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(di)
Giovanni Arlotta
Giovani pro-ribelli
11 feb 2014
11 feb 2014
La storia dello snowboard competitivo, dalle prime tavole Snurfer allo "slopestyle" delle Olimpiadi di Sochi 2014.
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Giovanni Arlotta
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È il giorno di Natale del 1965 quando Sherman Poppen, un ingegnere del Michigan, viene supplicato dalla moglie incinta di far giocare le sue bambine fuori sulla neve e di lasciarla in pace. Poppen, ispirato dal surf, decide così di legare assieme i due piccoli sci di plastica della figlia e di attaccarci una corda in punta per tenersi in equilibrio. Il divertimento per lui e le figlie è immediato, tanto che tutti gli amici delle bambine vengono a giocare e a richiedergli uno di questi strani slittini, battezzati Snurfer (Snow/Surfer) dalla moglie. Visto il successo di questo nuovo giocattolo, Poppen si reca da dei suoi amici ingegneri che lavoravano per la Brunswick, marchio di attrezzatura da bowling, e insieme creano i progetti per produrre lo Snurfer in massa. Nei cinque anni successivi, grazie ai milioni di Snurfer venduti si iniziano ad organizzare gare amatoriali in tutti gli Stati Uniti. In queste rudimentali gare, vince chi riesce a stare in piedi sulla tavola e percorrere una discesa nel minor tempo possibile. http://www.youtube.com/watch?v=F78p6ut0Kmw Intanto, Tom Sims, uno skater del New Jersey che nel 1963 aveva preso un pezzo di legno incollandoci sopra un pezzo di tappeto e sotto un foglio di alluminio, nel 1976 ha già un marchio di skate e surf ben stabilito e decide di produrre anche delle “ski-boards” introducendo una nuova frangia di atleti alle montagne. Alle fine degli anni '70 arriva invece sulle scene Jake Burton Carpenter, ex stock-broker del Vermont, che nel 1977, a una gara di Slalom di Snurfer sbalordisce tutti con una tavola di sua costruzione, molto più larga rispetto allo Snurfer e con attacchi da sci nautico installati per non far scivolare i piedi, presentando così al mondo la Burton Snowboards. Se Jake Burton è un ex sciatore che prende molto sul serio questa nuova disciplina allenandosi e preparandosi, Tom Sims si preoccupa più di divertirsi, presentandosi alle gare con bellezze Californiane in una mano e una birra nell'altra. Nei primi anni ’80, negli Stati Uniti gli snowboarder non erano autorizzati nei comprensori sciistici, e per poter praticare il loro sport dovevano farsi delle gran camminate in salita nascondendosi dalle “Ski Patrols”. Sims e il suo posse, in cerca di pendii dai quali buttarsi, trovano una naturale pendenza con risalita, ossia una discarica di rifiuti dove era stata buttata la neve tolta dalle strade. Dopo un paio di ore di lavoro con le pale, creano quella che chiamano un’onda/rampa di neve, sulla quale iniziano a provare tutti i loro trick da skate. È proprio grazie a quella session ormai nota come la “dump session” che nel 1983 Tom Sims organizza in California il primo campionato mondiale di half-pipe, creando così la prima competizione freestyle sullo snowboard. Burton però con il suo team, tutto vestito in uniformi uguali, minacciò di boicottare l'evento spiegando che quello non era snowboard. Chiaramente il team di Sims, che aveva inventato la disciplina vinse la prima gara. I media dei tempi, presenti alla gara hanno un effetto a cerchio nell'acqua, facendo scoprire a tutti gli sciatori annoiati degli Stati Uniti che c'era un nuovo modo per divertirsi sulle montagne. Nei prossimi anni, l'evoluzione dello sport continua, con tavole sempre più tecniche e un progresso fulmineo da parte dei pochi rider, i quali inventano un trick a settimana. A fine anni '80, grazie alla crisi dei mercati mondiali, tanti comprensori sciistici Americani che fino a quel momento odiavano e snobbavano gli snowboarder, per non fallire si vedono costretti ad aprire le porte a questi strani individui con vestiti fluorescenti, fiatella alcolica e capelli di colori improbabili che saltano da un lato della pista all'altra.

Nel 1989, visto il boom dello sport, viene istituita la I.S.F. (International Snowboard Federation) da cinque Paesi e 120 atleti, per mantenere i parametri di giudizio veritieri allo sport. Lo sport è in continua evoluzione, con miriadi di nuove manovre inventate per stagione, e per progredire ha bisogno degli atleti stessi per decidere come vengono assegnati i punteggi nelle competizioni. Lo spirito della I.S.F. è quello di incoraggiare la competizione fra atleti, stressando però il fatto che prima di tutto, sullo snowboard bisogna divertirsi. Negli anni '90 la I.S.F. organizza sempre più gare di snowboard in giro per il mondo, tenendo abbastanza divise le discipline Alpine (Slalom Gigante e Parallelo) e Freestyle (Half-Pipe e Big Air). Ogni evento è organizzato da rider che si vogliono divertire, invitare altri atleti e spingere i confini di questo sport. http://www.youtube.com/watch?v=I4A89qAtE4Q Anche se le discipline sono due, le acrobazie del Freestyle sono sicuramente molto più interessanti per gli spettatori che lo slalom. Lo spirito del freestyler è quello di considerare la montagna come una tela bianca, il rider come pittore e la tavola come pennello. Questo può significare tracciare con le proprie curve una parete di neve vergine creando una scia unica al rider e alla montagna (Freeride), scivolare su un albero o una pietra (Jibbing), ma più che altro effettuare trick e rotazioni per aria distinguendosi dagli altri. Più che uno sport, in quegli anni è un vero e proprio stile di vita completo di slang, estetica e filosofia. Se a fine anni '80 lo snowboard, ormai colonizzato dagli skater si ispira al punk Californiano, nei primi '90, cambia sponda e si ispira all'hip hop—si narra che in pieno periodo gangsta rap sulla West Coast ci fossero alcuni rider che, oltre ad enormi camicie a plaid, bandane e baggy pants, si portassero anche pistole sulle piste. È proprio questo il periodo cruciale nella storia dello snowboard competitivo. Negli anni '90 le gare di freestyle più importanti sono il Burton U.S. Open e dal 1994, l'Air + Style di Innsbruck. Quest'ultimo, nato da un’idea del fotografo Andrew Hourmont, consiste di un grande salto costruito su un’impalcatura in mezzo ad uno stadio. L'A+S è il primo contest al quale non serve comprare uno skipass per essere spettatore, e permette così a un maggior numero di spettatori di assistere alla gara. http://www.youtube.com/watch?v=Y4DmNZnk3Gc Nonostante questi due eventi siano i più importanti, l'I.S.F., continua ad organizzare tante altre competizioni dove gli atleti si sfidano tra half-pipe e big air creando un vero e proprio tour. Sono gli anni d'oro dello snowboard, e in questa utopia il tour sembra una festa continua, i rider si divertono, si spingono l'un l'altro facendo progredire il loro sport a passi da gigante e magari ci guadagnano anche qualche soldino. Sempre nel 1994 però, se da un lato l'Air & Style è l'apice delle gare da parte dei rider, dall'altro la F.I.S. (Federation Internationale de Ski) decide di approfittare di questo nuovo sport e organizzare eventi con criteri decisi dal loro board di sciatori, ignorando tutti gli sforzi che l'I.S.F. aveva fatto per mantenere vivo lo spirito dello sport. Se già gli sciatori e gli snowboarder non si stanno tanto simpatici, quando nel 1996 il C.I.O. (Comitato Olimpico Internazionale) decide di includere lo snowboard alle Olimpiadi la F.I.S perde la testa. Secondo la F.I.S lo snowboard era una moda passeggera, e comunque se uno sport è praticato sulla neve ed in discesa, deve per forza essere una sotto-forma di sci. Vista la potenza della F.I.S. all'interno del C.I.O. non ci sono state lunghe discussioni a riguardo, e gli eventi I.S.F non furono più presi in considerazione. La decisione del C.I.O. fu ricevuta dal mondo dello snowboard con infinite polemiche. I rider che avevano fondato la I.S.F. erano sbalorditi che la federazione che non ha mai amato il loro sport dovesse iniziare a controllarli e giudicarli.

Terje Haakonsen nel 1990 ha 17 anni ed arriva dalla Norvegia a competere allo US Open, grazie alla sua arroganza, il suo stile unico e manovre mai viste, si inizia a far notare da altri rider, anche se non si piazza nella gara. Due anni dopo, cambia la faccia dello sport e inizia a vincere tutte le più importanti competizioni, partendo proprio dall'Open. Diventa una vera e propria leggenda dello sport, innovando tecniche e stile gara dopo gara e per i Norvegesi in quegli anni è importante e famoso quanto lo è Tomba per l'Italia. Fin da subito è completamente contrario alla nomina della F.I.S. da parte del C.I.O, e nonostante sia il campione incontrastato dello sport, annuncia il suo boicottaggio. Nonostante la decisione del C.I.O., ed il malcontento di diversi rider, questo è comunque uno dei momenti più importanti nella storia dello snowboard: è come l'approvazione di un padre verso le scelte del figlio ribelle. Se da anni gli snowboarder erano visti come una razza diversa dagli sciatori, spesso derisi sulle montagne e poco apprezzati, ora il loro sport era finalmente stato riconosciuto per quel che era: il futuro della montagna. Anche se all'epoca avevo iniziato ad andare in snowboard da solo tre anni, ricordo bene il momento nel quale sulle piste si è iniziato a vedere un po' più di mutuale rispetto fra sciatori e snowboarder. Se prima alle code degli impianti venivamo guardati con schifo/paura dagli sciatori, i quali spesso commentavano il loro disprezzo a voce alta, noi sulle piste ci divertivamo a spruzzargli la neve addosso. Grazie all'inclusione alle Olimpiadi sulle montagne si iniziò a respirare una tolleranza che continua fino ad oggi. A Nagano intanto, senza Terje a dominare il pipe, si disputa una gara mediocre e sotto la pioggia. Lo Svizzero Gian Simmen, agli esordi della sua carriera agonistica si aggiudica la medaglia d'oro mentre al secondo posto troviamo il Norvegese Daniel Franck, un freestyler molto tecnico, famoso anche per il fatto che a un certo punto aveva i capelli tinti come la pelliccia di un leopardo. La medaglia di bronzo infine, va allo statunitense Ross Powers, il jock di turno e non a caso unico rider sul podio ad aderire alla F.I.S.. Per un evento che dovrebbe essere l'apice dello sport, in termini sportivi non è stato niente di che, anzi, un fallimento. Di certo ci furono poca innovazione e colpi di scena, ma grazie alla mondovisione, fa arrivare questo sport in miriadi di case di tutto il mondo, fomentando orde di ragazzi a provare questo nuovo sport. Nei quattro anni successivi, visto il successo mainstream, continuano le gare F.I.S. alle quali tutti i rider partecipano per speranza di poter andare alle Olimpiadi, ma non Terje. Siccome a lui non gliene frega niente di questa corrente, organizza un invitational contest per soli rider che lui ritiene abbiano lo spirito giusto: l'Arctic Challenge. Grazie a strutture studiate per facilitare il progresso dello sport, nel 2002 si disputa quello che diventerà un appuntamento annuale e la più grande riconoscenza nello snowboard competitivo, la finale del World Snowboard Tour. Il W.S.T. è un circuito con tappe in tutto il mondo nei quali si può vincere un “Ticket To Ride” e partecipare all'Arctic Challenge. Intanto però, a Salt Lake City nello Utah, si disputano le Olimpiadi Invernali del 2002. Lo Utah è uno dei posti più belli al mondo dove fare snow: la salsedine nell'aria rende la neve più leggera creando così un paradiso per la neve fresca e gli atterraggi morbidi. Dalle Olimpiadi Giapponesi ne sono successe di cose, prima di tutto i muri del pipe si sono alzati da 3,65m a 5,48m, dando così maggior ampiezza ai trick dei rider, i quali si sono naturalmente evoluti andando sempre più alti ed effettuando maggiori rotazioni.

Fra i rider di questa edizione ritroviamo i tre podisti della precedente, ma Gian Simmen questa volta finisce 18esimo, Daniel Franck decimo, mentre Ross Powers vince la medaglia d'oro. Se le attenzioni mediatiche di queste Olimpiadi sono sulla run di Ross Powers, che da mesi studiava a tavolino la sua discesa, praticando le stesse acrobazie una dopo l'altra, il mondo dello snowboard si concentra sulla spontaneità e lo stile del ventenne Danny Kass. Danny Kass, originario del New Jersey, durante le qualificazioni nell' U.S. Open, è il primo a riuscire a completare un 1080° back to back—ossia tre rotazioni in aria al di fuori di una parete del pipe, seguite da altrettante sull'altra. Ciò che rende Kass speciale è il modo compatto e stiloso con il quale esegue queste acrobazie: di certo non con le braccia che vanno dove vogliono ballerina style come succede a molti altri che provano rotazioni così elevate. Dopo una bella run però Kass non ce la fa a battere la run premeditata di Powers, e arriva secondo, subito prima del connazionale J.J. Thomas, il quale inizia la sua run con una Haakon Flip in tributo a Terje. Anche per queste Olimpiadi le polemiche non sono poche: è il primo podio interamente USA dal 1951, ed è una gara che si svolge proprio negli USA, ma queste sono cospirazioni da prendere poco sul serio. Da prendere sul serio invece è che a parte Kass di altre persone che rappresentano lo spirito ribelle dello sport ce ne sono, uno su tutti è Heikki Sorsa, detentore del record di altezza in quarter pipe (9,32m volati sopra la struttura dell'Arctic Challenge). TheFlying Sorsa compete con una maschera rosa e un enorme Mohawk fa una run bellissima ma purtroppo sbaglia l'ultimo salto e arriva settimo. È anche l'anno di Giacomo Kratter che grazie ad un ottima run sfiora il podio e conquista la medaglia di legno. Ai giochi di Torino 2006, dove si disputa per la prima volta anche il Boarder Cross (una disciplina a metà fra Alpine e Freestyle) arriva un giovane atleta che rivoluzionerà ancora una volta lo sport. Shaun White è il bambino prodigio dello snowboard: a sette anni ha già uno sponsor, a nove diventa amico e discepolo di Tony Hawk e a sedici gareggia agli X-Games. Se all'inizio fa tenerezza a tutti vedere questo piccolo bambino con i capelli rossi che gli spuntano dal casco chiudere belle manovre, nel tempo inizia a vincere sempre di più e a essere preso sempre di più sul serio. Dieci anni dopo aver preso la tavola in mano, inizia a portarsi a casa le prime medaglie degli X-Games sia invernali ed estivi per lo skate in pipe, unico atleta ad esserci mai riuscito.

Fra il pubblico delle Olimpiadi Sabaude ci sono anche io ed ho un ricordo piuttosto vivo di quella bella ma fredda giornata di metà febbraio a Bardonecchia. Dopo la prima manche di qualifica, ci troviamo con uno Shaun White caduto e un Danny Kass in testa, mentre Mason Aguirre (il quale faceva mega rotazioni ballerina) secondo. Nella seconda manche Giacomo Kratter, pompato da un pubblico in delirio conclude un’ottima run ma non riesce a qualificarsi alla finale. Shaun White intanto si riprende e fa una run quasi perfetta, piazzandosi al primo posto. Nel pomeriggio inizia la prima manche della finale, la quale inizia con il concorrente con il punteggio più alto. TheFlying Tomato effettua una run perfetta e manda i giudici in tilt effettuando una run da 46,8/50. Kass, sceso subito dopo con una run solida vola un po' meno e non riesce a scavalcare White. Seguono i Finlandesi con Markku Koski che si piazza terzo e alla fine della seconda manche, dove i primi partono per ultimi, Shaun White ha vinto le sue prime Olimpiadi ancor prima di scendere. Decide quindi di godersi la sua gloria facendo una vanity run con curve sul lip la quale diverte il pubblico (me di certo) più della sua manche vincente. Anche se la sua seconda run è divertente da guardare, è la sua prima che cambia lo sport. Con trick che l'occhio fa fatica a seguire, quello che era uno sport dedicato allo stile e alla libertà di spirito inizia a diventare un balletto acrobatico dove per anche solo a pensare di competere bisogna diventare una palla roteante a 5 metri di altezza. Avendo impostato gli standard a questa altezza, sono veramente pochi i rider della prima leva che riescono ad essere ancora rilevanti in questa disciplina. Negli anni successivi, c'è però un rider che riesce a dare del filo da torcere a Shaun White, è americano anche lui e si chiama Kevin Pearce. Pearce è un giovane talento del Vermont che riesce a eseguire le stesse manovre di White ma con molto più stile e naturalezza. Con il suo gruppo di amici rider chiamato “Frends”, girano tutti i circuiti e si spingono a vicenda per roteare sempre di più, trick sempre più alti. Nello stesso circuito ovviamente c'è anche White, che dopo le copertine di Rolling Stone e la fama globale se ne sta però in disparte ad allenarsi per non venire battuto da Pearce. Per prepararsi alle Olimpiadi di Vancouver, Pearce sceglie di allenarsi con i “Frends” a Park City in Utah. Il 31 dicembre 2009, un mese prima dei Giochi, la corsa di Pearce viene però drasticamente frenata. Mentre prova un cab double cork, cade disastrosamente sbattendo la testa ad altezza degli occhi ed entra in coma con seri danni cerebrali. Allo stesso tempo invece, la Red Bull costruisce a Shaun White un half pipe Olimpionico privato in mezzo a una montagna, a sua unica disposizione. Dopo un mese di allenamento in questo pipe ed il suo rivale principale fuorigioco, iniziano le Olimpiadi del 2010, con lui come favorito. http://www.youtube.com/watch?v=e1Zoh2JC_XA A Vancouver, lo snowboard fa un altro salto di qualità e diventa una disciplina prime-time, disputata di sera. Nella prima manche della finale, Scotty Lago, connazionale di White, esegue una run pulita con ampiezza e stile da vendere, e il giapponese Kazuhiro Kokubo una delle discese più stilose mai viste alle Olimpiadi, ma purtroppo scivola sull'atterraggio dell'ultima uscita. Shaun White, pompato al massimo e con la sua run già in mente vola nel cielo stellato sopra tutti gli altri e finisce al primo posto con un punteggio di 46,8/50. Nella seconda manche Lago effettua un’altra bella run piazzandosi terzo, mentre il Finlandese Peetu Piiroinen chiude una manche molto tecnica e arriva secondo. Come a Torino, White ha già vinto la sua seconda Olimpiadi senza nemmeno dover scendere, ma la sua sete di vittoria non è ancora placata. A differenza di Torino però, qui decide di fare comunque la run, spingendosi ancora e riuscendo a chiudere una manche incredibile, giudicata a 48,4/50.

Ed eccoci finalmente arrivati ai giorni nostri e alle controverse Olimpiadi di Sochi, dove quest'anno per la prima volta, con qualche decennio di ritardo rispetto agli altri circuiti, vediamo disputare la disciplina slopestyle, ossia una serie di salti e rail da eseguire uno dopo l'altro nel modo più creativo. Altra grande novità di quest'anno è l'inclusione di uno sport che si è ispirato molto allo snowboard negli ultimi anni, riuscendo a sfangarsi da una crisi che lo stava colpendo. Sto parlando, ovviamente, dello sci e della sua nuova ossessione, il cosiddetto new school freestyle. A fine anni '90 l'industria dello sci soffriva moltissimo per mano dello snowboard, il quale poteva offrire la libertà e il divertimento di fare tutto ciò che si voleva sulla montagna, mentre il massimo che lo sci poteva offrire erano sci carving, studiati per fare curve larghe e veloci senza derapare. http://www.youtube.com/watch?v=AKkyygSGa0U Nel 1997, un annoiato team canadese di Mogul (cunette) dopo gli allenamenti iniziò a girare negli snowpark, cercando di imitare le evoluzioni degli snowboarder. L'anno seguente proposero alla Salomon di costruire i primi sci twin-tip, ossia con anche la punta dietro per poter atterrare al contrario, proprio come in snowboard. Da quel momento ci fu un boom pazzesco nello sci. Tutti i bambini che nascevano con gli sci ai piedi fino a quel momento li attaccavano al chiodo per rincorrere la libertà dello snowboard dovendo però imparare uno sport nuovo e passare settimane con le chiappe sulla neve. Ora invece dovevano solamente comprarsi degli sci nuovi e il gioco era fatto. Fino a quattro anni fa alle Olimpiadi lo sci freestyle consisteva del salto acrobatico e dei moguls ma quest'anno la F.I.S. ha finalmente capito che non siamo più negli anni ’80 e che lo sci si è evoluto un po' negli ultimi 15 anni e per la prima volta si disputeranno anche le gare di Half-Pipe e Slopestyle sugli sci. Terje a fine anni '90 diceva che “La F.I.S. ci sta rubando il nostro sport” ma non poteva avere idea di quanto le sue parole avrebbero riecheggiato nel tempo. Faida con gli sciatori a parte (ormai è una cosa del passato—come East Coast vs West Coast nel gangsta rap anni '90) rimane il fatto che la F.I.S. ha fatto ciò che tutti temevano, ossia rendere uno sport ribelle e libero in qualcosa di conforme, dove tutti gli atleti provano le stesse manovre, spesso mettendo a repentaglio anche la loro vita. Quello che troviamo davanti ai nostri occhi è ormai uno sport completamente diverso da quello che Terje difendeva 16 anni fa. Se un tempo lo snowboard era fatto di gente che non pensava ad altro che a divertirsi, a cazzeggiare e a provare cose nuove, adesso è diventato una ginnastica acrobatica con una tavola sotto ai piedi. Ogni piccolo dettaglio è premeditato a tavolino, strappando via ciò che rendeva questo sport unico, il pensare su due piedi al momento, giudicare l'ostacolo ed eseguire il miglior trick senza mostrare alcuno sforzo.

Nella gara di Slopestyle dire che la pista sia stata costruita più con un occhio verso lo sci non sarebbe giusto, ma c'è da dire che nelle prove, uno dei favoriti, il Norvegese Torstein Horgmo (terzo nel ranking dello W.S.T.), si è rotto la clavicola e non ha quindi gareggiato, mentre Shaun White si è ritirato dalla gara perché riteneva la pista troppo pericolosa ma più che altro per potersi concentrare sull'evento di pipe e vincere la terza medaglia d'oro di fila. La gara, disputatasi l'8 febbraio ha visto come vincitore lo Statunitense Sage Kotsenburg, seguito dal Norvegese Stale Sandbech (primo nel circuito W.S.T.) e da Mark McMorris, Canadese alla medaglia di bronzo. I trick effettuati in questa finale erano da giramento di testa: Sage ha chiuso la sua manche con una rotazione di 1620°, ossia 4 giri e mezzo sull'asse verticale, mentre gli altri due hanno chiuso con lo stesso trick, un 1440° triple cork, ossia 4 giri sull'assale orizzontale e tre obliqui, eseguiti in contemporanea. In questi quattro anni Shaun White è cambiato, spostandosi sempre più lontano dalla scena dello snowboard e avvicinandosi sempre più ad un mondo molto più patinato e mainstream. Ora i pantaloni da snow hanno infatti fatto spazio a jeans attillati neri, la sua giacca è diventato un chiodo, i capelli da lunghi sono diventati un ciuffo quasi rockabilly, e la sua nuova passione è suonare la chitarra nel suo gruppo, i pessimi Bad Things. Visti tutti questi cambiamenti che rincorrono qualcosa di diverso dallo snowboard mi viene da pensare che queste possano essere le ultime Olimpiadi di White. Forse è azzardato da dire, ma i postumi di questa finale, se vinta da White, potrebbero riservarci un colpo di scena, esattamente come fece lo sciatore Jean-Claude Killy nel 1968, ritirandosi alla stessa età dopo 3 ori Olimpici. Rimane comunque una gara da disputare e se Shaun White non ha partecipato né agli X-Games, né al World Snowboard Tour e nemmeno allo Slopestyle Olimpico per concentrarsi sulla gara di pipe possiamo aspettarci qualcosa di straordinario, che nuovamente spingerà lo sport verso altre frontiere. Forse non saranno le stesse frontiere che Tom Sims e Terje sognavano quando misero anima e corpo nello sport, ma è sicuro che saranno quelle di uno sport in un’evoluzione che ha il cielo come limite. Quello che però è anche sicuro è che, in queste Olimpiadi, vedremo pochissimo di quello che lo snowboard ha sempre rappresentato. Quello che vedremo è uno sport completamente cambiato e diverso. Se solo dieci anni fa pensare a un 1440° era o una follia o qualcosa di cui vantarsi di riuscire a chiudere su Cool Boarders, ora sta diventando sempre più un trick necessario per competere. Proprio come nelle discipline ginniche, nei tuffi o nell'aerial ski, oramai sullo snowboard ci sono mosse che devono venir fatte per aggiudicarsi punti. L'individualità di ogni rider sta lontanamente andando persa e lo sport sta velocemente diventando un mix fra un videogioco e la ginnastica artistica. Purtroppo.

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