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Marco Gaetani
L'epopea di Vialli player-manager del Chelsea
10 feb 2023
10 feb 2023
Un estratto da "Gianluca Vialli, l’uomo nell’arena" in uscita oggi per 66thandsecond.
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Marco Gaetani
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Pubblichiamo un estratto da "Gianluca Vialli, l'uomo nell'arena" scritto da Marco Gaetani per la collana Vite inattese di 66thandsecond e in uscita oggi.Quello di Gianluca Vialli è il terzo atto dell’epopea dei player-manager al Chelsea. Il primo, nel 1993, aveva visto come protagonista Glenn Hoddle, già brillante timoniere dello Swindon Town: aveva mantenuto il ruolo di giocatore-allenatore per due anni anche a Londra, defilandosi dal campo nella terza stagione per poi diventare commissario tecnico della Nazionale inglese in seguito all’eliminazione in semifinale dei Leoni a Euro 96. Dopo Hoddle era arrivato Gullit, e il ruolo di player-manager aveva assunto anche interesse a livello internazionale. Infine, Vialli, che nelle ore turbolente dell’entrata in carica dichiara di essere felicissimo e di aver preso la decisione nel giro di cinque minuti. Il contratto resta lo stesso, in vigore fino al termine del 1999: «Questa è la cosa più incredibile che mi sia capitata in tutta la mia carriera: sono in campo da diciassette anni, capirete dunque che non è cosa da poco». Dopo aver accettato si regala una lunga conversazione telefonica con Lippi mentre dall’Italia arrivano endorsement di ogni tipo: da Mancini, che polemico come al solito aggiunge un sarcastico «spero che ora possa giocare di più», a Boškov e Cerezo. Ma la notizia di Vialli che diventa allenatore dal nulla provoca anche una reazione scomposta: Azeglio Vicini, presidente dell’Associazione Italiana Allenatori, interviene per ricordare la sacralità richiesta dal ruolo, quell’iter molto caro dalle parti di Coverciano. «Il doppio ruolo è delicato, non a caso da noi è consentito solo tra i dilettanti. Vialli dovrà imporre regole che magari non saprà rispettare in prima persona» dice l’ex commissario tecnico azzurro. Il debutto di Vialli è in Coppa di Lega. Il Chelsea ha perso 2-1 la semifinale di andata a Highbury e ospita l’Arsenal a Stamford Bridge nel tentativo di ribaltare il discorso e regalarsi un posto a Wembley. Negli spogliatoi, prima della partita, Vialli fa trovare ai suoi giocatori un tripudio di bottiglie di champagne, per dare il via alla nuova fase in maniera decisamente originale. La tensione si allenta, la squadra entra in campo pronta a dare tutto per Vialli, che approfitta per schierarsi titolare nell’attacco del Chelsea in una rivisitazione vintage del suo ruolo, piazzandosi ala destra: i gol di Hughes, Di Matteo e Petrescu valgono il passaggio del turno, Vialli lascia il campo a dieci minuti dalla fine accolto da una standing ovation e a fine partita si ritrova a dover parlare in quanto «man of the match». Al suo fianco ci sono anche Dennis Wise e Frank Lebœuf, due leader di quel Chelsea. Racconta della pressione di una situazione così assurda («Mi verrà un infarto di questo passo»), del doppio ruolo e di una partita da vincere a tutti i costi. Rende a Gullit i meriti della qualificazione, riconosce la sua importanza per la crescita della squadra, parla già da allenatore consumato. Poi riceve un gadget dallo sponsor della competizione, la Coca-Cola: è un orrendo pallone di plastica con i colori dell’azienda che nasconde un lettore cd, ed è probabilmente una delle cose più anni Novanta che possano esistere sul pianeta Terra. Conclude la serata con una cena al San Lorenzo, prediletto ristorante italiano (che tuttora presenta in carta le «Penne alla Vialli», ingredienti italianissimi come pomodori, basilico e mozzarella), mentre Gullit, suo malgrado, è costretto a vedere andare in onda lo spot riveduto e corretto di Pizza Hut, la catena alla quale si era legato con un contratto pubblicitario: nelle stesse ore in cui Vialli celebra il suo primo successo da allenatore, all’immagine di Ruud che addenta una pizza si aggiungono i dati del suo curriculum e la scritta ingaggiatelo! Sull’onda della mossa del Chelsea, anche il Crystal Palace decide di promuovere come giocatore-allenatore un italiano, vecchio amico di Vialli: è Attilio Lombardo, che per mesi aveva cercato di convincere Gianluca a cambiare quartiere di Londra. Dopo qualche partita di assestamento, il Chelsea supera un ostacolo scomodo come il Betis Siviglia nei quarti di finale di Coppa delle Coppe e si presenta alla semifinale contro il sorprendente Vicenza di Francesco Guidolin, che in campionato zoppica ma in Europa dà spettacolo. Da una parte il Chelsea dei milioni di sterline, infarcito di giocatori in grado di risolvere una partita in una frazione di secondo, e dall’altra il basso profilo di Guidolin, un uomo che per natura tende a sottolineare solo i lati peggiori delle cose. Prima del sorteggio aveva detto di sapere solo chi non voleva incontrare (il Chelsea, ovviamente), dopo si limita a dichiarare che spera di presentarsi al ritorno a Stamford Bridge con il suo Vicenza ancora in corsa per la permanenza in A. Il calendario crea qualche problema a Vialli: il 29 marzo si gioca a Wembley la finale di Coppa di Lega, la trasferta di Vicenza è fissata il 2 aprile. Gianluca deve gestirsi nel doppio ruolo e sceglie di preservarsi, guardando la finale dalla panchina. Rinuncia anche a inserirsi nell’elenco delle riserve, per il primo trofeo della sua nuova vita vuole rimanere fuori dalla contesa. Dall’altra parte c’è ancora una volta il Middlesbrough, che non ha più Ravanelli ma un’altra vecchia conoscenza di Vialli come Marco Branca al centro dell’attacco. La partita è equilibrata e si prolunga ai supplementari, forse Gianluca pensa che sarebbe stato opportuno darsi almeno la chance di subentrare, ma alla fine Sinclair e Di Matteo cancellano i cattivi pensieri e il Chelsea festeggia la Coppa di Lega. Vialli, impeccabile nel suo completo grigio, porge la coppa ai suoi giocatori e davanti ai giornalisti ricorda che il merito di questo successo è di Gullit. Poi deve immediatamente pensare al Vicenza, si schiera in coppia con Zola in avanti ma il Chelsea sente il peso dei 120 minuti giocati a Wembley e la squadra di Guidolin ne approfitta con un affresco di Lamberto Zauli, giocatore che rappresenta un’anomalia in una Serie A che in questa fase storica tende a incasellare i fantasisti o da esterni di fascia, o da seconde punte. Ma Zauli è un trequartista di un metro e novanta, con le gambe lunghissime e il passo lento: lo tiene a galla la tecnica da dieci puro, ed è grazie a questa bizzarra combinazione di abilità e centimetri che riesce a mettere giù un pallone impossibile, a ballare in area per mandare a vuoto Lebœuf e a battere il portiere con un diagonale mancino. Non ci si schioda più dall’1-0 e due settimane dopo, a Stamford Bridge, il Vicenza sa che un gol potrebbe spostare definitivamente la bilancia dalla parte biancorossa per il meccanismo delle reti segnate in trasferta. Pure Vialli lo sa bene e cerca di far passare questo concetto ai suoi giocatori: finché il Vicenza non segna, il Chelsea ha speranze. Dopo 32 minuti, però, queste parole se le porta via il vento. Ancora Zauli protagonista, con una scucchiaiata per Ambrosetti, ma sul pallone arriva Luiso che si porta in giro per l’Italia con fierezza il soprannome di «Toro di Sora», anche se è nato ad Aversa: ha giocato per anni con i bianconeri ciociari e questo gli è bastato. L’irruenza della sua conclusione è in linea con l’appellativo, l’esultanza che impone il silenzio a Stamford Bridge è invece un peccato di arroganza che il Vicenza paga a caro prezzo. Poyet pareggia immediatamente, nella ripresa Vialli inventa l’assist per il 2-1 di Zola e a un quarto d’ora dalla fine è Hughes a segnare il gol che porta il Chelsea in finale. Il Vicenza imprecherà a lungo per un gol annullato, a fine partita Guidolin è il ritratto della rassegnazione e lascia ai giornalisti una dichiarazione un po’ antipatica nei confronti di Vialli: «Io ci ho messo dieci anni per vincere la Coppa Italia, lui due mesi per vincere la Coppa di Lega e arrivare a giocarsi una finale europea». È un ritornello sul valore della gavetta che nel nostro paese emerge con frequenza in tema calcistico e non solo, indicando con sprezzo chi invece non è passato per le difficoltà di un lungo percorso formativo. La vittoria contro il Vicenza, per Vialli, è anche il modo migliore per rispondere alle critiche di Gullit, che alla vigilia aveva detto che Gianluca stava «rovinando il mio Chelsea». E proprio in quelle ore, i tabloid lo mettono sulle prime pagine per la rottura con la storica fidanzata Giovanna, tornata in Italia dopo mesi complicati. A breve conoscerà la donna della sua vita, la sudafricana Cathryn White Cooper, ex modella diventata arredatrice: «Si stupì che non l’avessi baciata la prima sera, da buon italiano. Ma io non sono mai stato aggressivo con le ragazze, e sentivo molto la responsabilità di essere giocatore e allenatore del Chelsea. Non mi sentivo pronto. Alla fine, però, è successo». Vialli ora ha in testa soltanto una data: 13 maggio 1998, finale di Coppa delle Coppe a Stoccolma, Chelsea-Stoccarda. Nelle tormentate ore di vigilia deve fare i conti con le condizioni fisiche non ottimali di Zola e alla fine decide di tenerlo in panchina, schierandosi in coppia con Flo. Si mette al servizio del norvegese, agisce da seconda punta e da tornante, in un ritorno al passato che ne nobilita lo spirito di sacrificio. La difesa del Chelsea controlla senza troppi problemi lo spauracchio Bobič, Vialli fa entrare Zola a una ventina di minuti dalla fine e l’attaccante italiano trova il gol vittoria nel giro di sessanta secondi dall’ingresso in campo, su invito di Wise. È un successo che mette Gianluca all’attenzione di tutta l’Europa del calcio; nelle prime esperienze continentali, ha saputo aggiudicarsi partite delicate grazie ai cambi: con il Vicenza inserendo Hughes a gara in corso, con lo Stoccarda dosando le forze di Zola. Riconosce che allenare è un’esperienza totalizzante: «L’allenatore mette il proprio destino nelle mani degli altri ma il giocatore non lo capisce e diventa esigente, egoista. Devo chiedere scusa, rivaluto tutti gli allenatori che ho avuto, Sacchi incluso. Addirittura Di Matteo mi chiama Arrigo Vialli, dice che glielo ricordo nel modo di fare». Un’uscita sorprendente, considerando che Vialli, tecnicamente, è ancora in parte un calciatore. Aggiunge che non sa se allenerà a lungo ma che ha una certezza: non lo farà mai in Italia, troppo difficile, troppo condizionante.

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