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Guida alla Lazio 2022/23
08 ago 2022
08 ago 2022
Che miglioramenti possiamo aspettarci al secondo anno di Sarri?
(articolo)
11 min
(copertina)
Marco Rosi - SS Lazio/Getty Images
(copertina) Marco Rosi - SS Lazio/Getty Images
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Piazzamento lo scorso campionato:

Chi in più: Luis Maximiano (Granada), Alessio Romagnoli (Milan), Nicolò Casale (Hellas Verona), Mario Gila (Real Madrid Castiglia), Marcos Antonio (Shakhtar Donetsk), Matias Vecino (Inter), Matteo Cancellieri (Hellas Verona);

Chi in meno: Vedat Muriqi (Maiorca), Luiz Felipe (Real Betis Balompié), Thomas Strakosha (Brendtford), Lucas Leiva (Gremio), Pepe Reina (Villarreal);

Una statistica interessante della scorsa stagione: La Lazio è stata la terzultima squadra della Serie A, dopo Venezia e Salernitana, per percentuale di azioni di pressing riuscite.

A tre settimane dalla chiusura del mercato, la Lazio ha ancora delle lacune da colmare. Al secondo anno con Sarri in panchina, la società ha deciso di dare una smossa alla sua rosa e mettere a disposizione dell’allenatore toscano calciatori più vicini alle sue idee di calcio. L’arrivo di Dybala dall’altra parte del Tevere ha oscurato in parte il lavoro fatto, ma per una volta Lotito – che, come gli piace ricordare, non vende sogni ma solide realtà – sembra davvero aver fatto il passo in più per costruire un organico completo, almeno sulla carta: grazie al mercato, Sarri dovrebbe contare su almeno quattro nuovi titolari – Maximiano in porta, Casale e Romagnoli in difesa, Marcos Antonio a centrocampo – senza considerare giocatori di rotazione o prospettiva come Mario Gila, Vecino e Cancellieri.

Il miglioramento rispetto ai titolari della scorsa stagione sembra evidente, soprattutto in difesa, tuttavia non basteranno gli acquisti per sistemare problemi di natura strutturale che lo scorso anno avrebbero messo in difficoltà la Lazio anche se avesse avuto difensori di un altro livello.

I problemi della Lazio 2021/22

Bastano i numeri crudi a inquadrare i più gravi problemi della Lazio dell’ultimo anno: i biancocelesti sono stati la decima difesa del campionato – con ben cinquantotto gol subiti – e anche la decima squadra per xG concessi (48.3), un’enormità per una squadra con ambizioni europee, ancora di più per una squadra di Sarri, un allenatore che ha costruito la propria fama e la propria scalata grazie alla precisione e all’efficienza svizzera della sua fase difensiva.

C’è un altro dato che però spiega meglio come Sarri non sia riuscito a costruire una fase difensiva all’altezza: secondo FBref (dati Statsbomb) per percentuale di pressing vinti – ovvero la percentuale di volte in cui la squadra ha ottenuto il possesso entro cinque secondi dall’applicazione del pressing – la Lazio è stata terzultima. Con una riuscita del 27,1 % si colloca appena sopra a Venezia e Salernitana, numeri da squadra in lotta per la salvezza, non proprio una zona di classifica dove si bada a riconquistare subito il pallone.

Si potrebbe obiettare che i numeri sul pressing siano legati allo stile di gioco e non ai risultati, e che magari la Lazio abbia scelto di difendere così, abbassando il baricentro, ma non è così. Per tutta la stagione la Lazio ha provato a recuperare il possesso in avanti – come nelle intenzioni di Sarri - e per tutta la stagione ha finito per correre all’indietro, inseguendo avversari a cui bastavano appoggi abbastanza elementari per aggirarne il pressing. Ai biancocelesti è mancato un sistema di aggressione adeguato e, come se non bastasse, una volta abbassato il baricentro dopo aver fallito nel pressing, sono stati troppo passivi mostrando i limiti di Sarri nella difesa posizionale.

Come è potuto succedere? I motivi risiedono sia nelle caratteristiche della rosa che da questioni tattiche. L’attacco della Lazio, escluso Zaccagni, ha un’età media piuttosto alta, e soprattutto Pedro e Immobile non sembrano più avere l'atletismo per tenere un pressing alto continuo per 90 minuti. Alle loro spalle, poi, l’atteggiamento di centrocampo e difesa è sembrato troppo lontano dalle richieste di Sarri. Pressare in maniera efficace, oggi, richiede spesso di guardare più all’uomo che al pallone e alla compattezza delle proprie linee. La Lazio, però, si muoveva in maniera opposta. Ad esempio, con gli attaccanti in pressing, i centrocampisti biancocelesti non abbandonavano mai più di uno alla volta la linea per chiudere i riferimenti vicini a chi portava palla lasciando sempre uno scarico libero all’avversario.

Problemi simili persistevano anche quando il blocco si abbassava. L’obbligo di mantenere la linea consentiva agli avversari di giocare spesso a palla scoperta: in questo modo era facile trovare l’imbucata per l’uomo tra le linee, sul fianco del mediano del 4-3-3. Siccome anche i difensori dovevano mantenere la linea, senza romperla per uscire in avanti, allora l’uomo tra le linee poteva girarsi fronte alla porta, abbassando ulteriormente il baricentro della Lazio: quasi nessuna squadra ha restituito la stessa sensazione di impotenza senza palla. Gli avversari sembrava potessero avanzare all’infinito a piccoli tocchi, raggiungere il fondo o i sedici metri era troppo facile, la Lazio delle volte poteva solo sperare in una respinta della propria difesa.

Insomma Casale e Romagnoli sono due buoni acquisti, ma non possono bastare a coprire falle strutturali così grandi, anche perché, per caratteristiche, è difficile immaginare come si adatteranno alle idee di Sarri o viceversa. Di per sé sono due centrali dallo stile antitetico: il primo viene da un contesto opposto, per principi, a quello dell’allenatore toscano, con difesa a tre e uomo come riferimento; il secondo, invece, è più vicino alle richieste di Sarri. Anche lui, però, ha gravi problemi di passività, come si sarà accorto Massimo Coda, autore, nell’amichevole tra Lazio e Genoa, di un gol in cui ha potuto aggiustarsi il pallone con tranquillità in area di rigore tra i due centrali.

Nella versione più ortodossa del calcio di Sarri, la linea della Lazio seguirebbe le caratteristiche dell’ex capitano del Milan: movimenti di reparto e rifiuto quasi totale dei duelli individuali. Una fase difensiva di compromesso, invece, si avvicinerebbe al modo di giocare di Casale, con più libertà nell’abbandonare la linea e senza l’ossessione di sottrarre i centrali ai duelli con gli attaccanti.

Qualunque sarà la linea che sceglierà Sarri, i due nuovi centrali sono chiamati a risolvere i problemi della scorsa stagione, l’unico modo in cui la Lazio può alzare il livello rispetto alla scorsa stagione. Un altro anno con la stessa fragilità senza palla sarebbe insostenibile, il segno di un progetto che non va da nessuna parte.

La Lazio col pallone e il nuovo centrocampo

L’incapacità di recuperare palla ha impedito alla Lazio di tenere il possesso quanto e come avrebbe voluto. Di certo, comunque, la fase offensiva ha dato a Sarri più soddisfazioni di quella difensiva. Ci sono stati momenti in cui i biancocelesti hanno attaccato sotto ritmo contro blocchi bassi, tuttavia la combinazione tra il talento di Milinkovic e Luis Alberto, la profondità di Immobile e la capacità di Sarri di costruire trame con tanti giocatori vicini tra di loro, ha regalato alcune delle azioni più brillanti di tutta la Serie A.

Dopo fasi di stagione in cui la presenza contemporanea di Milinkovic e Luis Alberto sembrava insostenibile, alla fine Sarri è riuscito a tenerli in campo insieme. Così come, alla fine, ha sciolto le riserve su Lazzari e lo ha schierato titolare, dando tutt’altra ricchezza di soluzioni agli attacchi della sua squadra. In generale il talento offensivo della Lazio è stato di alto livello, con giocatori di grande talento che hanno avuto un’ottima stagione, forse a eccezione di Luis Alberto, che pur rimanendo nell’élite per quanto riguarda la produzione offensiva, è sembrato un po’ spento rispetto alle passate stagioni.

Come quasi tutti gli anni era sembrato il mercato a dover modificare la Lazio: sia Milinkovic-Savic che Luis Alberto sembravano vicini alla cessione (come ogni anno). Al momento nulla è successo ma le voci continuano a girare, soprattutto per quanto riguarda lo spagnolo, forse più sostituibile. Dovesse partire si dice che è già pronto Ilic del Verona. Un’altra soluzione sarebbe il ritorno al rombo, a sette anni di distanza, con Vecino mezzala destra come ai tempi dell’Empoli 2014/15.

Difficile dirlo in questo momento, i tifosi della Lazio dovranno stare in ansia almeno fino al primo settembre sera, perché soprattutto la partenza di Milinkovic sarebbe quasi impossibile da colmare. Se il futuro delle mezzali è incerto, alle loro spalle dovrebbe esserci un nome nuovo. Marcos Antonio, infatti, è stato provato davanti alla difesa in amichevole e dovrebbe partire titolare, anche se non sarebbe sorprendente vederlo alternarsi con Cataldi, di cui Sarri ha spesso parlato bene e che conosce meglio. Allo Shakhtar il brasiliano ha giocato anche mezzala e questo sembrerebbe il ruolo più adatto per lui nel gioco dell’allenatore toscano, dove il play è chiamato a un lavoro minimale e metodico che ne snatura le caratteristiche. Pochi però sanno modellare registi bassi meglio di Sarri e non è detto che alla fine il matrimonio non sarò vincente oppure che, magari, non si decida invece a usarlo come mezzala per dare più ritmo al possesso della Lazio, troppe volte lo scorso anno legato a classiche combinazioni ala-mezzala-terzino in cui Luis Alberto o Milinkovic dovevano inventarsi virtuosismi spalle alla porta per dare fluidità al possesso.

Con Napoli e Atalanta che sembrano aver fatto un passo indietro nelle gerarchie della Serie A e al secondo anno con la stessa guida tecnica, per la Lazio l’occasione di puntare alla Champions è troppo ghiotta. Rimanere preda degli stessi problemi strutturali dell’ultima stagione sarebbe delittuoso, e la presenza di giocatori come Luis Alberto, Milinkovic e Zaccagni con Sarri non può non rendere la Lazio una delle squadre su cui riversare più curiosità del prossimo campionato.

Miglior scenario possibile

La Lazio si dimostra da subito competitiva per la corsa alla Champions con un filotto di vittorie nelle prime giornate. Sarri crea un sistema difensivo meno rigido, con centrocampisti e difensori finalmente più liberi di aggredire gli avversari. Marcos Antonio fa girare la squadra a meraviglia e quando si avvicina ai lati per duettare con le mezzali la Lazio offre di gran lunga il miglior calcio della Serie A. C’è spazio anche per l’esplosione di Luka Romero: l’argentino disputa un gran mese d’ottobre, che gli vale, a sorpresa, la convocazione in Nazionale. Scaloni taglia dalla lista del Qatar addirittura Dybala per convocarlo, dicendo che avrebbe dovuto ragionare anche in ottica futura e scatenando sedizioni sui social da parte dei tifosi della Roma. A fine maggio, con due giornate d’anticipo, i biancocelesti conquistano la Champions proprio ai danni dei giallorossi.

Peggior scenario possibile

I problemi difensivi persistono e il dato dei gol subiti peggiora. I centrocampisti sono esasperati, costretti a correre dietro alle ombre degli avversari. Marcos Antonio si lamenta, sostiene che quella di regista non sia la sua posizione e che vorrebbe più libertà di avanzare. Sarri lo mette fuori squadra e fa giocare solo Cataldi; tra l’ex Shakhtar e Lotito si apre un nuovo caso Pandev. La Lazio si mantiene in lotta per l’Europa League ma mai davvero per la Champions. Proprio in Europa League, a marzo, un sorteggio crudele mette di fronte Roma e Lazio per gli ottavi di finale. Nei centottanta minuti non succede niente, proprio come desiderava Mourinho. Passano i giallorossi nel secondo tempo supplementare della gara di ritorno, con un gol di Gianluca Mancini di testa viziato da una gomitata. La Lazio chiude sesta il campionato. All’ultima giornata di Serie A, ad Empoli, Sarri si dimette, dice di volersi allontanare dai campi per un po’ e di voler seguire con calma il Tour de France: il Castellani, il luogo in cui aveva costruito la propria scalata alla piramide del calcio, era il luogo giusto per farlo, confessa commosso ai microfoni di 90o Minuto.

Giocatore chiave

Dopo il rendimento della scorsa stagione, impossibile non citare Sergej Milinkovic-Savic. Lo scorso anno il serbo è stato lo scoglio a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà e la stella più brillante delle giornate migliori. Milinkovic non solo partecipa in maniera organica alla manovra di Sarri, ma con giocate di puro talento indirizza l’esito delle partite. Ormai ha una varietà di soluzioni nel proprio bagaglio che va al di là di qualsiasi contesto, che si tratti di oliare la manovra con una protezione palla, di rifinire o di concludere direttamente in porta, magari con un tiro a giro dai venticinque metri col piede debole. Per l’ennesima estate Milinkovic sembrava destinato a partire, troppo grande ormai per la lotta Champions della Serie A. Invece, anche quest’anno pare debba rimanere alla Lazio. Impossibile, allora, non costruire l’intero progetto intorno a un talento di questa portata, una gemma ancora più unica in un campionato d’esportazione. Finalmente quest’anno potremo assistere alla gara per il miglior freak tra lui e Pogba, un confronto che alberga nella mente degli appassionati sin dall’esplosione del serbo qualche anno fa. Se la Lazio giocherà con costanza un calcio all’altezza del proprio numero ventuno, sarà difficile contendere a Sergej la palma di miglior mezzala della Serie A.

Giocatore di cui avere la maglia

La maglia della Lazio, soprattutto per questioni cromatiche, esprime sempre un’eleganza un po’ estiva, un senso di leggerezza minimale – quella dello scorso anno, senza nessun tipo di inserto, addirittura troppo minimale. La divisa 2022/23, però, propone una fantasia di aquile in controluce davvero suggestiva, con uno stile riconoscibile ma sobrio: un po’ come il calcio di Marcos Antonio, l’acquisto di grido dell’estate biancoceleste. Il brasiliano è un centrocampista estroso, a cui piace muovere velocemente la palla come nei migliori calcetti. Se esplodesse, in Serie A potrebbe diventare merce da nazionale brasiliana, e allora perché non investire sul suo numero sei, in ossequio alla tradizione dei centrocampisti sudamericani della Lazio (da Veron a Leiva passando per Hernanes)?

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