Quando è risultato chiaro a tutti che avremmo dovuto passare una quantità impensabile di tempo in casa, una delle prime reazioni è stata rifugiarsi in un pensiero confortante: non sarà così male, in fondo avremo finalmente il tempo per recuperare tutte le serie tv, i film, i podcast, i libri, la musica che non riusciamo a seguire durante la fitta routine quotidiana. Già dopo i primissimi giorni però, il piano si è rivelato fallimentare. Per me di sicuro, ma ho avuto la sensazione sia stato un fenomeno diffuso. Stiamo scoprendo che il tempo libero non è tutto uguale, che non è neanche davvero libero se comprende tutta la giornata o se si è costretti a viverlo negli stessi ambienti in cui si lavora, si cucina, si dorme.
Sto passando questo periodo in casa con mia sorella. Non vivevamo insieme da anni ed è stato quasi istintivo, allo stesso tempo consolatorio e angosciante, ripensare alla nostra infanzia. In fondo è anche l’ultimo periodo in cui abbiamo passato così tanto tempo in casa e probabilmente l’ultimo in cui ci siamo annoiati nel senso proprio del termine. Forse è proprio per questa esposizione nostalgica che le uniche vere occasione di svago, di pausa dal pensiero della pandemia e dall’infodemia conseguente, le ho trovate con la mia pallina fra i piedi. Credo che il mio possa definirsi un vero e proprio tic, nella misura in cui sono movimenti stereotipati, senza uno scopo preciso. Per la gran parte del tempo io non gioco con la palla, semplicemente compio ogni singolo spostamento in casa con la palla al piede, scartando ostacoli immaginari e reali, calciando verso porte e finestre e poi cercando di controllare il successivo rimbalzo. La noia, però, è notoriamente incubatrice per la creatività e in un momento come questo sottoporre sia il corpo che l’immaginazione alla ricerca di stimoli più sofisticati non può che essere salutare. Ognuno di noi ha i suoi giochi-con-la-palla-in-casa del cuore e come per le migliori tradizioni orali, i tentativi di classificazione sono ardui e incompleti, ma al contempo rigorosi e pretenziosi.
Ecco dunque 5 giochi con la palla da fare in questi giorni di quarantena, ma non prima di due disclaimer. La mia la chiamo pallina perché ho sempre preferito quelle più piccole, con il diametro di 6-7 centimetri di spugna – e perché è così che l’ho sempre chiamata. Il mio vicino di casa ai tempi di scuola, invece, la chiamava palletta, perché il padre era un commerciante di articoli sportivi ed in casa sua c’erano sempre dei palloni da calcio in cuoio taglia 1, con il diametro di 14-15 centimetri. D’ora in poi la chiameremo palla, per rispetto delle varie dottrine, ma sappiate che questi giochi sono pensati per dimensioni contenute.
Per questioni di sensibilità del piede poi, è preferibile giocare a tutti questi giochi indossando dei calzini. Con le scarpe è meglio che scalzi, se riuscite con le pantofole avete il massimo rispetto del movimento.
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