Guida alla Champions League 2017/18
20 domande sulla “coppa dalle grandi orecchie”.
- Quale squadra di Premier vedete meglio in coppa?
Emiliano Battazzi
Il Liverpool potrebbe ripetere le strepitose campagne europee di Klopp a Dortmund. La squadra è stata costruita bene, probabilmente con il tridente offensivo più rapido, tecnico e aggressivo che c’è, importante anche in chiave difensiva per far funzionare i meccanismi di riaggressione. Per funzionare però deve andare sempre a mille all’ora, e vedremo poi a febbraio come arriverà alla fase decisiva.
Francesco Lisanti
L’ultima volta che ricordo un Guardiola distintamente felice (o almeno, di averlo sentito dirsi felice, perché tra le rughe del viso ha sempre un Pollock di emozioni) è stata dopo la vittoria 3-1 sul Barcellona. A centrocampo c’era ancora Gündogan, fondamentale per capacità di inserirsi in area e ricucire i reparti, e il City aveva saputo alternare con grande lucidità pressing alto e un blocco difensivo basso, vincendo poi la partita in contropiede, addirittura dopo essere passato in svantaggio. Il City ha tuttora diversi giocatori formidabili nell’attaccare in transizione e in campo aperto, ed è una caratteristica che può pagare in un contesto di alto livello come quello della Champions League.
Marco D’Ottavi
L’idea che Conte non sia un allenatore “da competizioni europee” è semplicemente sbagliata. Proprio per togliersi questa etichetta credo che vorrà far bene a tutti i costi, mettendo tutto quello che ha nella competizione. Il gioco del Chelsea non sarà spettacolare, ma è solido e consolidato, senza gli alti e bassi che spesso pagano le squadre di Premier in Europa. Morata poi ha già dimostrato di essere letale nella competizione. I giocatori, infine, hanno quasi tutti esperienza in Champions League, per cui non dovrebbe pagare lo scotto (come il Tottenham la scorsa stagione). Potrebbero fare molta strada.
Intanto Conte, come al solito, ha fatto il pompiere: «Ci vorrà ancora molto tempo per arrivare al livello della Juventus».
Emanuele Atturo
Anch’io vedo meglio di tutte il City, perché mi pare abbia – almeno per il momento – risolto il principale problema dello scorso anno, quello delle transizioni negative, con cui il Monaco lo aveva fatto a fettine. Mi aspetto una buona Champions League anche dal Manchester UTD: la squadra di Mourinho è piena di problemi, molti dei quali non superabili, ma ha un girone morbido e nella fase a eliminazione diretta il cinismo di Mourinho potrebbe fare la differenza nella preparazione della gara.
Fabio Barcellona
A differenza di Emanuele, io penso che il City non abbia ancora del tutto eliminato i difetti nella transizione negativa. Ad esempio, nella partita vinta in pieno recupero contro il Bournemouth, hanno più volte rischiato di subire gol subendo ripartenze in inferiorità numerica dalla squadra di Howe. Nonostante questo, però, mi sembrano la squadra inglese maggiormente pronta a fare un lungo cammino in Champions. La qualità del loro gioco offensivo, la capacità di andare in verticale sono davvero di alto livello e se Gabriel Jesus riuscirà ad affermarsi anche nel palcoscenico della Champions le prospettive europee del City potrebbe essere rosee.
- Il Manchester UTD di Mourinho vincitore dell’Europa League va considerato già tra le competitor per la vittoria finale?
Emiliano Battazzi
Il Manchester di Mourinho è forse la squadra fisicamente più dominante della competizione: perfetta per la Premier, un po’ meno per la Champions. Però la fisicità è un’arma che aiuta molto in certi confronti (vedi la finale di Europa League contro l’Ajax) e con un po’ di fortuna anche nei futuri sorteggi potrebbe andare lontano. Onestamente, però, una vittoria sarebbe l’ennesimo capolavoro di Mou.
Francesco Lisanti
Con Matic e Pogba davanti alla difesa lo United è una di quelle poche squadre che può permettersi di spostare l’inerzia delle partite rendendole ingiocabili fisicamente, un po’ come ha provato a fare in Supercoppa europea proprio contro il Real Madrid. La loro efficacia, però, dipende molto da come e quanto velocemente riusciranno a risalire il campo. Nell’ultima Europa League lo United ha faticato a segnare praticamente contro chiunque. Con Pogba e Lukaku, però, le cose sembrano sensibilmente migliorate in questo senso, con il campo può aprirsi all’improvviso.
Emanuele Atturo
Sarebbe francamente assurdo ma non si mettono limiti al Diavolo, e quindi a Mourinho. In quest’ultima fase della sua carriera sembra essersi un po’ disallineato rispetto allo spirito dei tempi ma non sembra aver perso neanche un pizzico di quella assoluta determinazione di arrivare al risultato con ogni mezzo. Questa posizione da underdog – paradossale se consideriamo gli investimenti che alimentano i “Red Devils” – potrebbe aiutarlo a creare le condizioni mentali giuste per fare un’ottima Champions.
Daniele V. Morrone
No, non penso. Manca di esperienza ad alti livelli per troppi giocatori chiave (l’esperienza di chi scende in campo conta tanto ad aprile, come mostrato dal Monaco lo scorso anno) e fino ad oggi la Champions League ha dimostrato di essere più sensibile alla supremazia tecnica che a quella fisica. Non credo, poi, che strategie del tutto reattive, come quelle adottate fino a adesso da Mourinho, possano essere efficaci in Champions League, soprattutto dalle semifinali in poi, dove quasi sicuramente lo United affronterà una squadra superiore tecnicamente. La Supercoppa non può essere presa ad esempio, visto il momento della stagione in cui cade, e anche in quel caso, quando il Madrid ha iniziato a spingere, ha messo in luce una distanza quasi abissale nel livello delle due squadre. Come scrive Emiliano, al momento lo United sembra più una squadra costruita per vincere la Premier che per vincere la Champions League.
Fabio Barcellona
No. Secondo me, il calcio immaginato da Mourinho non permetterà alla sua squadra di alzare l’asticella dei risultati in campo europeo. Giocare le partite contro grandi squadre pensando quasi esclusivamente ad imbrigliare gli avversari è forse possibile in Premier League, ma la qualità offensiva dei top-team europei è troppo elevata per il livello tecnico della linea difensiva dello United. Se l’idea di Mou è quella di appoggiarsi interamente sulle spalle larghe della propria forza fisica adottando un calcio puramente reattivo, lo United non è ancora abbastanza solido per contenere l’impatto degli attacchi delle grandi d’Europa.
Daniele Manusia
Spero solo che vedremo confrontate le idee di Mourinho con quelle più attuali, sarà bello capire i limiti della sua visione: se ha ragione lui e lo United riuscirà a bullizzare anche squadre più fluide, tecniche e organizzate offensivamente – e quindi se è vero che “i poeti non vincono titoli” – o se invece si dimostrerà, come dicono in molti (ma io non condivido pienamente, basta ricordare la partita di ritorno con il Chelsea dello scorso anno) semplicemente superato.
- Pensate che Guardiola abbia risolto i problemi del City con il mercato estivo?
Emiliano Battazzi
I problemi del City non si risolvono con gli acquisti, e questo è il vero problema di Guardiola. Gli innesti sono tutti funzionali al sistema, a partire dallo sweeper-keeper Ederson, e la svolta sulle fasce con terzini fenomenali in fase offensiva e nel garantire ampiezza indica già la via per questa stagione. Però bisognerà capire come i nuovi si integreranno in una struttura di gioco così specifica, e che ha bisogno di tempo. Ma soprattutto il City deve ottenere continuità di risultati in Premier, forse il campionato più difficile possibile per l’implementazione del gioco di posizione. E senza risultati i giocatori tendono a perdere fiducia. Non si può comprare il tempo, e neppure l’apprendimento.
Francesco Lisanti
Negli ottavi contro il Monaco, Guardiola arrivò a schierare Fernandinho terzino sinistro, mentre a destra c’era il 34enne Bacary Sagna, tuttora svincolato. Il City riuscì comunque a segnare sei gol nei centottanta minuti, e incredibilmente non bastò per passare il turno.
A prescindere dal sistema di gioco, già in leggera trasformazione con l’affiancamento di Gabriel Jesus ad Aguero e il passaggio più stabile alla difesa a tre, avere due giocatori della caratura di Walker e Mendy sulle fasce permette da subito a tutta la squadra di affrontare con più sicurezza la sfida del gioco di posizione. Il mercato ha insomma completato una squadra già molto forte e può dare anche un senso di sicurezza collettiva alla squadra, che forse è mancato durante le decisive amnesie della passata stagione (posso scaricare la palla sull’esterno perché in qualche modo ne usciamo, posso tentare l’anticipo perché i terzini possono coprire in corsa la profondità alle mie spalle).
Ammiro molto la facilità con cui il City di Guardiola riesce ormai a verticalizzare, e la somma di intelligenze in campo con cui crea i presupposti per farlo, ma è ovvio che non sarebbe possibile senza tre atleti come Jesus, Walker e Mendy a creare continui problemi di copertura dell’ampiezza. Come ha detto Guardiola: «Il sistema sarà completamente lo stesso, perché c’è lo stesso allenatore, la differenza sta nella qualità dei giocatori».
Intanto, è arrivato il 5 a 0 al Liverpool.
- Che dobbiamo pensare del Barcellona, la Juventus deve temerlo o è piuttosto il contrario?
Emiliano Battazzi
Credo che quest’anno il Barça sarà migliore di quello sbiadito visto nella scorsa stagione in Europa, nonostante la partenza di Neymar, perché Valverde è l’uomo giusto in mezzo alla tormenta e perché una squadra del genere non fallisce troppo a lungo. Si tratta comunque di una squadra in transizione, che deve trovare l’assetto giusto, i titolari definitivi: meglio affrontarla subito, se proprio si deve. In ogni caso la Juve ha dimostrato ampiamente nel doppio confronto di essere a quel livello e quindi è il classico girone in cui non c’è una favorita netta.
Dario Saltari
Bisognerebbe temere il Barcellona per mille motivi, ma basterebbe anche solo il fatto che ha dalla propria parte quello che è ancora, nonostante tutto, il miglior giocatore al mondo. Ma sono d’accordo anche con Emiliano su Valverde che, in una fase di totale entropia tecnica e societaria, può dare ai propri giocatori dei principi di gioco saldi a cui aggrapparsi in questo momento di tempesta – un vantaggio che ai gironi ha ancora un suo peso. In ogni caso, la Juventus, con un girone spezzato nettamente in due tra teste di serie e outsider, può permettersi anche il lusso di non preoccuparsi troppo del Barça per adesso, e dare quasi per scontata la qualificazione agli ottavi.
Marco D’Ottavi
Deve temerlo perché l’obiettivo principale per una squadra che punta a consolidare la propria posizione europea è passare il girone al primo posto (l’anno scorso da prima la Juventus incontrò il Porto, l’anno prima da seconda il Bayern Monaco). Sono dieci anni che il Barcellona passa il turno da prima classificata, spesso con punteggi altissimi, e lo stesso non si può dire della Juventus, che nei gironi di Champions ha spesso faticato. Vincere ai gironi al Camp Nou si è dimostrato quasi impossibile gli scorsi anni, e in più la squadra domina quasi ovunque in Europa in questo periodo della stagione, al di là dei momenti di forma. Magari preoccuparsi è troppo, perché almeno il secondo posto sembra assicurato, ma per raggiungere l’obiettivo del primo posto la Juventus dovrà fare un grandissimo girone di qualificazione.
Daniele V. Morrone
Per la prima volta da quando c’è Messi penso che sia il Barcellona a dover temere la Juventus e non il contrario. Il motivo è che pur avendo il miglior giocatore della competizione il Barcellona si trova al momento in una fase ancora iniziale del progetto tattico di Valverde e andrà ad affrontare la Juventus senza che l’allenatore abbia potuto verificare la tenuta del sistema contro una squadra in grado di negare l’uscita del pallone.
Il Barcellona di Valverde al momento si regge sul sottile equilibrio tattico dato da un Messi posizionato nella fascia centrale del campo come falso 9, che funziona fin quando l’argentino può stare più vicino all’area che al centrocampo (la vera intuizione vincente di Valverde fino ad ora). Non è tanto importante il livello di adeguamento attuale di Suárez al nuovo ruolo di attaccante esterno a sinistra o di livello generale di Deulofeu come esterno destro. Quello che conta ai fini del sistema di Valverde è che il centrocampo può tornare ad esistere come entità, e non come semplice momento di passaggio del pallone. Che i vari Rakitic, Busquets e Iniesta, insomma, possano evitare che Messi debba venire a raccogliere il pallone a metà campo. In questo modo il Barcellona può anche tornare ad avere meccanismi di pressione adeguati e permettere ai suoi centrocampisti di fare il proprio gioco anche senza palla: Busquets può difendere proattivamente, Rakitic può muoversi nella fascia centrale e aggredire l’area.
Fino ad ora in Liga questo ha funzionato perché le avversarie non sono riuscite a portare Messi lontano dall’area. Ma Allegri è l’allenatore giusto per mostrare da subito i limiti del sistema. Non c’è motivo quindi per la Juventus di temere il Barcellona, deve trattarlo come pari. Una squadra che può battere e da cui può essere battuta per episodi, ma non certo per superiorità tecnica, atletica o tattica.
Se vi state chiedendo come sta Messi.
- Neymar e Mbappé riusciranno a far colmare al PSG quella distanza che la separa dalle grandi d’Europa?
Emiliano Battazzi
Per Emery era importante prendere uno dei migliori giocatori al mondo, ma quasi più per un’affermazione psicologica. Penso sia rimasto molto scottato dal crollo della sua squadra al Camp Nou, che è stato prima di tutto psicologico, di fiducia: i giocatori erano in ineluttabile attesa di qualcosa che alla fine hanno contribuito a determinare. Mi sembra un po’ riduttivo pensare che lo scarto si possa accorciare in questo modo, perché da anni il PSG non riesce a fare quel passaggio di livello per contendere la vittoria finale. Certo che Neymar e Mbappé sono due acquisti da élite e che vanno nella direzione di gioco di Emery: squadra diretta, che va in verticale, allontanandosi dallo stile associativo di Blanc. Però il PSG l’anno scorso è addirittura arrivato secondo in campionato, e forse deve aggiustare ancora molto a livello di struttura di squadra e risposta collettiva ai problemi del campo prima di poter pensare di competere per la vittoria della Champions League.
Dario Saltari
Neymar e Mbappé (ma non mi dimenticherei nemmeno di Dani Alves, che in Champions League è un plus non da poco) danno al PSG quel peso tecnico e carismatico che gli è mancato fino ad ora, e che è necessario per vincere una competizione così complessa e imprevedibile come la Champions League. Secondo me non bisogna commettere l’errore di sottovalutare troppo il club parigino guardando alla scorsa stagione, fallimentare ma segnata nei suoi momenti topici da eventi credo irripetibili (una delle più grandi rimonte della storia del calcio, il Monaco più competitivo degli ultimi 20 anni). La grande incognita della stagione del PSG è anche quest’anno la gestione della squadra da parte di Emery, la piccola crepa che l’anno scorso ha finito per far crollare tutto il palazzo. Con due stelle di questo calibro in più in squadra questa incognita è diventata ancora più grande e ingestibile, ma se l’allenatore spagnolo si dimostrerà all’altezza di dominarla allora sarà giusto considerare il PSG tra le principali contendenti alla vittoria finale.
Daniele V. Morrone
Neymar e Mbappé (senza dimenticare Dani Alves, come scrive Dario) sono proprio quello che serviva al PSG per fare il salto di qualità definitivo. Sono riusciti insomma a fare quello che al Bayern Monaco non è mai riuscito, cioè di rinforzarsi nei confronti delle spagnole, le uniche squadre che fino ad ora hanno dimostrato di poter essere ogni anno pretendenti alla vittoria finale.
Non penso poi che Emery vada a commettere gli stessi errori della scorsa stagione con un anno in più di esperienza a Parigi. Parliamo di un allenatore che ha dimostrato nel recente passato di poter essere un fattore nelle fasi ad eliminazione diretta (è stato preso proprio per questo motivo, alla fine) e mi sembra quasi impossibile che possa ripetersi un altro 6-1 al Camp Nou. Il fatto di poter dominare il campionato francese poi può dare dei problemi a livello di preparazione mentale alle sfide contro squadre superiori, è vero, ma va detto che a meno di non incrociare il Real Madrid ai quarti, non vedo come il PSG possa incontrare una squadra superiore prima delle semifinali. Il PSG ha colmato ogni distanza e ora è una delle candidate alla vittoria, insieme alle tre spagnole, al Bayern Monaco e alla Juventus.
Buona la prima.