Guida al college basket 2017/18
Squadre da titolo, eroi di culto e fenomeni per il prossimo Draft, ma prima un punto su tutto quello che sta succedendo in NCAA
I giocatori da seguire
Bottini: Io so già da ora quale giocatore non seguirò questa stagione: Grayson Allen. Invece sono super eccitato dal ritorno del tandem Bonzie Colson-Matt Ferrell che spero apriranno un canale YouTube o un negozio di Pretzel quando verranno eliminati nelle Elite Eight. Conoscendo i tuoi gusti, Lorenzo, ti chiedo se Notre Dame è l’Arsenal di Wenger degli anni 2000.
Neri: Ti chiedo per favore di non cercare di ammorbidirmi con un mera operazione nostalgica. Detto questo, Colson si eleva senza alcun dubbio ad essere un beniamino da seguire costantemente durante l’anno: non arriva ai 2 metri (e forse neanche a 1.95), ma è di gran lunga il miglior 4 della nazione — una palla da cannone che trova il canestro con insospettabile facilità.
Ripeterò quanto già detto in precedenza, ma mi aspetto grandissime cose da Miles Bridges, chiamato a giocare in un ruolo molto più adatto al suo profilo e di avere intorno un supporting cast capace di permettergli di svariare sul campo a piacimento. Spero vivamente di sbagliarmi, ma la mia paura è che il suo gioco sia molto più adatto al college e alla NBA, e la sua decisione di rimanere un altro anno a East Lansing mi fa pensare che un po’ se ne sia accorto anche lui. Ciò nonostante, a questo livello rischia di essere realmente devastante.
E dannatamente divertente
Bottini: Quando quest’estate Kansas è venuta a giocare un paio di partite a Roma – non proprio a Roma, a Casal Palocco – mi sono presentato da Devonté Graham come il suo più grande fan italiano e lui mi ha risposto che un altro si era già definito così il giorno prima. Vorrei usare queste pagine per ribadire che io sono il fan numero 1 e che sono pronto ad un duello. Fatevi avanti.
Poi vorrei vedere Collin Sexton, ma i Federali non lo fanno giocare. 🙁
Neri: Se invece adorate i giocatori vecchio stampo con grande tecnica, gomiti tumultuosi ed esplosività ridotta al minimo indispensabile, allora virate le vostre attenzioni su Ethan Happ, un ragazzo con le movenze che gridano «HELLO WISCONSIN!» ogni volta che fa qualcosa sul parquet.
Nuovo allenatore, nuova vita
Molti college sono ripartiti da zero in panchina, ecco quelli più interessanti.
Bottini: Indiana ha perso di 20 contro Indiana State: dire che ci sono modi migliori per iniziare una stagione è un understatement. Archie Miller Jr, il fratellino dello Sean capo-allenatore di Arizona, è stato scelto per voltare pagina dopo la reggenza dostoevskijana di Tom Crean grazie all’ottimo lavoro svolto a Dayton, ma la Hoosier Hysteria ha già fatto più di una vittima eccellente e a Bloomington quest’anno c’è il cartello “Lavori in corso”. Conviene ripassare nel 2018, direi.
Su Cuonzo Martin e la parentopoli-Porter a Missouri non mi esprimo. Perché le stripper no, ma dare lavoro a tutta la famiglia per acquisire il miglior freshman della nazione è ok. Lo so che Martin non è il primo né sarà l’ultimo a usare questo trucchetto, però mi sembra una frode così esibita che la definizione Treccani di “ipocrisia” stenta a rappresentarla appieno.
A proposito di strippers: Louisville è nella kafkiana condizione di essere una delle possibili favorite e allo stesso tempo sull’orlo di finire come Corona (l’unica persona che io sappia sia finita in galera nella storia dell’umanità). Praticamente si è scoperto che per convincere i migliori talenti a firmare con i ‘Cards, l’università forniva abitualmente delle discinte signorine per allietarne la visita la campus. In effetti per un giocatore di college magari in odore di professionismo trovare disponibilità nell’altro sesso è da sempre un annoso problema.
Ora che Pitino è saltato, al suo posto siede ad interim il suo assistente David Padgett. Le ipotesi di cosa succederà a Louisville sono tre:
a) Vengono eliminati nelle Sweet Sixteen e finiscono tutti in galera;
b) Esplodono come una supernova a metà febbraio e finiscono tutti in galera;
c) Vincono rocambolescamente il titolo con una retorica che Kevin Ware spostati ma alla fine finiscono tutti in galera e il titolo viene revocato.
Quale scegli?
Neri: Vado con la d) ovvero fanno un campionato dignitoso — anche perchè il roster è molto buono — e Padgett (classe 1985) viene fuori come uno dei migliori coach emergenti, dato che abbeverarsi alla fonte di Rick Pitino nella maggior parte dei casi può dare solo un grande aiuto in vista di incarichi del genere.
Ma la storia più interessante non può che essere il ritorno di Patrick Ewing a Georgetown. Oltre ad essere stato uno dei migliori lunghi nella storia del gioco, Ewing è noto anche per essere stato preso a schiaffi da Michael Jordan a tre differenti livelli: da collegiale, da giocatore NBA (più volte e ben documentate) e da allenatore, dove da proprietario dei Bobcats/Hornets MJ non gli ha mai dato la possibilità di fargli provare l’esperienza da capo-allenatore negli ultimi quattro anni. Gli Hoyas nelle ultime stagioni sono andati male e Ewing dovrà dimostrare di essere portato con un ruolo del genere, forte anche dei suoi 32 anni di esperienza, da giocatore e allenatore, al piano di sopra.
Il Sottosopra NCAA
Tutte quelle storie che rendono l’NCAA la cosa più bella che c’è.
Bottini: Inizierei versando dell’Hennessy per chi non ce l’ha fatta. Mitchell Robinson ha provato in tutti i modi a inciampare nella sua scalata verso il professionismo e possiamo affermare con convinzione che alla fine, dopo tanto impegno, ce l’ha fatta. Durante il suo terzo anno di liceo si è accordato a voce con Texas A&M, poi quando il povero Rick Stansbury ha preso la panchina di Western Kentucky Mitchell incredibilmente lo ha seguito in un ateneo dallo scarso prestigio. Quindi prima delle vacanze estive è scappato nottetempo dal campus, poi ha tentato di riaprire il suo recruting per andare a Kansas, ma è stato ovviamente stoppato dal board dell’NCAA che lo avrebbe costretto a saltare la stagione nel caso in cui si fosse trasferito ai Jayhawks. Allora ha cercato di tornare a Western Kentucky, è stato riaccolto a braccia aperte da Stansbury (che per l’occasione ha ucciso anche il vitello grasso) ma è stato tutto inutile. Qualche settimana dopo ha fatto nuovamente le valigie e si è trasferito a Dallas per seguire un percorso individuale di preparazione per il Draft. Forse, più di un diploma, servirebbe un test psico-attitudinale.
Nell’American, la conference più competitiva dopo le major, non ci sono solo Cincinnati, UConn, SMU e Wichita State ma anche UCF, al secolo University of Central Florida. Un’università dalla scarsa tradizione ma con un’arma segreta — cioè neanche così segreta, visto che supera ogni altro giocatore in campo di due buone spanne. Misurato oltre i sette piedi e sei pollici (al cambio fanno 228,6 centimetri), Tacko Fall è il giocatore più alto del basket collegiale: scappato dalla povertà in Senegal, gioca con degli enormi occhialoni alla Steve Urkel perché è cieco come una talpa, e ciò nonostante guida la conference per stoppate a partita. Un incrocio tra Daredevil e Manute Bol. Cuoricini.
Per la rubrica “il vostro playmaker spaccacaviglie from New York City babyyyyy” dobbiamo invece spostarci nella gelida Minnesota, dove i Gophers saranno una delle mine vaganti della Big Ten e dove è finito Isaiah Washington, prodotto del cemento di Harlem ed inventore e capofamiglia della Jellyfam.
Isaiah Washington wasting no time bringing the Jelly to Minnesota! 🍇🍇🍇 @Jellyfam_Dimes pic.twitter.com/TMbjSharfL
— Courtside Films (@CourtsideFilms) 3 novembre 2017
Negli ultimi anni, Washington ha rivitalizzato la cultura street newyorkese con questa mossa, semplice quanto stilosa: bisogna saltare esponendo la palla come se si stesse per schiacciare, si aprono le gambe imitando il logo di MJ, quindi si mette uno spin eccessivo sulla palla e si urla «JELLY!» quando entra nella retina. Welcome to the family.
Neri: Se vogliamo rimanere in quel “Sottosopra” che è la mid-major — snobbato e dimenticato per gran parte della stagione finchè al Torneo una delle squadre emergenti butta fuori un blue-collar program dal nulla spostando gli equilibri dell’ecosistema NCAA, oppure prendendo possesso di Will Byers — allora non bisogna dimenticarsi di Tyler Hall. Nel piccolo ateneo di Montana State questa guardia polivalente a livello offensivo punta ad essere il miglior realizzatore del panorama collegiale dopo aver chiuso la scorsa stagione, da sophomore, con 23 punti di media e il 42% da dietro l’arco – un dato notevole per un giocatore con quel volume di tiri.
Poi ci sarebbe da parlare del grande esodo degli italiani in questa stagione, capitanati da Davide Moretti a Texas Tech, ma di questo hanno parlato in maniera più che completa gli amici di ItalHoop, a cui vi rimandiamo.
Oltre Luka Doncic
Quindi, chi sfida il fenomeno sloveno in vista del Draft 2018?
Bottini: Nonostante in questo periodo non si possa pronunciare il nome di Doncic invano, mi becco subito questa scomunica e elenco i giocatori che potrebbero soffiargli quella prima chiamata che gli spetta per diritto divino. Intanto però ti chiedo: ci sono altri nomi che credi possano finire in top-5 oltre a quelli di Porter, Bagley, Bamba, Ayton e ovviamente Doncic?
Neri: Credo che, se Sexton rimarrà fuori per le vicende giudiziarie precedentemente ricordate, se la giocheranno questi che hai citato. Il prospetto che a me intriga più di tutti tra questi è sicuramente Mo Bamba, lungo freshman che giocherà il suo (credo) unico anno di college sotto coach Shaka Smart a Texas. Potremmo fermarci ai 213 centimetri di altezza per 240 circa di apertura alare che lo assesta nel territorio-Rudy-Gobert in quanto a dimensioni e mobilità, ma a questo va aggiunta anche una mano che ha mostrato sempre buoni passi avanti, con raggio di tiro sempre più allargato e una mentalità propositiva che lo ha portato a partecipare per due volte allo Sloan Sports Analytics Conference al MIT (brevemente: la fiera delle nuove tecnologie legate allo sport, ve ne avevamo parlato un paio di anni fa). Insomma in un’era cestistica dove gli unicorni sono sempre più “di moda”, il nome di Bamba promette di farsi largo all’interno di questa nuova specie di giocatori.
Bottini: Se Leonardo Da Vinci fosse ancora vivo e facesse il GM di una squadra NBA (perché se Leonardo Da Vinci fosse vivo farebbe sicuramente il GM di una squadra NBA) disegnerebbe l’uomo vitruviano molto simile a Michael Porter Jr: un atleta formidabile, un realizzatore implacabile e un mismatch che cammina, anzi vola. Non stupitevi se a fine stagione guiderà i freshman per punti, finirà in cima ad ogni lista di premi e magari alla fine il suo sarà il primo nome pronunciato da Adam Silver. Un 2.10 con un gioco da guardia e un rilascio morbidissimo è materiale pregiatissimo in un gioco sempre più position-less nel quale la fluidità e la mobilità hanno soppiantato la potenza muscolare. E mentre gli altri prospetti inevitabilmente finiranno per pestarsi i piedi a vicenda, lui a Missouri avrà il palcoscenico tutto per sé (o da dividere col fratello Jontay): come ha già mostrato nell’esibizione contro Kansas, non sembra aver paura dei riflettori.
Il suo Ballo Delle Debuttanti l’ha già avuto alla scorsa Seattle Pro-Am di Jamal Crawford: 47, per gradire
Forza bruta è invece la terminologia corretta per definire DeAndre Ayton, il lungo bahamense messosi per la prima volta in luce tre anni fa in una esibizione contro North Carolina, quando a 16 anni fece registrare un’impressionante 17+18. Lungo moderno, dotato di un corpo bionico e di doti atletiche fuori scala abbinate a una mano educata, già a suo agio dalla media distanza e nel finire attorno al ferro. Un possibile dominatore sui due lati del campo come il suo idolo da ragazzo, Hakeem Olajuwon.
Se all’inizio della stagione c’erano dei dubbi legati alla sua condizione fisica e alla cattiveria agonistica, le prime uscite con la maglia di Arizona hanno messo a tacere anche i più scettici. Ayton si è presentato in campo con una muscolatura mai vista prima in carriera e impensabile sul corpo di un 19enne. Ora tenetela bene in mente quando guardate il video di lui che vola a spolverare il soffitto del McKale Center e ricordatevi che sta tirando i liberi con quasi il 90%.
Potential top-5 pick @RealDeandreAy says he has a 43.5″ vert… he’s 7’0 👀 pic.twitter.com/dFXc3uj0wn
— Bleacher Report (@BleacherReport) 26 settembre 2017
Neri: Per la gioia del mio collega, bisogna tornare a parlare di Duke e in particolare ancora una volta di Marvin Bagley III. D’altronde se è uscito dal liceo da miglior prospetto secondo ESPN qualcosa da dare al piano di sopra dovrebbe avercelo, e infatti combina misure da lungo con movenze e dinamismo da esterno, con un ball-handling che lascia presagire un futuro anche lontano da canestro, a patto però che inizi a lavorare seriamente sul tiro e non si accontenti del rilascio mediocre che ha in dote al momento. Qualora gli andasse male può sempre intraprendere la carriera discografica: il feat. con Damian Lillard è già scritto.
Buona stagione di college basket a tutti!