Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Quando Griezmann non era nessuno
11 dic 2018
"Grizou" era considerato troppo gracile da ragazzino e se non fosse stato per la Real Sociedad forse non l'avremmo mai conosciuto.
(articolo)
21 min
Dark mode
(ON)

Griezmann non è stato sempre il calciatore decisivo e ammirato da tutti che conosciamo oggi. Intorno al 2010, ad esempio, quando l’allora CT della Nazionale francese Laurent Blanc fu intercettato a lamentarsi del fatto che dai centri di formazione uscissero giocatori tutti uguali ("Grands, costauds, puissants", cioè grandi, robusti, potenti), di "Grizou" praticamente ancora non se ne parlava.

Quando Blanc va a scusarsi in TV per le sfumature razziste di quelle intercettazioni, Griezmann non ha ancora vent'anni e un futuro non del tutto chiaro davanti. Qualche mese prima ha vinto l'Europeo Under 19 battendo in finale 2-1 la Spagna, ma di quella squadra non è affatto la stella. All'epoca il pilastro dei giovani francesi è Gael Kakuta, allora descritto come "il giocatore più talentuoso della sua generazione" attualmente al Rayo Vallecano dopo una decina di prestiti in giro per il mondo e non più nel giro della nazionale transalpina dopo aver scelto di difendere la bandiera del Congo. Riguardando gli highlights di quella partita in effetti è lui a luccicare: il 2-1 di Alexandre Lacazette è per lo più merito suo, dopo una sgroppata in mezzo ai difensori spagnoli, un tiro respinto dal portiere e un assist per il compagno, che può segnare da un metro a porta vuota.

E poi in attacco ci sono, oltre a Lacazette, già destinato a grandi cose al Lione prima di passare all'Arsenal, Cédric Bakambu, che al Villarreal forse rimpiangono ancora (anche lui, come Kakuta, è nel giro della selezione del Congo), e Yannis Tafer, altra stellina dell'OL (poi ha scelto la nazionale algerina; attualmente gioca nello Young Boys in Svizzera). Griezmann in finale è stato sostituito all'intervallo proprio da Tafer, sullo 0-1: sul podio dello stadio di Caen, esulta in mezzo agli altri, ci mancherebbe, ha segnato due gol durante il torneo, contro l'Austria nella fase a gironi, ma sempre un po' in disparte, piccolino, con una cresta di capelli ossigenati.

Gioca prevalentemente largo a sinistra, è incaricato già all'epoca dei calci piazzati, nella semifinale contro la Croazia va vicino alla rete con una specie di "maledetta" dai trenta metri. Tuttavia in quell'attacco di levrieri non sempre lucidi a volte fatica a tenere il ritmo dei compagni, anche se non è detto che sia un male, in sé. Infatti, sempre nella semifinale con la Croazia, il 2-1 nasce da un'altra sgroppata centrale, stavolta di Francis Coquelin, facilitata da un appoggino semplice semplice di Griezmann, con il solito piede sinistro, che fa da sponda al compagno. Poi assist verso Bakambu e magia col destro dell'attaccante, a dire il vero facilitata da un imperfetto piazzamento del portiere croato. La partita finisce con Antoine che va a contrastare in scivolata un difensore avversario che sta cercando l'ultimo lancio alla disperata in avanti. Altra piccola cosa semplice, ma importante, sempre nelle pieghe del gioco.

Il non ancora "Grizou" è importantissimo nell'azione del 2-1, ma i telecronisti insistono: «Guardate Coquelin, guardate Coquelin». E noi lo guardiamo, e all'epoca probabilmente lo guardava con attenzione anche Arsène Wenger, che l'aveva portato giovanissimo all'Arsenal, sperando di farne un nuovo Fabregas. È quasi inutile specificare che di quella rosa solo Griezmann è stato tra i sollevatori della Coppa del Mondo a Mosca. Lacazette, tagliato all'ultimo da Deschamps, ci è andato solo vicino.

Lacrime ben spese

Se Antoine Griezmann è diventato quel che è diventato, molto del merito è di una persona: Eric Oilhats, uno di quei personaggi che non appaiono mai sui giornali se non in casi eccezionali, ma che nelle vite dei calciatori sono fondamentali: un po' padri, un po' consiglieri, un po' amici.

Dal 2003 al luglio di quest'anno, quando ha raggiunto il suo pupillo all'Atletico Madrid, Oilhats ha lavorato per la Real Sociedad in qualità di osservatore, in giro per il mondo, ma prevalentemente in Francia. Nato nel 1962 a Bayonne, città-chiave dell'intera vicenda, ha cominciato questo mestiere giovanissimo, appena ventenne, arrivando poi a dirigere il centro di formazione di Pau. Da quelle parti si preferisce il rugby al calcio, ma è un aspetto secondario. Da Bayonne a San Sebastian, dove gioca la Real Sociedad, ci vuole circa mezz'ora di macchina, e al di là del confine spagnolo l'unico pallone che conta è quello rotondo.

E proprio nel maggio 2005, di ritorno da un giro di scouting in Argentina per il club "Txuri-Urdin", si ferma nel centro di allenamento del PSG per salutare amici e colleghi. Al Camp des Loges c'è un torneo che vede coinvolti, tra gli altri, il Montpellier, che sta organizzando un'amichevole per testare alcuni dei suoi giovani. Dalla panchina nel secondo tempo si alza, per giocare appena dieci minuti, un ragazzino piccolo, molto più piccolo dei coetanei. È, l’avrete già capito, Antoine Griezmann, che a 14 anni è all'ennesimo tentativo di dare una svolta calcistica alla sua carriera, tentando di ripercorrere le orme del nonno materno, che si era ritagliato un posticino al Paços de Ferreira, in Portogallo.

Griezmann viene da Macon, deliziosa cittadina sul fiume Saone a nord di Lione, ma l'OL, la squadra per cui tifa, lo ha respinto giudicandolo, appunto, troppo gracile, e chiedendo quindi alla famiglia di aspettare altri due anni in attesa di un suo sviluppo fisico. Stando alla monografia su Griezmann di Luca Caioli e Cyril Collot (Les 7 vies de Grizi) pare che sia stato il padre di Antoine, Alain, a mandare al diavolo l'OL.

Proprio Alain Griezmann, dirigente dell'UF Maconnois, modesto club semi-dilettantistico, sta tentando in ogni modo di far entrare il figlio in qualche squadra di prestigio, scarrozzandolo per mezza Francia, restando il più possibile nei dintorni. Dopo il Lione, però, anche il Saint-Etienne gli chiude le porte: il test in programma nel marzo 2005 viene annullato per via di una nevicata. Si interessa il Sochaux, i report tecnici sono ottimi («Gran piede sinistro, sembra nato per giocare a calcio»), ma quando si tocca l'argomento statura scatta il freno. L'Auxerre, altro club della zona, forse lo tessera; ma all'ultimo momento il grande capo del centro d'allenamento, Daniel Rolland, è categorico: si cercano calciatori con un ben diverso fisico, alla Djibril Cissé, Olivier Kapo o Philippe Mexes, tutta gente passata dall'Auxerre. E poi più su, al nord, al Metz, che in quegli anni sta coltivando un altro eccellente giocatore, Miralem Pjanic, un anno più vecchio di Griezmann: gioca due partitelle amichevoli e sembra sia arrivato il suo momento, e invece all'ultimo salta tutto (il Metz in questo modo si aggiudica il poco nobile primato di essere l’unico club ad aver scartato, da ragazzini, sia Michel Platini che Griezmann). Infine, fiasco anche al Saint-Etienne. A maggio, eccolo dunque con il Montpellier, a Parigi, assieme all'amico e compagno di squadra nelle giovanili del Maconnois, Steve Antunes (una carriera poi spesa nelle categorie inferiori svizzere e portoghesi).

Papà Alain ci sta provando in ogni modo, regalando agli scout persino delle bottiglie di Bourgogne portate da casa. Intanto maledice la sua statura, un metro e settanta appena, è sicuro che il figlio non potrà certo diventare un gigante, o almeno un po' robusto, come vorrebbero gli osservatori, che accanto alle qualità evidenti aggiungono sempre quella maledetta postilla del fisico gracile. Mentre Antoine è a Parigi, Alain va in vacanza in Tunisia con sua moglie.

Insomma, Eric Oilhats ha la fortuna, o l'intuito, di notare qualcosa in quel piccoletto, che non ha gli stessi calzettoni dei compagni di squadra perché è lì in prova; non tocca molto il pallone in dieci minuti sul campo, ma quando lo fa è un lampo. «Molti non l'avevano tesserato spiegando che gli mancava sempre qualcosa, nel fisico soprattutto, ma io mi sono soffermato su quello che possedeva già: talento allo stato puro, e una fluidità e facilità di gioco impressionanti», dirà l'osservatore. Quindi, approfittando dei tentennamenti del Montpellier, che in quel ruolo di esterno sinistro, perché è lì che viene schierato Antonine, punta forte su Remy Cabella, avvicina direttamente il ragazzo per offrirgli una settimana di prova più giù, addirittura in Spagna: appunto, alla Real Sociedad. In realtà sa già che il provino si tramuterà in tesseramento per le giovanili.

C’è da dire che non tutti gli osservatori del Montpellier erano d'accordo sullo scartare il nativo di Macon. Manu Christophe, un veterano tra gli scout, lo sappiamo sempre dal libro di Caioli e Collot, aveva annotato dopo una partita dell'UF Maconnois: «Sa fare tutto, grande sinistro, non male col destro, è un passo avanti agli altri, tecnica in movimento eccellente, è sempre nello spazio per ricevere il pallone, dobbiamo prenderlo in fretta». Tutto inutile.

Oilhats incontra Griezmann fuori dal campo e gli molla un biglietto da visita dicendo di richiamarlo dopo averne parlato coi genitori. Già, e poi come convincere papà Alain e mamma Isabelle? Qualche giorno a Macon di trattativa e la questione è risolta, per il momento. Per legge, però, un quattordicenne studente francese non può espatriare. L'aiuto, allora, arriva dalla geografia: non può studiare a casa sua? E allora lo si trasferisce a Bayonne, sempre in Francia, ma vicino a San Sebastian. Così potrà andare ad allenarsi tranquillamente al centro sportivo di Zubieta, assieme ai nuovi compagni della Real Sociedad.

Foto di Luis Acosta / Getty Images

Griezmann, che non si è mai allontanato da Macon se non per tentare la fortuna provino dopo provino, è abbastanza scosso dal nuovo cambiamento. La sua famiglia, a cui è molto legato, adesso sarà a 800 chilometri di distanza (Metz eventualmente sarebbe stata a 4 ore di macchina). Vivrà nell'appartamento di Eric per i successivi sei anni, ma all'inizio, come ammetterà lo stesso Oilhats, «quante lacrime, specie quando tornava a Bayonne dopo l'estate trascorsa a Macon, è stato almeno due o tre volte a un niente dal mollarci».

Però Antoine è un tipo socievole, nostalgia a parte. Pur non essendo titolare da subito nelle giovanili della Real, diventa amico di tutti, quasi una mascotte. Il club lo asseconda, lo fa sentire come a casa, anche se nel frattempo non vive il miglior periodo della sua esistenza: nel 2007, dopo quarant'anni, retrocede in Segunda Division, e lì rimarrà per tre stagioni, tra gestioni tecniche e dirigenziali scellerate e, quasi un'infamia, uno scarso utilizzo dei ragazzi del vivaio, storicamente l'anima della “Erreala”.

Uno sulla sinistra

Finché, nel 2009, alla Real Sociedad in Segunda Division arriva l'allenatore Martin Lasarte, uruguaiano ma figlio di due baschi emigrati in Sudamerica da Andoain, a un passo da San Sebastian. Gli viene chiesto, dato che di soldi in cassa ce ne sono pochini, di dare spazio ai giovani del vivaio, pescando senza problemi dal Sanse, la squadra B, compito che in un certo senso viene facilitato da una caterva di infortuni concentrati tutti nel reparto offensivo che lo costringono ad arrabattarsi raschiando il fondo barile.

«Ci serviva uno mancino da mettere come esterno», avrebbe ricordato Lasarte «Antoine aveva 18 anni, non giocava nemmeno nel Sanse, ma lo provammo in attesa del recupero dei titolari. Fu sorprendente vedere come prendesse sempre la decisione giusta, nonostante la giovane età: aiutava il terzino, lavorava duro e poi, dopo gli allenamenti, rimaneva ancora in campo. Si esercitava sui calci di punizione, sugli angoli, addirittura sui colpi di testa, come mettere il corpo davanti a difensori; costringeva il portiere Claudio Bravo a sessioni extra per parare i suoi tiri. Si arrivava quasi a sera e lui sempre lì, con voglia di migliorarsi. Sapeva benissimo cosa voleva». Quattro anni prima Lasarte aveva fatto debuttare al Nacional Montevideo, sempre a 18 anni, un tizio un po' rissoso, un certo Luis Suarez.

Dopo un precampionato eccellente, con cinque gol in quattro partite, Griezmann entra per la prima volta nella sua vita in una rosa vera, e con i "grandi". È di gran lunga il più giovane della rosa e indossa, come sempre in Spagna dove la numerazione è fissa dall'1 al 25 per la prima squadra, un anonimo 27 (solo l'anno successivo agguanterà il più iconico 7), perché lui proviene dalle giovanili. Il 2 settembre debutta, subentrando a un quarto d'ora dalla fine della partita di Coppa persa 2-0 in casa contro il Rayo Vallecano. Prende il posto di Carlos Bueno, l'uruguaiano che negli allenamenti è quello che gli insegna come prendere posizione sui difensori per colpire bene di testa. Siamo sullo 0-1, pochi minuti dopo il Rayo segnerà il secondo gol.

Griezmann viene schierato ancora una volta come esterno sinistro. In quel ruolo la Real avrebbe preso in prestito dai Millonarios Jonathan Estrada, che però ha il destino segnato. Griezmann è troppo più sveglio, troppo più rapido, e infatti il colombiano finisce presto a scaldare la panchina e a fine stagione tornerà da dove era venuto. Al termine della partita contro il Rayo, Lasarte si esprime così sul ragazzo: «Per certi aspetti del suo gioco mi ricorda Fernando Morena», ovvero uno dei più prolifici attaccanti nella storia del calcio uruguaiano, un pezzo di storia del Peñarol, con cui aveva conquistato anche una Libertadores e un'Intercontinentale nel 1982.

Alla quinta giornata di Segunda Division contro il Huesca, il 27 settembre del 2009, alla prima apparizione da titolare, Griezmann trova subito il gol. Riceve palla al limite dell'area, spostato sulla sinistra, fa due passi avanti e scarica col destro, che sarebbe il suo piede debole, un tracciante che finisce all'angolino. Fiducia nei propri mezzi, mai mancata, anche se a questo gol pazzesco sembra non crederci nemmeno lui al momento dell'esultanza. Il giorno dopo El Mundo Deportivo nell'edizione basca titola semplicemente "Oh là là". Griezmann gioca sempre da esterno, nel 4-2-3-1 di Lasarte, il centravanti è Imanol Agirretxe, fisico alla Giroud, mancino, molto forte di testa, idolo ancora oggi dei tifosi della Real nonostante una carriera stracolma di guai alle caviglie, che l'hanno costretto a un ritiro prematuro. La maglietta del primo gol ufficiale la regala a un altro ragazzino francese, Quentin Favris, che all'epoca ha 16 anni ed è raccattapalle allo stadio e nelle giovanili, ma non diventerà mai professionista. A chi gli chiede nel dopopartita un parere su questo gol "con la tonta", la gamba meno forte, la risposta è spiazzante: «Lavorerò maggiormente sul destro per segnare più gol così».

La sua seconda rete è invece molto più familiare. Tanto per cambiare, sblocca il risultato, sempre in casa, contro il Salamanca, alla settima giornata: tutto nasce da una punizione battuta in fretta da Xabi Prieto per il terzino destro Estrada, che crossa al centro dove Griezmann, sgusciando rapidissimo davanti a un difensore avversario, si tuffa in scivolata di sinistro e segna l'1-0 a due metri dalla porta. In aggiunta al gol, nel primo tempo un suo assist pennellato, sempre con il piede preferito, era stato incornato in rete da David Zurutuza: gol annullato per fallo precedente di Aranburu. Nel finale, poi, sul 2-0, calcia una punizione a fil di palo ed esce per la sua prima standing ovation a nove minuti dal termine, sostituito da Bergara. "Le grandi d'Europa già sospirano per lui", si legge nel resoconto al termine della partita, riferito ovviamente a Griezmann.

Dopo un'inutile rete nell'1-5 ad Alicante contro l'Hercules, l'attaccante francese decide un altro match, ancora ad Anoeta, contro il Recreativo Huelva. Passa dietro al terzino avversario con un movimento da manuale e sfrutta un assist in verticale sul filo del fuorigioco di Zurutuza; controllo e sinistro incrociato all'angolino. "Da che pianeta sei arrivato?", altro titolone del Mundo Deportivo il giorno dopo.

Segna solo due ulteriori gol nel corso della stagione, che si conclude con la promozione della Real Sociedad in Liga e il trionfo con la Francia Under 19. Uno, a gennaio, contro il Cadice, dopo una cavalcata solitaria da centrocampo e tocco di esterno sinistro, lo festeggia tuffandosi in un cumulo di neve. L'altro al Numancia, di nuovo di destro, al volo, aprendo le marcature nel 2-1 finale. Carlos Martinez crossa, i difensori vanno tutti a vuoto e Griezmann è lì, solo soletto dentro l'area piccola.

L'esplosione alla Real Sociedad

Insomma, da quando ad Antoine è passata la nostalgia e si è ambientato a San Sebastian, tutta la squadra ne risente in positivo. La stagione d'esordio, in Serie B spagnola, è di assestamento: segna 6 gol (compresa una doppietta) e regala 3 assist, sempre giocando sulla sinistra, con licenza di andare verso il centro.

Anche la sua prima rete in Liga, in cui la Real Sociedad tornerà finalmente l'anno successivo, è all'apparenza poco da Griezmann: Xabi Prieto pennella un cross da destra, uno dei tanti della sua carriera, e Antoine è in mezzo all'area, dove incorna di testa all'angolino. È il 2-0 al Deportivo, una prodezza da celebrare con un'altra esultanza speciale, infilandosi assieme ai compagni in una macchina parcheggiata nella pista d'atletica dello stadio Anoeta. «Mi sento come un bambino quando faccio gol», sghignazza nel dopopartita, ammettendo quanto quell'esultanza fosse comunque studiata. Siamo agli albori dell’esultanza dedicata a Fortnite.

La stagione della Real finisce con una salvezza tranquilla, ottenuta virtualmente già a dieci giornate dalla fine. Griezmann gioca tutte le partite tranne una, in cui è squalificato: 37 presenze di cui 34 da titolare, Lasarte non lo schioda quasi mai dal suo 4-2-3-1, in cui come punta centrale si alternano Agirretxe, Raul Tamudo agli ultimi scampoli di carriera e Joseba Llorente.

Il 2011 è un anno importante, comunque, per Antoine. Intanto perché conosce la sua futura moglie, Erika, allora studentessa di Pedagogia e vicina di residenza del giovane Antoine, che ormai non vive più in casa di Oilhats. E poi perché, in campo, avviene un cambiamento tecnico che lo aiuta molto nella sua crescita: Lasarte viene licenziato e al suo posto arriva Philippe Montanier, francese, rivelazione con il Valenciennes in Ligue 1. Il suo 4-2-3-1 è più spinto di quello del tecnico uruguaiano, non foss'altro che come trequartista di destra gioca uno che a tutti gli effetti è una punta: il messicano Carlos Vela. Con lui Griezmann ha da subito un'intesa formidabile; sono due quasi coetanei, si assomigliano tecnicamente (anche Vela è mancino, estroso e di piccola stazza) e assieme ad Agirretxe formano un tridente effervescente, innescato dalla solita sapienza da bandolero stanco di Xabi Prieto.

Antoine e Carlos, che ha lasciato la Real lo scorso anno per andare nella MLS nella nuova franchigia di Los Angeles, diventeranno molto amici: durante i festeggiamenti dell'ultima Coppa del Mondo, su Instagram Paul Pogba ha pubblicato un video dallo spogliatoio indossando un mega-sombrero e in cui Grizou ha salutato "Carlitos Vela" dopo un "Viva Mexico, cabrones".

La stagione della Real Sociedad di Montanier, però, inizia male, e il tecnico rischia l'esonero quando a novembre la squadra si ritrova ultima in classifica dopo otto partite senza vincere. La partita della svolta è a Siviglia contro il Betis: Griezmann, che fin lì ha segnato solo un gol al Barcellona alla seconda giornata, tira il suo primo rigore in carriera (Xabi Prieto, il rigorista designato, è assente) e lo sbaglia, ma la Real vince all'ultimo minuto con una sassata da centrocampo, quasi dal fallo laterale, di Inigo Martinez, il centrale difensivo.

Il rapporto con di Antoine col tabellino dei marcatori si fa via via più complicato. In compenso nell'ormai stabile 4-3-3 di Montanier affina un aspetto del suo gioco che poi sarà decisivo nel proseguimento della carriera: la fase difensiva. Piccolo com'è, sfrutta il suo scatto e la sua rapidità, come già con Lasarte è di grande aiuto al terzino sinistro. Lo si vede spesso rinculare fino alla propria area, un atteggiamento che poi calzerà a pennello, dal 2014 in avanti, negli schemi di Simeone.

Ritornando al suo primo gol del campionato, contro il Barcellona, si vede come il francese (che nel primo tempo è stato sulla destra e non sulla sinistra, per aiutare in copertura su Alexis Sanchez) sia esattamente a metà campo, di fatto un esterno, non vuole perdere d'occhio Dani Alves, quando Villa sbaglia il retropassaggio favorendo Agirretxe. In compenso è il primo a fiondarsi sul pallone rimbalzato sulla traversa dopo l'errore del centravanti. Più veloce di Xabi Prieto, che è dalla parte opposta, a destra; più intuitivo di Zurutuza, che comanda il pressing ed è un altro discreto corridore, e più sveglio dell'improvvisata coppia centrale del Barça, Fontas-Busquets, e di Victor Valdes, che si è già rialzato. Da difensore aggiunto a finalizzatore, tutto in otto secondi: non è la fotografia di una carriera? E nel finale, sul 2-2, eccolo in difesa a disturbare un tiro di Pedro servito da Dani Alves, o a rincorrere, stremato, lo stesso attaccante dei blaugrana.

Un lavoro così può sfiancare, e infatti anche la lucidità di Griezmann finisce per calare nel corso della stagione, durante la quale realizzaerà 7 gol e 4 assist.

Benedetta ingenuità

Certo, va anche detto che quello è anche il periodo in cui Griezmann ha rischiato di vedersi troncata la carriera in Nazionale praticamente in culla quando, il 13 ottobre 2012, assieme ad altri quattro compagni dell'allora Under 21 (Ben Yedder, Niang, Mvila e Mavinga) a poche ore dalla partita d'andata per gli spareggi per l'Europeo di categoria contro la Norvegia, ebbe la strampalata idea di andare a fare serata a Parigi partendo da Le Havre, dov'era il ritiro. Due ore di taxi fino agli Champs Elysées, un'ora e mezzo in discoteca, nemmeno tanto a dire il vero, però del tutto all'insaputa del resto dello staff, e via, indietro, spese da dividere in cinque e al ritorno, come racconterà l'autista, una certa fretta di tornare il più in fretta possibile, per evitare richiami. Saranno beccati, ovviamente, e tutti sanzionati duramente dalla Federazione francese, arrabbiata anche perché la squadra sarebbe stata eliminata dalla Norvegia nello spareggio: Griezmann, Ben Yedder, Niang e Mavinga saranno sospesi dalla Nazionale fino al 31 dicembre 2013, Mvila (considerato la mente) addirittura fino al giugno 2014.

Griezmann trova ancora rifugio nella Real Sociedad. La seconda stagione di Montanier finisce con i baschi addirittura al quarto posto, con il terzo miglior attacco dopo quello del Barcellona e del Real Madrid con ben 70 gol segnati: ormai lo scheletro della squadra è collaudatissimo, i giocatori si conoscono, i meccanismi funzionano alla perfezione. Griezmann è sempre lì, largo a sinistra, con Vela ogni tanto si cambiano di lato, ed è suo l'1-0 in casa del Deportivo che sancisce all'ultima giornata di campionato la storica qualificazione ai preliminari di Champions mentre il Valencia perde 4-3 contro un Siviglia senza ambizioni di classifica. Tutto il tridente è andato in doppia cifra: Agirretxe 14, Vela e Griezmann 10 a testa.

Manca solo una cosa per chiudere il cerchio, adesso che è arrivata la qualificazione alla Champions partendo dalla Segunda Division, con chi non aveva creduto in lui: prendersi la rivincita di persona. E Griezmann lo fa a modo suo, dal nulla, come quel primo gol in carriera di destro all'incrocio da fuori area contro il Huesca. Il palcoscenico è ideale, lo Stade de Gerland di Lione, quello dove avrebbe voluto giocare da ragazzino, ma con la maglia dell'OL: i preliminari di Champions, infatti, hanno accoppiato i francesi alla Real. Che nel frattempo ha cambiato allenatore, promuovendo il giovane Jagoba Arrasate, che era il vice di Montanier. Rispetto alla stagione precedente la squadra non ha cambiato una virgola, rimpolpando al massimo la rosa; ma l'ossatura è quella, le stelle sono Vela e Griezmann, che giostrano a piacimento.

Nella gara d'andata Antoine rivede tre dei suoi compagni dell'Under 19 campione d'Europa nel 2010: Fofana, che era il capitano, Grenier (infortunatosi durante il torneo) e soprattutto Lacazette, la perla del vivaio, il centravanti titolare. Avrebbero potuto giocare insieme, chissà, se i dirigenti dell'OL non avessero chiesto a papà Alain di aspettare due anni. Ma non c'è tempo per ripensarci: dopo venti minuti di partita il tappo di champagne, o di Beaujolais vista la zona, schizza in aria. È un gol clamoroso per pesantezza e bellezza unite assieme.

Vela evita il fuorigioco dalla sinistra, i due ormai si scambiano a occhi chiusi la posizione, e crossa al centro dal bordo dell'area, quasi dalla linea di fondo: in mezzo c'è Griezmann, contenuto a vista da Bedimo. La palla è calibrata bene, il piede del messicano è sempre stato di livello, forse un po' alta per uno con un fisico robusto, figurarsi per quello di un ragazzo di 1.70; eppure, senza pensarci troppo, con questi capelli di nuovo ossigenati che lo rendono ancor di più un cartone animato, Antoine decolla in controtempo e a mezz'aria lascia andare la gamba sinistra, ricadendo poi sul fianco destro.

L'impatto della sforbiciata è perfetto, la palla vola all'angolino lasciando inebetito Lopes, il portiere. E poi corsa smodata, l'esultanza gridando "Vamos", come se non fosse nemmeno della zona di Lione, ma spagnolo. Ed è bellissimo, vedendo il replay, notare alcuni tifosi del Lione che si alzano in piedi increduli. Sulle ali dell'entusiasmo la partita di Griezmann è totale: dopo il gol è sempre lì a pressare, a dettare passaggi, ad attaccare la profondità, a rallentare quando serve, e a prendersi gli applausi nel momento della sostituzione.

L'OL, intontito, in 180' di doppio confronto non riuscirà a segnare una sola rete, subendone nel complesso quattro, lasciando il tabellone principale della coppa ai baschi.

La Real in compenso finirà ultima nel girone di Champions League con Manchester United, Bayer Leverkusen e Shakthar, ma almeno con la consapevolezza di aver sgrezzato un diamante, che nell'estate del 2014 verrà acquistato come tale dall'Atletico Madrid.

Nel frattempo Griezmann rientrerà in Nazionale, convocato subito per il Mondiale brasiliano. A volerlo fortemente è stato Didier Deschamps, casualmente di Bayonne pure lui come Eric Oilhats. Il fresco selezionatore campione del mondo aveva preso il posto di Laurent Blanc nel 2012, dopo la deludente spedizione all'Europeo di Polonia e Ucraina, fuori ai quarti con la Spagna, con una sola vittoria in quattro partite.

Proprio Laurent Blanc, quello delle frasi sui “grands, costauds e puissants”.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura