Ricomincia la Champions League e come ogni anno i temi sono tanti. Il possibile record del Real Madrid; la prova a cui è atteso il PSG; le 5 inglesi e le 3 italiane. Nelle nostre 20 domande cercheremo di parlare di tutto, o quasi. Buona lettura!
Quale girone seguirete con più interesse?
Emiliano Battazzi
Per uscire dal sentiero dei gironi più prestigiosi, a me piace molto il gruppo G, potenzialmente il più equilibrato di tutti, senza stelle ma senza materassi, e con squadre che sembrano completarsi. Il Porto di Sergio Conceição è la nuova speranza per risollevare i dragoni e interrompere il dominio del Benfica, e per ora in campionato ha raccolto 5 vittorie su 5. Conceição viene da una splendida e quasi miracolosa stagione al Nantes, dopo aver fatto un po’ di tutto (DS al Paok, vice-allenatore a Liegi), e quindi la prova europea sarà importante per capire davvero la sua capacità di allenare a livello élite.
Il Besiktas ha condotto una campagna acquisti pazza quasi come i video degli annunci sui social, ma comunque con un fine evidente: aggiungere esperienza internazionale e personalità, con Pepe-Medel potenziale coppia di centrali difensivi da far tremare le caviglie avversarie. Davanti è arrivato lo squalo Negredo, che per questo livello di intensità è perfetto, e la squadra ha comunque l'ottima base della scorsa stagione, conclusa con la vittoria del campionato (uno su tutti: Özyakup). Poi ci sono Monaco e RB Lipsia, che nelle loro sfide si affronteranno direttamente con due flipper a centrocampo: sono le migliori per qualità di gioco, ma i monegaschi hanno perso molto quest'estate, mentre i tedeschi non hanno esperienza internazionale, che in Champions è un fattore importante (ma non insormontabile, e il Lipsia dell'anno scorso potrebbe anche vincere il girone). Da questo gruppo potrebbe non uscire fuori neppure una partita noiosa.
Marco D’Ottavi
Io invece non saprei dove mettere le mani nel girone G, ma a parte quello mi sembrano tutti più o meno ben stratificati per quanto riguarda i valori e le possibilità di passaggio del turno. Forse il girone che lascia più possibilità aperte è l’H, dove tra Borussia Dortmund e Tottenham è difficile dire chi possa essere favorita nella corsa al secondo posto alle spalle del Real. È un girone interessante anche dal punto di vista tattico: ci sono 3 squadre che giocano un calcio molto specifico e anche piacevole da guardare, e che daranno vita a sfide combattute.
Il Real ovviamente rimane favorito ed è interessante seguirlo semplicemente perché ha alcuni dei migliori giocatori al mondo ma probabilmente sarà costretto da subito a mettere le marce alte per non rischiare nulla. Il Borussia Dortmund mostra qualche ombra, Reus è di nuovo infortunato al momento, ma è una squadra piena di talento e Bosz all’Ajax ha dimostrato di saper affrontare le competizioni europee con lo spirito giusto. Il Tottenham deve riscattarsi dopo la brutta figura dello scorso anno, dimostrare che può competere su più fronti perché sarebbe assurdo il contrario. Le loro chance di passare il turno dipendono da come giocheranno a Wembley. Insomma non molte squadre hanno tre giocatori offensivi come Kane, Dele Alli ed Eriksen...
Emanuele Atturo
I gruppi G e H sono davvero belli: un misto di equilibrio competitivo, talento, novità, hipsteria. A me però piace molto anche il gruppo E. Dentro ci sono due redivive europee come il Maribor e lo Spartak Mosca.
Il Maribor gioca con un 4-4-2 abbastanza scolastico ma con qualche elemento interessante, in particolare Zahovic, figlio d’arte di Zlatko, con un buon senso della porta. Gli sloveni poi hanno la maglia viola e gialla, il miglior accostamento di colori possibile. Bello anche ritrovare lo Spartak Mosca, la squadra fondata da un sindacato operaio e che nel suo nome si richiama a Spartaco, lo schiavo romano che aveva capeggiato una rivolta contro i potenti.
Troppo facile un parallelismo metaforico fra questo aneddoto e il fatto che l’equilibrio del girone sembra già segnato. La qualificazione del Siviglia e del Liverpool sembra poco in discussione, ma la loro sfida contribuisce a rendere estremamente interessante il gruppo. Il Siviglia, con Sampaoli che ha abbandonato la nave, ha puntato su un altro allenatore ambizioso come Berizzo. Forse è un po’ sottovalutato ma può fare bene. La squadra è tra le più entusiasmanti da seguire in questa Champions e sembra già a buon punto con l’assimilazione dei concetti del suo allenatore: intensità, verticalità e riconquista alta del pallone. Nelle prime partite dell’anno, dal centrocampo in su, N’Zonzi ha dato equilibrio e una squadra stipata di giocatori tecnici e offensivi. Krohn Dehli, Sarabia, Ganso, Banega, Vazquez devono ragionare, dare la pausa e rifinire; sugli esterni Correa, Nolito, Jesus Navas danno verticalità all’attacco, con l’ex City che taglia di più verso la porta e Navas che rimane sull’esterno. Ben Yedder è un ottimo centravanti di raccordo e ha la reattività per sfruttare bene le tante palle che i centrocampisti gli serviranno.
La doppia sfida contro il Liverpool sarà tra le più gustose di questi gironi, un manifesto dell’equilibrio sottile e precario fra intensità e controllo.
Daniele Manusia
Ok, forse lo abbiamo omesso perché potrebbe rivelarsi un girone tritacarne per la squadra italiana che ne fa parte, ma anche il girone C con Atletico Madrid, Chelsea e Roma, potrebbe regalare belle sorprese. Anzitutto grande intensità tra Conte e Simeone, con entrambe le squadre che devono scoprire - più che dimostrare - il loro reale potenziale stagionale e due giochi che per certi versi si completano (Conte ama avere la palla, Simeone ne fa volentieri a meno; Conte attacca in verticale moltiplicando le linee, Simeone costruisce blocchi compatti che scivolano in orizzontale) e la Roma magari non godrà dei favori del pronostico ma ha tutte le caratteristiche per fare da outsider e togliersi qualche soddisfazione. Poi c’è il Qarabag che ha la storia più unica di tutta questa Champions League.
Quante possibilità date al Real Madrid di vincere la terza Champions League consecutiva?
Emanuele Atturo
È diventato sempre più paradossale parlare di questo Real Madrid. Zidane ha messo insieme una squadra che ha l’aria della macchina spietata per i doppi confronti di Champions: il dominio tecnico e il carisma debordante - oltre che la tranquillità mentale di giocare ormai senza pressioni - rappresentano la migliore ricetta per questa competizione. Il Real Madrid è già ora leggendario, non riesco a immaginare quanto si ingrosserebbe il valore del suo ricordo dopo una terza coppa consecutiva. Fa impressione se pensiamo che tutto questo è iniziato con una finale di Champions contro l’Atletico, raggiunta in modo fortunoso e dove tutti vedevano i “merengues” sfavoriti. Consideriamoci fortunati di vivere questo presente.
Emiliano Battazzi
Il Real Madrid parte favorito per una strana convergenza temporale: si è rafforzato nella scorsa stagione mentre gli altri declinavano, trovando una chiara espressione estetica al suo dominio, trasformando i migliori giocatori in una jazz band un po’ pazza che ogni tanto scherza ma quando attacca non ce n'è per nessuno. Per coltivare questo dominio ed estenderlo nel futuro, negli ultimi anni ha comprato alcuni tra i migliori giovani a livello internazionale.
La prospettiva inquietante è che non si capisce, adesso, chi potrebbe mai eliminare il Real Madrid, perché non esiste in Europa una squadra con quelle caratteristiche tecniche, quella sicurezza, quella comunione d'intenti con il suo allenatore e quell’incredibile dominio del pallone. La terza di fila sarebbe incredibile, ovviamente un evento mai successo nella moderna Champions, ma che nella Coppa dei Campioni risale a più di 40 anni fa con il Bayern Monaco. Ma non è ai tedeschi che Florentino Perez sta guardando: vincere per tre anni di fila significherebbe rincorrere l'epopea del Real di Alfredo Di Stefano e di Bernabeu, il presidente che probabilmente Florentino punta a superare.
Sconsigliata la visione agli juventini.
Marco D’Ottavi
I bookmakers la danno favorita e se lo dicono loro bisogna pur prendere la cosa in considerazione. La squadra di Zidane ha dimostrato di poter alzare il proprio dominio sulla partita proprio nei momenti che contano, un atteggiamento che ti fa fare molta strada in Champions. Eppure è anche una competizione che si vince con la fortuna, fortuna che il Real ha avuto nelle due scorse edizioni, e che statisticamente non dovrebbe avere anche quest’anno. Ovviamente quando sei costretto ad appellarti alla dicotomia fortuna/sfortuna parlando di una squadra vuol dire che sì: è possibile vinca la Champions per la terza volta consecutiva, un’impresa la cui grandezza non saprei neanche giudicare.
Ok, ma come si fa ad arginare il dominio tecnico di Kroos, Modric, Isco?
Emiliano Battazzi
Non si argina, semplicemente. Nella scorsa stagione chi è riuscito a contenerli ha puntato molto sulla chiusura delle linee: se non posso levargli il pallone, provo almeno a levargli lo spazio, soprattutto sulla trequarti. Solo che è difficile rimanere corti, aggressivi e intensi per 90 minuti, e quindi è un po’ come una grave calamità: magari contieni il centrocampo del Real per 70 minuti, ma poi devi capire quanti danni subirai nei restanti 20. Perché il Real di Zidane controlla la partita a volte solo per 15 minuti, a volte per 90: una delle sue maggiori qualità è di saper sempre ribaltare l'inerzia.
Marco D’Ottavi
Sono d’accordo con Emiliano, anche perché quest’anno possiamo aspettarci la definitiva esplosione di Asensio e sulla trequarti del Real sarà un massacro. Non lo so, forse può fermarli solo una cattiva gestione delle risorse da parte di Zidane, Modric e Kroos non sono più giovanissimi, oppure qualche granello di polvere negli ingranaggi al momento più importante. Dopotutto la Champions è veramente la competizione dei dettagli.
Intanto Isco sembra discretamente in forma.
Daniele Manusia
Eppure io credo che con una pressione alta e marcature orientate su Modric e Kroos si potrebbe provare a complicare la vita a Zidane, soprattutto nel fare uscire la palla dalla difesa. Certo serve molta intensità in 90’, ma Borussia e Tottenham sono due squadre che potrebbero provare a colmare il gap tecnico - evidente e incolmabile per quasi tutti - con l’atletismo e l’organizzazione. A me piacerebbe anche rivederli contro il Napoli ancora più maturo di quest’anno, perché ok il Real troverà sempre spazi e tempi per giocare al suo gioco ma il possesso della squadra di Sarri ha già dimostrato di poterli mettere in difficoltà e se il Napoli riuscisse a produrre più occasioni alzerebbe anche il proprio punteggio. In realtà sarà molto difficile, ma sarà anche bello scoprire chi potrà fermare questo Real.
Chi vedete favorito tra il Borussia rivoluzionato e il Tottenham che rispetto allo scorso anno ha cambiato il meno possibile?
Fabio Barcellona
L’anno passato il Tottenham è stato davvero una delusione. Era inserito in un girone equilibrato ed è arrivato terzo alle spalle di Monaco e del mediocre Bayer Leverkusen della scorsa stagione, perdendo in casa con entrambe riuscendo a fare punti praticamente solo contro il CSKA Mosca.
In Europa League, poi, è stato immediatamente eliminato dal Gent. Gli “Spurs” sono apparsi come la rappresentazione del basso livello comparato del massimo campionato inglese rispetto ai tornei continentali: se la seconda/terza forza della Premier League, la squadra forse più evoluta tatticamente tra le inglesi, gioca un girone di qualificazione così mediocre, è evidente che qualcosa non funziona oltremanica. In controtendenza con le abitudini inglesi, il Tottenham ha variato poco la sua squadra: ha ceduto Walker al City e preso Davinson Sanchez dall’Ajax. La squadra, è quindi iper-rodata e ha accumulato, con le sconfitte, esperienza europea: passare il girone per Pochettino deve essere l’obiettivo minimo per affermarsi come allenatore di respiro internazionale. E tutto sommato penso possa farcela.
Il BVB, a differenza del Tottenham, come ogni anno ha cambiato molto e il nuovo tecnico Bosz deve trovare ancora le giuste misure per la sua squadra. Il suo lavoro oltretutto non è facilitato dal solito elevato numero di infortunati del Borussia. La prima partita si gioca proprio tra BVB e Tottenham a Dortmund e potrebbe già essere decisiva per stabilire la seconda forza del girone. A Bosz mancheranno molti giocatori, mentre il Tottenham è già pronto per la sfida; potrebbe essere quindi un’occasione per Pochettino per orientare da subiti i destini del girone.
Dario Saltari
Io non sarei così duro nei confronti del Tottenham, che l’anno scorso pagava un po’ di inesperienza a livello europeo (che, come ha già detto Emiliano, in Champions League conta molto) e anche la cosiddetta “maledizione di Wembley” (la passata stagione il Tottenham già giocava lì le partite europee). Quest’anno secondo me la musica sarà diversa e la squadra di Pochettino riuscirà almeno ad arrivare agli ottavi, con buona pace del nuovo Borussia Dortmund di Bosz, che mi sembra una squadra ancora troppo in costruzione per ottenere dei risultati subito. Il girone, comunque, sarà divertente ed equilibrato, perché il Real Madrid ai gironi concede sempre qualcosa a livello di intensità mentale, e non è escluso che lasci qualche punto sulla strada che porta al secondo posto.
Emanuele Atturo
Il discorso fra BVB e Tottenham si riassume a quello che ha detto Fabio: la rivoluzione obbligata del Borussia (che non aveva certo voglia di vendere Dembélé a quel punto del mercato) contro la continuità del Tottenham. Mi aspetto un’ottima Champions dalla squadra di Pochettino, sin da questo girone dove li vedo avanti rispetto ai tedeschi, e la prima partita in casa li avvantaggia non poco. Anche se le prestazioni del Tottenham dipendono tanto dalle condizioni fisiche con cui arriva. In forma gli “Spurs” sono una squadra abbastanza indigeribile per chiunque, ma fuori forma diventa una formazione più che normale, che non sembra saper amministrare i propri problemi.
Ci sono ben 5 squadre di Premier League in corsa, è l’anno buono per una rinascita europea del calcio inglese?
Emiliano Battazzi
Le squadre inglesi presentano un ventaglio tattico così diverso che, in ogni caso, è un arricchimento per la Champions e una grande opportunità per loro. E un po’ come per la teoria finanziaria della diversificazione del portafoglio, secondo me almeno una può arrivare tra le prime 4. Il problema della rinascita è che la Premier consuma troppe energie ed è poco allenante rispetto alle difficoltà della Champions: che sono molto più tecniche, strategiche e riflessive. Però ci sono le 5 squadre con 5 tra i migliori allenatori al mondo, sono sicuro che riusciranno ad aiutare i propri giocatori.
A proposito di varietà: Chelsea - Tottenham.
Emanuele Atturo
Tutte le squadre inglesi presenti quest’anno hanno una stagione in più nel loro processo di maturazione e sembrano un po’ più avanti rispetto allo scorso anno. Forse nessuna riesce a raggiungere un livello d’eccellenza assoluto, ma in un anno in cui le solite contenders sembrano un pochino meno solide sulla carta (qui mi riferisco al Barcellona, alla Juventus, al Bayern Monaco) anch’io credo che una squadra inglese centrerà almeno la semifinale. Tutte queste squadre mi sembrano avere un’identità definita: il processo di rinnovamento tattico del campionato, iniziato lo scorso anno, secondo me ha bisogno di un po’ di tempo, e già quest’anno potremo osservarne i primi frutti.
Fabio Barcellona
Come ha detto Emanuele quest’anno le inglesi si presentano tutte ai nastri di partenza con il medesimo allenatore della passata stagione e tutte in una fase del loro progetto tattico piuttosto avanzata. Non vedo nessuna eccellenza tra le cinque, ma il livello dei calciatori e degli allenatori a disposizione dovrebbe comunque consentire alle squadre della Premier un cammino europeo migliore di quello delle ultime stagioni. Per la vittoria finale invece, la vedo ancora dura.
Quale squadra di Premier vedete meglio in coppa?
Emiliano Battazzi
Il Liverpool potrebbe ripetere le strepitose campagne europee di Klopp a Dortmund. La squadra è stata costruita bene, probabilmente con il tridente offensivo più rapido, tecnico e aggressivo che c'è, importante anche in chiave difensiva per far funzionare i meccanismi di riaggressione. Per funzionare però deve andare sempre a mille all’ora, e vedremo poi a febbraio come arriverà alla fase decisiva.
Francesco Lisanti
L’ultima volta che ricordo un Guardiola distintamente felice (o almeno, di averlo sentito dirsi felice, perché tra le rughe del viso ha sempre un Pollock di emozioni) è stata dopo la vittoria 3-1 sul Barcellona. A centrocampo c’era ancora Gündogan, fondamentale per capacità di inserirsi in area e ricucire i reparti, e il City aveva saputo alternare con grande lucidità pressing alto e un blocco difensivo basso, vincendo poi la partita in contropiede, addirittura dopo essere passato in svantaggio. Il City ha tuttora diversi giocatori formidabili nell’attaccare in transizione e in campo aperto, ed è una caratteristica che può pagare in un contesto di alto livello come quello della Champions League.
Marco D’Ottavi
L’idea che Conte non sia un allenatore “da competizioni europee” è semplicemente sbagliata. Proprio per togliersi questa etichetta credo che vorrà far bene a tutti i costi, mettendo tutto quello che ha nella competizione. Il gioco del Chelsea non sarà spettacolare, ma è solido e consolidato, senza gli alti e bassi che spesso pagano le squadre di Premier in Europa. Morata poi ha già dimostrato di essere letale nella competizione. I giocatori, infine, hanno quasi tutti esperienza in Champions League, per cui non dovrebbe pagare lo scotto (come il Tottenham la scorsa stagione). Potrebbero fare molta strada.
Intanto Conte, come al solito, ha fatto il pompiere: «Ci vorrà ancora molto tempo per arrivare al livello della Juventus».
Emanuele Atturo
Anch’io vedo meglio di tutte il City, perché mi pare abbia - almeno per il momento - risolto il principale problema dello scorso anno, quello delle transizioni negative, con cui il Monaco lo aveva fatto a fettine. Mi aspetto una buona Champions League anche dal Manchester UTD: la squadra di Mourinho è piena di problemi, molti dei quali non superabili, ma ha un girone morbido e nella fase a eliminazione diretta il cinismo di Mourinho potrebbe fare la differenza nella preparazione della gara.
Fabio Barcellona
A differenza di Emanuele, io penso che il City non abbia ancora del tutto eliminato i difetti nella transizione negativa. Ad esempio, nella partita vinta in pieno recupero contro il Bournemouth, hanno più volte rischiato di subire gol subendo ripartenze in inferiorità numerica dalla squadra di Howe. Nonostante questo, però, mi sembrano la squadra inglese maggiormente pronta a fare un lungo cammino in Champions. La qualità del loro gioco offensivo, la capacità di andare in verticale sono davvero di alto livello e se Gabriel Jesus riuscirà ad affermarsi anche nel palcoscenico della Champions le prospettive europee del City potrebbe essere rosee.
Il Manchester UTD di Mourinho vincitore dell’Europa League va considerato già tra le competitor per la vittoria finale?
Emiliano Battazzi
Il Manchester di Mourinho è forse la squadra fisicamente più dominante della competizione: perfetta per la Premier, un po’ meno per la Champions. Però la fisicità è un'arma che aiuta molto in certi confronti (vedi la finale di Europa League contro l’Ajax) e con un po’ di fortuna anche nei futuri sorteggi potrebbe andare lontano. Onestamente, però, una vittoria sarebbe l'ennesimo capolavoro di Mou.
Francesco Lisanti
Con Matic e Pogba davanti alla difesa lo United è una di quelle poche squadre che può permettersi di spostare l’inerzia delle partite rendendole ingiocabili fisicamente, un po’ come ha provato a fare in Supercoppa europea proprio contro il Real Madrid. La loro efficacia, però, dipende molto da come e quanto velocemente riusciranno a risalire il campo. Nell’ultima Europa League lo United ha faticato a segnare praticamente contro chiunque. Con Pogba e Lukaku, però, le cose sembrano sensibilmente migliorate in questo senso, con il campo può aprirsi all’improvviso.
Emanuele Atturo
Sarebbe francamente assurdo ma non si mettono limiti al Diavolo, e quindi a Mourinho. In quest’ultima fase della sua carriera sembra essersi un po’ disallineato rispetto allo spirito dei tempi ma non sembra aver perso neanche un pizzico di quella assoluta determinazione di arrivare al risultato con ogni mezzo. Questa posizione da underdog - paradossale se consideriamo gli investimenti che alimentano i “Red Devils” - potrebbe aiutarlo a creare le condizioni mentali giuste per fare un’ottima Champions.
Daniele V. Morrone
No, non penso. Manca di esperienza ad alti livelli per troppi giocatori chiave (l’esperienza di chi scende in campo conta tanto ad aprile, come mostrato dal Monaco lo scorso anno) e fino ad oggi la Champions League ha dimostrato di essere più sensibile alla supremazia tecnica che a quella fisica. Non credo, poi, che strategie del tutto reattive, come quelle adottate fino a adesso da Mourinho, possano essere efficaci in Champions League, soprattutto dalle semifinali in poi, dove quasi sicuramente lo United affronterà una squadra superiore tecnicamente. La Supercoppa non può essere presa ad esempio, visto il momento della stagione in cui cade, e anche in quel caso, quando il Madrid ha iniziato a spingere, ha messo in luce una distanza quasi abissale nel livello delle due squadre. Come scrive Emiliano, al momento lo United sembra più una squadra costruita per vincere la Premier che per vincere la Champions League.
Fabio Barcellona
No. Secondo me, il calcio immaginato da Mourinho non permetterà alla sua squadra di alzare l’asticella dei risultati in campo europeo. Giocare le partite contro grandi squadre pensando quasi esclusivamente ad imbrigliare gli avversari è forse possibile in Premier League, ma la qualità offensiva dei top-team europei è troppo elevata per il livello tecnico della linea difensiva dello United. Se l’idea di Mou è quella di appoggiarsi interamente sulle spalle larghe della propria forza fisica adottando un calcio puramente reattivo, lo United non è ancora abbastanza solido per contenere l’impatto degli attacchi delle grandi d’Europa.
Daniele Manusia
Spero solo che vedremo confrontate le idee di Mourinho con quelle più attuali, sarà bello capire i limiti della sua visione: se ha ragione lui e lo United riuscirà a bullizzare anche squadre più fluide, tecniche e organizzate offensivamente - e quindi se è vero che “i poeti non vincono titoli” - o se invece si dimostrerà, come dicono in molti (ma io non condivido pienamente, basta ricordare la partita di ritorno con il Chelsea dello scorso anno) semplicemente superato.
Pensate che Guardiola abbia risolto i problemi del City con il mercato estivo?
Emiliano Battazzi
I problemi del City non si risolvono con gli acquisti, e questo è il vero problema di Guardiola. Gli innesti sono tutti funzionali al sistema, a partire dallo sweeper-keeper Ederson, e la svolta sulle fasce con terzini fenomenali in fase offensiva e nel garantire ampiezza indica già la via per questa stagione. Però bisognerà capire come i nuovi si integreranno in una struttura di gioco così specifica, e che ha bisogno di tempo. Ma soprattutto il City deve ottenere continuità di risultati in Premier, forse il campionato più difficile possibile per l'implementazione del gioco di posizione. E senza risultati i giocatori tendono a perdere fiducia. Non si può comprare il tempo, e neppure l'apprendimento.
Francesco Lisanti
Negli ottavi contro il Monaco, Guardiola arrivò a schierare Fernandinho terzino sinistro, mentre a destra c’era il 34enne Bacary Sagna, tuttora svincolato. Il City riuscì comunque a segnare sei gol nei centottanta minuti, e incredibilmente non bastò per passare il turno.
A prescindere dal sistema di gioco, già in leggera trasformazione con l’affiancamento di Gabriel Jesus ad Aguero e il passaggio più stabile alla difesa a tre, avere due giocatori della caratura di Walker e Mendy sulle fasce permette da subito a tutta la squadra di affrontare con più sicurezza la sfida del gioco di posizione. Il mercato ha insomma completato una squadra già molto forte e può dare anche un senso di sicurezza collettiva alla squadra, che forse è mancato durante le decisive amnesie della passata stagione (posso scaricare la palla sull’esterno perché in qualche modo ne usciamo, posso tentare l’anticipo perché i terzini possono coprire in corsa la profondità alle mie spalle).
Ammiro molto la facilità con cui il City di Guardiola riesce ormai a verticalizzare, e la somma di intelligenze in campo con cui crea i presupposti per farlo, ma è ovvio che non sarebbe possibile senza tre atleti come Jesus, Walker e Mendy a creare continui problemi di copertura dell’ampiezza. Come ha detto Guardiola: «Il sistema sarà completamente lo stesso, perché c’è lo stesso allenatore, la differenza sta nella qualità dei giocatori».
Intanto, è arrivato il 5 a 0 al Liverpool.
Che dobbiamo pensare del Barcellona, la Juventus deve temerlo o è piuttosto il contrario?
Emiliano Battazzi
Credo che quest'anno il Barça sarà migliore di quello sbiadito visto nella scorsa stagione in Europa, nonostante la partenza di Neymar, perché Valverde è l'uomo giusto in mezzo alla tormenta e perché una squadra del genere non fallisce troppo a lungo. Si tratta comunque di una squadra in transizione, che deve trovare l’assetto giusto, i titolari definitivi: meglio affrontarla subito, se proprio si deve. In ogni caso la Juve ha dimostrato ampiamente nel doppio confronto di essere a quel livello e quindi è il classico girone in cui non c'è una favorita netta.
Dario Saltari
Bisognerebbe temere il Barcellona per mille motivi, ma basterebbe anche solo il fatto che ha dalla propria parte quello che è ancora, nonostante tutto, il miglior giocatore al mondo. Ma sono d’accordo anche con Emiliano su Valverde che, in una fase di totale entropia tecnica e societaria, può dare ai propri giocatori dei principi di gioco saldi a cui aggrapparsi in questo momento di tempesta - un vantaggio che ai gironi ha ancora un suo peso. In ogni caso, la Juventus, con un girone spezzato nettamente in due tra teste di serie e outsider, può permettersi anche il lusso di non preoccuparsi troppo del Barça per adesso, e dare quasi per scontata la qualificazione agli ottavi.
Marco D’Ottavi
Deve temerlo perché l’obiettivo principale per una squadra che punta a consolidare la propria posizione europea è passare il girone al primo posto (l’anno scorso da prima la Juventus incontrò il Porto, l’anno prima da seconda il Bayern Monaco). Sono dieci anni che il Barcellona passa il turno da prima classificata, spesso con punteggi altissimi, e lo stesso non si può dire della Juventus, che nei gironi di Champions ha spesso faticato. Vincere ai gironi al Camp Nou si è dimostrato quasi impossibile gli scorsi anni, e in più la squadra domina quasi ovunque in Europa in questo periodo della stagione, al di là dei momenti di forma. Magari preoccuparsi è troppo, perché almeno il secondo posto sembra assicurato, ma per raggiungere l’obiettivo del primo posto la Juventus dovrà fare un grandissimo girone di qualificazione.
Daniele V. Morrone
Per la prima volta da quando c’è Messi penso che sia il Barcellona a dover temere la Juventus e non il contrario. Il motivo è che pur avendo il miglior giocatore della competizione il Barcellona si trova al momento in una fase ancora iniziale del progetto tattico di Valverde e andrà ad affrontare la Juventus senza che l’allenatore abbia potuto verificare la tenuta del sistema contro una squadra in grado di negare l’uscita del pallone.
Il Barcellona di Valverde al momento si regge sul sottile equilibrio tattico dato da un Messi posizionato nella fascia centrale del campo come falso 9, che funziona fin quando l’argentino può stare più vicino all’area che al centrocampo (la vera intuizione vincente di Valverde fino ad ora). Non è tanto importante il livello di adeguamento attuale di Suárez al nuovo ruolo di attaccante esterno a sinistra o di livello generale di Deulofeu come esterno destro. Quello che conta ai fini del sistema di Valverde è che il centrocampo può tornare ad esistere come entità, e non come semplice momento di passaggio del pallone. Che i vari Rakitic, Busquets e Iniesta, insomma, possano evitare che Messi debba venire a raccogliere il pallone a metà campo. In questo modo il Barcellona può anche tornare ad avere meccanismi di pressione adeguati e permettere ai suoi centrocampisti di fare il proprio gioco anche senza palla: Busquets può difendere proattivamente, Rakitic può muoversi nella fascia centrale e aggredire l’area.
Fino ad ora in Liga questo ha funzionato perché le avversarie non sono riuscite a portare Messi lontano dall’area. Ma Allegri è l’allenatore giusto per mostrare da subito i limiti del sistema. Non c’è motivo quindi per la Juventus di temere il Barcellona, deve trattarlo come pari. Una squadra che può battere e da cui può essere battuta per episodi, ma non certo per superiorità tecnica, atletica o tattica.
Se vi state chiedendo come sta Messi.
Neymar e Mbappé riusciranno a far colmare al PSG quella distanza che la separa dalle grandi d’Europa?
Emiliano Battazzi
Per Emery era importante prendere uno dei migliori giocatori al mondo, ma quasi più per un'affermazione psicologica. Penso sia rimasto molto scottato dal crollo della sua squadra al Camp Nou, che è stato prima di tutto psicologico, di fiducia: i giocatori erano in ineluttabile attesa di qualcosa che alla fine hanno contribuito a determinare. Mi sembra un po’ riduttivo pensare che lo scarto si possa accorciare in questo modo, perché da anni il PSG non riesce a fare quel passaggio di livello per contendere la vittoria finale. Certo che Neymar e Mbappé sono due acquisti da élite e che vanno nella direzione di gioco di Emery: squadra diretta, che va in verticale, allontanandosi dallo stile associativo di Blanc. Però il PSG l'anno scorso è addirittura arrivato secondo in campionato, e forse deve aggiustare ancora molto a livello di struttura di squadra e risposta collettiva ai problemi del campo prima di poter pensare di competere per la vittoria della Champions League.
Dario Saltari
Neymar e Mbappé (ma non mi dimenticherei nemmeno di Dani Alves, che in Champions League è un plus non da poco) danno al PSG quel peso tecnico e carismatico che gli è mancato fino ad ora, e che è necessario per vincere una competizione così complessa e imprevedibile come la Champions League. Secondo me non bisogna commettere l’errore di sottovalutare troppo il club parigino guardando alla scorsa stagione, fallimentare ma segnata nei suoi momenti topici da eventi credo irripetibili (una delle più grandi rimonte della storia del calcio, il Monaco più competitivo degli ultimi 20 anni). La grande incognita della stagione del PSG è anche quest’anno la gestione della squadra da parte di Emery, la piccola crepa che l’anno scorso ha finito per far crollare tutto il palazzo. Con due stelle di questo calibro in più in squadra questa incognita è diventata ancora più grande e ingestibile, ma se l’allenatore spagnolo si dimostrerà all’altezza di dominarla allora sarà giusto considerare il PSG tra le principali contendenti alla vittoria finale.
Daniele V. Morrone
Neymar e Mbappé (senza dimenticare Dani Alves, come scrive Dario) sono proprio quello che serviva al PSG per fare il salto di qualità definitivo. Sono riusciti insomma a fare quello che al Bayern Monaco non è mai riuscito, cioè di rinforzarsi nei confronti delle spagnole, le uniche squadre che fino ad ora hanno dimostrato di poter essere ogni anno pretendenti alla vittoria finale.
Non penso poi che Emery vada a commettere gli stessi errori della scorsa stagione con un anno in più di esperienza a Parigi. Parliamo di un allenatore che ha dimostrato nel recente passato di poter essere un fattore nelle fasi ad eliminazione diretta (è stato preso proprio per questo motivo, alla fine) e mi sembra quasi impossibile che possa ripetersi un altro 6-1 al Camp Nou. Il fatto di poter dominare il campionato francese poi può dare dei problemi a livello di preparazione mentale alle sfide contro squadre superiori, è vero, ma va detto che a meno di non incrociare il Real Madrid ai quarti, non vedo come il PSG possa incontrare una squadra superiore prima delle semifinali. Il PSG ha colmato ogni distanza e ora è una delle candidate alla vittoria, insieme alle tre spagnole, al Bayern Monaco e alla Juventus.
Buona la prima.
Chi potrebbe essere il giocatore rivelazione di questa Champions League?
Fabio Barcellona
Forse è tardi per parlare di giocatore rivelazione, dato che è il centravanti della nazionale tedesca, ma Timo Werner, alla sua prima esperienza in una coppa europea, può già dimostrare il suo valore ai massimi livelli. L’anno scorso Werner ha segnato 21 gol in Bundesliga con il RB Lipsia, che lo aveva acquistato dallo Stoccarda. Quest’anno ha segnato tre gol nelle prime tre partite. In Nazionale è a quota 6 in 8 partite.
È un attaccante del ‘96 dal fisico compatto e dotato di una velocità non comune, che riesce a mantenere anche su distanze medio-lunghe. Alla velocità unisce un ottimo controllo del pallone in corsa che lo rende irresistibile in spazi aperti. Ma Werner non è semplicemente un attaccante veloce. In campo è sempre in movimento, ed è abile negli smarcamenti, sia in ampiezza che in profondità. Le sue origini da ala lo rendono particolarmente efficace quando, dopo uno smarcamento interno-esterno, può partire dalla fascia, mentre la velocità gli consente di proporre efficacissime tracce profonde. In aggiunta si muove molto bene in area ed è un ottimo finalizzatore, con entrambi i piedi e di testa. Nell’ultimo anno ha limato molto i suoi difetti, migliorando la tecnica pura e le letture di gioco. È un attaccante completo e concreto, in grande ascesa.
Il girone del RB Lipsia non è impossibile e questo potrebbe aiutarlo ad esibire il suo valore nel torneo per club più importante al mondo.
Dario Saltari
Anche io scommetterei sul gruppo G come possibile sottobosco da cui può uscire il giocatore rivelazione di quest’anno, visto il generale equilibrio tra le quattro squadre e la varietà tecnica che contengono. Punterei su Keita Baldé, che al Monaco può trovare l’environment tattico perfetto per esplodere definitivamente, ma visto che il fulmine, come si dice, non cade mai due volte nello stesso punto, metto le mie fiches su Talisca del Besiktas.
Talisca è un freak super elastico dalle gambe lunghissime, con una visione di gioco geniale, un tiro potentissimo e un’ambizione a volte eccessiva, ma che lo porta a fare gol assurdi. L’anno scorso ha messo a ferro e fuoco il campionato turco (13 gol e 2 assist in 22 partite, da trequartista) e ha rischiato di portare praticamente da solo il Besiktas in semifinale di Europa League (il Lione alla fine ha vinto, ma solo ai rigori). Se riuscisse ad alzare ulteriormente il suo livello, magari razionalizzando il suo sistema di scelte, potrebbe mettersi in mostra anche in Champions League. Talisca ha colpi da fuoriclasse vero che potrebbero diventare pesantissimi se il Besiktas dovesse arrivare agli ottavi.
Daniele Manusia
E se invece fosse Ousmane Dembelé a stupire tutti? Se diventasse importante per il Barcellona, tanto importante quanto lo era Neymar, seppur con caratteristiche diverse? Non parlo del suo talento individuale, che è sotto gli occhi di tutti, ma dei limiti del suo talento all’interno del contesto di squadra, che invece non è chiaro dove siano. A contatto con giocatori come Iniesta e Messi, con Suarez che detta di continuo la pronfondità, Dembelé potrebbe affinare la sua tecnica nei passaggi e anche la capacità decisionale.
Emanuele Atturo
Non so se si possa parlare di rivelazione, ma mi aspetto una grande Champions da Gabriel Jesus. Nonostante il contesto di fenomeni, il brasiliano dà un altro spessore all’attacco di Guardiola, per qualità associative e verticalità. Il palcoscenico della Champions è perfetto per la sua consacrazione.
Daniele V. Morrone
L’anno scorso c’è stata l’impronosticabile esplosione di Mbappé (impronosticabile nel livello di deflagrazione, non per dubbi sul talento in sé) e non penso che possa ripetersi qualcosa di simile in questa edizione: giocatori di questo tipo non escono ogni anno. Mi accontenterei quindi di un ottimo debutto europeo per Naby Keita del RB Lipsia. Viene da una stagione fantastica in Bundesliga ed è già stato venduto al Liverpool, ma la Champions League non ha ancora visto all’opera questo giocatore così particolare: unico nella sua capacità di unire qualità tecniche ed atletiche a centrocampo, un giocatore élite con e senza palla a cui manca solo di affermarsi su palcoscenici così importanti.
Ancelotti era arrivato al Bayern Monaco con l’intento chiaro di vincere la Champions League. Quanto chance pensate abbia quest’anno, e quanto peserà il risultato sulla sua legacy?
Daniele V. Morrone
Ancelotti è arrivato in Baviera con l’idea di normalizzare la squadra di Guardiola pensando così di non riuscire forse a raggiungerne i picchi, ma di poter poi ad aprile evitare le sconfitte contro le tre spagnole. Anche se questa normalizzazione prevede la vittoria della Champions come unico risultato a questo punto positivo, un conto è la valutazione della sua esperienza bavarese un altro è la sua legacy. In questo senso la legacy di Ancelotti non verrebbe intaccata da un mancato raggiungimento della coppa, Ancelotti ha già mostrato di poterla vincere in più di un contesto e viene forse sottovalutata la dose di fortuna che serve per poter arrivare a vincere. Detto questo, penso che paradossalmente il Bayern sia meno preparato questa stagione che la scorsa. Non è possibile rimpiazzare due giocatori come Xabi Alonso e Lahm, tatticamente ma anche sul piano dell’esperienza, che diventa fondamentale ad aprile. I sostituti diretti scelti da Ancelotti (Rudy e Kimmich) sono degli ottimi calciatori e il cambio dubito si faccia sentire in Bunseliga o ai gironi di Champions. Ma ad aprile la palla si fa più pesante.
In questo senso, è evidente come ormai un Robben che non può più essere Deus ex-machina del Bayern sta portando non pochi problemi ad una squadra che ora gioca bene, è equilibrata e arriva bene sulla trequarti con la palla, ma che lì si spegne contro squadre attente a coprirsi adeguadamente (come mostrato nella sconfitta contro l’Hoffenheim). Se Lewandowski non è in giornata tutto il gioco prodotto si schianta con l’area di rigore. Forse adesso basta questo per superare agevolmente il girone e staccarsi in Bundesliga, ma penso che dai quarti in poi un giocatore creativo e bravo nella definizione come James possa risultare l’ago della bilancia di tutte le fortune di Ancelotti. Il colombiano deve insomma essere quello che per anni è stato Robben perché il Bayern con i vari Müller e Coman manca di un giocatore in grado di risolvere situazioni contro squadre chiuse.
Emanuele Atturo
Se il Bayern Monaco restituisce questo senso di grigiore, solido ma poco entusiasmante, non è colpa di Ancelotti. Qualche giorno fa Lewandowski, in un’intervista, ha dichiarato che se i bavaresi vogliano continuare a competere ai soliti livelli hanno bisogno di comprare giocatori di primo livello, che ora girano solo a fasce di prezzo che il Bayern pare non poter o non voler spendere.
I giocatori che sono arrivati quest’anno non danno immediate garanzie nel contesto europeo, e James è l’unico che pare aggiungere qualcosa dalla trequarti in su, dove però i bavaresi hanno perso Douglas Costa, che appena due anni fa era imprescindibile nella squadra di Guardiola.
Pensate che la Juventus sia più o meno forte di quanto lo era lo scorso anno?
Francesco Lisanti
Ogni anno la Juventus sembra aver perso motivazioni, chimica di squadra, giocatori importanti rispetto all’anno precedente, finché non vince in scioltezza 3-0 contro un Chievo molto brillante e molto preparato, schierando contemporaneamente Asamoah, Lichtsteiner, Sturaro e Mandzukic (lo dico a dispetto delle alternative). Ho paura di sapere cosa possa succedere al campionato quando e se dovesse integrarsi anche Douglas Costa, per non dire della Champions League, dato che stiamo parlando della finalista.
Dario Saltari
Se calcoliamo la forza della squadra semplicemente come la somma dei valori tecnici dei giocatori in rosa allora la Juventus mi sembra meno forte rispetto allo scorso anno. Ma è vero che uno dei grandi pregi di Allegri è quello di lavorare sulla squadra come se levigasse un bastone, prendendo piccoli accorgimenti e correzioni durante tutta la stagione in modo da arrivare ad una soluzione ottimale a marzo, quando la stagione della Juventus entra nella sua fase decisiva (al tecnico livornese, infatti, preme sempre ripetere che il primo obiettivo stagionale è quello di arrivare a marzo ancora in gioco in tutte le competizioni).
La perdita di Bonucci e Dani Alves ha sicuramente un peso specifico maggiore in Champions League che in campionato, per il carisma che gli permetteva di esprimersi anche ad alto livello, e la capacità di influire sulla gara, che forse non può essere rimpiazzato dai giocatori in rosa. Per far tornare la Juventus tra le prime quattro d’Europa, Allegri dovrà lavorare e sperare in una definitiva maturazione di Dybala e in un’integrazione di Douglas Costa nell’architettura tattica della Juventus migliore di quanto s’è visto finora. Due possibilità alla fine non così improbabili e che lasciano buoni margini di ottimismo ai tifosi della Juventus.
Daniele Manusia
È vero che lo scorso anno Dani Alves ha dato un contributo fondamentale per arrivare in finale, ma non credo che il valore assoluto della squadra sia inferiore. Certo, Dani Alves e Bonucci lasciano un buco nell’impostazione bassa difficile da coprire, e forse anche al centro del campo Allegri potrebbe andare in difficoltà, ma insomma anche con un paio di infortuni non fatico a immaginare 11 giocatori che - in condizioni ideali, se tutto va bene tatticamente e tutti stanno bene fisicamente - se la possono giocare più o meno con tutte le altre squadre. E quando penso al valore di una squadra la immagino sempre al suo meglio.
La notevole prestazione di Dani Alves contro il Barcellona.
Una delle interpretazioni più comuni sulla piccola rivoluzione estiva della Juventus è che la società ha voluto aumentare il proprio peso offensivo per essere più competitiva in Champions League. Ma era davvero quello il limite della Juve lo scorso anno?
Fabio Barcellona
Secondo me l’interpretazione è un po’ forzata. Semplicemente la Juventus era troppo corta per sostenere il 4-2-3-1 con cui sembra voglia affrontare la nuova stagione. Considerando Dani Alves un esterno offensivo, Allegri ha finito la stagione con 5 giocatori per 4 posti. A Cardiff è entrato Lemina al posto di Dybala.
In estate Dani Alves è partito, Pjaca non è ancora al meglio, e quindi rimpolpare il reparto offensivo era necessario, al di là dell’obiettivo Champions League. Chiaramente, inserire Douglas Costa e Bernardeschi nelle rotazioni di attacco, aumenta le possibilità offensive e rende la squadra potenzialmente più forte nel reparto d’attacco.
Ma la brutta serata di Cardiff non deve fare dimenticare tutto il percorso fatto per arrivare in finale, gestito con una sicurezza nelle proprie qualità davvero impressionante. Il vero limite la passata stagione è stata l’interpretazione della gara con il Real Madrid, che, al di là della forza dell’avversario, la Juventus avrebbe potuto giocare molto meglio. Certo le incognite lasciate dal mercato sono tante: il ruolo di terzino destro sembra essere rimasto abbastanza scoperto a livelli alti; Bonucci mancherà; gli acciacchi di Chiellini e Barzagli lasciano qualche dubbio sulla tenuta della coppia centrale; e le condizioni fisiche generali di Marchisio e Khedira potrebbero lasciare troppo spesso Pjanic e Matuidi soli a presidiare il centrocampo.
La squadra, insomma, è certamente migliorabile, ma non è così semplice per una società poco disposta a fare spese folli trovare giocatori migliori di quelli che ha già. L’obiettivo per Allegri sarà passare il turno, magari al primo posto, arrivare ai quarti e da lì in poi sperare di essere in un momento di grazia e, perché no, avere qualche sorteggio favorevole.
Francesco Lisanti
Se di limiti ha veramente senso parlare, per una squadra che a conti fatti ha vinto tutto tranne una partita contro una squadra formidabile, il mercato estivo doveva almeno provare a raggiungere due obiettivi fondamentali: ringiovanire la rosa, per cancellare quella sensazione da “fine ciclo” provata a Cardiff, e aumentare la qualità della panchina. In rapporto al capitale investito, entrambi gli obiettivi possono dirsi centrati. Lemina e Rincón, due giocatori incollocabili a questi livelli, sono stati sostituiti da Matuidi e Bentancur, che quantomeno aumentano la varietà delle soluzioni di Allegri.
In attesa di Pjaca, poi, Allegri ha trovato anche Douglas Costa e Bernardeschi, e adesso dispone di un reparto offensivo veramente profondo. Ha l’obbligo di presentare il miglior Dybala possibile quando entreremo nella fase calda della stagione: non credo che i nuovi acquisti siano importanti per quello che aggiungono a un attacco già forte e completo, o almeno non solo, quanto per quello che possono risparmiare ai titolari nella consueta caccia alle tre competizioni.
La Roma ha qualche possibilità di passare il girone?
Fabio Barcellona
Atletico Madrid e Chelsea sono superiori come valore complessivo dei calciatori in rosa e sono molto più avanti nel loro progetto tattico rispetto alla Roma, che è ancora palesemente in fase di costruzione. In aggiunta, Simeone e Conte sono due allenatori molto pragmatici che non sentono in alcun modo la necessità di interpretare il ruolo di squadra favorita o di dominare la partita in ogni loro aspetto. Il loro pragmatismo è, purtroppo per i romanisti, l’assicurazione contro eventuali cali di forma o giornate no. La Roma vista nelle prime due giornate di campionato è invece ancora un progetto molto distante dall’essere portato a compimento. Ha sofferto il ritmo dell’Atalanta e il palleggio tra le linee dell’Inter, e in attacco si è appoggiata quasi esclusivamente sulla spalle ampie di Dzeko. Al momento, sembra troppo poco per impensierire Chelsea e Atletico Madrid. Se dovessi scommettere, punterei su un terzo posto nel girone per la Roma.
Dario Saltari
Purtroppo non credo. Come ha già detto Fabio, l’Atletico Madrid e il Chelsea, anche se sono partiti con qualche difficoltà in campionato, sono superiori alla Roma sia a livello tecnico che di consolidamento del progetto tattico, e questo non può che fare la differenza. L’unica angusta strettoia di una possibile qualificazione della Roma agli ottavi passa per delle grandi prove di forza in casa e per la speranza che il Qarabag rubi qualche punto ad Atletico e Chelsea in Azerbaijan. Realisticamente, però, la Roma punterà al terzo posto, che tra l’altro mi sembra molto meno scontato di quanto non si pensi. Affrontare squadre motivate al massimo dopo trasferte lunghe è difficilissimo (l’Astana, due anni fa, riuscì a fermare Galtasaray, Atletico Madrid e Benfica in Kazakistan) e i giallorossi hanno una propensione storica a sbagliare partite che sembrano scontate. Insomma, ci sarà da guadagnarsi anche il terzo posto.
Emiliano Battazzi
In una situazione di normalità avrebbe più possibilità delle poche che ha ora, partendo comunque da terza forza del girone: ma la Roma è in piena transizione tattica, e l’assorbimento-elaborazione dei nuovi principi di gioco non sembra affatto completato (tanto da non poter escludere una crisi di rigetto). Va detto, però, che in un girone così rischierebbero il terzo posto molte grandi squadre europee: Atletico e Chelsea sono due squadre che non si sgretolano, che sbagliano pochissimo, con identità di gioco molto precise e ormai elaborate a memoria (un po’ meno il Chelsea, ma sembra essersi già ripreso). Insomma, anche disputando un grande girone i giallorossi potrebbero comunque ritrovarsi terzi: per me è più importante che la Roma trovi una dimensione europea, che se la giochi alla pari, senza crollare, e dimostrando in campo una proposta calcistica di qualità.
Il Napoli di Sarri lo scorso anno è uscito a testa alta contro il Real Madrid, ma c’erano pochi dubbi sulla distanza che separava le due squadre. La società non ha cambiato niente sul mercato, pensate che la qualità del gioco possa bastare per essere competitivi con i più grandi club europei?
Francesco Lisanti
L’anno scorso il Napoli è stato eliminato dal Real Madrid facendoci credere per larghi tratti della partita di andata (e di quella di ritorno!) che fosse possibile il contrario. Hanno pesato un po’ i limiti tecnici della squadra (in relazione ad una squadra assurda come il Real Madrid, ovviamente), un po’ quelli di personalità, che hanno portato ad alcune prestazioni inferiori alle aspettative (Zielinski, Hysaj, Mertens). Sul primo aspetto Sarri può lavorare poco, così come Giuntoli, perché quelle sono le dimensioni del mercato, mentre mi aspetto qualche leggero passo in avanti nella gestione dei diversi momenti di una partita. Il Napoli è già competitivo con i più grandi club d’Europa: che finisca tra i primi 16, i primi 8 o i primi 4, dipenderà anche dalla benevolenza dei sorteggi e dagli episodi.
Emiliano Battazzi
Ormai è abbastanza chiaro che come proposta di gioco il Napoli è al livello delle prime otto in Europa, e mi tengo largo, però è vero che nelle grandi partite servono i grandi giocatori, e per grandi intendo proprio i fuoriclasse di un altro livello. Un po’ come il PSG di Emery, la squadra di Sarri è arrivata a quel punto in cui, per rafforzarsi e affermarsi tra le prime 4 d’Europa, serve il meglio d’Europa: siccome è impossibile, giusto puntare invece sulla qualità del gioco, e sperare nella fortuna dei sorteggi (il Napoli non ha nulla da invidiare al Monaco dello scorso anno, arrivato fino alle semifinali).
Fabio Barcellona
Credo ci sia molta distanza tra il Napoli e i top-team europei. Sulla bontà del gioco proposto dal Napoli penso ci sia poco da aggiungere, ma la vera differenza sta nella qualità complessiva dei giocatori, che nella Champions pesa tantissimo. I margini di miglioramento tattico non sono enormi e comunque non sufficienti a colmare il gap tecnico con le grandi. Piuttosto, la partita di mercoledì in Ucraina potrebbe essere già importante nell’economia del girone. Lo Shakhtar ha esperienza europea ed è imprevedibile: può deprimersi se va presto fuori dai giochi, ma esaltarsi se rimane in lotta per la qualificazione. Una sconfitta in Ucraina potrebbe rendere complicato il girone, considerando anche che la partita successiva è quella contro il Manchester City.
Daniele Manusia
Mh… non sono così d’accordo che non ci siano grandi margini di miglioramento. Sul piano mentale il Napoli può crescere moltissimo e una panchina più lunga può garantire continuità durante la stagione e nel corso della partita, indipendentemente dagli interpreti. Anche Milik, tutto sommato, è come un nuovo acquisto, con caratteristiche totalmente diverse da quelle di Mertens che - anche senza essere d’accordo con il De Laurentis che lo scorso criticò Sarri proprio sulla scelta del centravanti - potrebbe offrire soluzioni utili in partite difficili contro le squadre migliori. E poi non credo che la differenza sia così grande nel punteggio, il Napoli secondo me può segnare più gol di quanti ne ha segnati lo scorso anno nelle partite importanti.
Su quale giocatore puntereste come MVP della Champions League 2018?
Dario Saltari
Messi che si carica il Barcellona sulle spalle e gli fa vincere da MVP una Champions League del tutto insperata, nel momento di massimo splendore del Real Madrid, mi sembra una storia con molto senso, anche se improbabile al momento. Magari è una mia impressione, ma mi sembra che, prima con l’esplosione della MSN prima e la partenza di Neymar poi, ci siamo quasi dimenticati di che giocatore senza senso è stato ed è ancora Leo Messi, di che importanza ha avuto per la sua squadra e per il calcio mondiale. Siamo tutti concentrati su Neymar e sulla sua sfida personale di diventare il migliore al mondo, vincendo “da solo” la Champions League e magari il Pallone d’Oro, ma forse ci stiamo dimenticando dell’altra metà della mela, del giocatore che è rimasto a Barcellona e che ha già dimostrato ampiamente di saperlo fare.
Marco D’Ottavi
Mi prendo la responsabilità di dire Dybala, perché ce l’ha nei piedi e nella testa (se non è quest’anno, arriverà il suo anno).
Emiliano Battazzi
Asensio, che Zidane reinventa falso nove (per fare spazio a Bale), e fa 10 gol tutti da fuori area sotto l’incrocio oscurando Cristiano Ronaldo che infatti rosica e non esulta per la vittoria della tredicesima.
Emanuele Atturo
Mbappé è stato la rivelazione della scorsa Champions e in questa potrebbe diventarne l’MVP. Non saprei nemmeno indicare con precisione i motivi, ma la sua superiorità sembra viaggiare su un piano inafferrabile, che lo fa essere decisivo sempre nei momenti culminanti, di una partita o di una stagione. Insomma, ha l’aria del predestinato, e questo è un buon anno per giocarsi una grande Champions del PSG.
Daniele V. Morrone
Tolto Messi che è la mia risposta di default ogni anno per motivi che si spiegano da soli, dico Griezmann. Dagli ottavi in poi segnerà un gol a partita fino alla finale, vinta ai rigori contro il Real Madrid nonostante un suo errore dal dischetto. Ok, forse ho esagerato.
Daniele Manusia
Mi sento obbligato a fare i nomi di Hazard e Mkhitaryan, mi costringe una voce interiore che non ci tiene ad avere ragione ma che ama rischiare. Se una tra Chelsea e United andrà lontana in questa Champions, uno tra il belga e l’armeno potrebbe essere decisivo.
Quale outsider potrebbe arrivare lontana?
Francesco Lisanti
Per le squadre di seconda o terza fascia, destinate a scontrarsi al primo grande ostacolo sul loro cammino (la Champions è una competizione crudele), è fondamentale considerare gli eventuali futuri accoppiamenti. Punto su Napoli e Siviglia, perché hanno un gioco propositivo, un fattore campo di discreto impatto, grande esperienza in Europa, e un girone abbordabile in cui provare a scavalcare City e Liverpool, provate dalle fatiche della Premier League. Prima o poi saranno eliminate, ma sarebbe bello vedere Sarri e Berizzo preparare un quarto di finale di Champions. Magari l’uno contro l’altro.
Emanuele Atturo
Non vedo il RB Lipsia competitivo subito a questi livelli. Lo scorso anno negli scontri diretti con le squadre d’alta classifica non ha brillato e la rosa sembra complessivamente inadeguata a questo contesto. Però ha un girone alla portata e negli scontri diretti ha le armi tattiche per far saltare il banco almeno in un turno.
Daniele V. Morrone
Non so quanto sia una rivelazione il Napoli, visto il loro livello, ma è vero anche che sarebbe una prima volta per la squadra. Penso che la squadra di Sarri possa passare come prima nel girone e puntare, con un po’ di fortuna nei sorteggi, anche alle semifinali. Se ci è riuscito il Monaco la scorsa stagione non vedo perché non dovrebbe riuscirci il Napoli in questa.
Chi ci saluta subito?
Fabrizio Gabrielli
Quest’anno le mani fatate (o avvelenate, scegliete voi) di Totti e Shevchenko hanno disegnato gironi intricati e spigolosi come certi quadri di Wilfredo Lam, e poi gruppi morbidi come un Moncler: è abbastanza complicato identificare da subito un FDCP (i Fanalini Di Coda Presunti) per ogni raggruppamento. Alcune squadre, però, difficilmente continueranno a volare per l’Europa dopo il ponte dell’Immacolata.
Il Basilea, per esempio, nonostante possa contare in rosa l’unico Xhaka che giocherà la Champions League, e l’assoluto feticcio Balanta, parte con un handicap di condizione rispetto al CSKA (almeno il calendario gli è stato clemente, evitandogli una visita sotto la torre della CSKA Arena innevata). Il giovane Anderlecht avrà lo svantaggio di doversi andare a giocare un potenziale spareggio per l’Europa League al Celtic Park dopo un uno-due contro il PSG e aver ricevuto in casa Ancelotti, un filotto che tramortirebbe chiunque.
Il concetto in sé di FDCP, poi, s’invalida di fronte a un paio di gruppi: l’esperienza continentale del Besiktas sarà sufficiente per reggere l’adrenalina dell’RB Lipsia? Chi è più vaso di coccio tra vasi di metallo, il Feyenoord di Giovanni van Bronckhorst o lo Shakhtar di Paulo Fonseca? Per fortuna resistono imperterrite realtà come quelle dell’APOEL e del Qarabağ, la prova provata che la Champions League è anche e soprattutto un Erasmus dell’anima: indimenticabile ed estremamente formativo, ma pur sempre a tempo (sei giornate, in genere). Almeno fino a quando un gol assurdo di Dino Ndlovu non costringerà qualcuno a tornare da Baku con le briciole delle certezze sparse sul fondo del borsone.
Dario Saltari
Quindi stiamo escludendo qualunque sorpresa clamorosa già ai gironi? Perché il gruppo C e il gruppo E potrebbero nasconderci delle sorprese: magari non sono di metallo quei vasi che contengono Chelsea e Siviglia… Ok, è molto improbabile, ma mai dare per scontato il valore degli avversari, anche quelli che sembrano più battibili, soprattutto in Champions League.
Insomma, chi vince?
Dario Saltari
Il PSG.
Francesco Lisanti
Zidane. Anche volendo scommettere sui primi segnali di declino di CR7, come si fa a scommettere contro l’esplosione definitiva di Asensio?
Daniele V. Morrone
Atlético. Questo è più un desiderio che una previsione, perché è adesso o mai più. E comunque se la meriterebbero per concludere degnamente un ciclo storico nonostante il Real Madrid.
Marco D’Ottavi
Quant’è che Ancelotti non la alza?
Fabrizio Gabrielli
Una finale tra PSG e Barcellona, anche se non necessariamente come gli ultimi Barça-PSG, sarebbe sufficiente per accontentarsi di chiunque poi la vinca.
Emiliano Battazzi
Dopo 4 anni di squadre spagnole, direi che possiamo puntare verso nord: allora dico Chelsea, anche se non si è rafforzato come avrebbe dovuto - così la smettono di dire che Conte in Europa va male.
Emanuele Atturo
PSG - > Neymar pallone d’oro.
Daniele Manusia
Sarebbe bello se Guardiola riuscisse ad entrare nella storia del calcio inglese con la prima Champions League vinta dal Manchester City. Sarebbe ancora più bello se Sarri portasse la coppa dalle grandi orecchie a Napoli, però.