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Marco D'Ottavi
Goran Pandev, l'eterno
17 giu 2021
17 giu 2021
Contro ogni logica, l'attaccante macedone sta continuando a frantumare record.
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Marco D'Ottavi
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Foto di Frank Hoermann/SVEN SIMON
(foto) Foto di Frank Hoermann/SVEN SIMON
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Contro l’Austria Goran Pandev non ha solo segnato il primo storico gol della Macedonia del Nord in una grande competizione per Nazionali, ne è soltanto diventato il secondo marcatore più anziano nella storia degli Europei. Contro l’Austria più di tutto Pandev ci ha ricordato che l’eternità non è necessariamente materia degli dei. In questo 2021 abbiamo accettato come normale la capacità di Ibrahimovic di dominare a quasi quarant’anni difensori che ne hanno quindici di meno; quella di Cristiano Ronaldo di avere ancora dei picchi atletici superiori a tutti gli altri a trentasei o che Buffon possa rimettersi in gioco a quarantatre. Ma Pandev non è della stessa materia di questi tre. Pandev è stempiato, tozzo, ingrigito: il corpo fiaccato dall’età come le persone normali, eppure un talento straordinario nel non appassire, rimanere costante anche a trentasette anni.

Dopo il gol all’Austria, un tifoso impazzito ha urlato che i difensori avversari «Devono inseguire due giocatori, Pandev e la sua ombra». Sui canali social del Genoa lo hanno chiamato King Goran, provando a restituire un carattere nobile a una storia che spesso abbiamo raccontato al contrario. Cosa c’è di principesco in Goran Pandev? Pandev che giocava nell’Ancona di Hubner, Jardel e Baggio (Dino), una squadra anti-nobile per definizione. Che esplode in una Lazio minore, con lo sguardo ancora rivolto alla grandezza del passato. Pandev che fa doppietta al Real Madrid, ma anche Pandev che finisce fuori rosa dopo cinque anni e 64 gol. Ancora oggi è il miglior realizzatore straniero di sempre nella storia della Lazio nelle competizioni ufficiali. Pandev che si svincola grazie ai giudici e che mezz’ora dopo riceve una telefonata di Mourinho. Che arriva all’Inter a gennaio e pochi mesi dopo diventa il quarto moschettiere - il meno famoso - di un quartetto offensivo storico: Milito davanti, Sneijder dietro, Eto’o a destra, Pandev a sinistra. Suona strano vero? Il Triplete da gregario è stato sicuramente il picco emotivo e tecnico del macedone, che però da quel momento in poi si è costruito una seconda parte di carriera difficile da spiegare, in controtendenza con quella che è l’idea che abbiamo delle vite dei calciatori. Dopo l’epica Mourinho è rimasto un altro anno all’Inter. Una stagione un po’ così, in cui però ha segnato uno dei gol rimasti più incastrati nella memoria dei tifosi. È lui che spara un sinistro sotto l’incrocio della porta del Bayern Monaco, in una di quelle pazze rimonte che ha certificato il ritorno della Pazza Inter. Mentre aggira la porta, con la maglia nerazzurra in mano e quella della salute bianca infilata nei pantaloncini sembra già una vecchia gloria, un giocatore che mette la firma in calce a una carriera dignitosa.

Ma da quel gol, che in quel momento ha definito il più importante della sua vita, a quello che ha qualificato la Macedonia del Nord all’Europeo sono passati dieci anni. Dieci anni in cui in qualche modo Pandev è riuscito a tenere in piedi il suo calcio, trovare una costanza difficile anche da spiegare. Se il macedone fosse un libro, sarebbe uno di quegli esercizi di letteratura combinatoria, dove le storie si incastrano in maniera innaturale, come fossero carte dei tarocchi. Dopo l’Inter, Pandev va al Napoli per far dimenticare Lavezzi. In tre anni segna 22 gol e realizza 24 assist, ma come si fa a far dimenticare Lavezzi? Messo in panchina da Benitez, scavalcato da Insigne e Callejon, Pandev lascia l’Italia. Scompare, inghiottito dal campionato turco, come succede a molti e si poteva pensare fosse pronto per il finale. Pandev però ricompare, grazie a uno dei pochi gesti lungimiranti di Preziosi che lo prende dopo una stagione disastrosa al Galatasaray. Quanto durano i giocatori al Genoa? Pandev è lì da cinque anni, e da cinque anni risolve situazioni intricate, segna gol, magari non tanti ma sempre importanti, spesso bellissimi. Pandev che ogni anno sembra finito, soppiantato da attaccanti più giovani, più forti, più belli. Pandev che invece resiste ogni anno, come le Panda: piccole e corazzate. Solo negli ultimi due anni è entrato in una serie di record, vittorie improbabili e gol pazzeschi che basterebbero per una carriera. A dicembre del 2019 segna un gol da 40 metri, dopo un controllo difficilissimo e un pallonetto d’esterno.

A novembre del 2020 segna il gol che vale la prima storica qualificazione all’Europeo. In Macedonia del Nord, Pandev è un simbolo nazionale. In un paese dalla storia complicata e dalle radici quasi indecifrabili, Pandev è rassicurante: «È un simbolo dell’infanzia della nostra nazione» ha raccontato un tifoso macedone, spiegando come il calcio per loro è un modo per finire “sulla mappa” e Pandev è quello che ce li ha portati. Prima della partita con la Georgia, Pandev aveva detto che era la più importante della sua vita. Pandev ha esordito con la maglia della Nazionale nel 2001, a diciassette anni. La Nazionale della Macedonia, come si chiamava allora (anche se per aggirare il contenzioso diplomatico con la Grecia, ufficialmente si utilizzava l'acronimo FYROM, che sta per Former Yugoslav Republic of Macedonia), era nata solo nel 1993, dopo lo scioglimento della Jugoslavia. Praticamente la sua storia è più con il nome Pandev dentro che senza, nonostante a 30 anni Pandev aveva rinunciato a difendere i colori del suo Paese. A convincerlo a tornare era stato Igor Angelovski, l’attuale CT. Al primo giorno di lavoro era volato in Italia per parlare con lui, in qualche modo l’aveva convinto. Dopo aver lasciato nel 2013, era vestito a tornare la maglia della Nazionale nel 2016. Erano arrivate sette sconfitte consecutive.

Ma Pandev non ha avuto fretta, è uno dei pregi dell’eternità. Nel 2020 ha segnato il gol decisivo per la qualificazione all’Europeo, nel 2021 il gol con cui la Macedonia del Nord ha battuto la Germania nelle qualificazioni al prossimo Mondiale. Per i tedeschi è solo la terza sconfitta in 87 gare valide per qualificarsi a un Mondiale, per Pandev un altro momento incredibile, da aggiungere a una collezione piuttosto ampia. Un gol che racconta anche come con il passare degli anni da dinamo infaticabile, Pandev si sia trasformato in uno di quei vecchi saggi che sanno scegliere il posto giusto e il momento giusto.

Poche settimane dopo ha tagliato il traguardo dei 100 gol in Serie A. Il primo balcanico a riuscirci, se vogliamo considerarla una categoria dello spirito. Al Genoa è arrivato a 32 anni, l’allenatore era Gasperini e lui sembrava avere le ultime cartucce da sparare. Invece, per quanto difficile da immaginare, è stato un crescendo. In un contesto tecnico sempre caotico, Pandev è la certezza. Nelle ultime due stagioni, a 36 e 37 anni, ha segnato 9 e 7 gol. Il 31 dicembre 2019 aveva praticamente annunciato le tappe per il ritiro: salvezza col Genoa, Europeo con la Macedonia e poi basta. La pandemia lo ha costretto a cambiare i piani: l’Europeo rimandato e la voglia di lasciare con i tifosi del Genoa allo stadio hanno spinto più in là la fine.

Ora è dubbioso, aveva pensato di smettere dopo l’Europeo ma perché farlo? L’ultimo anno è stato uno dei più positivi. Ballardini e i compagni di squadra stanno provando a fargli cambiare idea in tutti i modi. Con Preziosi c’è un patto non scritto secondo cui basterà una telefonata di Pandev per allungare il contratto di un altro anno. In teoria il suo futuro è già pronto: in Macedonia del Nord lo vogliono come presidente della Federazione. In patria possiede anche una accademia calcistica - il Fudbalski Klub Akademija Pandev. L’ha fondata nel 2010 per aiutare il movimento giovanile del suo paese, ma intanto la squadra “senior” partendo dalla quarta serie è arrivata ai vertici del calcio macedone. Nel 2019 ha vinto la Coppa Nazionale guadagnandosi la partecipazione all’Europa League. Nell’Akademija Pandev milita Marjan Radeski, che a questi Europei è compagno di squadra di Pandev. Ecco, il tipo di eternità di Pandev è quella che ti permette di essere presente a una competizione come calciatore e come squadra. Quanti possono dire lo stesso?

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