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Emanuele Mongiardo
Le mie 5 cotte del 2022
29 dic 2022
29 dic 2022
Giocatori per cui ho perso la testa quest'anno.
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Emanuele Mongiardo
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Come per i dischi, i film, i libri, ogni anno ci innamoriamo di giocatori talentuosi. L'innamoramento, come si sa, è irrazionale, e ci si può innamorare anche delle persone sbagliate, che magari ci faranno soffrire. Non lo scegliamo. Ho raccolto le mie cinque cotte calcistiche del 2022: giocatori che prima non conoscevamo e che quest'anno hanno scalato le gerarchie dei miei preferiti. Non ci sono solo giovani e non ci sono giocatori di un unico campionato. Ibrahima Bamba, 2002, Italia

È difficile non abbandonarsi a sensazionalismi di fronte a Ibrahima Bamba. Classe 2002, è alla prima vera stagione da titolare nel Vitoria Guimaraes, in Primeira Liga portoghese. Ha raggiunto il Portogallo nel 2020, ad appena diciotto anni. Il Vitoria Guimaraes lo aveva acquistato dalle giovanili della Pro Vercelli, la squadra della città in cui è cresciuto. Ha esordito in campionato durante la scorsa primavera, disputando tre partite da titolare e da quest’anno è uno dei punti fissi della squadra lusitana. Grazie al suo rendimento ha iniziato ad attirare l’attenzione di squadre come Arsenal e Atalanta. In un paio di occasioni Roberto Mancini lo ha convocato per degli stage in Nazionale, ma Bamba per ora non ha convocazioni né con l’Under 20 né con l’Under 21 azzurre. Nonostante questo, già da oggi si può dire che non esiste un giocatore italiano con le sue caratteristiche. Per il modo in cui gioca è difficile non immaginare un futuro ad alti livelli per lui.Bamba nasce come mediano, ma nelle ultime partite col Vitoria Guimaraes sta giocando da centrale di una difesa a tre. Ha caratteristiche peculiari che, per il momento, gli permettono di rendere in entrambe le posizioni. È dotato di un buon fisico (secondo il sito del Vitoria è alto un metro e ottantaquattro e pesa meno di settanta kili, ma c’è da credere che abbia guadagnato massa), ma soprattutto di un buon piede nel gioco lungo e di un ottimo tempismo negli interventi. Da centrale di difesa la qualità che risalta di più sono i suoi lanci. Da quella posizione, infatti, vede sempre il gioco frontale e allora diventa facile individuare il compagno da servire anche a cinquanta metri di distanza. L’aspetto più vistoso del repertorio di Bamba, infatti, sono i suoi cambi gioco, sia verso destra che verso sinistra. Non è solo abile ad alzare il pallone, ma ha un buon destro anche quando si tratta di raggiungere i compagni con lunghi filtranti rasoterra. Non è un organizzatore di gioco, però se i compagni si sanno smarcare può pescarli sui piedi anche a decine di metri di distanza. La difesa a tre probabilmente gli permette di essere un po’ più libero anche nell’interpretazione difensiva. Tuttavia, per le caratteristiche che offre in fase di non possesso, al momento, la sua posizione ideale sembrerebbe quella di mediano. Bamba infatti è abile a coprire il campo in orizzontale e a staccarsi per andare sull’uomo. Una volta avvicinatosi all’avversario ama mettere la gamba, visto il tempismo di cui è dotato. Molto spesso prova a farlo andando a terra con il tackle. Insomma, Bamba è interventista in uno contro uno, gli piace scommettere sulle sue qualità difensive, per questo forse sarebbe meglio vederlo a centrocampo: in difesa occorre giocare in maniera meno vistosa e alcune sue qualità potrebbero passare in secondo piano. A centrocampo, peraltro, ha una discreta qualità nell’evitare la pressione, pur non essendo uno specialista. La speranza è di vederlo presto con la maglia della Nazionale maggiore.Enzo Le Fée, 2001, Francia

Enzo Le Fée, centrocampista classe 2000 del Lorient, porta il cognome di sua madre come Ryan Giggs. La sua è una storia particolare, tragica, dove il calcio ha rappresentato un’evasione da una vita travagliata. Enzo avrebbe dovuto fare Lampriere di cognome, ma per evitare problemi legali si è sempre chiamato Le Fée. Suo padre, infatti, è stato arrestato più volte ed Enzo, da giovane, lo ha conosciuto soprattutto da dietro il vetro dei colloqui in carcere. L’ultima volta, era uscito di prigione nel 2019. Suo figlio era già un calciatore professionista, finalmente aveva la possibilità di recuperare il tempo perduto, di andare ad assistere alle sue partite. Due anni dopo, però, nella primavera del 2021, il padre di Enzo si suicida. Per il numero dieci del Lorient, come sempre nella sua vita, la miglior terapia è il calcio. Il giorno dopo il funerale la questura chiede una sua deposizione, ma Enzo preferisce tornare ad allenarsi.I tormenti della vita privata di Le Fée stridono con la calma con cui si muove in campo. Da quasi un anno, ormai, il centrocampista bretone è uno dei talenti più fulgidi della Ligue 1. Un giocatore con caratteristiche uniche, che partecipa al gioco come un regista e rifinisce con la fantasia di un trequartista. Può partire sia da centrale di centrocampo che da trequartista, ma la varietà dei suoi movimenti e delle sue scelte è sempre molto ampia. Le Fée ama giocare in maniera dinamica. Si abbassa a prendersi la palla dal mediano o dai difensori, poi avanza in conduzione oppure con le triangolazioni fino alla trequarti. Ha una visione di gioco speciale, anche su lunghe distanze: se è libero di alzare la testa, prova sempre il filtrante rasoterra alle spalle della difesa. Il suo fisico è esile, ma in conduzione è difficile da arrestare grazie alla sua agilità e al suo controllo della palla. Le Fée gioca con le maniche lunghe, un dettaglio assolutamente trascurabile sul campo, ma che per l’occhio è sempre importante: in qualche modo, i centrocampisti mingherlini che usano le maniche lunghe sembrano sempre più calmi e aggraziati degli altri quando partono palla al piede. Molte volte, lo spazio per la conduzione se lo ricava dopo aver attratto il pressing degli avversari, puntualmente battuto grazie alla sua qualità nello stretto. Le Fée usa lo stesso trucco dei grandi maestri di centrocampo delle generazioni precedenti: quando riceve rallenta, delle volte non tocca neanche la palla, aspetta che gli avversari gli si facciano sotto. Poi, all’improvviso, li prende controtempo e parte in conduzione. Il segreto delle grandi mezzali di questo secolo è stata la capacità di alternare alla perfezione pausa e accelerazione nella guida della palla. Anche Enzo padroneggia quegli strumenti, ed è per questo che, nonostante il fisico minuto, riesce sempre a passare tra le maglie avversarie: secondo FBref è nel 97o percentile per dribbling completati ogni 90’ tra i centrocampisti (1,90).In questo inizio di stagione è stato uno dei giocatori migliori della Ligue1, determinante per trascinare una piccola come il Lorient fino all’attuale quinto posto. I suoi filtranti, i suoi dribbling, i suoi controlli orientati di tacco sono sicuramente tra le sorprese più liete dell’ultimo anno di calcio in Europa.Isi Palazon, 1994, Spagna

Isi Palazon non è solo il giocatore di culto delle ultime due stagioni di Liga, ma è anche una delle storie più belle che ci abbia regalato il calcio d’élite di recente. Isaac, per tutti Isi, nasce e cresce a Cieza, cittadina di 35 mila abitanti dell’entroterra murciano specializzata nell’agricoltura, in particolare nella coltivazione delle pesche. Da piccolo si fa notare nei tornei locali e a tredici anni entra nelle giovanili del Real Madrid. La sua esperienza nella capitale, però, dura appena un anno, perché viene scartato. Arriva una seconda opportunità, stavolta al Villarreal. Isi rimane nella Comunità Valenciana per quattro stagioni, ma nemmeno stavolta la sua storia prende la direzione sperata, visto che il Villarreal decide di mandarlo a casa. A diciannove anni non ha ancora esordito tra i professionisti ed è divorato dai dubbi, non sa se valga la pena continuare a credere in una carriera da calciatore. Continua ad allenarsi nella sua città con il Cieza, piccola squadra della quarta serie spagnola, la categoria più alta del dilettantismo. Per qualche mese non può neanche giocare in campionato, perché il Villarreal lo ha svincolato ad ottobre e il Cieza per metterlo sotto contratto deve aspettare il mercato di gennaio. Per Isi sono le settimane più difficili. La sua vicenda diventa quella di uni dei tanti ragazzi che, finita la scuola, non riescono a trovare il proprio posto nel mondo.In diverse interviste ha raccontato di come la sua vita si fosse svuotata di senso: la mattina si alzava tardi e non sapeva come svoltare la giornata fino alle otto di sera, l’ora dell’allenamento. In un centro piccolo come Cieza le voci corrono e Isi soffre per i mormorii della gente. «Origliavo ciò che si diceva nel paese, dove c’è molta invidia: “Lo sapevo che che quello valeva poco, lo sapevo che non ce l’avrebbe fatta…” ». Per la prima volta fa un passo indietro e pensa di non doversi dedicare solo al calcio. Così, Isi abbraccia le possibilità della sua regione e decide di andare a lavorare nei pescheti della zona. «Al Cieza guadagnavo 300 euro al mese e con quelli vivevo senza problemi, perché stavo dai miei genitori. Però dovevo trovarmi qualcosa da fare la mattina. […] Stavo male fisicamente e mentalmente e dissi a un mio amico che sarei andato a lavorare con lui». Isi racconta che i mesi trascorsi a raccogliere frutta e potare alberi hanno rafforzato il suo carattere e riacceso il desiderio di vivere di calcio. «Mi alzavo alle sette di mattina con un freddo tremendo. Mi sono detto: “Ci provo per un’ultima volta"». Così, dopo il ritorno in campo col Cieza firma per il Real Murcia in terza serie. Da lì inizia la sua scalata. Qualche stagione dopo si guadagna la Segunda Division con il Ponferradina e a maggio 2021, con il Rayo Vallecano, conquista addirittura la promozione in Liga.Isi non si è limitato a fare da comparsa nella massima serie, proprio come il suo Rayo. Quella di Iraola è forse la realtà più interessante dell’ultimo biennio di Liga. Una squadra propositiva col pallone e intensa in fase di non possesso. Mancino, parte da ala destra del 4-2-3-1, ma non è il classico esterno a piede invertito che gioca solo per rientrare e calciare. Isi alterna ricezioni sulla fascia ad azioni in cui si accentra per muoversi da trequartista nei corridoi intermedi. In entrambe le posizioni fa la differenza con la sua tecnica nello stretto, utile sia per saltare l’uomo che per combinare con i compagni. Vista la statura – appena un metro e sessantacinque – è perfetto per incunearsi tra le maglie degli avversari e farsi dare palla in posizioni scomode, dove c’è poco spazio, che però gli permettono di creare vantaggi per i compagni: se riesce ad evitare gli avversari che attira con le sue ricezioni, al Rayo si apre il campo per attaccare in velocità, come piace a Iraola. Non è un caso che una delle giocate distintive di Isi sia il filtrante in diagonale per l’ala opposta, che nasce sempre dopo una sua ricezione intermedia in cui si libera degli avversari col dribbling, la protezione di palla o il controllo orientato. Isi è una delle attrazioni della Liga. È incredibile pensare che un giocatore con quel controllo sulla palla qualche anno fa stesse pensando di smettere di giocare a calcio. Che Isi sia speciale si capisce da quanto sia difficile togliergli il possesso: se si mette davanti col corpo, per gli avversari è impossibile anche solo sporcare la sfera vista la maestria con cui usa il suo baricentro basso. Se amate i giocatori tecnici ma non volete limitarvi ad osservare i soliti nomi e le solite squadre, Isi è il giocatore che fa per voi. Martin Terrier, 1997, Francia

Per le dinamiche del calcio moderno, in cui i grandi club si avventano sui giocatori emergenti anche dopo poche partite ad alti livelli, è un piccolo miracolo che Martin Terrier giochi ancora al Rennes. Del bretone vi avevamo già parlato a giugno, nella top undici del campionato francese. Numeri alla mano, l’ex Lione da due stagioni ormai è uno degli attaccanti migliori del calcio europeo. Da ala sinistra, lo scorso anno ha segnato ventuno gol in trentasette presenze, un bottino da centravanti. Quest’anno, dopo quattordici partite di Ligue 1 i gol sono già otto. Il Rennes è una delle squadre più divertenti della Ligue 1. I rossoneri dispongono di un parco offensivo davvero da Champions League: Terrier, Bourigeaud, Gouiri, Doku, Sulemana, sono tutti ali e trequartisti di grande tecnica. Genesio ha disegnato intorno a loro un sistema che ne esalta la capacità di scambiare pallone e posizioni a ritmi alti. Terrier parte dalla sinistra, ma si concentra soprattutto sul gioco per vie interne. A differenza di molti pari ruolo, non vive per dribbling e isolamenti, la sua preoccupazione principale è trovare un modo per arrivare in porta. In questo senso, è libero di spostarsi sia per ricevere tra le linee che per attaccare l’area di rigore. Il suo gioco fiorisce nel corridoio tra difesa e centrocampo avversari. Destro naturale, è dotato di un eccellente primo controllo, con cui spesso riesce a saltare il marcatore. Nonostante il fisico longilineo, di spalle tra le linee è sempre pulito, sia nel conservare la palla, sia nelle sponde, mentre se riesce a girarsi sa essere letale con entrambi i piedi grazie ad un tiro potente e preciso. Terrier non ha una soluzione predefinita per calciare in porta. Può decidere di mirare all’incrocio più lontano oppure di scagliare un rasoterra sul palo del portiere, per lui non fa differenza. L’aspetto più impressionante del suo gioco, è la quantità di soluzioni che possiede per arrivare in porta. Se non ha spazio per calciare dalla distanza, allora si avvicina ai compagni sfondare con una triangolazione. Se poi non è lui a sviluppare l’azione in prima persona, ha un ottimo senso per gli inserimenti alle spalle della difesa: dei piccoli tagli da attaccante, più che da ala, con cui offre sbocchi in verticale alla manovra del Rennes. Se non bastasse, infine, Terrier è anche un ottimo colpitore di testa, capace di sorprendere la difesa sia sul secondo palo, sia trovando il suo posticino nel cuore dell’area di rigore. Così si spiegano le cifre delle ultime due stagioni.Durante la scorsa primavera, Terrier ha firmato un contratto con il Rennes fino al 2026. Si dice anche che la società avrebbe rifiutato un’offerta dalla Premier di cinquanta milioni per lui. A venticinque anni, sta per raggiungere il pieno della maturità. La sua squadra al momento è terza in classifica ed è una seria candidata alla qualificazione in Champions League. È probabile che Deschamps lo includa nel prossimo ciclo della nazionale francese. Se Terrier ha intenzione di tentare il salto di carriera, probabilmente i prossimi mesi saranno decisivi.Rafa Silva, 1993, Portogallo

A ottobre Rafa Silva si è finalmente ritagliato un suo spazio anche agli occhi del pubblico mainstream. Il Benfica di Roger Schmidt è stato una delle squadre più divertenti dei gironi di Champions League e il suo capitano l’aveva trascinato con una serie di grandi prestazioni, in particolare contro la Juventus al “Da Luz”. In autunno ci siamo innamorati un po’ tutti di questo piccolo trequartista lusitano, credevamo che ci avrebbe incantato anche ai mondiali. Poi, però, Rafa Silva, nel momento migliore della sua carriera, ha deciso di dire addio alla nazionale portoghese, negandosi probabilmente l’ultima possibilità di fronte al grande pubblico. Ha preferito concentrarsi sul suo Benfica, in un certo senso si è fatto portavoce di quella categoria di mezzepunte lusitane che forse non viene apprezzata abbastanza ai livelli più alti. Il capitano rappresenta al meglio la tecnica della tradizione portoghese. Quest’anno si è ritrovato a lavorare con Roger Schmidt, allenatore con un retroterra agli antipodi del suo calcio. Schmidt, però, ha capito le diverse esigenze di piedi buoni come quelli di Rafa, Enzo Fernadez o Joao Mario, e così è riuscito a costruire un sistema che è una perfetta sintesi tra il calcio di tocco dei giocatori del Benfica e l’attitudine al pressing e alla verticalità della scuola Red Bull. Rafa gioca da trequartista centrale del 4-2-3-1, alle spalle di Gonçalo Ramos. In campo non ci sono vere ali, così le mezzepunte del Benfica si ritrovano sempre strette e vicine tra di loro. Per Rafa è il contesto perfetto. Con la sua tecnica conservare il pallone nello stretto non è un problema, e in più c’è sempre qualche compagno a pochi passi con cui duettare. Il sistema di pressing e riaggressione, peraltro, moltiplica il tempo che i trequartisti del Benfica passano a ridosso dell’area avversaria: se grazie al gegenpressing si recupera il pallone con gli avversari scoperti, la possibilità per Rafa di arrivare in area con un dribbling o una triangolazione cresce esponenzialmente. Il Benfica si è qualificato davanti a PSG e Juve nel girone di Champions e agli ottavi incontrerà una squadra di livello più basso come il Bruges: gli encarnados sono i principali candidati al ruolo di outsider. Rafa ha tutto per diventare il giocatore di culto della competizione. Già lo scorso anno contro l’Ajax firmò una delle prestazioni individuali più brillanti della Champions: il Benfica aveva scelto di giocare in transizione e a campo aperto, nonostante il fisico minuto, Rafa si era dimostrato imprendibile per gli olandesi. Nel calcio di oggi, più che in altre epoche, non necessariamente i giocatori migliori sono quelli più tecnici. Rafa, allora, è un gioiello raro, da custodire con cura. I suoi dribbling nello stretto, i suoi colpi di tacco, il suo estro, avrebbero meritato i palcoscenici più importanti. La speranza è che i prossimi mesi di Champions League riescano a rendere giustizia a un giocatore così unico.

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