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Il peso medio più forte non è in UFC
28 set 2018
Ritratto di Gegard Mousasi, che affronterà Rory MacDonald in Bellator 206.
(articolo)
11 min
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Il primo soprannome di Gegard Mousasi è stato “The Dreamcatcher” (l’Acchiappasogni) poi con la maturità è diventato “The Armenian Assassin” (l’Assassino armeno, perché figlio di genitori armeni, anche se in realtà è nato a Theran ed è di nazionalità olandese). Quest’ultimo sarebbe persino un soprannome azzeccato, se si considerano le numerose finalizzazioni precedute da match spesse volte cruenti: ben 25 KO o TKO e 12 sottomissioni sulle 44 vittorie totali. Il fatto è, però, che Gegard Mousasi detesta i soprannomi.

Mousasi è solo Mousasi e quando si fa presentare, chiede che non venga usato, come è usanza nelle MMA, il nickname (“Ho letto su internet che ai fan non piace il mio soprannome” ha detto una volta, “Fosse per me starei senza soprannome”). Forse perché una storia come la sua - fuggito all’età di 4 anni insieme ai genitori a Leiden, in Olanda, per via del conflitto bellico fra Iran e Iraq - non ti dà grande voglia di parlare di sogni da acchiappare. Nascere a Teheran nel 1985 non è stata una grande fortuna, nascere di etnia armena e di religione cristiana non aggiunge niente di positivo. Come molti uomini e donne di etnia armena senza più una patria, i genitori di Mousasi hanno cercato pace altrove. La storia umana e sportiva di Gegard Mousasi (il suo cognome in realtà è Movsesyan) è una storia di fiducia e determinazione, ma anche di talento e capacità d’adattamento.

Mousasi è l’attuale campione dei pesi Medi della promotion Bellator, la seconda più importante dopo l’UFC. Mousasi, più in generale, è uno dei migliori Medi in assoluto e uno dei fighter più importanti dell’ultima decade. Quando, poco più di un anno fa, nel luglio del 2017, ha annunciato di non voler rinnovare con l’UFC ma di preferire l’offerta di Bellator in molti rimasero scioccati dalla sua scelta. Per qualcuno è stata una scelta di principio - perché Dana White e l’UFC non lo aveva promosso a dovere e non gli offriva abbastanza - per altri una scelta di comodo - perché se sei forse il Medio più forte in UFC lo sarai di sicuro in Bellator.

Lasciando da parte quello che sarebbe potuto essere e non è stato, finalmente Gegard Mousasi ha davanti un incontro alla sua altezza, in Bellator. Il prossimo 29 settembre, infatti, incontrerà uno dei pesi Welter più forti al mondo, anche lui in Bellator nonostante il valore assoluto: Rory MacDonald.

MacDonald, a differenza di Mousasi, non ha problemi con i soprannomi, e ne ha uno che calza a pennello con la tendenza a colorare di sangue i suoi incontri: “The Red King” (ne ho già scritto approfonditamente qui).

Come sta Mousasi

Nel suo ultimo incontro Gegard Mousasi ha annientato il fortissimo Rafael Carvalho (15-2) in appena tre minuti e mezzo. A sua volta Carvalho, nella sua ultima apparizione in gabbia, aveva distrutto l’italiano Alessio Sakara in appena 44 secondi. Prima dell’incontro Mousasi si era detto insolitamente nervoso nonostante il record (44-6-2) e i titoli conquistati in precedenza, ovvero quelli di DREAM, Strikeforce e Cage Warriors fra gli altri. La tensione però si è trasformata in un dominio totale.

Con il suo caratteristico stile da kickboxer composto, passo avanti - passo indietro per trovare le misure, l’olandese non si è mai scomposto davanti al più mobile Rafael Carvalho: appena trovato il takedown (prendendo il tempo a Carvalho, afferrando un calcio circolare e caricando l’atterramento, con una completezza stilistica e una condizione atletica eccezionali) ha preso la posizione di full-mount, poi la schiena ed ha affondato un furioso ground and pound.

Carvalho non perdeva dal suo esordio nelle MMA, ovvero dal dicembre 2011: era a 15 vittorie consecutive ed aveva dimostrato di poter stare sul tetto dei medi in Bellator. Poi è arrivato Mousasi.

Come è cambiato Mousasi

Lo stile spensierato e spettacolare del primo Mousasi ha lasciato il posto alla concretezza e alla pianificazione, necessarie per evitare errori di gioventù e di immaturità. Parliamo di un professionista dal 2003: essendo nato nel 1985, Mousasi ha iniziato il suo percorso a soli 18 anni. Un ragazzo, quindi, diventato uomo nei ring e nelle gabbie.

Mousasi ad inizio carriera non era affatto “costruito”, come invece sarà nella sua evoluzione. Il suo era uno spettacolo naturale, estremamente coinvolgente: Mousasi accettava ogni area del combattimento e dava il massimo pur non essendo al suo massimo. Voleva solo dimostrare di essere il migliore nel campo dell’avversario e che la comfort zone del suo avversario, contro di lui, non era una comfort zone. Voleva essere il Re della Giungla.

Il percorso di rinnovamento di Mousasi parte dalla sconfitta subita contro Jacare Souza a UFC Fight Night 50, nel settembre 2014. I due avevano già combattuto (a DREAM 6, evento nel quale vinse il titolo massimi-leggeri) ma aveva vinto Mousasi, con un upkick chirurgico che fece crollare il brasiliano.

Gli upkick sono sempre stati una risorsa nel larghissimo repertorio dell’armeno: uno sfogo, una risposta all’avversario che lo porta a terra, la restituzione dell’atterramento subito con gli interessi.

Ne sa qualcosa Keith Jardine, contro il quale Mousasi ottenne un pareggio a Strikeforce, nell’aprile 2011, proprio per via di un upkick ritenuto illegale, che gli costò un punto e la vittoria finale. Un anno prima, ancora in Strikeforce, a causa di un altro punto detratto, Gegard perse incontro e titolo dei massimi-leggeri contro King Mo Lawal per decisione unanime. Croce e delizia, i suoi upkick, che hanno dato e hanno tolto, specie in occasioni in cui l’oro era in palio.

Quando Mousasi e Jacare si sono incontrati di nuovo, stavolta in UFC, il record dell’armeno era di 2-1 nella massima promotion mondiale. Aveva battuto Ilir Latifi, ma aveva dovuto cedere il passo a quello che probabilmente era il miglior Lyoto Machida mai visto dai tempi di Randy Couture. Poi si era rifatto con una Performance of the Night grazie alla sottomissione su Mark Muñoz.

La seconda volta è stato Souza, in piena ascesa, ad avere la meglio. Gegard, forse troppo timido rispetto al suo stile attuale, accettò il grappling di Jacare. Più dotato nello stand-up, nello striking in particolare, avrebbe dovuto far di tutto per esasperare lo sprawl - come avrebbe fatto Whittaker anni dopo contro lo stesso Souza - ed imporre il proprio gioco: da quell’incontro Mousasi ha capito che doveva fare di più e doveva farlo meglio, per essere considerato il numero uno.

Doveva, per farla breve, diventare più tattico, sfruttare di più la sua straordinaria intelligenza nell’ottagono.

Il secondo passo falso

Dopo aver demolito Dan Henderson e gestito magnificamente Costas Philippou, Mousasi perde di nuovo, inaspettatamente. A UFC Fight Night 75 affronta Uriah Hall: un prospetto atleticamente incredibile, creativo ed esageratamente estroso in fase di striking, ma poco più che sufficiente per gli alti livelli che rappresenta UFC nel grappling e nel ground game.

Dopo un dominio assicurato nel corso del primo round, nel quale Mousasi impone il proprio grappling soffocando Hall, nel secondo round arriva un lampo, uno spinning back kick che raggiunge Mousasi al volto. Si era abbassato per evitare quello che sembrava essere uno spinning heel kick, ma l’imprevedibilità di Hall ha avuto la meglio: una ginocchiata saltata poi ha chiuso il match.

Gegard razionalizza subito e dichiara che si tratta solo di una sconfitta occasionale, di una serie di fattori sfavorevoli per lui e favorevoli per il suo avversario. In effetti, a guardarci indietro oggi dobbiamo notare come da quella sconfitta siano arrivate ben 7 vittorie consecutive.

Mousasi ha continuato ad evolversi, modificando il proprio stile in modo da favorire la propria aggressività in un contesto sempre più tattico: negli ultimi incontri ha affrontato ogni tipo di fighter: un grande BJJ fighter (Thales Leites), un grande striker (Thiago Santos), un grande wrestler (Chris Weidman). Con in mezzo un match che serviva solo alla propria sicurezza e a nulla più: la rivincita con Uriah Hall.

Il match sembra essere a senso unico come la volta precedente, con una sola, sostanziale differenza: Mousasi porta a termine il lavoro già nel primo round, con un ground and pound seguito al takedown.

Il controverso match contro Chris Weidman

Ma la consacrazione di Gegard Mousasi come uno dei pesi medi più forti al mondo, è avvenuta contro l’ex campione UFC Chris Weidman. Il match è finito in modo controverso: con Weidman che ha chiesto l’ingresso del medico in seguito a una ginocchiata di Mousasi ritenuta inizialmente illegale (Weidman in realtà tiene i quattro appoggi a terra, però non carica il peso sulla parte superiore del corpo e si fa sollevare da Mousasi prima della ginocchiata) e l’arbitro che, dopo aver riscontrato la regolarità del colpo, ha dovuto interrompere l’incontro dando la vittoria a Mousasi.

Ma al di là del finale, Mousasi aveva dimostrato una superiorità lungo tutto il match, arginando la fisicità di Weidman e imponendosi in maniera netta in fase di striking. Weidman era riuscito a portare il primo takedown ma la facilità con la quale Mousasi si era rimesso in piedi aveva anticipato il resto dell’incontro. Coi colpi, Mousasi era sempre in anticipo: la leggiadria e la precisione del suo jab (vero e proprio marchio di fabbrica dell’armeno, arma sulla quale ha costruito molti dei propri successi), la sua compostezza, lo aiutavano ad anticipare praticamente ogni movimento di Weidman. Mousasi ha dominato con uno stile semplice: jab, passo avanti, diretto a segno; jab, passo indietro, ancora jab; jab, diretto, schivata circolare laterale dalla media distanza. Mousasi sapeva che Weidman è un wrestler di livello assoluto e non voleva concedergli nulla.

Weidman ha sprecato molte energie invano per tenere a terra Mousasi e per tentare dei single-leg durante i quali Gegard concedeva solo la gamba, piegandola a 90 gradi in orizzontale e prendendo la schiena da una posizione più alta. Così facendo, riusciva a controllare il peso e non doveva finire in full guard. Dal canto suo, Weidman, in quella posizione deve comunque continuare a controllare la gamba per non concedere lo sprawl totale e quindi la north-south position. Il controllo in grappling di Mousasi è migliorato in maniera evidente e si rifiuta di passare in full-guard con la schiena a terra.

Chris Weidman è un wrestler NCAA Division I, il livello più alto nella lotta collegiale. Mousasi invece è un fighter che praticamente si trova a suo agio in qualsiasi area l’azione presenti: un vero e proprio freak che con l’allenamento è diventato quasi perfetto. La naturalezza con la quale è sgattaiolato e sfuggito alle prese di Weidman è risultata a tratti imbarazzante.

In apertura del secondo round, una sfuriata di Mousasi mette a dura prova la resistenza di Weidman, che deve dar sfoggio di tutte le proprie abilità per rimanere in piedi quando l’armeno tenta un atterramento. Stilisticamente Mousasi mescola i colpi al volto e al corpo, avanzando come un carro armato, entrando in clinch e colpendo anche con ginocchiate e calci.

La forza fisica dell’armeno si rispecchia nella smorfia che si dipinge sul volto del suo avversario, uno dei wrestler più straripanti in circolazione.

Poco dopo, Mousasi mette a segno le ginocchiate al volto che terminano l’incontro. Sembra una violazione scandalosa inizialmente, poi invece il replay (che nello stato di New York comunque non potrebbe essere visualizzato) chiarisce la regolarità dell’azione: Gegard solleva quanto basta il corpo di Weidman e lo colpisce due volte proprio quando le mani non toccano terra: la vittoria per TKO è d’obbligo dopo che Weidman si è fermato.

Mousasi non festeggia nemmeno. Ma questo è l’incontro della sua consacrazione.

Il match con MacDonald

Quando si osserva Mousasi e si guarda intensamente il suo volto placido, tranquillo, impenetrabile, se non si considerano per appena un attimo il suo metro e novanta d’altezza ed i suoi quasi cento chilogrammi di peso off-camp, si potrebbe rimanere sorpresi del modo in cui si guadagna da vivere. Con gli occhiali, può sembrare persino un insegnante.

La violenza che Mousasi porta in gabbia fa da contraltare alla sua espressione sereno e quasi apatico, alla necessità di specificare che “sarà lui a fare il cattivo stavolta”, come ha detto in una recente intervista a MMA Fighting, parlando del match con MacDonald. “Rory è un welter molto grosso, è davvero forte, ma non mi impressiona. Sono migliore di lui in tutto.”

La conquista del titolo contro Rafael Carvalho ha confermato, se fosse servito (dopo la vittoria con Shlemenko, seguita ad un incontro combattuto per intero o quasi, con un occhio chiuso ed un osso orbitale a pezzi, nel quale è andato vicino alla sconfitta) che Mousasi è uno dei migliori pesi medi al mondo. Bellator gli ha offerto un match contro Rory MacDonald, un superfight champ vs champ; il problema è che, qualora Gegard dovesse superare anche questa prova, non gli rimarrebbe molto da dimostrare nella promotion.

L’unica opzione plausibile, oltre al ritiro, sarebbe quella clamorosa di un ritorno in UFC con tentativo di conquista dell’ultimo titolo maggiore che manca al suo palmarès. In quel caso, Mousasi rientrerebbe di diritto nella discussione non fra i migliori pesi medi, ma tra i migliori fighter di sempre.

Se c’è un fighter che può tentare l’impresa, è proprio Mousasi. Ma stiamo andando troppo avanti con i pensieri, tra pochi giorni il match con Rory MacDonald segnerà una tappa importante in una carriera già fuori dal comune.

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