È il 10 aprile del 2024, l’Italia si è già qualificata da tempo agli Europei che si terranno in Germania, il PSG giocherà stasera in Champions League contro il Barcellona. È uno di quei rari momenti in cui l’occhio di fuoco del SEO, che plasma silenziosamente la nostra sensibilità su ogni notizia, vaga senza meta alla ricerca di qualcosa di “notiziabile” su Gianluigi Donnarumma. Non ci sono miracoli da mostrare in un reel, o errori grossolani per solleticare la nostra anima cinica, che in fondo ancora pensa (o spera) che sia un bluff.
Voglio sfruttare questo momento di pace per parlare di un portiere su cui probabilmente la discussione non sarà mai pacificata. Non lo faccio per difendere Donnarumma (che interesse potrei averne? E che bisogno ci sarebbe?), ma perché mi sembra un caso esemplificativo di come internet abbia reso la realtà più malleabile, morbida di fronte alle nostre idiosincrasie e ai nostri pregiudizi. Non sto dicendo nulla di nuovo o particolarmente originale, me ne rendo conto, eppure mi sembra che per alcuni argomenti facciamo in fretta a dimenticarlo.
L’aderenza del valore e dello status di un giocatore alla percezione che ne ha il pubblico è uno dei topos del dibattito calcistico, e questo pezzo non fa eccezione, d'accordo. Il punto è che non ricordo in tempi recenti un giocatore per cui queste due cose - il reale valore di un giocatore e il valore, diciamo così, "percepito" - sono state più lontane, almeno per quanto riguarda il pubblico italiano. Ovviamente sono questioni su cui avere valutazioni oggettive è impossibile, eppure mi sembra che il posto di Donnarumma nel calcio di alto livello venga ancora messo in discussione, che venga percepito sostanzialmente come un portiere discontinuo, da grandi alti e grandi bassi. Ma è davvero così?
Diario di una stagione difficile
Effettivamente all’inizio di questa stagione il posto di Donnarumma al PSG non sembrava così solido. In estate il club francese aveva rifiutato le molte offerte arrivate per Keylor Navas ed era lecito pensare che dietro ci fosse la volontà di Luis Enrique, un allenatore che insiste moltissimo sulla costruzione dal basso e che probabilmente voleva testare la capacità "con i piedi" del portiere di Castellammare di Stabia, da sempre considerata il suo tallone d’Achille. D’altra parte, il momento che è rimasto appiccicato a Donnarumma da quando indossa la maglia del PSG è proprio una palla persa in impostazione, quella che nel 2022 avviò la rimonta del Real Madrid al Bernabeu agli ottavi di finale di Champions League. E poco importa, davvero, se Benzema abbia o meno commesso fallo su di lui. Donnarumma con i piedi è ancora tutt’altro che perfetto e quella situazione nasce da una sua incertezza, che rimane al di là del fallo.
Donnarumma ha cominciato questa stagione con qualche sbavatura: anche questa è un’impressione fondata. Il 15 settembre, durante la prima sosta delle Nazionali, l’Equipe scriveva della “persistente ombra di Keylor Navas” che evidentemente ancora aleggiava su di lui, e di sicuro Donnarumma non poteva dirsi più al sicuro in Nazionale. Ricorderete sicuramente il preoccupante 1-1 con la Macedonia del Nord a Skopje che per un attimo ha resuscitato i fantasmi delle qualificazioni ai Mondiali del 2022, le polemiche per il gol subito sul proprio palo, su una potente punizione di Enis Bardhi. Nei giorni seguenti, il CT della Nazionale, Luciano Spalletti, ne aveva parlato in maniera ambigua, con il suo errare retorico sembrava volesse difenderlo rimproverandolo. «A lui non viene perdonato di essere un ragazzo prodigio che ha bruciato le tappe», aveva detto Spalletti in conferenza stampa. «Gli è stato donato questo talento, noi abbiamo fatto fatica per emergere mentre a lui è stato donato. Lui è come aspettato al varco per andarlo a colpire. È normale commettere errori, se di errori si vuol parlare, ma bisogna stare attenti: i ragazzi prodigio devono avere rispetto del talento che gli è donato altrimenti diventa presunzione, se non ci si lavora».
Ancora oggi il fatto che Donnarumma si sia affermato subito ad alti livelli, bypassando la gavetta, viene percepito come una colpa più che una conferma del suo talento. «Riconosco che Donnarumma sia un grande portiere, ma quando vedo l’eleganza, la personalità, la figura di Vicario mi si apre il cuore», ha detto Giovanni Galli pochi giorni fa. «Se Donnarumma davanti a sé ha avuto un’autostrada, Vicario è arrivato in Serie A e in azzurro facendo la Via Crucis».
In quei giorni i titoli dei giornali italiani, sportivi e non, erano di tenore inquisitorio, e la questione della titolarità di Donnarumma tra i pali della Nazionale ci sembrava sul tavolo.
Sulla Gazzetta dello Sport, il più importante quotidiano sportivo nazionale, se ne parlava in questo modo: “A scanso di equivoci: non è Gigio Donnarumma il problema dell’Italia. Però è uno dei problemi. Se avevamo - avevamo creduto di avere - una certezza, beh non lo è più […] A 17 anni Gigio era - giustamente - un fenomeno per tutti; a 24 anni sembra essersi come arenato in un limbo, che non aiuta più a definirlo. Anche se è sempre più strisciante la tentazione, nell’opinione comune, di cucirgli addosso l’etichetta di sopravvalutato”. Una frase, quest’ultima, che da una parte nasconde il punto di vista di chi scrive ma dall’altra rivela un sentimento diffuso che esiste, o almeno che anche secondo me esiste.
Stiamo parlando del momento più difficile della stagione di un portiere di 25 anni, che gioca in un club che punta ogni anno a vincere la Champions League, per cui non vincere il campionato nazionale è considerato un fallimento epocale. Una squadra che domina quasi ogni avversario, che inevitabilmente concede poche occasioni, e che quindi richiede uno sforzo di concentrazione ancora maggiore al proprio portiere, che può venire sollecitato all’improvviso dopo minuti e minuti di nulla. Donnarumma è considerato un fenomeno almeno da quando ha 16 anni, e ogni sua parata, ogni sua scelta viene analizzata e discussa. È vero, come dice Spalletti, che i giocatori come lui vengono aspettati al varco. Con una pressione come questa, in una situazione come questa, avere dei cali dovrebbe essere considerato fisiologico mentre gli addetti ai lavori hanno insegnato ai giocatori a parlare di alibi, e nessuno nel mondo del calcio vuole avere alibi.
Il fatto davvero eccezionale è che però, allargando lo sguardo dagli episodi al continuo stratificarsi delle partite, Donnarumma non stava vivendo davvero un calo. Come scriveva Marco Lai su queste pagine, analizzando i dati di quella prima manciata di partite insieme a tutto il resto della stagione precedente, già allora Donnarumma stava rendendo come uno dei migliori portieri dei cinque principali campionati europei, e di sicuro il migliore tra quelli italiani, nonostante l’annata di grazia di Provedel. Un portiere con alcuni limiti, certo, ma nonostante questo uno dei migliori al mondo.
Ripeto: non voglio mettere in dubbio che in questa stagione Donnarumma abbia attraversato un momento difficile. Un momento che tra l’altro è andato anche oltre a quella finestra iniziale che include la prima pausa per le Nazionali. Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre il portiere del PSG è incorso in tre partite di fila complicate, per lui, che hanno riacceso il dibattito. Contro il Monaco, in Ligue 1, ha aspettato troppo a liberarsi del pallone, finendo per farsi intercettare dal pressing avversario che ha propiziato il gol del momentaneo 0-1 (finirà 5-2); contro il Newcastle, in Champions League, ha commesso alcune sbavature con i piedi e una respinta poco convinta su un tiro da fuori che ha permesso a Isak di portare in vantaggio gli inglesi (e anche di farli vincere, se non fosse stato per il rigore trasformato da Mbappé al 98esimo); e contro il Le Havre, di nuovo in campionato, al nono minuto del primo tempo è uscito in maniera davvero troppo indecisa su un lancio lungo tra difesa e portiere, finendo per farsi espellere per un calcio sul petto dell’avversario che sarebbe invece dovuto finire sul pallone.
Dopo quest’ultima partita anche l’Equipe è tornato alla carica, con un pezzo intitolato: “Un altro errore e ancora più dubbi per Gianluigi Donnarumma”.
Perché vediamo solo i suoi errori?
Questi errori forse non saranno una notizia per molti di voi, dato che se ne parlò molto anche su molti dei principali siti sportivi italiani. Le papere di Donnarumma sono una pietanza prelibata per il SEO dei siti italiani (se digitate “Donnarumma pap…” i primi due consigli sono “Donnarumma papera ieri” e “Donnarumma papera psg youtube”) e, per ragioni complementari, anche i suoi miracoli, che rimbalzano sulle vostre timeline forse ancora di più. C’entra il suo addio velenoso al Milan e la sua discussa titolarità in Nazionale, e tutto ciò che sembra confermare o smentire il vostro punto di vista su questi argomenti - qualsiasi esso sia - è una miniera preziosa di click. È un circolo vizioso che mostra solo ciò che vogliamo vedere. Per esempio la partita contro il Monaco, in cui Donnarumma oltre all’errore già citato ha compiuto anche diversi interventi prodigiosi, che conferma in apparenza il pregiudizio che si tratti di un portiere da alti e bassi, con grandi riflessi ma anche frequenti momenti di vuoto (cioè il peggio che ci si possa aspettare da un grande portiere, un ruolo che ai massimi livelli deve garantire solidità e sicurezza più che spettacolo).
In realtà, gran parte delle sbavature commesse da Donnarumma in questa stagione derivano dai limiti nel gioco con i piedi già citati, e quindi anche dal cambio da allenatore. Il PSG nelle ultime tre stagioni ha messo sulla sua panchina tre allenatori molto diversi (Pochettino, Galtier e adesso Luis Enrique), e tra i tre Luis Enrique è di certo quello che sta esponendo più le difficoltà di Donnarumma a gestire il pallone sotto pressione. Lo ha detto lo stesso allenatore asturiano dopo la partita contro il Le Havre, che ha visto tra l’altro l’ingresso in campo al suo posto del giovane portiere catalano Arnau Tenas, molto a suo agio con i piedi. «Nessun problema con Gigio», ha detto Luis Enrique. «Quell’azione è più un errore della linea difensiva che del portiere. Sono io a chiedere al portiere di coprire quello spazio, quindi se c’è un responsabile quello sono io. […] Gigio ha fatto ciò che io gli chiedo».
Questo non significa che gli errori nella gestione del pallone con i piedi non contino (anzi, nel calcio contemporaneo forse sono ancora più pesanti), ma che debbano essere messi sulla stessa bilancia su cui mettiamo tutto ciò che compone il rendimento di Donnarumma in quanto portiere nella sua totalità. Dato che è questo che, più o meno sottilmente, viene messo in discussione.
Scrivo questo pezzo alla fine di un momento piuttosto felice per Donnarumma. Un 2024 in cui non solo non sono riemerse le sue difficoltà con i piedi, ma in cui ha anche impreziosito le partite decisive del PSG con una serie di interventi di alto livello. Il doppio confronto contro la Real Sociedad in Champions League. Ma poi, soprattutto, i big match contro Monaco e Marsiglia. Partite in cui Donnarumma ha compiuto alcune parate quasi inspiegabili, e in cui è sembrato l’unico argine in grado di impedire sconfitte certe. Uno 0-0 nel Principato di Monaco in cui a squadra di Adi Hütter non è riuscita a segnare dopo aver prodotto occasioni per 1.61 xG. Una vittoria per 0-2 al Velodrome forse ancora più assurda, dato che il PSG è rimasto in 10 uomini già al 37esimo e ha finito per sbilanciarsi moltissimo.
Dopo la partita contro il Monaco, l’Equipe gli ha dato 9 in pagella. Nel paragrafo in cui si giustifica il voto si può leggere: “Che fine avrebbe fatto il PSG questo inverno senza di lui?”.
Lo scorso 24 febbraio l’Equipe è uscito con un pezzo sulle “ragioni del buon momento di forma di Gianluigi Donnarumma”. Ed è interessante che al suo interno, tra i motivi principali, venga citato anche l’affiancamento al preparatore dei portieri Gianluca Spinelli di un nuovo preparatore spagnolo, Borja Alvarez. “Il portiere italiano è passato da uno stretto rapporto con Gianluca Spinelli, e da una scuola italiana conosciuta per essere piuttosto rigida e accademica, a un metodo più innovativo. (...) Alvarez è arrivato chiedendo a Donnarumma di mettere in discussione tutto ciò che pensava di sapere sul calcio”. Ciò che è ancora più interessante, però, è che nei cattivi momenti come in quelli buoni Donnarumma abbia mantenuto un rendimento altissimo e piuttosto costante, contraddicendo l’immagine di portiere discontinuo prodotta dal ciclo delle notizie in Italia.
Pochi giorni fa StatsBomb ha pubblicato una lunga e approfondita analisi statistica sui portieri dei cinque principali campionati europei, e ancora una volta, come a inizio stagione, Donnarumma risulta tra i migliori del mondo a respingere i tiri avversari. Anzi, forse sarebbe meglio dire il migliore.
Nessuno, infatti, ha una differenza positiva maggiore della sua tra post-shot Expected Goals e gol effettivamente subiti: significa quasi 13 gol evitati rispetto a quanto il modello matematico di StatsBomb riteneva lecito aspettarsi. Uno in più rispetto a Di Gregorio, il secondo migliore in questa statistica, e a Onana, il terzo. “I numeri di Donnarumma diventano ancora più impressionanti se viene messo in considerazione che ha respinto il 14% in più dei tiri che i nostri numeri si aspettavano da lui: doveva subire gol sul 30% dei tiri quando in realtà lo ha fatto solo sul 16%”. Il primo grafico all’interno è abbastanza esplicativo della sua crescita in questa stagione: la sua linea sale con qualche breve caduta, ma è quasi sempre in cima a tutte le altre.
Grafico StatsBomb.
Non sarò certo io a mettere la parola fine sul dibattito su Donnarumma: stasera il PSG gioca una delicata partita contro il Barcellona, e se il portiere di Castellammare dovesse compiere anche la più minima delle sbavature la giostra del SEO ricomincerebbe a girare. Mi verrebbe da dire che ci vuole di più di questo articolo per risolvere la pesante eredità del più grande portiere di tutti i tempi che gli grava sulle spalle, e soprattutto le incomprensioni con il pubblico milanista che ancora avvelenano tutto questo discorso. Certo, viene da chiedersi cosa ci ha fatto dimenticare così in fretta il nostro ultimo grande trionfo internazionale, gli Europei del 2021, in cui Donnarumma, votato MVP del torneo, ha avuto un peso decisivo.
Cosa serve ancora per farci finalmente scendere a patti con la sua grandezza?