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Guida ai quarti del torneo Olimpico
12 ago 2016
10 domande su un evento che il Brasile è costretto a vincere.
(articolo)
23 min
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Dopo una partenza stentata il Brasile è riuscito a qualificarsi per i Quarti. L’obiettivo è sempre vincere l’oro? O dobbiamo prepararci a un’altra tragedia nazionale?

Stefano Borghi

L'obiettivo è l'oro per forza, anche perché non può esserci obiettivo diverso per la Nazionale brasiliana, nonostante si stiano vivendo i tempi più bui nella storia di questo movimento. Premetto: non sono assolutamente abbagliato dal 4-0 alla Danimarca, favorito anche dall'atteggiamento estremamente cordiale degli avversari. Però ho l'impressione che questo Brasile abbia effettivamente delle possibilità.

È la squadra con il miglior tasso tecnico del tabellone, discussioni non ce ne sono: i tedeschi sono forti ed energici, i coreani sono splendidamente organizzati, però Neymar e Marquinhos non ce li ha nessuno. E forse nemmeno Gabriel Jesus, Gabigol e Renato Augusto. Il problema, lampante, emerso dalle prime due partite è così semplice da pensare che si possa risolvere: ok il talento, ok l'appuntamento con la storia, però nel calcio di oggi – a qualsiasi livello – devi avere un piano, altrimenti vai fuori persino con Honduras. Questo Brasile forse un piano l'ha trovato per strada, chissà se per merito del CT (ho qualche dubbio), se per imposizione dello spogliatoio (già più credibile) o addirittura per caso (mai mettere limiti alla provvidenza se devi fare la storia). Fatto sta che il Brasile totalmente improvvisato sul piano tattico delle prime due partite ha lasciato spazio, nella terza, a un Brasile sulla carta molto credibile: Renato Augusto è il regista naturale di questa squadra e di questo gruppo, e Luan è un'opzione estremamente più consigliabile di Felipe Anderson in questo momento, perché a differenza del laziale (visibilmente svuotato fisicamente e ancor di più mentalmente) il fantasista del Gremio sprizza energia e voglia di mettersi in mostra.

Credo anche che Walace sia un partner migliore per Renato Augusto rispetto a Thiago Maia, sempre per la necessità di avere fisico oltre che tempi di gioco: quando hai 4 funamboli da sostenere più due laterali pirateschi, ti serve un pilastro in mezzo al tutto. In più due dati importanti: la difesa non ha mai preso gol, nonostante le incertezze marchiane del portiere e la scioglievolezza agonistica di Rodrigo Caio, per me ancora tutt'altro che pronto per essere un centrale di spessore in Europa. Il secondo è che Neymar non si è ancora acceso. E di una cosa possiamo stare sicuri: checché ne pensino in Brasile, O Ney è superiore a Marta. E a qualsiasi altro giocatore presente a queste Olimpiadi.

Federico Principi

L’obiettivo DEVE essere l’oro. Il Brasile ha esordito contro il Sudafrica giocando un calcio poco associativo, e soprattutto un tipo di gioco in cui Neymar pensava di dover essere l’unico catalizzatore; quando già dalla partita successiva Micale ha portato delle correzioni, il Brasile ha preso ad attaccare con più efficacia specialmente con la catena di destra, dove Zeca è un giocatore molto interessante e Gabigol sta confermando le qualità attese.

Lo One Man Band Show di O Ney contro il Sudafrica.

Il tecnico mi sembra preparato, sa che il Brasile palla al piede può essere devastante e ha cercato di bilanciare le due fasi inserendo ben due centrocampisti equilibratori come Thiago Maia e Renato Augusto. Dal punto di vista qualitativo non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che il Brasile sia nettamente candidato all’oro, ma tutto dipenderà anche dalla capacità di reggere la pressione.

Gabriele Anello

L’oro al Brasile sembra un fatto addirittura fisiologico. Ma dopo la clamorosa eliminazione dell’Argentina e la fatica che comunque la Germania ha fatto nel girone, io non ne sarei così sicuro. Il gruppo di Londra 2012 era infinitamente più forte e ha comunque fallito: perché dovrebbe reggere alla pressione dell’Olimpiade casalinga una squadra meno dotata e in un momento storico ben più complicato?

Bisogna anche capire chi la prenderà come una tragedia, eventualmente. Un tifoso che ha vissuto il Mineirazo non vede la sconfitta alle Olimpiadi come una calamità. Chi potrebbe vederla così, magari, è la CBF.

La Nigeria, a vent’anni dallo storico oro di Atlanta, può puntare a ripetersi?

Gabriele

In linea di massima, va fatto lo stesso ragionamento del Brasile: la Nigeria del ‘96 è stata una squadra irripetibile anche per il nuovo formato olimpico, quello solo con gli U-23. Credo che questa Nigeria sia più solida di quanto ci si aspettasse - hanno vinto la gara con il Giappone pur essendo arrivati in Brasile da cinque ore! - e potrebbe far strada verso una medaglia. Ma l’oro mi pare un obiettivo un filo eccessivo.

Giulio Di Cienzo

L’oro sarebbe un risultato inatteso, e dovrebbe necessariamente passare per un paio di delusioni altrui. La Nigeria comunque è una squadra da non sottovalutare perché ha fisico ed è più organizzata di quanto i luoghi comuni vogliano far credere. Poi c’è John Obi MIkel, che col 10 in nazionale si trasforma da Clark Kent a Superman.

Forse la partita più divertente finora.

Fabrizio Gabrielli

Se ci prendessimo la briga di mettere a confronto le due selezioni delle Super Eagles, quella attuale e quella che si guadagnò l’oro nelle Olimpiadi di Atlanta, noteremmo subito un particolare: la differenza di contesti di provenienza. La Nigeria ‘96 poteva contare su quella che in parte già era, o comunque sarebbe diventata, la crème de la crème del talento continentale: Celestine Babayaro da due anni solcava i campi della Champions League; Kanu l’aveva già vinta. Ikpeba sarebbe esploso di lì a poco con il Monaco, che avrebbe portato per mano al titolo l’anno successivo, e Jay-Jay Okocha e Sunday Oliseh erano già due stelle di assoluta caratura di una Bundesliga meno stellare di quella attuale, ma certamente più predisposta a lanciare talenti africani. Erano gli anni in cui si parlava davvero con convinzione dell’Africa come focolaio del futuro calcistico mondiale.

SWAG.

Nella Nazionale attuale i giocatori che militano in campionati di prima fascia sono essenzialmente due, Obi Mikel e Sadiq, e il loro peso specifico nelle rose di Chelsea e Roma è quello che è. Per il resto c’è una mezza-colonia turca, una delle stelle (Etebo) va in scena su campi di provincia lusitani e il prospetto più interessante, Imoh Ezekiel, gioca in Qatar.

Una medaglia potrebbe però diventare alla portata se, sconfiggendo la Danimarca (ipotesi tutt’altro che remota), i nigeriani riuscissero a trovare la chiave della consapevolezza nei propri mezzi. Finora si sono mostrati troppo insicuri quando si apre una crepa tra il loro livello tecnico e quello degli avversari (come è successo contro la Colombia).

Stefano

Il 2016 calcistico di sicuro è un anno strano, ma non esageriamo. Il calcio nigeriano sta mandando qualche messaggio di ripresa dopo una forte crisi: ha qualche giovane interessante e ha trovato dei buoni circuiti per tornare a promuoversi (vedi la tournée spagnola dell'All Star del campionato locale), però siamo ancora molto indietro rispetto al grande ciclo della prima metà degli anni '90.

Fabrizio

In generale mi sembra che ci si sia un po’ dimenticati dell’Africa, che la scommessa sia per certi versi stata data un po’ per persa, e che in ogni caso la Nigeria non goda più del credito di cui godeva vent’anni fa. Anche se il mismatch magari è più tra la nostra percezione delle potenzialità e le reali potenzialità, che altrove.

Teófilo Gutiérrez, Pabón, Preciado, Borja: la Colombia ha un roster d’attacco scintillante, potrà bastare?

Giulio

Il problema della Colombia è tutto nella tenuta mentale. Hanno fisico, tecnica e in attacco due/tre giocatori che possono risolvere ogni partita a questo livello. In particolare i fuoriquota Pabón e Gutiérrez sono di caratura superiore, entrano in ogni azione offensiva e cambiano completamente il ritmo alla squadra. Questo insieme ai tagli dei vari Borja, Preciado, Roa e ai terzini in perenne proiezione offensiva rende i Cafeteros sempre pericolosi. Il problema, appunto, è che ogni tanto si spengono, per distrazione o eccesso di confidenza, e allora emergono limiti individuali e di squadra, da cui nascono i pareggi per 2-2 nelle prime due partite. Da tifoso neutrale guardare le partite della Colombia è divertente proprio per questo, che nelle partite secche diventa un rischio mica da poco. Altro serio problema è l’inaffidabilità del portiere Bonilla, la riserva di Armani nell’Atletico Nacional, uno che sembra in perenne affanno su ogni intervento.

Se riusciranno a migliorare la concentrazione, allora potranno veramente puntare all’oro, perché nessuna squadra è superiore alla Colombia sia in fisico che in cifra tecnica.

Oh, Teo.

Stefano

Non può bastare, altrimenti il Brasile sarebbe già campione olimpico e l'Argentina ancora in corsa. Però la Colombia non ha solo questo: ha alle spalle un movimento che sta vivendo la sua età dell'oro, per il semplice fatto che un'eccellente generazione di giocatori è stata affidata a una serie di tecnici che ha svolto molto bene il proprio lavoro. I risultati? A Dicembre 2015 l'Independiente Santa Fé vince la Sudamericana, a Luglio 2016 prima la Nazionale centra il terzo posto in Copa América e poi il Nacional si prende di imperio la Libertadores: se non è dominio, poco ci manca. Anche questa selezione viene trascinata dall'onda: ha molteplici modi per colpire e può anche ambire a trovare dell'equilibrio, perché in mezzo al campo (da Kevin Balanta a Barrios fino a Jefferson Lerma e passando ovviamente da quello che sembra il fratello brutto di Séba Pérez ma che rimane sempre lui...) ci sono giocatori in grado di sostenere un impianto offensivo del genere. Purtroppo c'è subito il Brasile… o per fortuna?

La generazione tedesca che stiamo vedendo in queste Olimpiadi è pronta per raccogliere il testimone dei Campioni del Mondo in carica?

Gabriele

Decisamente. Credo che la Germania sia arrivata a queste Olimpiadi nel silenzio generale e invece abbia la squadra più completa ed equilibrata: ha in squadra un campione del Mondo (Ginter), diversi giovani di spicco (Horn, Brandt, Meyer, Goretzka) e un finalizzatore sconosciuto come Petersen, che in realtà in Germania ha spesso segnato gol pesanti.

La magia di quest’Olimpiade è tale che persino Gnabry - praticamente inattivo nelle ultime due annate tra Arsenal e WBA - è la stella a Rio. Se Hrubesch vincesse la medaglia d’oro, può lasciare il posto a qualcuno di più giovane e godersi il suo posto nella storia del calcio tedesco.

Uno dei CINQUE gol di Gnabry finora.

Federico Principi

E non scordiamoci che all’Olimpiade attuale mancano alla Germania tutti gli under 23 dell’Europeo: Joshua Kimmich, Emre Can, Julian Weigl, Leroy Sané, tutti già in club di prestigio.

La squadra olimpica ha comunque degli elementi interessanti (elencati da Gabriele) che sembrano già indottrinati alla filosofia di base che Joachim Loew ha mostrato agli ultimi Europei nelle fasi finali. Da qui si può già pensare che Hrubesch li stia facilitando all’inserimento in Nazionale maggiore.

Rispetto al roster di Euro 2016 i centrali Sule e Ginter sembrano meno propensi a prendersi responsabilità in costruzione di quanto non fossero Hummels e soprattutto Boateng. I princìpi però sembrano gli stessi: si forma un quadrato mobile davanti al portiere Horn (formato dai due centrali e dai due mediani, i fratelli Bender) per facilitare l’uscita della palla, i terzini (Toljan a destra e Klostermann a sinistra) si alzano subito a inizio azione e occupano l’ampiezza, mentre i due trequartisti laterali Meyer e Brandt sfruttano il loro talento ricevendo palla in una posizione abbastanza centrale tra le linee, spazio se possibile allungato dalla punta.

Giulio

Della Germania probabilmente si è parlato troppo poco fin dal pre-Olimpiadi, perché tutti eravamo intenti a pensare al Brasile e alle sudamericane. Hanno un gruppo di qualità e gioco, che promette grandi cose oggi nel torneo e in futuro tra i grandi. L’oro olimpico sarebbe l’ennesima conquista di un ciclo tedesco mica male tra giovanili e nazionale maggiore.

Per chi fosse totalmente a digiuno di questa squadra, consiglio l’esercitazione di tiro finita sotto il nome di Germania-Fiji.

Fabrizio

A proposito del concetto di sottovalutazione, mi sembra non si stiano spendendo abbastanza parole per Davie Selke. Non capisco perché al centro dell’attenzione, in tutti i discorsi di doppie e triple nazionalità che rendono i calciatori affascinanti per motivazioni e livello di clamorosità delle loro scelte definitive, si sia parlato spesso di Gedion Zelalem e mai di Selke. Il centravanti di origini etiopi, se non il più pronto, è di certo quello che sarà prima chiamato a ritagliarsi un ruolo come successore di Mario Gomez, del quale ha movimenti, tendenza alla dominanza fisica e fiuto per il gol.

via GIPHY

Prove tecniche di futuro, guest starring Leroy Sané.

Nell’ultima Bundesliga II ha contribuito alla promozione del RB Leipzig con un gol ogni due partite: in coppia con Yusuf Yurari Poulsen diventa esplosivo, ma anche nell’U21 tedesca ha già lasciato più volte il segno, e ora lo aspetta la Bundesliga alla riprova del campo. Le Olimpiadi sono raramente un trampolino di lancio, più spesso una galleria che taglia una montagna in due: da come saprà solcare le vallate che si aprono dopo il traforo capiremo se Davie è già, qualcosa di più che in nuce, il nove del futuro teutonico.

Dopo il bronzo di Londra, la Corea del Sud continua a confermarsi a suo agio nei tornei olimpici: ora che ha eliminato i campioni in carica del Messico, dove può arrivare?

Fabrizio

Shin Tae-yong, l’allenatore dei Sud-Coreani che è anche il vice di Stielike nella Nazionale maggiore, è soprannominato “Il Mourinho asiatico”, anche se in realtà somiglia di più a Joachim Löw, per stile dell’outfit e delle squadre che guida: è, anzi, in un certo senso, l’evoluzione del Pokémon Low messa in modalità Scheggia Impazzita .

Contro la Germania i coreani hanno praticamente inscenato una specie di esaustivo saggio delle qualità e della dottrina della squadra, che fino ad adesso - insieme al Giappone - è sicuramente la più “Olimpica” vista a Rio, dove per Olimpica-tra-virgolette intendo una squadra con un approccio scevro da ogni razionalizzazione, burrascoso, impetuoso, quasi trascurato nella sua arraffazzonatezza vorticosa.

Ryu è il giocatore che poi incespica nel tentativo di un colpo ad effetto, un gesto caratteristico e costante nelle squadre Olimpiche-tra-virgolette.

La Corea è rapida, di gamba e di pensiero. Pressa alta e innesca transizioni offensive fiammeggianti, anche se non sempre precise: gli piace cercare costantemente triangolazioni nello stretto e incursioni tanto centrali, per mano delle mezzali (qua per esempio è Moon Chang-jin che si avventura, dopo uno scambio con Son, prima di servire in profondità il centravanti), quanto sulla fascia per mano dei suoi laterali più offensivi,spesso Son e Ryu.

Contro le squadre che denotano un minimo di organizzazione il suo impianto difensivo barcolla fino a implodere su se stesso: la difesa in linea non riesce ad arginare gli attacchi avversari sulle fasce, e centralmente fa molta fatica a non perdere irrimediabilmente il timone. Però dalla trequarti in su è fuoco puro, non solo sulla linea dei fantasisti funamboli ma pure in avanti, dove Hwang Hee-Chan dei RedBulls Salzburg, il più giovane della rosa, è il punto di riferimento mobile, il centravanti di manovra, e Suk Hyun-jun uno degli uomini secondo me con più prospettive in Europa.

A livello di scommesse-a-rischio-controllato, io due monetine su una medaglia, per i Guerrieri del Taegeuk, ce le spenderei.

Gabriele

Credo che una medaglia sia possibile. Gli accoppiamenti con il girone D hanno regalato ai sud-coreani i quarti con l’Honduras, non proprio il maggiore degli ostacoli (anche se Jorge-Luis Pinto è sempre un diavolo). Aver eliminato il Messico campione uscente - pur con tutte le sue assenze e difficoltà - è un merito. Una finale per il terzo posto, magari contro la Nigeria, è più che possibile.

La Tri Olimpica godeva di molte credenziali, eppure è stata eliminata in un girone apparentemente alla sua portata. Possiamo considerarla una delusione più grande di quella della Tri Mayor in Copa América (anche senza aver perso 0-7)?

Gabriele

Non credo. Il Messico era reduce dall’oro olimpico di Londra, ma questa squadra non è minimamente paragonabile a quella del 2012. Anzi, nella gara decisiva ha dovuto fare a meno di capitan Peralta, infortunato. Ha incassato l’unico gol di Figi in quest’Olimpiade ed è sembrata meno squadra di quattro anni fa. Al di là della grande mole di talento che la Liga MX offre, Rio non è sembrata l’occasione giusta per ripetersi.

Stefano

È strana la storia del Messico a questa Olimpiade: sicuramente questa squadra non avvicina nemmeno il livello di quella di Londra, però ha anche l'alibi di essere finita nel girone più duro, peraltro andando veramente vicino a passarlo. A tradire Gutiérrez è stata la difesa, che ha concesso alla Germania di rimontare due volte in una partita che poteva dare tutt'altra impronta a questo torneo e poi ha regalato al coreano Chang-Hoon Kwon una corsia preferenziale verso gloria. E ho tralasciato, per misericordia, il gol preso dalle Fiji.

Secondo capo d'accusa: il Messico visto a Rio è parso una squadra in grado di irretire l'avversario, di condurre le danze ma sempre accompagnata dalla netta sensazione di non poter arrivare alla conquista del risultato: in pratica, una formazione efficiente, ma senza le idee o le capacità per farcela. Forse anche a causa del rendimento deludente di Lozano: doveva essere la stella e non ha mai brillato, finendo addirittura fuori dall'XI titolare nella terza e decisiva partita.

https://www.dailymotion.com/video/x4nn3ca_roy-krishna-goal-hd-fiji-1-0-mexico-07-08-2016-hd_sport

Gollonzo

Fabrizio

Bisogna fare un paio di puntualizzazioni. Come giustamente dice Stefano il girone in cui era inserito il Messico non era poi così semplice: a innalzare la quotazioni della Tri hanno contribuito più le sottovalutazioni aprioristiche (per motivi diversi) di Germania e Corea del Sud che la reale consistenza dei nordamericani. Se assumiamo Fiji, il Fanalino Di Coda Presunto (e ovviamente, implacabilmente rivelatosi tale), come barometro delle potenzialità degli avversari, salta subito all’occhio come i Messicani siano stati quelli più “timidi”, o forse impreparati: non hanno saputo spingersi oltre il bottino di cinque reti (i tedeschi hanno raggiunto la doppia cifra, la Corea ne ha messi otto nel pallottoliere), peraltro riuscendo anche nell’impresa di subire una delle reti più iconiche di tutta Rio 2016. La LigaMX, nonostante la crescita esponenziale, ha dimostrato di non essere ancora un bacino di crescita adeguato a tutto tondo: ottima palestra tecnica, ma il carattere e l’organizzazione di gioco si forma altrove.

Le ecatombi di quest’estate sono diverse, non possiamo dargli lo stesso peso: se la Tri, in Copa América, a un certo punto aveva dato l’impressione di poter arrivare fino in fondo (la battuta d’arresto è stata più eclatante nella forma che nella sostanza), a tenere viva la fiamma olimpica per l’U23 è stato al contrario quasi esclusivamente l’orgoglio di provare a ripetersi. Con il risultato, comunque notevole, che l’eliminazione del 2016, capitata per una strana coincidenza a quattro anni esatti dall’oro di Londra, ha finalmente permesso a quella squadra capace di conquistare l’oro di cristallizzare il proprio successo nell’immaginario dei tifosi.

Questa Danimarca ha le qualità per arrivare a giocarsi una medaglia?

Federico

La Danimarca ha già preso parte a un test da medaglia, contro il Brasile costretto a vincere: i danesi hanno dimostrato una discreta organizzazione solo quando sono stati chiamati a difendere bassi. Perché quando provano a difendere in avanti lasciano ampi spazi alle spalle della linea di pressione, e quasi mai riescono nel recupero alto. Si schierano con un 4-4-2 piatto, che non crea molte linee di passaggio e spesso ricorrono ai lanci lunghi. Una squadra, descritta così, che non può puntare alla zona medaglia. Episodi favorevoli permettendo.

Gabriele

No. Sono stati molto fortunati che Sudafrica-Iraq si sia conclusa 1-1, permettendo alla Danimarca di passare comunque il turno. Ci sono solo cinque ragazzi dei 23 che sono arrivati in finale all’ultimo Europeo U-21: non mi sembra materiale da podio.

Giulio

Sono gli unici che hanno preso gol dal Brasile, e in questo momento non è un gran curriculum. Oltre a fisico e organizzazione non mi sembra abbiano molti mezzi per andare avanti fino alle medaglie (quindi oro, scommetteteci).

Minuetti di festeggiamento destinati a non ripetersi?

Fabrizio

Non saprei, cosa serve per conquistare una medaglia?

La classe? A giudicare dalle dinamiche interne a queste Olimpiadi, nel torneo calcistico la classe sta spostando poco gli aghi delle bilance. E comunque, per avere una misura, immaginate che in termini di livello tecnico per pareggiare non dico quello di O Ney ma anche quello di un Luan ci vorrebbero sette/otto undicesimi della squadra danese. L’organizzazione? La Danimarca ne ha, ma è quel tipo di studio del piano gara che si scioglie come la neve a Lyngby a primavera non appena spuntano i primi raggi di sole del talento degli avversari.

La Danimarca, se c’è una qualità che può vantare, è il livello massimo immaginabile di decoubertinianità. Essere arrivati ai Quarti dovrebbe già largamente bastarle: dopotutto “l’importante non è vincere”, e come andrà a finire contro la Nigeria possiamo già immaginarlo. O forse no: magari Yusuf Yurary Poulsen ci farà cambiare idea a tutti.

Quante possibilità date all’eventualità che ci dovremo ricordare del 2016 come l’anno in cui il Portogallo ha vinto tutto pur partendo da favorito in niente?

Stefano

Qui ho l'impressione che sia ancora più difficile che in Francia, perché l'avversario dei portoghesi nei quarti è la Germania: una volta il tabellone ti può spianare la strada, due no. Detto questo, il Portogallo di Rui Jorge è una squadra rispettabilissima che mi ha divertito di più rispetto a quella campione d'Europa, però l'allegria difensiva mostrata costantemente nelle tre partite del girone rischia di essere un limite letale contro l'artiglieria di Hrubesch.

Gabriele

Mi sembra difficile pronosticare una medaglia, ma se il Portogallo ha vinto un Europeo pur essendo a venti minuti dall’essere eliminata nell’ultima gara del girone contro l’Ungheria, direi che quasi tutto è possibile. La prestazione contro l’Argentina è stata incoraggiante e Rui Jorge ha fatto un discreto lavoro: il problema è che ai quarti c’è la Germania…

Giulio

Al Portogallo concedo qualcosa in più che alla Danimarca, ma siamo comunque a poca roba. Battere l’Argentina è stata una bella sorpresa, ma ci vedo più demeriti albicelesti. Per superare la Germania serve lo spirito (chiamiamolo così) di Euro 2016, superato lo scoglio può veramente succedere di tutto.

Fabrizio

Io al contrario penso che il Portogallo sia una squadra con una sua identità di gioco e molte individualità interessanti, da Fonseca a Pité passando per Bruno Fernandes e André Martins, nonché Gonçalo del quale credo di essermi preso una cotta calcistica, quest’estate.

GP9, remember tha name.

Aver contribuito all’eliminazione dell’Argentina - e trovarsi adesso con questo mood Fino-All’-Ultimo-Sangue che i cugini più grandi devono avergli spiegato con una telefonata intercontinentale, com’è che si fa per farlo funzionare - gli imprimerà una carica in più. Come per i senior, niente è fuori portata quando vai ad attingere alla fonte inesauribile della Motivazione. Se non è un topos narrativo Da Olimpiade questo, ditemi voi quale. Non c’è falena che regga il confronto.

Possiamo dire che il 2016 è l’annus horribilis del calcio argentino?

Giulio

L’Argentina ha di sicuro avuto un percorso di avvicinamento alle Olimpiadi che più difficile non è possibile, a cominciare dai molti, troppi rifiuti che hanno portato il gruppo ad allenarsi in otto in ritiro, ma siamo di fronte all’ennesimo fallimento della Selección tra giovanili e nazionale maggiore. Tutto il calcio a livello di nazionale sembra essere nelle sabbie mobili, malgrado talenti continuino a nascere.

Ecco, visti i tre anni vissuti dai tifosi non so se uscire ai gironi sia una specie di consolazione, piuttosto che perdere in finale.

Gabriele

Quando abbiamo assistito alla sconfitta nella finale del Mondiale 2014, c’era rammarico, ma sembrava finalmente che l’Argentina potesse mantenere le premesse che sollevava prima di ogni torneo importante. Due anni dopo, commentiamo altre due finali perse (e la seconda trovo che sia clamorosa), un capitano ritiratosi dalla nazionale (il neo-ct Bauza era però mercoledì al Camp Nou per convincere Messi a tornare), un gruppo scarico e una federazione assente. “Annus horribilis” è forse un complimento per la situazione che abbiamo di fronte ai nostri occhi.

Al di là dell’hype sollevato nel pre-Rio, la medaglia d’oro non è stato mai un affare unicamente argentino. Rio è stata comunque una delusione abnorme, perché la squadra - almeno a livello tecnico - c’era e perché il girone D sembrava alla portata dell’Albiceleste. L’Argentina sta vivendo un inferno, tecnico e non: tra l’AFA in pieno caos, le dimissioni di Martino, la rapina subita in un hotel in Messico e la sconfitta con il Cile, definire “scarica” la spedizione guidata da Olarticoechea è un complimento.

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Fabrizio

Sul mero piano delle prestazioni, tralasciando il gran casino nel quale il fútbol albiceleste si trova impantanato, l’Argentina del Vasco è sembrata la versione deprimente e senza finale moralizzante di una stagione particolarmente povera di idee de “Il Mondo di Patty”: c’era il coattello affascinante quanto inconcludente (Correa), l’imbranato simpatico con cui empatizzare (Calleri), il bello-ma-timido che non riesce mai a prendersi lo spazio che merita (Lo Celso) e una pletora di comparse che rischia di rimanere confinato nel triste limbo dei Protagonisti Minori: materiale più da teenage series che da lungometraggio, e con le teenage series gli Oscar non si vincono. Il finale - il pari contro Honduras -, poi, quello sì che è stato eminentemente argentino in termini di crollo delle aspettative. Insomma, un V Ginnasio di provincia che è imploso di fronte allo scontro tra le placche tettoniche delle velleità da una parte, e delle sue reali potenzialità dall’altra. Una ballata per bandoneón sul tema del Vorrei Ma Non Posso, che definire delusione è già di per sé triste, eppure non abbastanza: bisognerebbe affiancargli l’aggettivo ennesima, e sarebbe eccessivamente severo per la difficoltà del contesto in cui questi ragazzi si sono trovati immersi.

Quindi a chi va la medaglia d’oro?

Stefano

Io dico il Brasile. Non perché ci creda, intendiamoci, ma solo per mantenere viva la speranza di veder chiudersi il cerchio: il Maracanã che accoglie il primo oro olimpico della storia calcistica della Nazionale più titolata al mondo e Neymar che glielo porta. Io credo che sia ancora possibile. Però affinché succeda deve esserci un'accelerazione decisa e immediata.

Gabriele

Il Brasile supera a fatica la Colombia e la Corea del Sud per poi presentarsi al grande appuntamento di Rio de Janeiro, dove la storia non l’attende, la condanna all’inevitabilità della medaglia d’oro. Peccato che sulla loro strada ci siano ancora i tedeschi, che hanno superato Portogallo e Nigeria.

Tra una crisi di nervi di qualche giocatore brasiliano, un coro per la nazionale femminile (loro sì medaglia d’oro il giorno prima) e una simulazione di Neymar, la Germania controlla agevolmente la gara. Un gol di Gnabry sblocca la gara, poi Meyer e Selke la chiudono. Il giorno dopo una foto del capitano brasiliano campeggia su un giornale locale. Sopra il titolo “Maracanazo II”.

Giulio

Da una parte vedo la Germania, dall’altra la vincente di Brasile-Colombia. Per motivi di affetto verso Teófilo Gutiérrez mi piacerebbe vedere i Cafeteros con l’oro olimpico al collo. Ma poi voglio il report di cosa succede al villaggio olimpico.

Nunca mais.

Federico

Sarò banale, ma che dopo il Maracanazo del 1950 e il Mineirazo del 2014 il Brasile possa un’altra volta perdere il torneo in casa mi sembra una follia, soprattutto con una squadra così. Brasile campione olimpico: i tabù sono fatti per essere sfatati.

Fabrizio

Non sono un grande estimatore della Schadenfreude, o forse non lo sono delle sue versioni più scontate: perciò tiferò affinché il Brasile possa arrivare in finale, anche se questo vorrà dire deprimere Teo proprio adesso che ha firmato per il Rosario Central e sarebbe stupendo averlo con il sorriso sulle labbra. Però a questo punto spero che la finale possa essere tutta lusòfona, e che Gonçalo Paciencia, l’incarnazione dell’antibrasilianità futbolistica, qualsiasi cosa questo neologismo di cui mi arrogo la coniazione voglia dire, sappia deciderla con un gol eminentemente brutto al termine di una partita noiosa.

Chissà come si dirà Schadenfreude, poi, in portoghese.

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