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Il ritorno in Italia di Gigi Datome
02 lug 2020
02 lug 2020
Dopo sette anni, il capitano della nazionale è tornato nel campionato italiano firmando con l’Olimpia Milano.
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È il 19 giugno 2013, giorno della Gara-5 di finale Scudetto. La Montepaschi Mens Sana Siena, avanti 3-1 nella serie, sbanca il Palazzetto dello Sport di Roma battendo l’Acea Virtus 63-79, laureandosi così Campione d’Italia. Il titolo sarà poi revocato dalla Federbasket, ma questa è un’altra storia: quella partita ci interessa perché è l’ultima in maglia Virtus di Gigi Datome, che di quella squadra è simbolo, capitano e giocatore più forte. Una squadra costruita con un budget limitato, frutto di uno sforzo in un primo momento non programmato da parte del patron Claudio Toti, e che va oltre ogni previsione. Dietro la scrivania Nicola Alberani, in panchina Marco Calvani e in campo il miglior Gigi Datome visto in carriera.

Meritatamente MVP di quel campionato, Datome viaggiò a 16.9 punti e 5.8 rimbalzi di media in regular season e a 15.6 punti e 5.5 rimbalzi nei playoff.

Sette anni dopo Datome torna nel campionato italiano con la maglia dell’Olimpia Milano con la quale ha firmato un contratto triennale. È un Datome diverso, ovviamente più esperto e ancora più consapevole delle proprie qualità. A livello mentale quella stagione con Roma è stata determinante per la carriera di un talento che fino ai 25 anni era considerato dai più un buon giocatore ma non un leader tecnico, uno con delle qualità ma non uno in grado di essere di prima fascia. Prodotto del vivaio della Mens Sana, era stato costantemente in rampa di lancio con Carlo Recalcati che lo ha coccolato e lo ha lanciato nel basket dei grandi, ma senza riuscire a fare lo step ulteriore. Poi è arrivato il prestito a Scafati, dove ha giocato per un anno e mezzo, e poi la cessione in compartecipazione a Roma dove è partito come rincalzo e ha chiuso, come detto, da leader.

Quell’annata 2012-2013 cambia tutto: cambia la percezione degli altri verso Datome e corrobora l’idea che Datome stesso ha di sé, ovvero di un giocatore dal valore superiore a quello che gli viene riconosciuto. Tenta la carta NBA e i due successivi anni, pur con minutaggio scarso per non dire inesistente soprattutto in maglia Detroit Pistons, non scalfiscono le certezze accumulate. Quando Datome si ripropone sul mercato europeo, Zelimir Obradovic non ha il minimo dubbio nel considerarlo uno dei tasselli necessari per dare l’assalto all’Eurolega con il suo Fenerbahce.

Nei cinque anni passati con il coach serbo la qualità del gioco di Datome è salita a livelli altissimi: ha imparato a essere parte di un ingranaggio con altri giocatori forti come o più di lui e a dover dare tutto in un minutaggio limitato rispetto a quello che ha in Nazionale; dal punto di vista tecnico, invece, ha rifinito il suo palleggio, arresto e tiro; da quello mentale, invece, non bisogna sottovalutare come ha imparato a convivere con una pressione attorno e addosso indicibile. Il suo palmares, che fino a quel momento contava due trofei con Siena da sedicenne di belle speranze, si è riempito velocemente. Ha trionfato in Turchia - con quattro titoli di MVP conquistati tra campionato e coppe - e ha vinto l’Eurolega 2017 da protagonista.

Il ruolo avuto nel Fener di Obradovic è tale per cui Gigione si è meritato una nomination per l’All-Decade Team 2010-2020 dell’Eurolega. Una storia emotivamente intensa, visto che è diventato un beniamino dei tanti tifosi gialloblu sparsi per il mondo. Una storia terminata soprattutto perché sul futuro del club turco ci sono troppe incognite tecniche ed economiche: l’addio di Obradovic è stato un segnale fin troppo chiaro.

Nel frattempo è pure diventato colonna portante della Nazionale, prendendosi la fascia di capitano all’Europeo 2013 e il ruolo di leader non solo tecnico. L’Italbasket quinta nel 2015, con il quarto di finale con la Lituania perso all’overtime, pagò senza dubbio l’infortunio di Datome nella prima fase. Il capitano ha avuto in questi anni grossa voce in capitolo nell’ambiente azzurro, indipendentemente da chi fosse il commissario tecnico: basti pensare alle sue parole sul caso Hackett prima del Mondiale cinese.

I tre motivi per cui l’Olimpia Milano ha puntato su Datome

L’Olimpia Milano aveva già cercato di prendere Datome nell’estate del 2015 in uscita dalla NBA e pure l’anno scorso; al terzo tentativo ci è riuscita facendo potenzialmente un grande colpo per almeno tre motivi.

Innanzitutto riporta in Italia il capitano della Nazionale e uno dei volti più noti della pallacanestro nostrana, un ottimo nome da “sfruttare” per attrarre i non appassionati sia per Milano che per l’intera LegaBasket. In un periodo in cui la Serie A di basket ha una lunga serie di interrogativi e di dubbi sul proprio futuro - quante squadre ci saranno nel prossimo campionato? Quando ci potrà essere il pubblico? Quanti abbonamenti si potranno vendere? Verrà approvato il credito d’imposta sulle sponsorizzazioni? -, riavere tra le proprie fila uno come Datome male di certo non fa. Non siamo ai livelli di popolarità dei Pozzecco e dei Myers, ma parliamo comunque di un giocatore che viene intervistato spesso da emittenti e quotidiani generaliste, che ha un buon seguito sui social, che ha un volto riconoscibile e che non si tira indietro nel parlare di argomenti extra basket. Sono in tanti a prevedere per lui un futuro da dirigente anche di altissimo livello: Gianni Petrucci, ad esempio, più volte ha speso il suo nome come suo successore alla poltrona della FIP.

Qualunque sia il futuro post carriera di Datome è comunque di là da venire, perché di lasciare il parquet non se ne parla. A 33 anni Datome resta ancora una delle migliori ali del Vecchio Continente sui due lati del campo, che è anche il secondo motivo per cui Milano ha fatto un gran colpo. In attacco è un affidabile tiratore dall’arco sugli scarichi e ha grande agilità nell’attaccare il ferro; in difesa è abile nel marcare avversari con stazze diverse dalla sua - qualità molto utile per cambiare sui pick and roll avversari - oltre ad avere capacità di lettura sempre più raffinate con l’avanzare dell’età. E poi c’è la stoppata in chase-down che è diventata quasi un marchio di fabbrica.

È Gigi Datome uno dei migliori interpreti della tipologia di stoppata più beffarda? Probabilmente sì.

Nel sistema che Ettore Messina ha in mente Datome può giocare con e al posto di Vladimir Micov - che resterà presumibilmente ancora uno dei punti di forza della squadra milanese -, occupando uno dei due spot di ala, permettendo così di allargare il campo in attacco senza perdere troppo atletismo in difesa. È il motivo che ha spinto Milano a confermare Jeff Brooks, giocatore accoppiabile con Micov e Datome, e a prendere uno come Malcolm Delaney che dal pick and roll sa creare situazioni pericolose.

Se Kevin Punter garantisce pericolosità dall’arco, Shavon Shields porta in dote una fisicità da Eurolega soprattutto nell’attaccare il ferro. Sotto canestro è arrivato il cervello pensante di Kyle Hines e manca sempre un 4 straniero che potrebbe essere Zach LeDay. Insomma l’Olimpia creata quest’estate sembra essere costruita con più criterio e più omogeneità rispetto a quella dell’anno passato, se non altro con meno scommesse (ogni riferimento a Shelvin Mack è puramente voluto).

In un’intervista a Repubblica, Messina ha parlato di Datome come del “collegamento tra Eurolega e Serie A; la sua presenza dà più qualità e profondità al ruolo cruciale del nostro gioco anche con le regole del campionato”. Ed ecco il terzo motivo per cui l’acquisto è sulla carta eccellente: Datome è uno dei pochissimi italiani capaci di spostare in Eurolega, quindi Milano inserisce nel roster un giocatore da Final Four senza spendere un visto per uno straniero. Cifre del contratto ufficiali non ce ne sono: è facile pensare che i soldi richiesti dal giocatore siano stati spalmati su un contratto più lungo di quello abbozzato in un primo momento. In pratica: ti diamo la cifra che vuoi ma in tre anni invece che in due. E tutto sommato a Datome può andar bene così in quello che potrebbe essere l’ultimo contratto di alto livello della sua carriera.

Ma soprattutto Gigi Datome è un vincente se a questa parola diamo la definizione che ne diede Vince Lombardi, uno dei grandi coach della storia del football americano: “Winners never quit, and quitters never win”. Ecco, Datome non ha mai mollato in vita sua, anche quando il suo talento cristallino non gli faceva vincere trofei e coppe, anche quando Maurice Cheeks e Stan Van Gundy a Detroit non lo vedevano mai, anche quando ha perso la sua prima finale di Eurolega al supplementare contro il CSKA. È uno che ha fame di vittorie e di sfide.

In Italia non ha mai alzato un trofeo potendo incidere: la nuova sfida che attende Gigi Datome diventa allora questa.

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