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Federico Martucci
È vero che giocano pochi giovani italiani?
24 gen 2024
24 gen 2024
Abbiamo analizzato l’utilizzo dei giovani nei cinque maggiori campionati europei, anche in rapporto alla loro nazionalità.
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Federico Martucci
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IMAGO / Just Pictures
(foto) IMAGO / Just Pictures
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Il 25 novembre, durante Milan-Fiorentina, Francesco Camarda è diventato il più giovane esordiente di sempre nella storia della Serie A: 15 anni, 8 mesi e 15 giorni. In quei giorni nel discorso pubblico italiano è tornata centrale una questione in realtà sempreverde, quella dello “spazio ai giovani”. Un tema tanto dibattuto insieme agli alti e bassi della Nazionale italiana, o all’esordio di qualche giovanissimo talento all’estero. Queste critiche sono tornate poi di moda in tempi recentissimi dopo le polemiche seguite allo stop del decreto crescita, contestando al calcio italiano una certa riluttanza nel concedere minutaggio in Serie A a calciatori giovani o giovanissimi dall’alto potenziale, provocando un rallentamento nell’emergere di nuove promesse e quindi un impoverimento del talento generale nel calcio italiano. Ma quanto sono fondate queste critiche? Quanto spazio viene effettivamente dato ai giovani calciatori nel nostro campionato e relativamente alle altre grandi leghe europee? A tal proposito può venirci incontro un’analisi di questa prima metà di stagione per capire se, di fatto, i giovani nel nostro campionato giochino poco oppure sia più un luogo comune dettato dallo scarso talento prodotto dal calcio italiano negli ultimi anni. Abbiamo collezionato i dati relativi ad età, ruolo, nazionalità e minutaggi relativi alle giornate già giocate in questa stagione nei migliori 5 campionati europei per poter ottenere conclusioni su eventuali differenze tra e dentro i campionati stessi. Partendo dalla Serie A: un primo punto di approccio può essere fare un ragionamento ruolo per ruolo per capire come i minutaggi vengano distribuiti a seconda della principale posizione di appartenenza di ogni calciatore. È vero, per esempio, che i portieri sono tendenzialmente i ruoli in cui vengono schierati i giocatori più vecchi? Ci può venire in contro il cosiddetto diagramma “a scatola e baffi” dove la “scatola” racchiude il 50% della distribuzione del ruolo e i “baffi” (le linee in alto e in basso) hanno la funzione di rappresentare la dispersione dei dati oltre la scatola centrale; la linea orizzontale al centro della scatola è la mediana (il valore centrale), mentre il punto è la media per ogni ruolo.

Il grafico ci fa capire che i portieri sono il ruolo più vecchio per distacco rispetto agli altri tre e presentano anche il giocatore più anziano sceso in campo in questo campionato: Antonio Mirante del Milan nella partita contro la Juventus (paradossalmente compagno di squadra di Camarda). Per quanto riguarda gli altri ruoli, questi sembrano avere una distribuzione simile tra loro anche in media (tutte e tre poco sopra i 26 anni), con i centrocampisti che sembrano però avere uno spessore minore della scatola, indice di maggior concentrazione di calciatori tra i 25 e i 27 anni. I due punti al di sopra dei “baffi” dei centrocampisti sono i cosiddetti outlier (valori che si discostano cioè in modo significativo rispetto alla maggior parte dei dati) e sono, rispettivamente, quello più in alto Antonio Candreva – che nonostante i quasi 37 anni continua ad avere un impiego molto elevato – quello più in basso il “Papu” Gomez, con il suo cameo di soli 41 minuti con la maglia del Monza. Un’altra particolarità che si può evincere da questo grafico è la grandissima variabilità presente tra gli attaccanti, che vanno dagli oltre 37 anni di Olivier Giroud (terzo giocatore più anziano del campionato ad aver giocato) ai 15 di Camarda; nonostante questo non vengono però identificati outlier in questo reparto, consentendoci di desumere una certa “omogeneità nella diversità” di età tra gli attaccanti impiegati nella Serie A 2023/24. Un difetto che presenta questo grafico è però quello di raffigurare i giocatori scesi in campo senza considerare il minutaggio collezionato. In poche parole, Giovanni Di Lorenzo ha la stessa considerazione di Zanoli. Il grafico, insomma, fotografa la variabilità all’interno dei ruoli nel nostro campionato più che le scelte di distribuzione dei minuti a disposizione degli allenatori. Questa mancanza è risolta dal cosiddetto grafico “a violino” (chiamato così semplicemente perché le figure che si vengono a creare sembrano dei violini) che permette di pesare le età dei giocatori per i minuti giocati da ognuno di essi, consentendo così di visualizzare le differenze tra i ruoli anche in termini di minutaggio, pur avendo comunque dentro le scatole e i baffi descritti nel grafico precedente.

I 4 “violini” raffigurano le distribuzioni dei minutaggi per le età a seconda del reparto di appartenenza dei giocatori: le parti con più distanza tra la linea verticale centrale del violino e la parte esterna dello stesso rappresentano le età in cui i giocatori di quel ruolo hanno giocato di più, mentre più la distanza è sottile meno tempo in campo è stato concesso ai calciatori di quella zona di grafico. Anche qui si può vedere quanto i portieri siano tendenzialmente più anziani del resto dei reparti (d’altronde, i minutaggi di Ochoa, Consigli o Rui Patricio sono elevatissimi considerando gli anni e paragonandoli ai pari età di altri ruoli), con una attitudine decisamente minore a presentare calciatori giovanissimi. Il classe 2002 del Monza Alessandro Sorrentino è il più giovane estremo difensore sceso in campo quest’anno. Per quanto riguarda gli altri ruoli, la distribuzione dei difensori appare estremamente compatta con picchi attorno ai 30 e ai 25 anni, mentre i centrocampisti hanno una grande concentrazione di valori appena sopra i 25 anni (l’età, ad esempio di Koopmeiners o McKennie), ma un minore raggruppamento rispetto agli altri ruoli dopo i 32 anni circa. Per il reparto d’attacco, invece, la distribuzione è estremamente ampia, ma il picco riguarda la fascia d’età immediatamente precedente i 25 anni, complici gli elevati minutaggi di attaccanti come Ngonge o Pinamonti. Questi ragionamenti sulle distribuzioni si possono naturalmente applicare, oltre che ai ruoli, anche alle singole squadre: di sotto è riportata una rappresentazione delle scelte di rosa dei club di Serie A per questa stagione, che permette di capire come varino le età dei calciatori che hanno collezionato minuti in questa stagione. Le squadre sono ordinate a seconda della posizione in classifica e sono poste una sopra l’altra per facilitare il confronto tra la composizione delle varie rose.

Spicca in questo grafico la distribuzione dei calciatori dell’Inter, con un grande picco di giocatori sui 35 anni (provocato in gran parte dalla presenza di Mkhitaryan, Acerbi, Darmian e Sommer), che distingue il grafico del club milanese rispetto agli altri proprio per la scelta di puntare su giocatori esperti con più convinzione. Le squadre coinvolte nella lotta salvezza sembrano invece propendere verso l’impiego di giocatori più giovani, con le curve di Frosinone ed Empoli che creano grandi ampiezze intorno ai 22 anni; altre rose, come quelle di Torino e Napoli o di Fiorentina e Bologna, presentano una struttura relativamente simile. In generale, comunque, le rose delle 20 squadre non sembrano per ora seguire pattern evidenti, se non, come detto, per quanto riguarda i club nella metà alta della parte destra della classifica. Fatta una breve analisi sulle singole squadre, è ora possibile riassumerne il comportamento attraverso una riflessione sulla Serie A nel suo complesso, espressa da due tipi di grafici diversi.

Il primo è un grafico a barre, che permette di capire quanto i minutaggi siano effettivamente accorpati in determinate zone della distribuzione che, come si vede, ha due barre di gran lunga più alte nelle zone dei 25 e dei 26 anni. È qui che ricade una grande fetta dei minuti totali giocati in Serie A quest’anno, con gli esempi di Dossena e Bremer come calciatori maggiormente impiegati per ognuna delle due età. In questo grafico non figurano barre sopra i 38 anni e sotto i 17 poiché i minuti totalizzati dai giocatori di quelle età sono troppo piccoli per trovare rappresentazione in un diagramma che considera i valori assoluti come questo. Per una visualizzazione più “esteticamente appagante” si possono visualizzare questi risultati anche con una curva di densità, che descrive i minutaggi collezionati in maniera più elegante e, per un certo aspetto, precisa in quanto non arrotonda le età ad un valore intero (infatti non tutti i venticinquenni hanno esattamente 25 anni, ma 25 e qualche numero dopo la virgola, ma il grafico a barre non permette di rappresentare questo punto di vista in maniera accurata, al contrario della curva di densità). Anche in questo caso il diagramma è pesato per i minuti giocati da ciascun calciatore in modo da ottenere una raffigurazione più realistica ed attendibile possibile.

Fatte queste brevi considerazioni sul campionato italiano ora ci si può chiedere: come appare la Serie A in relazione agli altri top 5 campionati in Europa? Quanto sono effettivamente fondati gli stereotipi confrontando le distribuzioni di età rispetto ai campionati stranieri più importanti? Un primo elemento considerabile è il diagramma a scatola e baffi già presentato in precedenza, calcolato però su ognuna delle 5 leghe considerate.

Le distribuzioni di Serie A, Premier League e Bundesliga sembrano sostanzialmente simili tra loro con differenze piccole. La Liga pare però avere una maggiore propensione a presentare giocatori in età più avanzata rispetto agli altri tornei, mentre la Ligue 1 è raffigurata con un comportamento diametralmente opposto, sproporzionato quindi verso calciatori giovani, data anche la posizione e l’ampiezza della scatola. I valori delle età medie permettono di confermare quanto detto: Bundesliga, Serie A e Premier League mostrano medie praticamente identiche tra loro, mentre Ligue 1 e Liga hanno valori medi rispettivamente di 25,14 e 27,12: praticamente due anni pieni di distacco tra loro e uno rispetto agli altri tre. Anche qui sono indicati gli outlier in riferimento ad ogni torneo che, in questo caso, sono ben cinque; in ordine: Hasebe per la Bundesliga, Dante e Mandanda per la Ligue 1, Thiago Silva per la Premier League (con un minutaggio oltre i 1743’ spaventoso per l’età) e Mirante per la Serie A. È bene notare come neanche in questo grafico Camarda sia presente come outlier, giustificato dal fatto che i suoi 15 anni non rappresentino un valore così diverso rispetto alla distribuzione del campionato italiano come è stato raccontato, nonostante resti intatta la straordinarietà del suo debutto. L’osservazione della tendenza ai comportamenti diversi dei singoli campionati si può evincere anche dalle curve di densità singole, qui sovrapposte per permettere l’identificazione di eventuali differenze evidenti. Le curve sono state pesate per i minuti giocati e questi sono ovviamente considerati in relazione alla lega di riferimento per ovviare alla problematica del numero di giornate giocate e di club diversi da una competizione all’altra.

Da questo grafico si nota ancora meglio quanto la Ligue 1 sia una lega sostanzialmente più giovane perché si staglia a sinistra degli altri diagrammi. Lo stesso discorso, ma in misura opposta, vale per la Liga, mentre gli altri tre tornei sembrano ancora comportarsi in maniera simile (giusto la Premier League ha un picco più alto vicino ai 27 anni). Ma quanti di questi minuti vengono effettivamente giocati da calciatori giovani? Per rispondere si è deciso di considerare innanzitutto i 23 anni in quanto soglia consueta per questa categoria di discorsi, differenziando poi i giocatori tra i ruoli per capire quanto potesse essere interessante una distinzione di questo tipo.

Dal grafico sottostante compare ancora una volta la notevole propensione della Ligue 1 a far giocare calciatori giovani, che col 20,93% del totale dei minuti giocati staccano di 4 punti tutte le altre leghe; la Serie A si “classifica” al terzo posto con un 17,72% ancora una volta con un comportamento simile alla Premier League, mentre Liga e Bundesliga sembrano staccate. Il campionato tedesco è quello più anziano, ed è un dato che mal si concilia con la cultura tattica del paese, con squadre che giocano spesso sopra ritmo e che puntano molto su un calcio di transizioni dirette. Particolarità di questo grafico è ancora una volta il ridottissimo uso di portieri, mentre per gli altri reparti non sembrano esserci grandi differenze considerata la proporzionalità. Stesso discorso si può fare anche per gli Under-21, come da grafico che segue:

In questo caso la Ligue 1 svetta in modo ancora più netto, mentre le altre si assestano su valori simili tra loro, con la Bundesliga ancora una volta all’ultimo posto. Un’altra particolarità sui ruoli: nessun portiere sotto i 21 anni, a parte il classe 2005 Restes del Tolosa, è sceso in campo in questa stagione, confermando ancora lo stesso trend visto prima. E i giovani italiani? Non abbiamo ancora affrontato l’elefante nella stanza però, ovvero l’utilizzo dei giovani italiani, di cui spesso si sono lamentati i CT delle varie selezioni. La Nazionale ha sofferto, negli ultimi anni di fronte, una patologica mancanza di talento (specialmente offensivo) rispetto alle altre nazionali europee con un bacino di popolazione simile da cui attingere. Quella dello scarso impiego dei giovani è una questione ormai consolidata nel dibattito italiano, che ha fatto presa su appassionati e addetti ai lavori. Per capire quanto il problema sia più o meno reale è possibile considerare i giovani calciatori, sia U23 sia U21, divisi per nazionalità rispetto al Paese per cui giocano (francesi in Francia, tedeschi in Bundesliga ecc.). Anche qui i minuti sono calcolati relativamente al campionato di riferimento.

Dal grafico si evince come la Ligue 1 resti in prima posizione con un alto 12,23% per gli U23 (di cui quasi metà di questi sotto i 21 anni), ma è La Liga a subire un rialzo notevole grazie al 10,31% del totale dei minuti giocati da spagnoli sotto i 23 anni. Per quanto riguarda la Serie A, il nostro campionato è in terza posizione, con valori sugli U21 simili a quelli spagnoli e superiori rispetto a Bundesliga e Premier League. Quindi, quanto poco effettivamente stanno giocando i giovani italiani in Serie A questa stagione? A quanto pare non molto: il campionato italiano sembra sostanzialmente in linea con gli altri che compongono la top 5 sia sotto l’aspetto dell’impiego dei giovani, sia sotto quello dei giovani eleggibili per la propria nazionale. I dati raccolti sembrano suggerire che in Serie A non ci sia particolare riluttanza nel concedere minutaggio ai giovani rispetto agli altri campionati che è possibile paragonare al nostro: i motivi dietro i problemi di creazione del talento, legati agli insuccessi della nazionale italiana, andrebbero forse ricercati altrove.

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