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Il giocatore che pensavi ritirato: Cristian Molinaro
31 mag 2022
31 mag 2022
Il premio al giocatore che è riuscito ad esserci senza esserci.
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Come Raimondo Vianello, Cristian Molinaro è sempre sembrato vecchio, anche quando aveva vent’anni. Quando ha esordito in Serie A con la maglia del Siena, i capelli folti e le basette lunghe non riuscivano a nascondere il viso scolpito da contadino che è stato indurito dal sole e dalla fatica. Una di quelle facce che ti aspettavi di vedere nei dagherrotipi che ritraggono i primi migranti italiani in partenza per il nuovo mondo, con i sorrisi incerti e la pelle che sembra più spessa di quella a cui siamo abituati oggi. All’Artemio Franchi di Siena, contro il Palermo (era il 18 settembre del 2005), Molinaro sembrava il più vecchio tra i più giovani, eppure dopo quasi 17 anni è rimasto uno dei pochissimi di quella partita ad essere ancora in attività.

Oggi molti dei giocatori presenti allora si sono nel frattempo seduti in panchina o in qualche studio televisivo (Tudor, Barzagli, Corini, Grosso), mentre Molinaro, che oggi ha le rughe che gli attraversano il volto che lo fanno assomigliare a un vecchio padre di famiglia di una fiction Rai sul Meridione, continua ad essere un giocatore importante del Venezia.

Solo un altro dei giocatori presenti in quella partita è ancora in attività, e cioè Antonio Mirante, che tra l’altro è anche uno dei non pochi giocatori più anziani di Molinaro ancora in Serie A. Nonostante i 39 anni da compiere, infatti, il terzino del Venezia non è nemmeno tra i sei giocatori più vecchi del nostro campionato, che, oltre a Mirante, conta anche le presenza di Gianluca Pegolo, Zlatan Ibrahimovic, Pepe Reina, Fabio Quagliarella e Frank Ribery - tutti giocatori che sembrano molto più giovani di Cristian Molinaro.

Ma il premio al giocatore che pensavi ritirato non si vince per semplice anzianità e nemmeno per invecchiamento. Basti pensare agli altri tre candidati: Federico Peluso, che nel frattempo ha lasciato il Sassuolo senza annunciare il suo addio al calcio, è solo di pochi mesi più anziano di Giorgio Chiellini, che si è effettivamente ritirato alla fine di questa stagione ma ad appena un anno da un grande Europeo giocato da protagonista; Aleksandar Kolarov, che è riuscito nell’impresa di giocare complessivamente 44 minuti in questa stagione, è praticamente coetaneo di Edin Dzeko; Nani, che era apparso a gennaio a Venezia con un assist che sembrava dover rovesciare la stagione della squadra di Zanetti, è addirittura più giovane di Olivier Giroud, che insomma, ha pur sempre regalato uno Scudetto al Milan. No, come ha scritto Marco D’Ottavi l’anno scorso assegnandolo a Gianluca Pegolo, il premio al giocatore che pensavi ritirato non c’entra molto con l’età ed è “dedicato a quei calciatori che hanno la rara capacità di saper resistere al proprio posto, che è comunque un posto in Serie A, ma allo stesso tempo dissolversi, sparire dalla nostra vista”.

In questo senso, il premio di Cristian Molinaro può essere letto in due modi. Il primo è quello che nota che Molinaro non gioca un minuto di partita dal 16 gennaio, poco più di un mese prima che Paolo Zanetti annunciasse la sua esclusione dalla lista del Venezia. «Abbiamo fatto di tutto per prendere un terzino giovane al posto di Mazzocchi per avere un posto libero in lista, non ci siamo riusciti e quindi abbiamo dovuto fare delle scelte con l'arrivo di Mateju», aveva spiegato Zanetti, solo sette mesi e mezzo più anziano di Molinaro «A sinistra ho tre giocatori e quindi abbiamo dovuto prendere la decisione dolorosissima di mettere Molinaro fuori lista. Un ragazzo importantissimo in spogliatoio e spesso anche in campo. Il ragazzo ha preso la decisione come solo lui sa fare, ci aiuterà fino all'ultimo giorno, ha altri anni di contratto a 38 anni e ha capito che in questo finale di stagione abbiamo dovuto muoverci in un certo modo». Prima di quel momento Molinaro aveva giocato la non insignificante cifra di 548 minuti in Serie A: otto partite di cui sei da titolare e con la fascia di capitano al braccio.

In una di queste ha anche servito un assist, che è un piccolo Bignami dell’intera stagione del Venezia. Contro la Salernitana, Molinaro, puntuale come è sempre stato, riceve sull’esterno sinistro e di prima intenzione mette dentro l’area un cross basso e arretrato verso Okereke, che gli aveva servito inizialmente il pallone. L’ala nigeriana fa finta di controllarlo verso la porta e invece lo lascia passare alle sue spalle, dove Aramu di prima lo trasforma nel gol dell’1-0 con un grande tiro incrociato sotto la traversa. La partita finisce 1-2 per la Salernitana, che vince con un gol al 95esimo di Andrea Schiavone.

Non è qualcosa che verrà ricordato come storia del calcio, ma per la storia dei calciatori di 38 anni che non si chiamano Zlatan Ibrahimovic il solo fatto che Molinaro giocasse senza sfigurare in Serie A è da considerare come un autentico miracolo. Nell’estate del 2019, dopo una stagione al Frosinone conclusa anche quella volta con una retrocessione, Molinaro era rimasto senza contratto a 36 anni e aveva deciso di tenersi in forma allenandosi con l’Atletico Terme Fiuggi, Serie D. In quel momento chi avrebbe scommesso anche solo un euro sulla possibilità di rivederlo in Serie A dopo due stagioni? Qualche tempo fa Molinaro ha dichiarato che, nonostante quel periodo fosse stato «complicato», non ha mai pensato di smettere, che quegli allenamenti a Fiuggi erano «propedeutici ad una eventuale chiamata», che arriverà solo mesi dopo, a metà gennaio del 2020, poche settimane prima di una pandemia che, senza un contratto, avrebbe potuto mettere fine alla sua carriera ad alti livelli. Fortuna e volontà devono andare a braccetto anche nelle storie di successo meno roboanti, e di sicuro quella di Molinaro è tra queste.

Cresciuto a Salerno a pallone e fede cattolica, Molinaro era stato notato dalla Juventus già in Serie B, dove lo compra dalla Salernitana ma lasciandolo in comproprietà al Siena. Alla Juventus ci andrà nel peggior momento possibile, dopo Calciopoli e il ritorno decadente in Serie A, sotto la guida di Del Neri e Ranieri. Un anno dopo il suo trasferimento allo Stoccarda, sulla panchina bianconera arriva Antonio Conte. Lontano dagli occhi della stampa italiana il picco della sua carriera, in una squadra «che sapeva bene quello che doveva fare ed io mi trovavo in fascia con un giocatore fortissimo come Hleb». Poi le esperienze più o meno dimenticabili a Parma, Torino e Frosinone che sembravano dover spegnere la sua carriera in un grigio crepuscolo, prima dell’approdo a Venezia che inaspettatamente gli permette di ritagliarsi un nuovo ruolo da vecchio saggio di una squadra giovane che vuole diventare grande.

Dopo il contributo fondamentale data alla storica promozione della scorsa stagione, Molinaro rimane il punto fermo di una squadra che sembra essere travolta da una partita di Football Manager iniziata nel peggiore dei modi. A luglio scorso a Venezia arriva l’incognita David Schnegg, il “cosplayer austriaco di Gosens” come viene definito da Angelo Pisani nella nostra guida di inizio anno, ma il DS Mattia Collauto dichiara sicuro: «Deve migliorare dal punto di vista tecnico-tattico ma avrà al suo fianco un maestro come Cristian Molinaro che lo aiuterà sicuramente a comprendere quelle dinamiche di gioco che lo renderanno un giocatore completo». A fine ottobre, quando la salvezza sembra ancora alla portata del Venezia, anche Ridgeciano Haps conferma l’importanza del ruolo del suo anziano, saggio, compagno: «Molinaro mi ha aiutato tantissimo, non soltanto me ma tutti i nuovi giocatori. È un ragazzo splendido, una sorta di guida, un mentore per questo gruppo».

Dopo la seconda, disastrosa parte di stagione gran parte delle oniriche sessioni di mercato del Venezia hanno iniziato ad essere smantellate, anche se quella che sta per iniziare non sembra essere da meno. Tra giocatori che vengono e giocatori che vanno, uno dei pochi punti fermi continua ad essere Cristian Molinaro, anche se non è ancora chiaro in che veste. Pochi giorni fa TuttoMercatoWeb ha rivelato che potrebbe dare il suo addio al calcio nei prossimi giorni, diventando un dirigente della società arancioneroverde. Per quanto può sembrare assurdo, sarebbe strano vedere in giacca e cravatta Cristian Molinaro, che meno di un anno fa rinnovava il suo contratto con il Venezia per i successivi tre anni e dichiarava di non voler smettere di giocare citando Kazu Miura. «Quando entro sul campo, sento sempre quel colpo al cuore, che sentivo da ragazzino. I test atletici danno gli stessi risultati degli anni scorsi. Quando il corpo manderà segnali differenti, vorrà dire che sarà arrivato il momento giusto per smettere… ma non ancora».

Qualsiasi saranno gli abiti che indosserà nel prossimo futuro, Molinaro, con la faccia démodé e le sovrapposizioni disperate sulla fascia, continuerà a restituire quella nostalgia di un mondo che in Serie A non c’è più, che poi, credo, è ciò che gli è valso questo premio. «Il Molinaro del Siena non immaginava che avrebbe visto, negli anni successivi, droni in volo sul campo d’allenamento». Sembra una frase tratta da un dialogo di Blade Runner, sarebbe perfetta per il discorso di ringraziamento per una premiazione che non avverrà mai.

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