Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Generazione d'oro
08 set 2015
08 set 2015
La classifica dei 15 giocatori più influenti nel grande ciclo vincente della Nazionale spagnola.
(articolo)
20 min
Dark mode
(ON)

Un anno fa il Mondiale brasiliano segnava la fine della dominazione spagnola. Nessuna squadra in epoca moderna era mai stata per così tanto tempo l’indiscussa Nazionale regina: quattro anni, dal 2008 al 2012, segnati dalla vittoria di due campionati europei e un Mondiale. Un dato che fa ancora più impressione se pensiamo che fino all’Europeo del 2008 la Spagna era una Nazionale fondamentalmente perdente: nota per avere ottimi giocatori senza riuscire ad andare molto oltre il girone eliminatorio. La generazione d’oro spagnola riesce in quello che l’Olanda degli anni ‘70 ha soltanto sfiorato: vincere e farlo con un’idea di gioco che si sposa perfettamente con i talenti a disposizione. Uno stile di gioco passato alla storia—in modo semplicistico—come tiqui-taca e che è entrato così in profondità nella cultura calcistica del paese da essere adottato anche dalle categorie giovanili, risultando anche lì vincente, con due Europei U-21 vinti consecutivamente nello stesso momento di dominio dei più grandi.

Tutto nasce con il CT Aragonés, che intuisce che la fragilità difensiva della sua squadra deriva dall’impossibilità di giocarsela fisicamente alla pari con le altre Nazionali. Decide allora di difendersi con il pallone, spostando la sfida dal piano fisico a quello tecnico. La scelta si sposa perfettamente con le caratteristiche dei giocatori, che, supportati dall’introduzione da parte del CT dei concetti del gioco di posizione del Barça (come linee di passaggio sempre presenti e movimenti studiati così da rendere automatica l’esecuzione), sono in grado di massimizzare come mai nella storia la precisione dei passaggi. Una squadra che, partendo da una soluzione a un problema difensivo, diventa la più offensiva dell’Europeo 2008.

Del Bosque perfezionerà ed estremizzerà l’idea elaborata da Aragonés, arrivando al calcio di possesso totale, dove i movimenti in campo non vengono studiati, ma costruiti in corsa dalle letture dei giocatori. La rosa della Nazionale è composta allora da calciatori fatti su misura per il calcio associativo, una generazione che raggiungerà la propria consacrazione nel Mondiale del 2010, ma che forse affermerà la propria ideologia calcistica con ancora maggiore radicalità nell’Europeo del 2012, quando del Bosque schierò una formazione del tutto priva di punte.

Ciò che stupisce della generazione d’oro del calcio spagnolo non è solo la qualità degli interpreti, ma anche la profondità della rosa, che persino nei suoi interpreti più marginali, pensiamo a Mata o a Cazorla, esprimeva un’aderenza perfetta ai concetti.

In questo cambio di paradigma alcuni giocatori hanno influito più di altri, e ho deciso quindi di elaborare un power ranking dei talenti di quella generazione d’oro. Una classifica articolata tenendo conto del talento del calciatore, dell’aderenza al sistema pensato da Aragonés e da del Bosque e dell’effettivo apporto in campo (dove il Mondiale 2010 peserà più degli Europei, rappresentando il momento più alto del ciclo).

15. Pedro Rodríguez

Arrivato in Nazionale nel 2010, al suo secondo anno in prima squadra con il Barça, finito con almeno un gol in ogni competizione in cui ha giocato. Non è stato presente quindi nella Spagna di Aragonés, in cui si sarebbe trovato a suo agio col gioco di posizione, bensì nella versione della Spagna a lui meno congeniale. Nel Mondiale sudafricano l’assenza di un gioco definito lo ha portato ad avere troppe libertà rispetto alle sue caratteristiche (nella testa di tutti c’è ancora l’azione in semifinale in cui decide di tirare in porta e sbagliare invece di passarla a Torres, che gli corre libero accanto).

Meno adatto di altri, ad esempio Cazorla o Mata, al calcio di del Bosque, il suo impatto nel Mondiale può essere riassunto nel tiro al minuto 83 ribattuto in porta da Villa che permette alla Spagna di battere il Paraguay nei quarti. Grazie alla scarsa forma di Torres, è stato promosso titolare nella finale del Mondiale, dove ha giocato una partita solida, facendosi trovare pronto nell’occasione più importante della storia della Spagna. Nell’Europeo 2012 è tornato al ruolo di riserva che gioca gli ultimi minuti delle gare, non facendo mancare il suo contributo.

Il tiro sbagliato di Pedro che finisce per essere un assist per Villa nella difficilissima partita contro il Paraguay.

14. Jesús Navas

Navas è stata l’unica ala classica della generazione, e per questo ha rappresentato una risorsa fondamentale per permettere a del Bosque di avere un giocatore che allarghi in campo cercando il fondo sempre dall’esterno. È un giocatore da situazione, utilizzato nel caso in cui del Bosque necessiti di ampiezza e profondità contro le difese bloccate.

Navas ha rischiato di non giocare mai in Nazionale a causa dei problemi di ansia che gli rendevano impossibile persino abbandonare Siviglia, anche solo per una trasferta. Nel 2009 è riuscito a superare il blocco psicologico ed è stato convocato da del Bosque in vista del Mondiale. È entrato nella storia della Spagna per aver iniziato l’azione del gol vittoria della finale del Mondiale dopo essere entrato a partita in corso, partendo palla al piede dalla difesa per farsi 30 metri scatenando la transizione offensiva spagnola. Anche nell’Europeo del 2012 risulta fondamentale a partita in corso, soprattutto con il gol al minuto 88 con cui la Spagna supera la Croazia nell’ultima partita del girone. In una generazione così omogenea la sua diversità ha fatto—e ancora fa—la differenza.

13. Marcos Senna

Cresciuto in una favela di San Paolo in Brasile, è arrivato in Spagna al Villarreal a 26 anni dopo non essere riuscito a trovare una squadra dove giocare in modo stabile tutta la carriera. Nel momento di vuoto della mediana spagnola, nel 2006, Aragonés gli chiese di prendere la nazionalità, con la promessa di una maglia da titolare per il Mondiale di Germania a 29 anni. Il suo impatto con la Spagna è stato immediato e l’Europeo 2008, giocato da interno accanto a Xavi e come unico schermo difensivo, è stato perfetto. Finisce la competizione entrando nella squadra ideale della UEFA. Senna ha rappresentato una rete di sicurezza per una squadra votata all’attacco, dove, a differenza delle altre alternative nel ruolo, è riuscito comunque a non essere un peso in fase di possesso. A 33 anni, e con l’esplosione di Busquets e Javi Martínez, non è stato convocato da del Bosque per il Mondiale del 2010, chiudendo la sua breve avventura con la Nazionale spagnola, dove può dire di essere stato un pezzo fondamentale della rivoluzione di Aragonés.

12. Fernando Torres

Ogni generazione d’oro necessita del cannoniere che faccia la differenza. Il Müller o l’Henry della Spagna doveva essere Torres, un predestinato che ha esordito sedicenne con l’Atlético.

L’apice della forma di Torres in Nazionale è stato l’Europeo del 2008, nel quale ha dominato il centrodestra dello schieramento di Aragonés, dando profondità e velocità all’attacco spagnolo e completandosi perfettamente con il compagno di reparto Villa. Entrambi finiranno poi nell’undici ideale della UEFA. Il suo gol alla Germania in finale è la rappresentazione perfetta dello zenit dell’importanza di Torres per i destini della Nazionale.

Due anni dopo gioca un Mondiale deludente, nel quale ha risentito dell’infortunio accusato in Premier. Dopo un girone giocato in modo poco brillante ha perso il posto da titolare in semifinale e in finale. Con ormai la certezza di non rivedere più il vero Torres, anche gli Europei 2012 sono stati giocati da riserva, con del Bosque che si convince a fare completamente a meno di veri attaccanti. È entrato segnando un gol e servendo un assist nella finale dell’Europeo, ma ormai ai margini.

Con i Mondiali del 2010 in arrivo Torres rivive il gol più importante della sua carriera. Visto adesso il video mette quasi tristezza, se pensiamo alla traiettoria discendente che prenderà la sua carriera.

11. David Silva

In una qualsiasi Nazionale al mondo Silva sarebbe stato probabilmente tra le stelle della squadra, a ennesima riprova della profondità di questa generazione. Un giocatore elegante, intelligente, dalle letture di gioco superiori, che fa innamorare Aragonés al punto da promuoverlo titolare a 22 anni per l’Europeo 2008 come falso esterno di destra.

Giocando sulla fascia opposta al piede naturale viene portato ad associarsi in modo naturale con l’interno Xavi e a sfruttare la profondità dei movimenti di Torres. Si è creato così il triangolo offensivo motore della squadra. Con l’arrivo del prudente del Bosque e la scelta di un centrocampista centrale in più ha perso il posto in favore di Iniesta, con Villa dirottato sull’esterno. Il Mondiale del 2010 è stato quindi giocato da comprimario. È tornato però fortemente in voga con la Spagna dei centrocampisti del 2012, in cui la sua presenza a destra è stata fondamentale sia per sfruttare i movimenti di Cesc da falso 9, sia per la presenza come terzino di Arbeloa, incapace di accompagnare lo sviluppo dell’azione oltre l’appoggio semplice per il compagno vicino. Ha retto quindi da solo il peso dell’attacco a destra e lanciato Cesc in porta nella prima partita contro l’Italia, oltre ad aprire la goleada della finale sempre contro gli azzurri.

10. Gerard Piqué

C’è stato un tempo in cui accanto a Puyol in Nazionale giocava l’onesto Marchena o addirittura il mediocre Pablo. Con il tempo la coppia con Piqué è entrata nell’immaginario comune tanto da sembrare quasi che siano cresciuti insieme. In realtà Piqué, prima del ritorno a casa nel primo anno di Pep Guardiola al Barcellona, era considerato un grandissimo talento inespresso. Con Pep cambia la sua storia e dà vita a una coppia di centrali perfettamente bilanciata, nella quale permette, grazie alla tecnica e alla freddezza palla al piede, di uscire in modo pulito anche dalla difesa senza dover passare per forza dal portiere ai centrocampisti.

La linea della squadra può essere più alta in fase di possesso, potendo contare proprio su Piqué come parte integrante della creazione della manovra. Non dovendo difendere in modo posizionale, o troppo vicino alla propria area, non escono fuori neanche i suoi limiti, a eccezione solamente nel gol all’esordio del Mondiale contro la Svizzera da parte di Fernandes. L’altezza superiore al metro e novanta poi lo rende fondamentale nei calci piazzati, soprattutto per una squadra che ha nella fisicità un suo gap strutturale.

Nell’Europeo 2012 l’assenza per infortunio di Puyol ha portato Sergio Ramos al suo fianco in una difesa che ha subìto un solo gol, quello di Di Natale, nato da un fuorigioco sbagliato da Ramos e dal suo ritardo nel recupero. Nel corso del torneo però la coppia si consoliderà e risulterà devastante in fase di costruzione, con due centrali di grandi livello nella gestione della palla.

9. Cesc Fàbregas

Per lungo tempo ha interpretato il ruolo di riserva di lusso, finendo per essere sottovaluto nel peso avuto all’interno del ciclo d’oro. L’importanza di Cesc per la Spagna vive invece di tanti momenti fondamentali. Primo dei quali il rigore con cui elimina l’Italia nei quarti del 2008, passaggio di turno fondamentale per sbloccare una squadra abituata a uscire prima delle semifinali.

Con l’infortunio di Villa ha giocato titolare la vittoriosa finale con la Germania, disputando un’ottima partita. Un altro pallone pesantissimo è passato tra i piedi di Cesc, che con il passaggio per Iniesta libero in area alla sua destra ha consegnato la palla del gol vittoria nella finale del Mondiale. La capacità nell’ultimo passaggio di Cesc non ha forse rivali tra i connazionali ed è risultata fondamentale nei destini della squadra. Discorso diverso quello dell’Europeo 2012, dove l’unicità di Fàbregas viene esaltata nel ruolo di falso 9 giocato da titolare, in cui il movimento tra le linee e la capacità associativa di Cesc crea un gioco fatto di possibilità di passaggi infiniti, portando allo zenit il tiqui-taca di del Bosque. L’assenza totale di profondità nel gioco di quella Spagna data dal movimento incontro di Cesc ha portato agli estremi il gioco della squadra (portando all’uguaglianza tiqui-taca = catenaccio col pallone), che però ha concluso un Europeo perfetto non perdendo mai, subendo un solo gol e vincendo in finale 4-0.

Il pallone di Cesc è in rete e la Spagna passa il turno segnando un punto di svolta per tutta la generazione.

8. Sergio Busquets

In due anni è passato dalla seconda squadra del Barcellona a essere il cocco di del Bosque in Nazionale. L’allenatore ha dichiarato che se potesse essere un giocatore sarebbe Busquets: pur di inserirlo titolare il marchese ha abbandonato la versione vincente di Aragonés—con Xavi e Senna al centro—per un più prudente doble pivote. In Sergio il CT vede un giocatore fondamentale nell’idea di possesso puro che vuole sviluppare. Busquets è dotato di un’enorme capacità di riciclo del pallone e di letture senza pari per il ruolo: sa sempre come posizionarsi per dare una linea di passaggio libera al compagno. In un gioco non strutturato, nel quale le letture sono fondamentali, Busquets, oltre a sapere dove farsi trovare per ricevere in modo pulito, riesce a ridare il pallone esattamente alla stessa velocità con cui gli arriva, dando fluidità alla manovra. La tecnica nel passaggio e nel controllo palla esaltano le capacità associative dei compagni, che in lui sanno di poter trovare sempre un porto sicuro su cui appoggiarsi.

Le assurde doti di lettura non si limitano alla fase di possesso. Busquets vale da solo mezza transizione difensiva, grazie a un senso della posizione che lo porta sempre dove finirà il pallone (liberando così Xabi Alonso nei tentativi di anticipo). Sergio è il giocatore che del Bosque vuole sempre in campo, perché sa esattamente cosa può ricevere da lui e che arriverà con costanza in ogni partita. In tornei così brevi avere costanza di rendimento è fondamentale e Sergio Busquets non è mai sceso sotto la sufficienza.

7. Xabi Alonso

Tenuto fuori dai titolari da Aragonés nell’Europeo del 2008, diventa inamovibile con del Bosque. Il basco è risultato necessario soprattutto in fase di costruzione alla base della manovra, dove Sergio Busquets non ha la creatività o la tecnica nel lancio necessarie a sviluppare l’azione. Xabi Alonso è il primo deputato a verticalizzare il gioco nel caso in cui uno dei compagni si trovi libero dalla marcatura. Giocando in un sistema di letture, la sicurezza nelle scelte e la precisione nell’esecuzione da parte del regista basco garantiscono una base di partenza necessaria per il possesso palla, altrimenti facilmente leggibile dagli avversari. Con Alonso la Spagna guadagna la capacità di saltare il centrocampo, così si possono trovare subito i piedi di Villa o si può scegliere di mantenere il possesso su Iniesta dalla parte opposta. Il doble pivote con Sergio Busquets aiuta Xabi Alonso in fase difensiva, permettendogli rischi che altrimenti non avrebbe preso, togliendogli pressione in fase di transizione difensiva.

La competizione dove Xabi Alonso ha giocato meglio è stato l’Europeo del 2012. Grazie ai continui movimenti tra gli offensivi, la capacità di lancio del basco trovava sempre un compagno libero da servire, creando un boost di confidenza tale da fargli tentare anche sortite offensive non nelle sue corde. Nei quarti di finale contro la Francia Xabi Alonso ha giocato la sua prestazione migliore: oltre a dominare il centrocampo, è riuscito a segnare entrambi i gol della vittoria spagnola.

6. Sergio Ramos

Tolta l’ultima partita del girone dell’Europeo del 2008 con la Spagna già qualificata, Sergio Ramos ha giocato ogni partita dei due Europei e del Mondiale. Nel Mondiale in Sudafrica la copertura difensiva su Iniesta chiesta da del Bosque lo responsabilizza e da terzino destro garantisce una prestanza fisica debordante sulla propria fascia—e un valido appoggio nella circolazione di palla.

Sergio Ramos nasce come terzino destro e in questo ruolo ha giocato in Nazionale fino all’infortunio di Puyol e al successivo abbandono alla Nazionale del centrale catalano (curiosamente nato come lui terzino destro). I problemi di temperamento e di concentrazione potevano tornare con lo spostamento al centro, ma l’Europeo del 2012 ha mostrato una versione extralusso dell’andaluso, che si è permesso persino un cucchiaio per segnare nei rigori contro il Portogallo. Sostituire mentalmente un leader della difesa come Puyol era un’impresa quasi impossibile, eppure Ramos ne è stato all’altezza, dimostrandosi un giocatore fondamentale per il prolungato successo della generazione.

5. David Villa

Con la Spagna reduce dalla sconfitta con la Svizzera, ci ha pensato David Villa a letteralmente inventarsi da solo il gol per sbloccare la partita con l’Honduras. Ha raccolto la palla sull’esterno sinistro, saltato sul posto l’avversario diretto e battuto il centrale in copertura spostandosi la palla sul destro prima di tirare sul palo opposto già in caduta.

Nella partita decisiva del girone contro il Cile di Bielsa è stato sempre lui a sbloccare il risultato con un tiro da quaranta metri a porta vuota su un’uscita matta di Bravo. Il telecronista spagnolo non riesce a contenersi e se ne esce urlando che solo Villa poteva segnare un gol del genere: «El mas listo del barrio», il piú furbo del quartiere, viene definito. Avere Villa così in alto in classifica può stupire. Andando però a rivedere risultati e gol dell’Europeo 2008, e soprattutto del Mondiale, è stato David Villa a trascinare a suon di gol la Spagna avanti nella competizione: detto del girone, negli ottavi contro il Portogallo è stato ancora lui a infilare la palla in rete per l’1-0 finale, esattamente lo stesso risultato dei quarti contro il Paraguay (di nuovo un suo gol, in una partita complicatissima).

Il goleador di questa generazione doveva essere Torres, ma alla fine è stato Villa, che pur partendo dall’esterno ha segnato i gol fondamentali per far avanzare la Spagna. L’assenza di Villa per infortunio all’Europeo del 2012 è stata la causa principale che ha portato del Bosque a togliere del tutto la punta dal proprio schema. Se fosse stato sano sicuramente sarebbe partito al centro dell’attacco.

4. Carles Puyol

La prestazione quasi mistica offerta in occasione del Mondiale l’ha trascinato di diritto nell’Olimpo del ruolo, forse storicamente alla pari con Fernando Hierro. Rimane stampata nella storia l’immagine dell’incornata con cui al minuto 73 anticipa il compagno Piqué partendo due metri indietro rispetto a dove arriverà la palla, con gli iconici ricci che sembrano quasi aiutarlo nella frustata.

Tutto il torneo ha rasentato la perfezione, con la difesa tenuta mentalmente in pugno dopo la sconfitta shock all’esordio (dove il gol nacque da un suo contrasto aereo perso), con ogni intervento di copertura effettuato in modo deciso e corretto, facendo prevalere la lettura all’esplosività, ormai non più ai livelli di inizio carriera.

La sicurezza di poter avere sempre Puyol dietro in copertura ha permesso a Piqué di giocare con tranquillità, alzando così la linea difensiva. Se dal punto di vista tecnico non ha aiutato il gioco quanto Piqué o Ramos (nonostante rimanga sempre freddo con la palla tra i piedi), dal punto di vista tattico è risultato un vero muro per gli avversari. Un giocatore intenso che compensa la pazienza quasi letargica del centrocampo con un’energia con cui mantiene sempre mentalmente svegli i compagni di reparto. Dopo il Mondiale dominato ha deciso di continuare con il gruppo puntando all’Europeo del 2012. Un infortunio ne anticipa però il ritiro dalla Roja.

Il miglior centrale della generazione passerà alla storia per un gol. Va detto che nella ferocia dello stacco e nella tecnica del colpo di testa c’è tutto il Puyol difensore.

3. Iker Casillas

Adesso Casillas è il portiere lento e impacciato dagli errori facili che la sua squadra ha scaricato con una pacca sulla spalla. Quanto fatto con la Nazionale tra il 2008 e il 2012 però non gli può essere tolto. Casillas ha alzato le coppe da capitano, ricoprendo il ruolo di collante dello spogliatoio, diviso tra giocatori del Barça e del Madrid a rischio di piena “guerra santa” in campionato. Tecnicamente Casillas doveva stare in campo col difficile compito di rimanere concentrato nelle poche occasioni che la sua difesa avrebbe concesso.

Iker ha anche i suoi momenti storici, come il rigore parato nei quarti di finale del Mondiale contro il Paraguay sullo 0-0 o il rigore parato a Moutinho nella serie della semifinale dell'Europeo del 2012. Ha anche il momento pop per eccellenza del ciclo, con il bacio alla fidanzata reporter Sara Carbonero in piena intervista dopo la vittoria del Mondiale. Quanto fatto dal punto di vista psicologico dietro le quinte (che gli è probabilmente valso il rancore di Mourinho) e soprattutto in campo, in un ruolo così delicato, ha permesso al gruppo di reggere tanta pressione per un periodo lungo, come nessun’altra Nazionale aveva mai fatto in epoca moderna.

2. Andrés Iniesta

Per mesi è stato applaudito praticamente in ogni stadio di Spagna come ringraziamento al gol che è valsa la stella sul petto della Roja. Iniesta è l’autore del gol più importante della storia del calcio spagnolo, un gol che è al contempo summa del giocatore stesso. Nessun altro giocatore spagnolo ha coniugato così perfettamente tecnica e freddezza, anche nei momenti più decisivi. Per questo Andrés Iniesta è il maggior talento della storia del calcio spagnolo, il mago in grado di riuscire nella giocata anche nella situazione più difficile, capace di esaltarsi nel calcio di possesso, ma che ha al contempo la capacità di sublimarne l’enorme mole di gioco.

Aragonés lo ha schierato falso esterno a sinistra del suo centrocampo, chiedendogli l’ultimo passaggio per le due punte, ed è a quel punto che la Spagna è diventata la squadra col migliore attacco della competizione. Del Bosque lo ha schierato prima a destra, chiedendogli di inventare la giocata giusta, ed è stato ripagato col gol in finale, poi esterno sinistro nell’Europeo 2012, dove Iniesta ha giocato un calcio surreale, arrivando a essere nominato migliore in campo dalla UEFA in 3 delle 6 partite giocate, compresa ovviamente la finale.

Nel calcio di possesso di del Bosque il lavoro con il pallone di Iniesta è fondamentale nel consentire alla squadra di guadagnare terreno: Don Andrés ha la capacità di farlo sia saltando l’uomo (o nel suo caso gli uomini) che sfruttando la visione di gioco per trovare il compagno libero. Di giocatori tecnici che possono rivaleggiare con Iniesta in maglia rossa ce ne sono stati e ce ne sono anche adesso, ma l’armonia tra tecnica palla al piede e senso del gioco associativo non ha eguali, neanche nella generazione d’oro. Iniesta è il giocatore perfetto per il tiqui-taca, a cui riesce ad aggiungere la dimensione dell’imprevedibilità palla al piede, ingrediente fondamentale per evitare che il possesso rimanga sterile. In altre parole, Iniesta è il giocatore che fa la differenza.

I protagonisti del gol più importante descrivono l’azione, quando la parola va a Iniesta arriva un tocco di poesia: «È difficile ascoltare il silenzio, però in quel momento io ho ascoltato il silenzio e sapevo che quel pallone sarebbe entrato».

1. Xavi Hernández

È stato lo stesso Xavi a definire Aragonés come l’allenatore più importante della sua carriera, il primo a consegnargli le chiavi del gioco della squadra e la fiducia incondizionata. Senza Xavi non ci sarebbe stata la Spagna del tiqui-taca e probabilmente quindi neanche la generazione d’oro capace di vincere tutto. Xavi non è stato solo fondamentale per il gioco della Spagna, ma ha rappresentato il punto di partenza stesso da cui è stato eretto il sistema. Aragonés (che prima di Guardiola, va ricordato) decide di affidarsi alle qualità di Xavi per costruire la sua difesa col pallone, cambiando il DNA della squadra. Del Bosque costruisce attorno alla visione di gioco di Xavi il sistema che arriva a fare a meno di punte vere e proprie.

Va detto che Xavi, seppur rappresenti l’alfa e l’omega di tutto, non è stato mai sfruttato in maniera totale dai due allenatori, come invece ha fatto Guardiola: Aragonés utilizzandolo da interno non gli garantisce le varie opzioni a disposizione del Xavi mezzala destra del 4-3-3 e del Bosque, pur costruendo la squadra sui passaggi corti, posizionandolo al centro e dieci metri più avanti, lo utilizza come mezzo attraverso il quale passa il gioco, e non tanto come fonte del gioco stessa. Eppure Xavi rimane il giocatore simbolo di questa generazione, in grado di gestire perfettamente tre versioni diverse della stessa Nazionale. Il gioco di Xavi è diventato il linguaggio di tutta una generazione e il carattere del centrocampista ha formato il gruppo con la pazienza e la fiducia nel sistema propria del teologo catalano. La Spagna raggiunge un livello di consapevolezza nei propri mezzi tale da rasentare la presunzione, con la palla che gira al ritmo di Xavi sempre e comunque.

Con 599 passaggi riusciti (percentuale del 91%) ha scritto il record per un giocatore al Mondiale 2010. Se la Spagna per cambiare la sua storia aveva bisogno di un profeta, lo ha trovato in Xavi. Connubio perfetto di talento applicato a uno stile di gioco costruito su misura, e di mentalità vincente.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura