difensore di sistema e ottimo tiratore dagli angoli, sembra il tassello perfetto per il ruolo di role-player al fianco di due superstar come James Harden e Dwight Howard, che potrebbero trovare in lui un ottimo bersaglio per i loro scarichi. Nei Rockets non sarà da sottovalutare l’apporto di Troy Daniels, favoloso tiratore dalla distanza ed emblema del cosiddetto MoreyBall, ovvero il sistema di gioco voluto dal GM che esclude i tiri dalla media distanza per favorire tiri da 3 e conclusioni vicino al ferro.

Sleeper: nel momento in cui è stato selezionato con la 30° scelta Kyle Anderson è stato subito etichettato come la classica steal of the draft degli Spurs, club di cui fanno parte Manu Ginobili (Draft 1999, scelta n° 57), Tony Parker (2001, n°28), Tiago Splitter (2007, n°28) e George Hill (2008, n°26). Anderson è un giocatore particolare, un playmaker di 2.05, soprannominato Slow-Mo per le movenze leggiadre ma lente e con una testa che corre molto più veloce delle gambe, con caratteristiche che sembrano disegnate per il sistema Spurs. Sarà difficile vederlo in campo con tanti minuti quest’anno a causa di una difficile adattabilità del gioco, ma non dimenticate il suo nome.

I personaggi del sottobosco

di Dario Vismara (@canigggia):

Northwest Division

La storia di Thomas Robinson era drammatica già dall’inizio: padre perso chissà dove, cresciuto dalla classica single mother, ha dovuto fare da figura paterna a sua sorellastra Jayla, 11 anni di differenza, fin da quando era piccola. Poi, mentre si trovava all’università di Kansas, ha perso nonna, nonno e quindi la madre, che gli aveva nascosto l’aggravarsi dei suoi problemi al cuore dopo la perdita dei due genitori. Il tutto nel giro di un mese. A Kansas, il coach della squadra Bill Self decise di commemorare la madre di Robinson piantando un albero, con l’incisione firmata da T-Rob che legge: “Mamma, ti garantisco che non dovrai mai preoccuparti per Jayla. Tutto andrà bene. Non batterò ciglio. Lo prometto”. Ora ci sta provando a Portland, in uscita dalla panchina. Anche Kenneth Faried ha alle spalle una storia non indifferente. Mamma Waudda e papà Kenneth Sr. si conobbero su un campo da basket e lei gli permise di “cogliere il suo fiore” perché era l’unico che riusciva a tenerle testa palla in mano. Poi, dopo la nascita di Kenneth, i due si lasciarono e il figlio rimase con lei, da cui imparò ad andare a rimbalzo, il tratto distintivo del suo gioco (anche perché altrimenti mamma non gli avrebbe mai permesso di tirare). Negli ultimi anni, la loro relazione è stata di ispirazione per molte organizzazioni di lotta per i diritti degli omosessuali: Waudda, infatti, si è in seguito ammalata di lupus e si è sposata con la sua infermiera, Manasin Copeland, musulmana. Kenneth è quindi cresciuto con due madri, e quando Jason Collins nella scorsa stagione ha dichiarato pubblicamente la sua omosessualità, è stato uno dei suoi primi sostenitori, diventando anche il principale testimonial di Athlete Ally, un’organizzazione no-profit che combatte l’omofobia e la transfobia nel mondo dello sport.

Honorable Mentions: Sebastian Telfair perché BASSIE IS BACK! CONEY ISLAND IS BACK!; Trey Burke perché la storia della sua amicizia con Jared Sullinger è fantastica; e Shabazz Muhammad perché i genitori ossessivo-compulsivi esistono anche nello sport USA (e in più non si sa che età abbia).

Pacific Division

Nelle parole di Bill Simmons: “Se si rigiocasse 10 volte la carriera di Shaun Livingston, in almeno 7 di queste avremmo avuto un Hall of Famer”. Il suo infortunio al ginocchio è uno dei momenti più brutti della storia dello sport (no, non ve lo linko, fa troppo male), ma al di là della narrativa da “quello che sarebbe potuto essere e invece non è stato”, è il suo percorso per tornare a essere un giocatore NBA la cosa che più mi affascina del suo personaggio. Io quest’anno tifo fortissimo per lui, che potrebbe fare la differenza ai Golden State Warriors.

Prima di Iggy Azalea, prima di “SwaggyP”, prima dei video idioti con JaVale McGee e prima dei colpi alla Gilbert Arenas non riusciti, c’era un Nick Young che si portava dietro una storia drammatica alle spalle, con un fratello ammazzato dai Bloods sulle strade di L.A., un altro fratello che è morto dentro quello stesso giorno (“One bullet killed two sons”, dice suo padre) e le aspettative di un’intera famiglia sulle sue spalle. Tutto è immortalato in un meraviglioso documentario, Second Chance Season: procurarmi quel DVD è uno dei motivi per cui sono entrato a Rivista Ufficiale NBA, e per me Nick Young rimarrà sempre quello del documentario, no matter what.

Honorable Mentions: il già citato Ben McLemore; J.J. Redick, soooo Dukie; Gerald Green e il suo incredibile viaggio nella NBA.

Southwest Division

Certo, adesso che ha vinto il suo primo titolo NBA dominando i playoff con i San Antonio Spurs siamo buoni tutti a tifare per Boris Diaw, ma quanti di voi sapevano dov’era fino a due anni fa? La carriera di Boris Diaw, quando è finito a Charlotte, poteva prendere (e stava prendendo) tutt’altra piega rispetto a quella che lo ha portato a vincere titolo europeo, titolo NBA e podio mondiale nel giro di 12 mesi. Se siete dei puristi del gioco, Le Professeur resta una delle cose più divertenti da vedere su un campo da pallacanestro, e la storia della sua amicizia con Tony Parker merita il vostro tempo.

È cosa recente il pezzo di Sports Illustrated che racconta la drammatica storia d’amore tra Ryan Anderson e la sua fidanzata, Gia Allemand, ex stellina della TV USA morta suicida a seguito di un attacco di depressione, con il lungo dei Pelicans che la ritrovò riversa nel suo appartamento poco più di un anno fa. Non c’è davvero molto che si possa aggiungere, se non leggere uno dei migliori pezzi giornalistici “a tema NBA” uscito da diversi anni a questa parte.

Honorable mentions: Zach Randolph, per il suo lungo viaggio alla ricerca del suo posto nel mondo NBA;Troy Daniels, sottovalutatissima storia degli scorsi playoff; Ivan Johnson, perché ridefinisce il concetto di duro e conosce solo 3 giocatori in tutta la NBA.

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