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Francesco Lisanti
Guida al Verona 2017/18
24 ago 2017
24 ago 2017
La più attrezzata fra le neopromosse, alle prese con la Serie A dopo un'estate travagliata.
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Francesco Lisanti
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L’anno di purgatorio del Verona non è stato agevole come le ambizioni societarie e il morbido atterraggio sul paracadute della Serie A lasciavano pronosticare. Nonostante una rosa costruita per raggiungere quanto prima la promozione, la squadra di Pecchia ha fatto a pugni con la continuità di rendimento, soffrendo gli incidenti di percorso disseminati su un campionato ricco di insidie come la Serie B. A un avvio di campionato brillante è seguito un disastroso mese di novembre, alla preoccupante flessione tra febbraio e marzo è seguito l’allungo decisivo in primavera. Con un secondo posto condiviso a quota 74 punti, soltanto il primato negli scontri diretti - decisivo

2-0 rifilato a settembre al Frosinone - ha permesso di festeggiare all’ultima giornata il ritorno nella massima serie.

 

Nel corso della stagione è spesso emersa la superiorità dei singoli: Rômulo macinava la fascia lasciandosi il vuoto alle spalle, Bessa illuminava il centrocampo con l’astuzia dei cambi di passo, la precisione delle geometrie e la potenza dei tiri da lontano, Pazzini

nelle aree di rigore della Serie B con la disinvoltura di chi ha già percorso quel tragitto centinaia di volte e ne conosce a memoria le curve. L’organico è stato poi ulteriormente migliorato dal mercato invernale, che ha portato in dote due giocatori giovani e carismatici come Bruno Zuculini, fondamentale frangiflutti davanti alla difesa (che a Verona ha raggiunto il fratello Franco), e Alex Ferrari, difensore versatile, gracilino, ma dotato di un buon controllo palla. Entrambi sono stati riscattati dai rispettivi prestiti durante l’estate.

 



«Il merito è della squadra, di una società e di un club che mi ha sostenuto sempre, da un'altra parte forse non avrei concluso il campionato in panchina», ha riconosciuto Pecchia dopo la festa promozione. Una manifestazione di umiltà che deposita tra le righe, con una certa malizia, una personale rivendicazione nei confronti di un sistema spesso crudele con gli allenatori. In effetti la carriera di Pecchia non era iniziata sotto i migliori auspici: l’esordio a Gubbio, chiuso con un esonero dopo due mesi, poi un altro esonero nella “sua” Latina per dissapori con la dirigenza, con la squadra lanciata verso la Serie B.

 

A quel punto Pecchia ha scelto di fare un passo indietro, accettando la proposta di seguire Rafa Benítez nell’esperienza napoletana per fargli da primo assistente: un trampolino che gli ha permesso di arrivare a Madrid e vestire la camiseta blanca (o almeno, le tute riservate allo staff tecnico) e poi di ripartire da Verona, una volta chiusi i conti con il passato. Stando alla matematica dei bookmaker, anche questa stagione non dovrebbe iniziare sotto i migliori auspici: la quota corrispondente all’eventualità che il tecnico laziale sia esonerato nel corso della stagione è al momento la più bassa del campionato.

 

All’esordio da primo allenatore in Serie A, Pecchia è nuovamente chiamato a dimostrare la fallibilità dei pronostici (questa volta in senso contrario), ed è consapevole che le possibilità di successo passeranno attraverso un’impronta di gioco decisa e una crescente consapevolezza dei propri mezzi. Nel merito dell’atteggiamento richiesto alla squadra, è stato abbastanza chiaro: «Voler andare a pressare alti, voler tener palla, e fare le due cose insieme. Bisogna battere su questo, l’identità deve essere questa, e deve essere sempre più marcata». Dal ritmo generalmente blando delle amichevoli estive è difficile stabilire se quest’ambizione frantumerà all’impatto con la massima serie. L’esordio contro il Napoli non ha fornito indicazioni particolarmente positive. Sul campo del Verona è apparso, inconfondibile, il grande campanello d’allarme per le neopromosse: voler fare delle cose,

, ed esporsi a conclusioni pericolose.

 


Per eludere il pressing avversario, il Verona dispone di

ma non sempre efficaci. Il portiere Nicolas, discretamente tecnico (al netto di qualche leggerezza) è particolarmente coinvolto nell’impostazione dal basso. I difensori centrali si prendono carico dell’onere di verticalizzare e cercano di evitare di allargare la palla verso i terzini, a meno che non vedano negarsi ogni altra opzione. Se il centro è chiuso, è più facile che si allarghi uno dei centrocampisti, solitamente Bessa, per poi scaricare e tagliare nuovamente verso l’interno. I terzini vengono eventualmente coinvolti nell’ultimo terzo di campo, dove possono garantire supporto in sovrapposizione e cross per Pazzini. Non tutto però procede sempre come da migliori intenzioni, anche in Serie B il Verona ha sofferto le (poche) squadre che riuscivano a imporre un ritmo sostenuto in fase di recupero palla. Persino un redivivo Rolando Bianchi è riuscito a

la difesa e a ritagliarsi un gol di rapina.

 

Il 4-3-3 che il Verona ha usato stabilmente nella passata stagione (quando gli infortuni non hanno forzato la ricerca di soluzioni alternative, come il 3-5-2) ha inevitabilmente dei punti di contatto con i principi di gioco cari a Rafa Benítez. Come il suo mentore, Pecchia chiede ai terzini di spingersi altissimi, senza curarsi troppo dello spazio alle loro spalle. Dopo la convincente vittoria con l’Avellino in Coppa Italia, un giornalista in sala stampa ha lasciato trasparire nei toni una certa preoccupazione: «È difficile provare a giocare con esterni che vanno come Rômulo e Souprayen in Serie A, con il Napoli vedremo un difensore in più?». Pecchia ha sorriso, poi ha eluso la domanda con disinvoltura: «Questo è quello che abbiamo fatto per dieci mesi e lo dovevamo riproporre, da domani cominciamo a pensare al Napoli».

 

La ricerca degli equilibri sarà fondamentale per la lotta alla salvezza. In Serie B, Pecchia si è limitato a trasmettere alla squadra la fiducia necessaria per controllare il gioco, con la consapevolezza che prima o poi un cross per Pazzini, o un tiro da fuori di Bessa, avrebbero indirizzato la partita. Quest’estate, contro un avversario superiore per qualità e avanti nella preparazione come il Newcastle, il Verona non ha complessivamente sfigurato.

 

Ha gestito il pallone con coraggio per lunghi tratti, anche nelle situazioni più delicate, ma si è puntualmente sfilacciato in fase di non possesso, permettendo ai "Magpies" di arrivare in area di rigore con facilità irrisoria, nel tempo di un paio di passaggi. Nella seconda parte della partita ha progressivamente rinunciato alla riconquista aggressiva del pallone, ma neanche restringendo gli spazi da coprire è riuscito ad avere la meglio fisicamente e tecnicamente sugli avversari. L’impronta tattica di Pecchia (i terzini altissimi, le ali che tagliano a occupare l’area, la fase aggressiva di riconquista) è stata ben visibile, ma applicata

per la Serie A.



 

 



Per provare a colmare il salto di categoria, che pare dilatarsi anno dopo anno, il mercato è stato indirizzato alla ricerca di altri giocatori che potessero strappare le partite e creare superiorità nell’uno contro uno. Gli esterni titolari dovrebbero essere Daniele Verde, e Alessio Cerci, che ha giocato a calcio per 43 minuti nell’ultima annata. Due ali che amano puntare la porta a testa bassa, convergere verso il centro e calciare, e che potranno dare una mano sostanziosa a Pazzini per segnare i gol salvezza. Sul piano del rendimento, però, sono due grosse incognite: Verde è abbastanza leggerino e in Serie A è stato soltanto di passaggio con Roma e Frosinone; Cerci sembra ancora lontano da una forma ottimale, e storicamente non è facile per un’ala trovare ritmo ed efficacia dopo i 30 anni.

 

Le alternative in attacco al momento scarseggiano. Il termine del prestito di Ganz, finito al Pescara per giocare titolare, ha lasciato Pazzini senza un potenziale sostituto, motivo per cui Pecchia ha sperimentato Bessa unica punta contro il Napoli. Sulle fasce, le opzioni dalla panchina si riducono a due ventenni: Bearzotti, richiamato dal prestito all’Arezzo, e Fares, che in Serie B ha raccolto solo qualche presenza subentrando a partita in corso.Nel precampionato sono stati utilizzati entrambi come terzini, dal momento che i numerosi infortuni hanno costretto Pecchia a reinventare la linea di difesa.

 

Il reparto più profondo, e attrezzato per la categoria, sembra essere il centrocampo. Bessa è cresciuto nelle giovanili dell’Inter negli anni di Wesley Sneijder, almeno per capacità

nei momenti decisivi della stagione lo ricorda vagamente. Zuculini e Buchel garantiranno l’interdizione necessaria per proteggere la difesa e liberare la creatività di Bessa, ma sono entrambi abbastanza scolastici nelle scelte di passaggio e nella qualità dell’esecuzione. Troveranno certamente spazio nelle rotazioni anche Valoti, Fossati e Zaccagni, tre opzioni che permettono a Pecchia di modellare le caratteristiche della squadra di partita in partita: Fossati può supportare Bessa in veste di regista aggiuntivo, Valoti può aggiungere una dimensione verticale a una linea di mediana altrimenti troppo statica, così come Zaccagni, anche lui dinamico, bravo a difendere in avanti, con istinti interessanti in fase realizzativa.

 

In difesa, il direttore sportivo Fusco ha inseguito profili che garantissero esperienza e passaggi precisi, per aggiungere qualche metro più indietro quella qualità che manca al centrocampo muscolare. Heurtaux

in conferenza carico di motivazioni, dicendo di essere stato «frenato dagli infortuni» negli anni all'Udinese. Si è infortunato

. Caceres porta con sé gli stessi dubbi, aggravati da una condizione atletica che pare cronicamente deficitaria (90 minuti di calcio giocato nell’ultima annata). Arriva all’Hellas in prestito dalla Lazio, che lo ha pescato sul mercato degli svincolati e ha deciso di dargli un’altra possibilità, riservandosi di prelevarlo anche a gennaio qualora l’impatto con la Serie A si rivelasse particolarmente positivo. 

in Coppa Italia non ha offerto segnali confortanti in questo senso.

 



A un mese dall’inizio del campionato, il Verona ha comunicato di aver superato quota 10,000 abbonamenti, una cifra notevole (a titolo di confronto, nell’ultima stagione il Milan ne ha sottoscritti poco più di 12,000), che in attesa dei dati definitivi sembra certamente destinata a crescere. Nel 2013/14, l’anno dell’ultimo ritorno in massima serie, gli abbonati furono più di 16,000: oggi rappresenterebbero l’ottavo bacino d’utenza del campionato. Se il parco giocatori sembra aver bisogno di qualche miglioramento, quantomeno nella profondità della panchina, la cornice è degna di una grande squadra, e lo si intuisce da tanti piccoli dettagli.

 

Su tutti i social network più diffusi, è attivo un profilo ufficiale dell’Hellas che carica a cadenza giornaliera notizie, interviste, curiosità, contenuti curati nella veste grafica, dimensionati per la navigazione da dispositivi mobili. Per quanto sia difficile cogliere il senso dell’operazione, è stato pubblicato persino un

realizzato lungo i 4,150 chilometri che separano il capoluogo veneto da Newcastle (dove Pecchia ha riabbracciato Benítez). Con lo strumento della diretta, la pagina Facebook dell’Hellas ha invece documentato l’ingresso dei giocatori nella pancia del St. James’ Park. Qui, a sottolineare l’estraniamento dalla narrazione, in mezzo a qualche emoji di cuori gialli e blu, i primi avventori hanno commentato «Cassano infame» e «Cassano, chi?».

 

A giudicare dal sentiment della rete, è evidente che la breve e infelice permanenza di Cassano abbia scottato la tifoseria veronese, che quella scintilla mai scattata, nelle parole dell’attaccante barese, abbia ulteriormente confuso l’opinione pubblica, generalmente diffidente nei confronti delle strategie societarie. Cassano lascia a Verona il ricordo di due assist molto eleganti, molto à la Cassano, firmati nelle prime due amichevoli che ha giocato, e un breve filmato girato sulle tribune di Primiero, sede del ritiro.

 

Lo si riconosce, inconfondibile, mentre prova a tenere il passo dei compagni durante una seduta di allenamento, non ce la fa, si accascia su una panchina, e ascolta gli insulti tipicamente dialettali dell’autore del video. Nel momento in cui dovesse firmare per un'altra squadra, lascerebbe anche una cospicua

.

 


Sarà Verde

di Cassano? Nel frattempo il Verona andrà avanti con i suoi veterani. Non necessariamente più in forma, ma si spera più motivati a combattere per una salvezza difficile, eppure alla portata: Spal, Benevento e Crotone appaiono leggermente più indietro nella definizione della rosa, anche secondo i bookmaker.

 

Per raggiungere l’obiettivo, Pecchia non sembra disposto a scendere a compromessi (sappiamo da chi lo ha imparato). Proverà a spremere il serbatoio di energie di Pazzini e Cerci, ad alzare la linea di difesa, e a plasmare una squadra aggressiva. Prima, però, dovrà convincere tutti i giocatori della bontà delle sue idee: un aspetto del mestiere che, a giudicare dallo sconfortante esordio contro il Napoli, potrebbe aver trascurato (anche qui, sappiamo da chi lo ha imparato). Dalla fase difensiva in cui ogni reparto sembrava agire per conto proprio, su distanze imprecisate, fino all’esultanza polemica di Pazzini dopo il rigore segnato, la strada da percorrere è ancora ancora lunga. Se non altro, Pecchia dovrebbe sapere come affrontarla. Sin prisa, pero sin pausa.

 



Dopo i 23 gol in Serie B, Pazzini riesce a raggiungere quota 15 anche in Serie A, mentre Rômulo ricorda all’Italia intera perché la Juventus lo aveva acquistato. L’Hellas mette in mostra un calcio propositivo in grado di valorizzare il talento dei giovani in rosa: Ferrari e Valoti finiscono sul taccuino di Ventura, mentre Verde e Felicioli guidano il nuovo ciclo dell’Under21. Anche in questo scenario, il Verona non può ambire a nulla di più che a una salvezza tranquilla, ma nessuno ne rimarrebbe deluso.

 



Cerci e Pazzini parlano lingue diverse per tutta la stagione e Bessa non riesce a fare da interprete, la fase offensiva ristagna e il Verona non riesce mai a portare il pallone in area di rigore. Nicolas infila un’incertezza dopo l’altra e gli infortuni in difesa fanno il resto, costringendo Pecchia a schierare al centro il 17enne Kumbulla e un riadattato Souprayen come per tutto il pre-campionato. Setti perde la pazienza, richiama Mandorlini. L’Hellas retrocede nuovamente, questa volta senza togliersi neanche la soddisfazione di aver sconfitto i cugini del Chievo.

 



Anche se pescare dalle squadre di bassa classifica è sempre rischioso, un’ulteriore breakout season di Daniel Bessa sarà una condizione indispensabile per alimentare le speranze di salvezza dell’Hellas. In Serie B, Bessa si è caricato la squadra sulle spalle e l’ha condotta fino al secondo posto, giocando da regista totale, a tutto campo. Tempi, geometrie, colpi di classe: un contributo costante e ben visibile sulle pagelle, con una

del 6,6 impreziosita da 8 gol e 4 assist che ne hanno fatto decollare la fantamedia. Anche quest’anno è tutto sulle sue spalle, e Bessa sembra reagire bene di fronte alle responsabilità.

 

 

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