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Il gol con cui ricorderemo Kylian Mbappé?
20 feb 2025
Il 2-0 al Manchester City potrebbe avere un peso diverso nella sua storia a Madrid.
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9 min
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IMAGO / Alberto Gardin
(copertina) IMAGO / Alberto Gardin
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Quando Mbappé segna il gol del 2-0, il playoff di ritorno di Champions League tra Real Madrid e Manchester City è già finito. Ha già perso il suo senso sportivo, di informarci su quale delle due squadre sia la più forte, la più meritevole di continuare il percorso in questa competizione. La partita per la prima mezz’ora è già stata uno spettacolo di totale annientamento, e nel secondo tempo spingerà Fabio Caressa a parlare di «massacro».

Effettivamente è difficile ricordare una partita tra due squadre teoricamente dello stesso livello in cui una si sia dimostrata così più forte dell’altra. A tratti era difficile persino ricordarsi che quelli in maglia vinaccia erano proprio i giocatori del Manchester City, la squadra che solo due anni fa ha vinto il triplete e che prima di questa stagione dominava il calcio contemporaneo. Erano davvero loro?

La partita è stata talmente squilibrata, il dislivello talmente umiliante, che al 67' l’arbitro ha deciso semplicemente di ignorare il fatto che ci fossero due palloni in campo, e che uno di questo fosse stato tirato come per scherzo verso la porta di Courtois, e che Courtois come per scherzo l’avesse respinto in campo con un piede. Nemmeno in amichevole si vedono scene simili, forse solo in quelle partite al campetto in cui si prova a sdrammatizzare dicendo che «mica siamo in Champions League».

Ecco, l’azione che porta al gol del 2-0 affonda le sue premesse in questo dislivello - che probabilmente è dovuto anche al momento difficile del Manchester City, al “miedo escenico” del Bernabeu, alla magia del Real Madrid nelle notti di Champions - ma questo non toglie peso simbolico al gol a cui ha portato, che è un capitolo della storia personale di Mbappé, e in particolare di Mbappé a Madrid. Un giocatore che solo tre mesi fa, ad Anfield, sembrava un corpo estraneo rispetto alla squadra allenata di Carlo Ancelotti, che aveva sbagliato un rigore decisivo ribaltando l’esperienza Real Madrid, ieri invece ha posto le basi con la sua prestazione a quella stessa esperienza. Ha certificato con il suo talento la ragione che rende il Real Madrid diverso da tutte le altre squadre del mondo.

La squadra di Ancelotti costruisce a destra e i giocatori di Guardiola sono costantemente in ritardo, come in quegli incubi in cui si rincorrono delle cose che non si possono raggiungere. Valverde trova un facile passaggio in diagonale verso il centro della trequarti. Aké fa un passo in avanti verso la ricezione tra le linee di Bellingham ma è in ritardo e ci ripensa. Alle sue spalle scatta Vinicius, che ha cambiato lato per sovrapporsi a Rodrygo, costringendo Ruben Dias a seguirlo. È un domino continuo: nello spazio liberato da Dias si infila proprio Vinicius ed è una di quelle serate in cui può anche chiudere il triangolo con una palla sciatta, troppo lunga, e contribuire lo stesso a creare un capolavoro. Khusanov è stato attratto in profondità dal movimento di Mbappé, e su quella palla ci arriva allora con un pizzico di ritardo. Una frazione di secondo che, come un bambino impertinente, Rodrygo utilizza per fargli passare il pallone tra le gambe. Mbappé si ritrova in area con lo specchio della porta aperto. Gvardiol si fionda allora a chiuderglielo con il destro, ma quello in realtà sta fintando il tiro di sinistro per spostarsela sul destro. Il difensore croato forse prova a fermarsi, a rimettersi in carreggiata, ma sull’appoggio il piede gli slitta e scivola a terra. Quando il difensore croato si è accorto di cosa è successo Mbappé sta già esultando. Il tiro è ravvicinato ma porta il segno delle decine di gol che ha già segnato e che ormai gli riconosciamo come suoi. Una traiettoria secca sul primo palo con il portiere che si inchina dall’altro lato. La scorciatoia più breve tra un tiro e un gol che però conosce solo Mbappé.

Gvardiol osserva il tiro steso a terra, in una posizione ironicamente simile alla leggendaria esultanza di Platini con la maglia della Juventus. Mbappé gli passa davanti, lo guarda un attimo negli occhi mentre con il braccio imita lo scivolone che gli ha appena fatto fare. In quel momento c'è qualcosa della leggendaria foto di Mohamed Ali e Sonny Liston. Lo ripeterà più volte, quel gesto, diretto verso un tifoso immaginario seduto negli spalti che noi chiamiamo “pubblico”.

Ieri Mbappé aveva voglia di sottolineare l’ovvio. Dopo l’1-0 con la mano aveva già mimato il pallonetto incredibile che aveva appena segnato, dopo aver fatto ruzzolare a terra Ruben Dias solo per il tentativo di stare dietro alla sua velocità. Dopo il 2-0 il suo gesto è stato altrettanto didascalico, forse anche esagerato nel sottolineare la figura a cui aveva appena costretto il suo avversario.

È stato uno di quei momenti in cui i difensori fanno il contrario del loro lavoro. Invece di distruggere l’opera dell’attaccante, finiscono per incorniciarla, renderla iconica. In un certo senso contribuiscono a mettere a fuoco il talento del proprio avversario, ci permettono di vederlo con maggiore chiarezza. Senza il loro intervento non avremmo capito esattamente cos’è che lo rendeva speciale. Sono come le dure superfici di legno su cui vengono stese le icone bizantine, le pareti di roccia dei monasteri che scavano sui fianchi delle montagne, che esaltano i tasselli dorati dei mosaici. Ci ricordano la materialità del mondo, e nel farlo esaltano la luce dorata che ci dovrebbe trasportare in un’altra dimensione.

Si potrebbe citare proprio Sonny Liston, steso a terra mentre Ali gli ruggisce sopra. Ma anche nel calcio gli esempi abbondano. Patrick Evra e Gabriel Heinze che si scontrano nel tentativo di fermare la corsa di Kakà. David Luiz che si fa passare il pallone tra le gambe da Luis Suarez. Jerome Boateng che si disarticola di fronte al controllo del pallone di Lionel Messi. Sono dei liquidi di contrasto. Interventi che attraverso il fallimento delle proprie intenzioni, con la loro carica ridicola, rendono onore per paradosso al genio di chi teoricamente stavano provando a fermare. Sono momenti che esulano dal tessuto storico che l'hanno prodotti e contribuiscono a formare il ricordo di un giocatore, a sé stanti per così dire. Chissà magari tra qualche anno ce ne saremo dimenticati, ma l’impressione è che Kylian Mbappé ieri abbia avuto uno di questi momenti.

Ovviamente Mbappé ha già segnato gol anche più belli di questo, e alcuni anche più iconici, o almeno più rappresentativi della sua essenza su un campo da calcio. C’è stata, per esempio, l’incredibile fuga nella semifinale dei Mondiali del 2018 con cui in un certo senso si è annunciato al mondo. Ma allora Mbappé aveva ancora la faccia da bambino e l’esultanza sorpresa di chi ancora non ci crede. Era il suo primo anno al PSG, la sua terza stagione tra i professionisti, e sul mondo non era ancora tramontato del tutto il sole del duello tra Messi e Cristiano Ronaldo.

Oltre allo scivolone di Gvardiol che gli ha fatto da cornice, anche la concatenazione di eventi che ha portato a questo gol credo avrà un peso. La serie di coincidenze e ricorsi che in un certo senso ci aiutano a mettere questo gol in una prospettiva storica. Partiamo proprio dal gol con cui il 6 maggio del 2015 Messi ha fatto sparire Boateng in una buca. Mbappé non aveva ancora esordito tra i professionisti e Guardiola già perdeva i ritorni delle eliminatorie di Champions in maniera netta e inesorabile. Da quel gol a oggi sono successe tante cose. C’è stata la prima grande partita di Mbappé in Champions League, agli ottavi di finale dell’edizione 2016/17 proprio contro il Manchester City di Guardiola, che anche in quel caso, contro il Monaco, perse il ritorno per 3-1. È l’anno della dodicesima Champions League del Real Madrid, l’anno che precede i Mondiali russi che come detto certificheranno Mbappé come nuovo astro nascente del calcio mondiale. Ci sono la sua esperienza, col senno di poi non così fortunata, al PSG; altre tre Champions League messe in bacheca dal Real Madrid; Guardiola che torna a vincere la competizione europea più importante a dodici anni dall’ultima volta, finalmente con una squadra diversa dal Barcellona. Soprattutto ci sono i Mondiali in Qatar, la leggendaria finale tra Argentina e Francia, la tripletta con cui Mbappé la stava quasi vincendo da solo e che invece è stata messa in ombra dal finale perfetto di Lionel Messi. Un Mondiale con cui il numero 10 argentino ha definitivamente costruito la sua statua, che ricordiamo per molte sue giocate, ma soprattutto per una. L’incredibile conduzione a sinistra che ha portato al gol di Julian Alvarez in semifinale contro la Croazia, in cui, per una coincidenza abbastanza crudele, a incorniciare involontariamente il suo genio c’era ancora una volta Josko Gvardiol.

Sono gli anni in cui la Champions League è dominata dal duello tra Real Madrid e Manchester City, che sembrano non poter fare a meno di incontrarsi. L’antica aristocrazia del calcio europeo contro il nuovo capitale del Golfo Persico, due modi opposti di vedere il calcio, Guardiola e il suo antico rivale, contro cui, come ha detto il suo storico collaboratore Domenec Torrent, «è più offensivo e coraggioso che mai». Guardiola prepara le partite con il Real Madrid in maniera diversa e il Real Madrid, nelle sue cavalcate verso la Champions League, ricorda le vittorie contro Guardiola con un gusto diverso. Il celebre 0-4 all’Allianz Arena contro il suo Bayern Monaco, la vittoria ai rigori ai quarti di finale della scorsa stagione, l’incredibile rimonta nella semifinale di ritorno dell’edizione 2021/22, nella Champions League di Modric e Benzema.

Sono anche gli anni in cui sembra sorgere la nuova rivalità tra Kylian Mbappé ed Erling Haaland, in cui anche qui su Ultimo Uomo ci chiediamo quale dei due sia davvero l’attaccante del futuro. Finora la sfida tra i due era rimasta su un piano un po’ teorico - il confronto tra due prototipi futuristici che portavano oltre i limiti conosciuti la figura del centravanti. Non c’erano stati scontri diretti significativi tra i due prima di ieri, quando Mbappé ha segnato una tripletta mentre Haaland lo guardava dalla panchina. Certo, il norvegese stava recuperando da un fastidio a un ginocchio, e la scelta di Guardiola forse si spiega solo nei termini della precauzione, ma simbolicamente ha fatto comunque impressione. Mentre Mbappé faceva suo il Real Madrid, Guardiola ha deciso di non schierare nemmeno per un minuto il suo giocatore più importante, che con un rinnovo fino al 2034 a cifre impronunciabili dovrebbe scrivere il futuro del Manchester City.

Magari questa rivalità è solo la proiezione di chi non riesce a superare il vuoto di quella tra Messi e Cristiano Ronaldo, e tra qualche anno ricordandoci di quanto siamo stati ingenui ci faremo un sorriso stringendoci nelle spalle; magari invece è solo il primo capitolo di una storia che dobbiamo ancora scoprire. Oggi, però, possiamo almeno chiederci se sia stato proprio questo il gol che ha connesso finalmente Mbappé alla storia del Real Madrid, alla sua essenza. Che ci verrà in mente per primo quando tra qualche anno ci sarà chiesto di ricordarlo.

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