
L’Atlético di Simeone è l’ultima squadra ad aver eliminato il Barcellona dalla Champions League, nei quarti di finale di due anni fa, e dopo quella qualificazione è arrivata anche la vittoria della Liga, proprio al Camp Nou. Con l’arrivo di Luis Enrique e la nascita della MSN, però, i rapporti di forza sono cambiati: il Barcellona decadente del Tata Martino si è trasformato in una corazzata invincibile; mentre l’Atlético ha dovuto affrontare un lungo processo per trovare una nuova identità.
Nei sei scontri successivi con il Barcellona, l’Atlético ha sempre venduto cara la pelle, perdendo solo una volta con più di un gol di scarto. Ma ha sempre perso. Questa cosa, probabilmente, ha dato al Barcellona la convinzione di poter trovare sempre il modo di battere la squadra di Simeone. Di essere, per dirla in modo semplice, superiore.
Il Barcellona delle ultime settimane però sembra una squadra stanca nel fisico ma soprattutto nelle idee, e la sensazione è che si trovi nel punto più basso della sua parabola stagionale (il che significa che sia comunque un punto abbastanza in alto nel diagramma che comprende le parabole delle altre squadre europee). In questo senso, affrontare il Barcellona proprio adesso può essere considerata una fortuna per Simeone, che ha potuto impostare la gara convincendo i suoi giocatori di essere nel momento giusto per mordere il Barcellona. Perché se è vero che la qualificazione si vince in trasferta e si perde in casa, la partita di ieri giocata al Camp Nou era quella che il Barcellona poteva perdere.
Per questo la scelta del Cholo è stata quella di una squadra che andasse a colpire il Barcellona sui difetti mostrati nelle ultime settimane: stanchezza fisica, problemi di gestione degli spazi, problemi a rifornire la MSN. Ecco quindi un sistema aggressivo con due punte come Torres e Griezmann in grado di disturbare l’uscita del pallone dalla difesa del Barcellona, e un centrocampo che sale di conseguenza per impedire una ricezione facile agli avversari e di conseguenza l’arrivo di una palla pulita alla MSN.
Lo studio
Per garantirsi una transizione offensiva efficace è stato scelto dall’inizio Ferreira Carrasco, nonostante sia tornato da un infortunio solo ora, così da avere almeno tre giocatori in grado di correre palla al piede contro la difesa del Barcellona.
Il fondamentale ritorno di Godín, poi, ha aiutato la strategia di Simeone, perché le doti del centrale uruguaiano nel guidare la linea difensiva hanno permesso alla squadra di rimanere sempre corta, punto di partenza fondamentale per accompagnare il pressing alto.
Invece di attendere e giocare sulle linee di passaggio come aveva fatto il Real Madrid, il Cholo ha impostato un sistema decisamente più rischioso, che si affidava in modo evidente alla superiorità fisica della sua squadra: la prima folata di pressing serve a complicare la costruzione del Barcellona, ma non è la conclusione. Subito dopo arriva il ripiegamento e la protezione dell’area di rigore per togliere la visuale della porta alla MSN. E questa seconda parte è quella più difficile, perché prevede una transizione verso la difesa posizionale che in Europa poche squadre sono in grado di eseguire in modo tanto fluido, ma è tremendamente efficace contro una squadra letargica come il Barcellona attuale.
La MSN, così è finita a ricevere palla solo con la difesa avversaria schierata, e mai in modo pulito. Il rischio per l'Atletico era comunque alto, perché in campo c'erano dei fenomeni in grado di superare palla al piede la pressione di più giocatori e sarebbe bastata l’accelerazione giusta e il controllo orientato preciso di Messi per mandare tutto all’aria.

Per il Barcellona c’è l’11 tipo con l’ormai consueto e in parte nocivo Messi sulla trequarti centrale praticamente in pianta stabile. Per l’Atlético il 4-4-2 iniziale.
Qui si torna però all’idea di base: il Barcellona non sta bene. Si vede nella facilità con cui Filipe Luis è in grado di seguire quasi a uomo Messi nel suo movimento senza palla verso il centro, e poi sganciarsi con rapidità per attaccare lo spazio lasciato vuoto dallo stesso Messi, una volta che la sua squadra recupera palla.
Ma si vede anche dall’inconsistenza dei movimenti di Suarez, seguiti senza problemi dall’ennesimo progetto di grande centrale difensivo colchonero: quel Lucas Hernandez messo in campo da Simeone, nella partita più importante dell’anno, nonostante abbia appena 20 anni. Oppure anche dall’imprecisione nell’esecuzione di Neymar, in teoria fondamentale per scardinare la difesa dell’Atletico sul lato debole rispetto alla zona di creazione del Barcellona (l'asse Messi-Dani Alves).
Va detto che nella mancanza di idee generali l’accelerazione giusta non arriva se non nei piedi di Iniesta, unico in grado di leggere la situazione in campo e di provare sempre a sfidare la transizione difensiva avversaria. Ma questo ovviamente non basta, perché caricare palla al piede un sistema di aiuti perfetto come quello dell’Atletico non fa altro che rinvigorirlo dal punto di vista psicologico.

Se c’è un fenomeno con la palla per il Barcellona, c’è un fenomeno senza per l’Atletico: Godin legge l’intenzione dell’avversario e gli mangia l’anima oltre a rubargli il pallone.
L’unica occasione da gol per il Barcellona nel primo tempo è arrivata sulla testa di Neymar, proprio sul secondo palo dopo la bella combinazione tra lui, Messi e Dani Alves. E non mi è chiaro se sia stato questo a spingere Simeone ad agire, o se invece avesse premeditato il cambio di sistema dell'Atletico che da quel momento posiziona il solo Torres davanti, in un 4-5-1 con Griezmann sulla fascia destra e Saúl che scala al centro.

Ecco il 4-5-1 dal ventesimo minuto. L'Atlético è abituato a modificare sempre sistema nell'arco dei 90 minuti.
Rivoluzione colchonera
In ogni caso dal cambio di sistema, che come detto sembra una risposta al problema della difesa del lato debole, dove Neymar è isolato con Juanfran, nasce il momento di vero e proprio dominio dell’Atleti.
Certo, va attenuandosi l’idea iniziale di pressare in modo veemente l’uscita del pallone del Barcellona, ma come successo con il Real Madrid giusto sabato, il centro del campo catalano è specchiato in quello colchonero, rendendo innocua la posizione di Messi sulla trequarti, e soprattutto aggiungendo un giocatore in più al limite dell’area in difesa posizionale.
L’argentino, ha potuto tentare e riuscire quanti dribbling voleva, ma una volta saltato l’uomo al centro arrivava subito un giocatore a coprire lo specchio della porta.
Inoltre, la forma straripante di Torres (sì lo so che sembra strano) mostra un giocatore che con le sue corse anche da solo è in grado di muoversi occupando tutto il fronte offensivo, sfruttando lo spazio o anche creandolo in progressione per il rimorchio dei compagni. L’Atlético non ha perso metri quanto la logica avrebbe voluto, e ha inaugurato a quel punto un periodo di circa quindici minuti in cui è arrivato il gol del vantaggio.
https://www.dailymotion.com/video/x4288gs_fernando-torres-goal-barcelona-0-1-atl-madrid-05-04-2016_sport
Il gol è una bellissima azione che mostra però degli errori di lettura da due insospettabili del Barcellona come Busquets e Piqué: entrambi sbagliano i tempi di intervento e il posizionamento, lasciando a Koke spazio e tempo per girarsi e alzare la testa prima di servire il perfetto taglio di Torres e premiarne la gara di sacrificio. Il gol è di Torres ma il gesto di Koke è veramente la prova di quanto questo giocatore faccia la differenza per la squadra del Cholo, con il pallone e senza. Un giocatore al contempo cerebrale e fisico, in grado di leggere ed eseguire.
Il periodo di dominio dell’Atlético porta la squadra a mettere in difficoltà anche il pubblico del Camp Nou, perché la sensazione di chiunque è che in campo sia più vicino il 2-0 che il gol del pareggio di una squadra di casa totalmente fuori dalla partita.

Non è un caso se, nell’occasione più importante dopo il gol, si possono vedere i due protagonisti principali del primo tempo: Filipe Luis e Torres. Il primo non si limita a tamponare Messi e agisce come regista occulto in una zona di campo sguarnita e Fernando si muove anche ben oltre le sue zone di competenza. La palla della stella francese però trova pronto Ter Stegen e dal possibile 2-0 si arriva all’episodio chiave della gara.
Che Fernando Torres sia l’incarnazione dello spirito dell’Atleti diventa ancor più evidente al terzo fallo duro, che con già un cartellino giallo alle spalle lascia la squadra di Simeone in inferiorità numerica. Costringendoli a giocare un’ora di pura sofferenza in una gara fino ad allora sotto controllo. Che una situazione come questa arrivi e che a renderla tale ci pensi proprio Torres, sembra veramente la chiusura del cerchio.
Dal momento dell’espulsione al cambio di dominio nella partita in realtà c’è un momento di transizione che sta a cavallo tra i due tempi, un momento caotico in cui il 4-4-1 con Carrasco punta sembra reggere perfettamente l'attacco del Barcellona.
Quando però il Barcellona comprende di non dover temere più nulla dall’attacco dell’Atlético, e di poterlo quindi schiacciare in area allargando il campo con i cambi di gioco, inizia la fase di assedio.

Con l’entrata di Augusto Fernandez al posto di un Carrasco ormai stremato il Barcellona ha la possibilità di giocarsi una mezzora abbondante senza doversi preoccupare di difendere i contropiede dell’Atlético
L'assedio
Accesosi tra la rovesciata di Messi, la percussione di Iniesta e il palo di Neymar, anche il Camp Nou inizia a spingere la pressione sull’Atlético e la fase di dominio del Barcellona si fa sempre più marcata. L’Atlético perde ogni velleità offensiva e si limita a spazzare ogni pallone che passa sui piedi dei difensori (ad onor del vero non molti, visto che Godin chiuderà con 4 passaggi fatti, Lucas 6 e Juanfran 7).
Qui c’è poco da aggiungere se non che l’Atletico è una delle poche squadre in grado comunque di mantenere la calma anche con più giocatori in area che fuori. Portando tutti gli uomini sulla trequarti dell’Atlético, praticamente tutte le seconde palle diventano del Barcellona, e la squadra catalana ha sfruttato proprio questo dettaglio a proprio vantaggio: cercando un varco tra la difesa dopo aver creato disordine con la prima conclusione. Non serve neanche un aggiustamento tattico alla squadra di Luis Enrique per poter creare occasioni da gol.
L’esercizio di pura sopravvivenza dell’Atlético arriva a conclusione con i due gol della rimonta del Barcellona. Il pareggio è nato con una trama di passaggi preparatori sul limite sinistro dell’area tra Jordi Alba e Neymar, che poi hanno allargato il gioco contando sulla freddezza di Dani Alves, in grado di crossare di prima per la parte opposta dell’area di rigore; il pallone è tornato tra i piedi di Jordi Alba e dopo un suo tiro completamente sbagliato sui piedi di Suarez.
L’uruguaiano dimostra ancora una volta quanto faccia la differenza per il Barcellona avere o no un attaccante d’area di rigore in queste fasi della partita.
https://www.dailymotion.com/video/x428ebs_luis-suarez-goal-vs-atletico-madrid-1-1_sport
Sul secondo gol, dieci minuti dopo, sempre Suarez materializza il discorso sulle seconde palle, visto che il Barcellona inizia l’azione recuperando palla su una respinta di Juanfran, e per due volte vince il rimpallo per far arrivare il pallone a Dani Alves che di nuovo crossa per Suarez.
Il periodo di assedio premia un Barcellona che nel secondo tempo ha tirato 15 volte, di cui 4 in porta; ma condanna un Atlético capace di mettere a referto solo altri cartellini gialli, con 5 ammoniti in mezz'ora (anche se, paradossalmente, è il Barcellona ad aver fatto più falli nell'arco dei novanta minuti, 19 contro 16).
L’uscita di Griezmann al minuto 76 per il giovane centrocampista Thomas Partey ha significato la conclusione della partita per Simeone: l’Atleti si è ritrovato senza attaccanti e ha passato, con successo, i minuti rimanenti ad evitare un passivo superiore. La gara si è spenta piano piano con gli attacchi del Barcellona via via meno violenti, fino a un periodo di calma successivo la tempesta.
Come il rosso a Torres abbia fatto saltare il banco a Simeone mostrato con un grafico sugli xG.
È stata una partita dal forte impatto emotivo, come piace a Simeone, con un Barcellona ancora non in grado di esercitare il dominio che la sua caratura tecnica prevederebbe, e che dimostra come la distanza tra le due squadre non sia evidente come i numeri consiglierebbero. Che la tanto agognata prima vittoria contro Luis Enrique prima o poi arriverà.
Con giocatori come Godín, Koke e Filipe Luis che niente hanno da invidiare ai pari ruolo avversari, rimane ancora il problema di un Griezmann incapace di fare realmente del male al Barcellona in ogni gara in cui lo ha affrontato. Il suo ruolo tanto dispendioso senza palla, la distanza dalla porta che deve affrontare ogni volta contro il Barcellona, non lo aiutano, ma la sensazione è che debba anche superare un suo blocco per salire realmente di livello contro un avversario di questo calibro.
Pur senza Torres è evidente, però, come l’Atlético potrà approcciare la partita di ritorno carico e fiducioso, dopo aver rivisto a mente fredda quanto di buono fatto finché in parità numerica.
Di positivo per il Barcellona probabilmente c'è solo il risultato. Il gioco del primo tempo, i problemi di ripartizione degli spazi e l’affidamento totale ad una MSN chiaramente fuori giri (quanto è importante per gli avversari questo Messi così lontano dall’area) forse sono problemi non strutturali. Ma ormai è chiaro che in questa fase della stagione la squadra di Luis Enrique è tutt’altro che invincibile.
Se vogliamo ricordare poi che nessuna squadra ha mai vinto la Champions League per due anni di seguito, allora la partita di ritorno si carica di ulteriori significati.