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Guida alla MLS
10 mar 2016
10 mar 2016
Le squadre, i giocatori e i kit da tenere d'occhio nella nuova stagione del soccer. E la solita questione: è l'anno della definitiva consacrazione del calcio USA?
(articolo)
23 min
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1. È questo l'anno della definitiva consacrazione del calcio negli States?

Fabrizio Gabrielli

L’estate prossima, per due settimane, la MLS si fermerà perché gli Stati Uniti ospiteranno la Copa América Centenario, l’edizione speciale del torneo solitamente riservato alle Nazionali della CONMEBOL che per una volta si farà davvero, invece, e in un certo senso sarà una rivisitazione calcistica della Dottrina Monroe, continentale, includendo anche la CONCACAF, e quindi gli USA.

La Copa América Centenario sarà il più grande appuntamento calcistico degli States dal Mondiale del ’94: nei ventidue anni che sono trascorsi è praticamente inscritta tutta la storia della MLS.

Se assimilassimo il calcio yankee al ciclo di vita di un prodotto, potremmo dire che il Mondiale è stata la campagna pubblicitaria di lancio, e la Copa América sarà la Convention celebrativa della Fase di Maturità. Certo, vent’anni di vita, per un movimento calcistico in confronto ai nostri parametri eurocentrici sono una virgola di tempo, ma i progressi nella percezione del soccer da parte degli americani sono incontestabili. Con l’obiettivo dichiarato di diventare una delle Top League mondiali entro il 2022, la MLS ha puntato tutte le fiches sul conseguimento di tre micro traguardi: l’appeal (e quindi la vendibilità); la sostenibilità; la credibilità tecnica.

L’inno che apriva la finale della prima edizione della MLS lo ha cantato un calciatore che militava nella Lega. Abbastanza inception per i vostri gusti? Ne è passata di acqua sotto quei ponti, btw.

Il traguardo dell’appeal è stato ampiamente raggiunto. La MLS viene da un rebranding importante, che è coinciso con il ventennale: oggi è presente su tutte le piattaforme social con un notevole seguito, parla ai tifosi con un linguaggio competente e allo stesso tempo handsome, combina lo sguardo intimo e un po’ patinato di Instagram con la parcellizzazione di spettacolarità di Vine e la presenza sul pezzo di Periscope. Ha un sito d’approfondimento di gradevolissima lettura, podcast interessanti, una app lanciata quest’anno che la Serie A se la sogna la notte (e son sogni bagnati, ragionevolmente).

In quanto alla (auto)sostenibilità, ha maturato un’etica improntata sullo sviluppo di infrastrutture e settori giovanili: a differenza di quanto avvenne nel ’94, la Copa América porterà Messi e Neymar sui prati di stadi concepiti specificamente per il calcio. E secondo il Wall Street Journal nel 2015 sono stati investiti quasi 40 milioni di dollari nei settori giovanili, nei quali si sono fermati prima di esplodere giocatori simbolo del movimento glocale come DeAndre Yedlin o Gyasi Zardes.

Magari non sarà questo l’anno in cui la MLS diventerà il primo campionato d’America - di fatto per volume di affari e seguito di fan, per non parlare del livello tecnico, non è forse neppure la prima lega del suo subcontinente (la LigaMX è ancora superiore, e lo ha dimostrato nel recente turno di Champions League CONCACAF) - ma di certo la crescita è esponenziale. La MLS non è più, come la definisce Marina Hyde del Guardian, una scelta di vita con un contratto allegato, né un cimitero degli elefanti (dopotutto l’età media dei tesseramenti da oltreoceano è di 27 anni). È una lega, citando Carlisle di ESPN, aspirational, ma che nutre aspirazioni diverse da quelle della Chinese Super League o della A-League degli Emirati, il che la rende anche tecnicamente più credibile: la MLS, anziché puntare sul nome a sensazione, sta costruendo un contesto. Se Lavezzi è l’olivo secolare espiantato dalla Puglia per finire nella villa maestosa di un imprenditore cinese, la MLS è l’uliveto che viene irrigato da vent’anni con premura, e che comincia a dare un olio, extra-vergine e DOP, niente affatto male.

2. Chi sarà la next big thing del calcio americano?

Fabrizio Gabrielli

La formula [Next Big Thing]+[Soccer USA] è un generatore automatico di delusioni: l’abbiamo inaugurata con Freddy Adu e di lì in avanti l’impressione è che i giovani americani facciano a gara per non farsi caricare di troppe responsabilità: nessuno vuole finire a tirare calci d’angolo in Finlandia.

Jordan Morris potrebbe essere l’homo novus del calcio yankee: lo scorso aprile, convocato da Klinsmann mentre ancora giocava con gli Stanford Cardinals nel calcio dei college (e non succedeva da 20 anni che un sophomore universitario indossasse la maglia USMNT), ha segnato un gol storico contro il Messico. Di lì la sua parabola si è innalzata vertiginosamente.

Make some history.

Morris ha 21 anni, in panchina tiene sempre una confezione di orsetti gommosi o biscottini da masticare quando il livello di insulina si abbassa (soffre di diabete mellito di tipo 1) e quest’anno ha deciso di firmare un contratto da homegrown, cioè da prodotto del vivaio, per i Seattle Sounders anziché tentare l’avventura in Europa con il Werder Brema (con i tedeschi si è allenato durante l’inverno per un paio di settimane, giocando anche qualche amichevole, come questa in cui ha servito un assist di trivela).

Jordan è veloce, ha tecnica, fiuto per il gol. Può giocare sulla fascia o da seconda punta, e la partenza di Oba Martins per la Cina potrebbe aprirgli tanti di quelli spazi in squadra, al fianco di Clint Dempsey e Nelson Haedo-Valdéz, da facilitargli un inserimento e un adattamento come a nessun altro giovane è mai successo in MLS.

Dario Saltari

In questa scommessa rischiosissima (se fosse quotata dai bookmaker le quote non andrebbero sotto il 3) punto i miei due centesimi su Fabian Castillo, ala sinistra colombiana del FC Dallas. Per vari motivi. Innanzitutto perché è giovane (23 anni) ma non alle prime armi. È in MLS dal 2011 e il suo processo di crescita è stato lento ma costante, come si può vedere anche dalle statistiche più basilari: nel 2011 ha fatto 2 gol e 3 assist, nel 2012 6 gol e 3 assist, nel 2013 2 gol e 5 assist, nel 2014 10 gol e 3 assist, l’anno scorso 10 gol e 9 assist. Quest’anno potrebbe essere finalmente quello dell’emersione definitiva.

Fa anche delle cose un po’ pazze che non guastano mai. Nella partita d’esordio di quest’anno, ad esempio, ha bruciato il terzino e poi ha crossato di rabona (oltre a segnare uno dei due gol del FC Dallas).

In secondo luogo perché ha una progressione irresistibile e una tecnica non banale. L’anno scorso è stato di gran lunga il giocatore con più dribbling riusciti dell’intera lega (114, quasi il doppio di Giovinco, per intenderci) e ha realizzato diversi gol molto belli, tra cui spicca una certa propensione per il tiro-a-giro-rientrando-sull’interno-a-la-Robben.

Infine, Castillo gioca in una squadra funzionale e ben organizzata che potrebbe dire la sua fino alla fine. E questo potrebbe fargli acquisire ulteriore visibilità facendolo quindi diventare the next big thing. Chi se ne è già accorto è il tecnico della nazionale colombiana Peckerman, che lo ha convocato per ben tre volte mettendolo in competizione con gente come Cuadrado e Muriel.

Daniele V. Morrone

La MLS premia ancora troppo l’aspetto atletico rispetto a quello tecnico e tattico. Per questo voglio parlare di un giocatore che riesce a essere determinante nonostante un fisico “normale”, quasi privo di muscolatura. Diego Fagundez rappresenta una storia di successo per la MLS essendo cresciuto in casa al 100%: dopo essere arrivato dall’Uruguay al New England a cinque anni, ha sempre giocato per squadre locali fino a entrare nell’accademia dei Revolution e a diventare nel 2010 il primo giocatore professionista della loro storia a essere messo sotto contratto dalle giovanili.

Gioca in MLS da quando ha 16 anni e a 21 può già contare 28 gol e 18 assist in più di 100 presenze. Praticamente è il bambino prodigio della MLS. Arrivato con una buona creatività e un notevole cambio di velocità, ha aggiunto ogni anno qualche miglioramento al proprio gioco. Scoprendo prima le capacità balistiche dalla distanza (fuori scala per la MLS), poi la capacità di trovare la porta quando in area e, dalla scorsa stagione, anche le letture offensive necessarie per servire il passaggio chiave e non limitarsi a tagliare verso l’area dalla fascia sinistra (oltre ad aumentare ogni anno la percentuale di passaggi riusciti in generale).

Esordio nella MLS 2016 in cui mostra il fiore all’occhiello del repertorio. Ha poi servito altri due assist (un filtrante e un cross dalla fascia destra) per partecipare a tutti e 3 i gol dei Revolution.

Ovviamente convocabile da Klinsmann, ha però per il momento scelto di giocare con le giovanili dell’Uruguay. Un caso paradossale se consideriamo che di solito è la nazionale USA a “rubare” giocatori cresciuti da altri sistemi formativi: il primo vero progetto di campioncino fatto in casa dalla MLS potrebbe esordire con la Celeste proprio negli Stati Uniti nella Copa America di questa estate.

3. Cosa possiamo aspettarci di più da Sebastian Giovinco? Saprà ripetersi?

Fabrizio Gabrielli

Nel 2015 ha collezionato una media di 18 passaggi a partita nella trequarti offensiva, 2 key-passes per match, 22 gol e 16 assist: ovviamente si è laureato Golden Boot della Lega, chiaro che sia stato anche l’MVP, e perché non il miglior deb? Anzi, probabilmente Giovinco può essere definito il migliore acquisto nell’intera storia della MLS. Giovinco come (se non meglio) di Beckham! L’avreste detto?

Certo, ripetersi a quei livelli sarà complicato almeno quanto provare a non apparire come copiaincollato con Photoshop nelle foto con Donald Sutherland o Snoop Dogg.

E forse c’è stata un po’ di esagerazione nelle parole di Bill Manning, il presidente del Toronto FC, quando ha dichiarato di aver rifiutato (salvo poi ritrattare, definendolo innocuo) l’interesse per il suo pupillo da parte del Barcellona.

«Yo, questo è lo Steph Curry del nostro socca homiez» (Drake).

Tuttavia dalla Formica Atomica ci si aspetta, in questa stagione consacratoria, uno scarto decisivo su due livelli distinti che prescindono la riproducibilità delle sue performance individuali: da una parte dovrà prendere per mano la squadra e portarla, con Bradley e Altidore ma anche con un reparto difensivo messo definitivamente a punto, alla gloria imperitura della MLS Cup; dall’altra dovrà provare a ritagliarsi un ruolo di protagonista anche nell’Italia di Conte, in vista dell’Europeo, così da poter dimostrare che no, la MLS non è un paese per vecchi. Obiettivi più collettivi che individuali, addirittura da testimonial. Raise the bar higher, come si dice da quelle parti.

Nel frattempo la stagione 2016 è iniziata così come era finita la precedente, vale a dire con Seba che scorrazza sulle macerie degli avversari in chopper come Max Rockatansky gira per le Wasteland sulla sua V8 Interceptor, con l’arroganza di fare le penne: 1 rete e 1 assist nel big-match contro i New York RedBulls.

As usual.

4. I tempi sono maturi per vedere i New York RedBulls vincere la MLS?

Fabrizio Gabrielli

Forse no, ma nel New Jersey sembrano aver smesso di avere fretta di vincere, perché ciò che conta di più, ora come ora, è il progetto. Potremmo quasi dire che i NYRB siano un po’ la Roma della MLS.

I RedBulls hanno subito una radicale ridefinizione concettuale, negli ultimi anni: l’addio di Thierry Henry è stato l’esatto spartiacque tra due ere, quella Star-oriented e quella Team-oriented. Il che non significa che non si siano potuti imporre comunque tra le squadre più competitive della Eastern Conference: l’anno scorso si sono aggiudicati il Supporter Shield, il premio a chi colleziona più punti in assoluto tra le due Conference, e soltanto lo sfortunato incastro ai play-offs con un Columbus in stato di grazia gli ha proibito di arrivare fino all’ultimo atto.

A differenza dei cugini del NYCFC, i RedBulls hanno deciso di orientarsi sul lungo termine e rifuggire dalla corsa all’acquisto-bomba: quest’anno in rosa avranno 7 giocatori homegrown, più una serie di calciatori affermati che dovranno fare da architrave, anche e soprattutto dentro allo spogliatoio, all’architettura del gruppo, come Sacha Kljestan o Dax McCarty.

5. Nocerino con Kakà in Florida: non esplode il cervello anche a voi?

Dario Saltari

La Florida sta assumendo sempre più i connotati di una mega-operazione nostalgia del Milan per conquistare l’emergente mercato americano. A parte Kakà e Nocerino, che quest’anno giocheranno insieme all’Orlando City, ci sono anche Nesta e Maldini, nella veste rispettivamente di allenatore e presidente del Miami FC (una squadra che da quest’anno giocherà nella North American Soccer League, il secondo livello del calcio americano dopo la MLS), e Beckham, che da mesi sta cercando di fondare la sua franchigia MLS proprio a Miami. Di questo passo, tra qualche anno inizieranno a costruire un parco a tema vecchie glorie rossonere accanto al Disney World di Orlando, con montagne russe che girano intorno alla Champions League del 2007, Shevchenko e Kaladze a fare gli stuntman per gli spettacoli acrobatici con le auto sportive e il pupazzone di Carlo Ancelotti che gira tra gli stand per farsi le foto con i bambini.

6. E se il Canada, con Montreal e Toronto attrezzatissime, fosse il vero futuro del calcio americano?

Dario Saltari

Il Canada mi sembra la classica amica cessa dei film americani, quella a cui togli gli occhiali e diventa la bomba sexy più desiderata del liceo. Intrufolatasi silenziosamente nella MLS a partire dal 2007, il Canada si sta imponendo sempre più come competitor più che alleata degli Stati Uniti all’interno del rettangolo verde. Nella MLS ha portato tre squadre di primo livello (oltre a Montreal e Toronto, non dimentichiamoci i Vancouver Whitecaps in Western Conference), stelle internazionali (Giovinco, Drogba, Donadel, Bradley) e infrastruttre all’avanguardia (il Toronto, ad esempio, sta facendo di tutto per rinnovare il suo stadio e portare la sua capacità a 40mila posti a sedere). Una crescita imperiosa dell’intero movimento che le autorità canadesi sperino sfoci nell’assegnazione dei Mondiali del 2026, per i quali Ottawa ha già presentato una candidatura più che credibile. Ancora una volta in competizione con gli Stati Uniti, quindi, che dopo la scabrosa assegnazione dei Mondiali del 2022 al Qatar potrebbero farsi sfuggire di nuovo il ragazzo più carino della scuola, questa volta a scapito dell’ex amica cessa. Un happy ending a questo high-school movie lo potrebbe mettere il neo-presidente della FIFA Gianni Infantino che nel suo programma ha previsto l’organizzazione di Mondiali non più nazionali ma regionali (cioè ospitati da diversi paesi contigui geograficamente).

7. Patrick Vieira è l'uomo che porterà i NYCFC a diventare la più forte squadra delle Americhe?

Dario Saltari

Magari delle Americhe è un po’ troppo, ma se restringiamo il discorso alla sola America del Nord allora la prospettiva diventa un po’ più credibile. È chiaro che l’esperienza è quella che è (allenatore in seconda dell’Inter, poi giovanili e riserve del Manchester City) e gli ostacoli sul percorso sono tanti (per esempio: avrà il carisma e la saggezza per mantenere il giusto l’equilibrio tra designated players e resto della squadra? Perché se gestisce i giocatori come giocava a calcio le speranze sono poche), ma la prima uscita ufficiale è stata molto convincente, al di là del risultato. Il NYCFC ha dimostrato una coerenza tattica che in MLS si vede molto raramente e il bagaglio di idee che il CEO del City Football Group, Ferran Soriano, gli chiede di mettere in campo (gioco offensivo, pressing organizzato, recupero immediato del pallone, linea difensiva alta) ha fatto sembrare i Chicago Fire una squadra di categoria molto inferiore per almeno un tempo. Ma il suo compito ovviamente è tutt’altro che compiuto. Tra i designated players l’unico integrato sembra Villa (Pirlo è fisicamente sottotono e avulso dal gioco mentre Lampard è ancora infortunato), la difesa difende malissimo la profondità e la rosa sembra avere dei limiti grossi in alcuni ruoli (in particolare al centro della difesa e in porta). Se Vieira avrà l’umiltà di capire e correggere queste lacune potrebbe portare il NYCFC nell’Olimpo del calcio nordamericano già da quest’anno.

8. Ma ve lo immaginate Radamel Falcao negli States?

Daniele V. Morrone

Devo ammettere che l’idea di questo Falcao nella MLS mi sembra poco utile alla lega, se non in termini di marketing. L’arrivo di Giovinco ha fatto capire che non basta il connubio di ragazzini e stelle a fine carriera, ma anche giocatori nel picco della loro forma tecnica e atletica. Per dire, molto meglio prendere un Yura Movsisyan che questo Falcao. Dal punto di vista tecnico ho le mie perplessità, ma capisco ovviamente che per una squadra magari di una città con una grande comunità colombiana l’arrivo di Falcao rappresenterebbe una sicurezza di tutto esaurito per mesi (anche se i parla dei Columbus Crew come franchigia interessata, non proprio Florida o California…). Avrei preferito vedere Falcao al River Plate, la squadra che lo ha lanciato come uno dei migliori centravanti del pianeta. Ritrovare lentamente la forma e chiudere la carriera con serenità.

9. Arriverà mai l'anno giusto per i Seattle Sounders?

Daniele V. Morrone

Ogni anno sembra quello buono per portare i Sonics del calcio (scusatemi) a non essere finalmente solo la squadra copertina della MLS, ma anche la squadra campione. Forse questo essere perennemente una pretender invece che una contender fa parte del fascino della squadra tanto quanto l’essere quella con più tifosi allo stadio, con la maglia più iconica e con la stella della nazionale Dempsey. Quest’anno il mercato però ha visto partire il miglior marcatore degli ultimi due anni (Oba Martins) e purtroppo non si può sapere quale sarà l’impatto in termini di gol dell’ex riserva Nelson Valdez e della nuova stellina Morris. Soprattutto visto che le statistiche della scorsa MLS dicono che i Sounders sono stati la squadra che ha tirato meno di tutti (meno di 10 a partita) cosa che rischia di mettere ancora più responsabilità sulle spalle di Morris nell’essere da subito un giocatore in grado di convertire in gol le occasioni a disposizione. È vero che la presenza di due giocatori come Dempsey e Andreas Ivanschitz dovrebbe togliere pressione in fatto di occasioni create, ma la sensazione è che la squadra non possa essere più di una outsider, troppo legata ai margini di miglioramento di Morris.

10. Qual è la squadra che si è rafforzata di più sul mercato?

Daniele V. Morrone

Pur con approcci diversi, le due squadre più rafforzate dal mercato mi sembrano Toronto e Colorado. Avendo a disposizione già una rosa competitiva, e partendo dal presupposto di un cambio di modulo verso il 4-3-3, Toronto ha provato a rinforzare la difesa con giocatori esperti (sono arrivati per giocare da titolare Drew Moor al centro, Beitashour a destra e Clint Irwin in porta) e a non toccare il resto della squadra, che aveva già a disposizione il miglior giocatore e probabilmente il miglior centrocampo della MLS.

Diversa la storia per i Colorado Rapids, la peggior squadra della scorsa stagione ad Ovest. Sono stati costretti a cambiare di più: hanno preso un attaccante di livello come Gashi dal Basilea e la scommessa Marco Pappa dai Sounders per affiancare l’esperta stella Kevin Doyle. A centrocampo lo scambio per il giovane Pfeffer non è da sottovalutare per una squadra che punta a crescere nel medio periodo.

Con la rivoluzione portata da Giovinco, bisogna notare l’approccio diverso al mercato dei Vancouver Whitecaps che invece di andare sulla stella declinante del momento in attacco (Falcao anyone?) hanno provato a risolvere la mancanza di finalizzare alla mole di gioco (principale causa dell’eliminazione dagli scorsi playoff) puntando sia sulla crescita in casa dell’uruguaiano Oscar Rivero, che su l’arrivo dell’attaccante giapponese Masato Kudo. Due profili differenti da poter alternare a seconda del momento della stagione. Inoltre, l’arrivo del nazionale costaricano Cristian Bolaños è una vera chicca per una squadra che promette di essere di culto potendo schierare contemporaneamente il gambiano Manneh, il regista cileno Pedro Morales e Bolaños dietro a Kudo.

Masato Kudo alla scoperta delle strutture dei Whitecaps in una tipica giornata di pioggia della costa ovest canadese.

Il Real Salt Lake, dopo anni al top grazie a una struttura di gioco con pochi pari nella lega, prova a superare un’annata mediocre (causata principalmente dall’anzianità della rosa) riportando in America un top player come Movsisyan. In questo modo prova a mantenere intatto il sistema per un po’ aggiungendogli uno scorer élite. Non bisogna dimenticare LA, che ha esasperato la ricerca bulimica di attenzione mediatica con l’arrivo di Ashley Cole, il nazionale belga Jelle Van Damme e il sempre più tatuato De Jong.

11. Chi sono le favorite delle due conference?

Fabrizio Gabrielli

Per me nella Eastern Conference la battaglia sarà ristretta alla semplicità di un asse geografico, e il duello per la vetta della classifica si giocherà su un tappeto di foglie d’acero: un gradino sopra a New York, rappresentata da entrambe le sue squadre, con i RedBulls ormai habitué delle zone alte e i NYCFC chiamati a imporsi sullo scenario, ci sono sicuramente Toronto e Montréal. E quando dico Impact non penso necessariamente tanto a Drogba, per quanto ancora iperdecisivo, quanto alla classe e all’irresistibile fascino di un Nacho Piatti che si esibisce in pisaditas, tunnel, lanci di quaranta metri e gol pesanti. Come si sarà capito dal match contro Vancouver, i Montréal Impact oggisono soprattutto Nacho Piatti.

https://twitter.com/impactmontreal/status/706637005212483584/photo/1

E lui esulta.

Nel wild wild West, invece, mi pare l’anno giusto affinché Dallas esploda definitivamente. Vorrei tanto che Portland si ripetesse, e non è escluso che la maglia rosa degli Underdogs la indossino proprio i Timbers, ma in una stagione così di transizione per i poteri forti di Seattle e LA (altra squadra dal presente incerto, in bilico tra un ricambio generazionale che tarda ad arrivare e una competitor in casa che scalpita per esibirne lo scalpo) se Urruti e Mauro Díaz non salissero in piroga e si lasciassero alle spalle gli avversari con quattro bracciate sarebbe davvero un insuccesso. O qualcosa dal sapore di tacos farciti alle occasioni sfumate.

Dario Saltari

Se guardo alla costa est anche io vedo l’asse geografico tracciato da Fabrizio, quello che collega New York a Toronto. Sono meno d’accordo, invece, sui rapporti di forza che reggono quest’asse. Vedo Impact e RedBulls leggermente più indietro, sia tatticamente che tecnicamente, rispetto a City e Toronto, che secondo me sono due tra le squadre potenzialmente più interessanti dell’intera lega. Gli Impact mi sembrano una squadra estremamente rudimentale nella tattica che si poggia su alcune grandi (relativamente agli standard MLS) individualità, e ovviamente sto parlando di Drogba e Piatti. I RedBulls, invece, mi sembrano avere il problema opposto: sono una squadra di un livello alto nella media dei suoi giocatori che manca però di nomi iperdecisivi, fondamentali in una lega che prevede i playoff per arrivare alla vittoria finale.

Per quanto riguarda la costa ovest, invece, anche io vedo molto bene Dallas (quindi parliamo di “costa” per modo di dire), una squadra molto ben organizzata composta da tanti giovani interessanti in prospettiva. Ma qui torniamo sul discorso precedente, cioè sull’assenza di nomi che facciano cadere la bilancia da una parte o dall’altra nei momenti decisivi. In questo senso, non si possono non prendere in considerazione sia i Galaxy che i Sounders.

Daniele V. Morrone

Ho poco da aggiungere per quanto riguarda la Eastern Conference: mi accodo con Canada e NY superiori alle altre (il mio ordine è Toronto, NYRB, Impact, NYFC). Aggiungo però alla lista i Columbus Crews per la noiosa idea che se sei arrivato secondo e poi finalista la scorsa stagione, hai una punta che sposta (in questo caso Kei Kamara) e hai trattenuto tutti i giocatori chiave, non puoi non essere comunque una favorita anche l’anno successivo.

La migliore punta della MLS 2015.

A ovest invece, tenendo fede a quanto scritto sul mercato e considerando anche la possibile crescita dei giovani già in rosa, occhio al Canada con i Vancouver Whitecaps, contender seria in un gruppo a tre formato dai campioni in carica e Dallas, che deve puntare a vincere dopo lo scorso anno, anche considerando la crescita dei suoi giovani e la prevedibile conferma di un giocatore che vale mezza squadra come Mauro Diaz. In attesa di capire le reali possibilità dei Sounders, mi piacerebbe scrivere di come questa sarà la stagione di LA fuori dall’élite della Lega. Eppure, dopo il modo con cui hanno scherzato DC e i nomi veramente troppo importanti messi in campo ogni settimana (aspettando poi l’esplosione di Gio Dos Santos dopo il periodo di ambientamento), è una previsione che non mi sento di fare. Quindi facciamo che anche quest’anno LA declina l’anno prossimo.

12. Chi ha il kit più cool della lega?

Fabrizio Gabrielli

Ma non si potrebbe inviare una mail a Don Garber, il commissioner della MLS, e chiedergli di far adottare a tutte le squadre della Wester Conference una maglia chiara per le gare casalinghe così i Seattle Sounders potrebbero sfoggiare molto spesso la loro Pacific Blue? Quella trama un po’ Klimt un po’ nuances-dello-Stretto-di-Puget personalmente mi manda ai pazzi; è tipo l’evoluzione cool del jeans della USMNT a Usa ’94, ma più hipster.

Quest’anno ci sono certi dettagli nelle official jerseys davvero notevoli: dal pitonato di Philly alla varietà di arancioni dei Dynamos, sono poche le maglie che non ti compreresti per andarci in spiaggia, o alla cresima di tua nipote dopo esserti fatto crescere la barba.

Anche se in termini di coerenza il kit più cool ce l’ha Vancouver: alla linearità della prima maglia, bianca con sfumature romboidali sul petto, si affianca l’eleganza raffinata della seconda, collo à la coreana, bottoncini, gradazione di celesti azzurri e blu sea-to-sky. Ti fa venire voglia di pigliarti un biglietto aereo per Vancouver tipo dopodomani. O di tifare affinché la alzino al cielo loro, la MLS Cup.

Dario Saltari

Il mio podio personale vede sul gradino più alto l’away kit dei New York City, sfoggiato in tutta la sua bellezza già alla prima di campionato. Lo stemma della squadra sembra un sasso levigato lanciato dentro l’Oceano Atlantico, ma le increspature che si propagano dall’angolo in alto a sinistra hanno un qualcosa di più etereo dell’acqua, sembrano quasi delle onde sonore o luminose. Mi dà un senso di pace e energia al tempo stesso e non capisco come sia possibile. Al secondo posto metto la Pacific Blue dei Sounders già indicata da Fabrizio: mi piace che la trama white noise sullo sfondo si abbini allo sponsor XBOX, dà il giusto senso di futurismo che una lega come la MLS dovrebbe emanare anche dai fratini indossati dalle riserve. Medaglia di bronzo, infine, alla prima maglia dei DC United, seriosa ed austera come mi immagino essere Washington. Appena l’ho vista nel mio cervello è partito il tema della sigla di House of Cards.

Daniele V. Morrone

Se esiste un aspetto in cui la MLS è all’avanguardia è sicuramente quello delle maglie. Il monopolio Adidas, invece di appiattire l’offerta, sta portando soluzioni uniche per ogni franchigia con esperimenti veramente coraggiosi (anche se ogni tanto finiscono per essere un pugno in un occhio, come la maglia da trasferta dei Columbus Crew bianca, gialla e rossa) e dettagli per richiamare l’identità della franchigia che in Italia ci sogniamo (come per esempio i quattro fiori in argento per rappresentare le comunità di Montreal).

Detto questo, si sta sottovalutando la maglia da trasferta a righe orizzontali dello Sporting Kansas City: lo stile non è unico ma è talmente ben utilizzato da non renderla anonima, e la diversa tonalità di blu è decisamente elegante. È una maglia che può essere messa per andare a trovare la nonna la domenica a pranzo senza sembrare di essere appena tornato dalla partita di calcetto. Parlando di quella blu dei Saunders poi non bisogna dimenticare come quella da casa verde mela e blu oceano è ancora LA maglietta della MLS. Se avessi uno Zio d’America e gli chiedessi di portarmi una maglia senza specificare di quale squadra sono sicuro che nove volte su dieci nel pacco ci sarebbe questo gioiellino ormai icona della lega (e a ragione). La mia preferita per quest’anno comunque è quella da trasferta dei Vancouver Whitecaps di cui avete già parlato, e di cui quindi non serve aggiungere altro, se non che per un fanatico del blu come me rappresenta la maglia più bella in circolazione (persino fuori dalla MLS).

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