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Gareth Bale, ritorno al futuro
25 set 2020
25 set 2020
Ricordo della tripletta che il gallese segnò all'Inter dieci anni fa.
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Guardando le nuovo foto di Gareth Bale con la maglia del Tottenham - dentro il nuovo avveniristico stadio vuoto, con le dita a forma di cuore intorno allo stemma, mentre fa finta di esultare con i pugni chiusi - non posso fare a meno di pensare che siano artificiali. Finte, cioè.


 



Ovviamente tutte le foto promozionali sono finte, ma quelle di presentazione dei nuovi giocatori hanno un loro modo unico di essere ridicole. Forse perché è diventato impossibile comunicare senza almeno un layer, possibilmente ironico, e siamo tutti abituati a guardare oltre qualsiasi narrazione, anche quelle sincere. O forse perché è la narrazione del ritorno, nel calcio, ad essere talmente abusata da risultare posticcia a prescindere. O forse perché oggi che nessuna squadra sembra più intenzionata a spendere sul calciomercato, qualunque operazione ci sembra un artificio finanziario e qualsiasi spiegazione al di fuori dalla contabilità ci sembra semplicemente falsa. Non a caso anche per questa specifica operazione una delle spiegazioni è che il Real Madrid, in un momento economicamente difficile per qualsiasi club, con questo prestito si può finalmente liberare di una parte del suo enorme stipendio.


 

In ogni caso, la nuova maglia del Tottenham sul corpo attuale di Bale mi fa inevitabilmente pensare alla t-shirt dei Red Hot Chili Peppers che avevo orgogliosamente comprato i primi anni del liceo e che adesso uso solo come pigiama. In altre parole, mi dà l’impressione di qualcosa che pensavamo avrebbe contraddistinto le nostre vite negli anni a venire e che invece si è trasformato in qualcosa di ironico o addirittura ridicolo, come alla fine sono tutti i pigiami. Insomma, che il presente si sia travestito in maniera un po’ goffa e non così convinta da passato. O meglio: che il presente si sia accartocciato talmente tante volte su se stesso da diventare qualcosa di solo vagamente simile al passato, un suo scimmiottamento.


 

Credo che questa sensazione sia dovuta esattamente al tipo di giocatore che è stato (e che forse è ancora) Bale, al modo in cui è stato percepito in questi anni, perché non sempre i ritorni nel calcio appaiono posticci e a volte riescono a mantenere quell’aura romantica nonostante tutto. È il caso di Robben al Groningen, per esempio. Ma Robben ha 36 anni e sembra davvero aver esaurito la sua parabola nel calcio d’alto livello, mentre Bale ne ha da poco compiuti 31 e, anche se la sua esperienza al Real Madrid non si può certo definire un fallimento, mi sembra che le cose non siano andate esattamente come ci saremmo aspettati nel 2013, quando il gallese si è trasferito in Spagna.


 

All’inizio del 2014 in un long-forma dal titolo “Venuto dal futuro” Daniele Manusia scriveva che con il calciatore gallese «calcisticamente si potrebbe realizzare, finalmente, l'utopia della squadra perfetta senza specialisti. Un calcio in cui non esistono più i ruoli perché sono tutti Gareth Bale», e che «la domanda che dobbiamo porci mentre lo guardiamo giocare è se Gareth Bale riuscirà a portarci nel calcio post-Cristiano Ronaldo». Come risponderemmo oggi a questa domanda? Adesso che nel futuro ci siamo a Bale sembra che non sia rimasto altro orizzonte che quello di tornare al passato. In Spagna ha scritto alcune memorabili pagine di storia - il gol nella finale di Coppa del Re del 2014 aggirando Bartra, ad esempio, o la rovesciata in finale di Champions contro il Liverpool - ma di fatto è stato marginalizzato dall’allenatore che ha portato il Real Madrid in uno dei cicli più vincenti della sua storia e i suoi ultimi mesi sono ricordati più che altro per l’ironia intorno alla sua passione per il golf.


 

Oggi l’impressione è che Bale debba riscattarsi e che l’unico modo per farlo sia dimostrare di poter tornare a essere quello di un tempo. Nell’estesa copertura del suo ritorno al Tottenham, ad esempio, The Athletic in un pezzo ha fatto un confronto diretto tra il Bale del 2013 e il Bale del 2020, mentre in un altro di analisi del suo inserimento nel Tottenham attuale ha messo come immagine di copertina una foto di uno dei gol segnati in quell’indimenticabile Inter-Tottenham 4-3 di Champions League in un cui nel 2010 si rivelò al mondo. Personalmente, vedendo le foto di Bale nella nuova maglia del Tottenham, anche a me è venuta voglia di rivedere quella partita in cui oggi tutto sembra venire dal passato tranne Bale.


 

Fin dall’entrata delle squadre in campo si viene catapultati in un’epoca lontana. Prima della partita c’erano state feroci polemiche perché il Tottenham aveva consigliato ai suoi tifosi di non portare bandiere con la stella di David perché «non saranno permesse e potrebbero essere sequestrate» dalla polizia italiana. Sugli spalti, infatti, non se ne vedono mentre tra i tifosi interisti ci sono diversi striscioni di tifosi del Liverpool, tra cui uno su cui si legge “Grazie Rafa” - riferito ovviamente al passato ad Anfield di Rafa Benitez, adesso sulla panchina dei nerazzurri. L’Inter è a un passo dalla fine del ciclo del Triplete e le uniche crepe da cui si può vedere il decennio di decadenza che attraverserà dopo sono rappresentate da Biabiany e Coutinho sulle fasce, oltre all’assenza di Milito. Per il resto è di fatto la squadra di Mourinho ma sembra ancora non sapere che sta per andare incontro alla propria senescenza. È vero, l’Inter aveva perso la Supercoppa europea contro l’Atletico Madrid, ma aveva vinto quella italiana contro la Roma e in campionato era appaiata al Milan che avrebbe vinto lo Scudetto e ad appena due punti dal primo posto occupato provvisoriamente dalla Lazio. Nessuno si aspettava ciò che stava per succedere, come si dice in questi casi.


 

Nel Tottenham gli unici giocatori che si possono ricollegare al presente sono in piedi uno accanto all’altro mentre suona l’inno della Champions League. Oltre a Bale c’è Luka Modric, con la solita malinconia negli occhi mentre il guarda il cielo. Ancora più a sinistra Peter Crouch, già con le occhiaie profonde, sembra un mestierante pronto ad andare in scena per l’ennesima volta, anche se allora aveva ancora 29 anni. Bale ha la faccia disegnata, la mascella morbida ma definita, il ciuffo perfettamente a virgola, lo sguardo senza alcuna incertezza verso il futuro.


 


 

Il Tottenham non era ancora la squadra che Pochettino ha trascinato nell’era dei super-club e mi sembra avesse ancora l’aura di un club di vecchia Premier League. Oltre a Bale, Modric e Crouch ci sono Gomes, Hutton, Lennon, Jenas, Gallas, Bassong e Assou-Ekotto. In panchina l’eternamente paonazzo Harry Redknapp, appena uscito da un quadro di Fernando Botero.


 

Guardare oggi il Bale di dieci anni fa è straniante. La sua elasticità muscolare, infatti, è talmente contemporanea - anzi, per certi versi, con quella plasticità da megarobot con l’esoscheletro dei film di Micheal Bay, forse anche oltre il contemporaneo - che quei dettagli che ancora lo tengono ancorato al passato sembrano semplicemente sbagliati. Per esempio, il fatto che indossasse un numero da difensore come il 3, o che il giorno prima Redknapp l’avesse definito con un meraviglioso eufemismo «uno dei migliori terzini sinistri al mondo». Anacronismi che fanno sembrare Bale un uomo letteralmente venuto dal futuro, con la macchina del tempo. Eppure non bisogna dimenticare che dal 2007 al 2010 Bale aveva segnato appena 5 gol con la maglia del Tottenham e fino a gennaio del 2010 non era nemmeno titolare. A centrocampo ci era passato solo alla fine della stagione precedente. Insomma, è solo sapendo ciò che è successo nei 10 anni successivi che si possono davvero guardare le facce dei giocatori dell’Inter mentre provano a stargli dietro con la stessa malizia con cui lo si fa con quelle dei propri amici mentre guardano il finale di un film che tu hai già visto.


 

Rivedendo la partita oggi si nota chiaramente come l’impotenza dei giocatori dell'Inter di fronte alla superiorità atletica e tecnica di Bale li avesse lentamente trascinati in una spirale di nervosismo esasperato, nonostante fossero sopra di quattro gol e un uomo già dal 35esimo del primo tempo. Maicon, che fino a quel momento aveva bullizzato quasi tutte le ali che aveva incontrato con il solito fare di chi non si sta nemmeno impegnando, alla fine del primo tempo se l’era presa in maniera veemente con la panchina del Tottenham che aveva protestato per un suo intervento in anticipo a gamba tesa proprio su Bale, per evitare che si girasse e andasse in campo aperto. Si era portato violentemente il dito alla bocca per dirgli di stare zitti e aveva continuato a inveire verso non si sa chi fino al suo ritorno in difesa. Lo aveva fatto talmente a lungo che era finito per assomigliare a un pazzo che parla da solo.


 

D’altra parte, già al sesto minuto del primo tempo aveva avuto un assaggio di ciò che l’avrebbe atteso per il resto della partita. Bale aveva ricevuto spalle alla porta sulla fascia sinistra e Maicon gli aveva concesso il lusso di girarsi palla al piede. Il terzino brasiliano lo stava attendendo pigramente sull’esterno - alla fine Bale era un mancino a sinistra - mentre l’ala gallese del Tottenham con un controllo a rientrare di interno aveva puntato fin da subito la porta, conducendo il pallone con l’esterno con portamento regale. Bale aveva schivato facilmente anche il ritorno di Stankovic, che allungandosi con il destro aveva provato quasi letteralmente a mettergli il bastone fra le ruote, e alla fine era stato atterrato al limite dell’area da Lucio, che per disperazione aveva deciso di sgambettarlo in scivolata.



Le difficoltà di Maicon con Bale fanno particolarmente impressione non solo perché il brasiliano era solitamente un giocatore fisicamente dominante, ma anche perché erano palesi persino quando era lui ad essere in possesso, facendolo assomigliare a un dilettante di fronte a un professionista. Maicon, vista la velocità con cui Bale gli toglieva spazio in pressione, era in costante apprensione per non allungarsi troppo la palla, una cosa che faceva spesso senza troppi patemi. Sull’azione del gol che porta al momentaneo 3-0, ad esempio, su una sua ricezione al centro della trequarti, deve inventarsi un passaggio d’esterno con l’acqua alla gola per anticipare il ritorno del gallese che stava per scippargli il pallone.


 

La differenza di consistenza fisica tra i due diventa evidente al 35esimo del primo tempo, quando il tentativo di Maicon di inchiodare di fronte a una progressione di Bale si trasforma in uno scontro violentissimo. Bale rimbalza via come una controfigura nell’esplosione di un film e si rialza non appena tocca terra, mentre Maicon ci impiega diversi secondi a rialzarsi dopo essere stato a terra con gli occhi chiusi per alcuni attimi e aver passato dei momenti in ginocchio con lo sguardo raccolto nella piega del gomito. Pochi minuti dopo Bale ripassa su quella fascia come un cingolato sulle macerie di ciò che è rimasto dell’integrità fisica e psicologica della catena di destra dell’Inter: lascia Stankovic ancorato al terreno con un semplice cambio di direzione d'esterno, poi protegge palla con il corpo dalla pressione di Maicon, che nemmeno allungandosi in scivolata in tutta la sua lunghezza riesce a ad intervenire. I giocatori dell’Inter sembrano non riuscire nemmeno a toccarlo.



Finito il primo tempo, l’Inter è sul 4-0 e ha un uomo in più ma i suoi giocatori sembrano per paradosso essere i più insofferenti. Quando le squadre rientrano in campo il Tottenham sembra giocare con più spensieratezza e senza fatica. Dopo pochi minuti Stankovic inizia a zoppicare come se avesse inavvertitamente acciaccato una scheggia di vetro ma quello che sembrava un innocuo infortunio muscolare diventa presto una tragedia. Il centrocampista serbo si avvia verso la panchina saltellando su una gamba sola ma poi è costretto a fermarsi per togliersi la scarpa sinistra, come se il piede gli si stesse gonfiando. Stankovic improvvisamente è sull’orlo del pianto, se la prende con qualcuno in panchina, poi scaraventa la sua stessa scarpa fuori dal rettangolo di gioco in maniera violenta. I medici dell’Inter sembrano preoccupati. Al posto di Stankovic entra Santon, con Coutinho che prende il suo posto in mediana. Nemmeno due minuti dopo, la ricezione da cui parte il gol di Bale. Quel gol di Bale con cui verrà ricordata questa partita.


 

L’azione parte da un tentativo di Lucio completamente irrazionale visto il punteggio di attaccare la doppia linea del Tottenham schierata a difesa dell’area di rigore. Il centrale brasiliano arriva fino alla trequarti, scarica per Biabiany e si butta in area. L’ala dell’Inter non ci pensa un attimo, abbassa la testa e prova a restituirgli il pallone, ma la traiettoria è troppo arretrata. Lucio la può solo sporcare sulla suola, indirizzandola verso Sneijder al limite dell’area. Il 10 olandese finta il tiro con il sinistro, poi però scivola sul piede d’appoggia dando il tempo a Jenas di intervenire in scivolata, mandando la palla verso Bale.


 

Quando il gallese riceve è sulla mediana e di fronte a lui a Maicon e Zanetti. Dopo un inizio al trotto, però, il campo inizia improvvisamente ad inclinarsi verso la porta di Julio Cesar. Ancora una volta Maicon prova ad andare sull’esterno. Bale, invece, si porta la palla avanti con l’interno nell’esatto momento in cui il terzino brasiliano decide di provare l’affondo, finendo per assomigliare a un cortigiano che si inchina al re. Il gallese si lancia la palla avanti di 3-4 metri, nella zona dove in teoria starebbe Zanetti che però in un attimo è alle sue spalle. Il capitano dell’Inter prova ad allargare il braccio per fermarlo almeno fisicamente, ma riesce appena a sfiorargli il collo. Bale arriva in un attimo in area: su di lui prova ad intervenire alla disperata Samuel, ma nel momento in cui prova a gettarsi in scivolata, il gallese sta già caricando il tiro.


 

L’aspetto più incredibile di questo gol - forse persino più incredibile della progressione che ha portato Bale fino a qui - è il modo in cui Bale calcia: rasoterra in senso letterale, facendo rimbalzare il pallone sull’erba una sola volta prima di entrare in porta. Assomiglia a uno di quei sassi piatti che vengono lanciati sul pelo dell’acqua per farli rimbalzare.


 



Un traiettoria che è irreale in quel modo che ci fa pensare ai videogiochi, se non fosse che la fisica dei videogiochi è ormai talmente realistica che questo tipo di traiettorie così levigate mi sembra non esistano più. Di solito i palloni che escono così puliti dal piede, senza rotazione, vengono colpiti di collo pieno, e sono rari anche nel calcio di alto livello perché devono essere colpiti con un punto specifico della caviglia che è replicabile solo in condizioni uniche di rimbalzo e coordinazione. E invece Bale riesce a dare lo stesso identico effetto alla palla per altre due volte nella stessa partita, con i suoi due successivi tiri in porta. Prima al 90esimo e poi al 91esimo. Come se potesse replicarlo all’infinito - un’opera d’arte in serie come le lattine di zuppa Campbell di Andy Warhol.


 

Mi sembra ancora più straordinario che sui tre tiri di Bale, Julio Cesar si sia buttato una sola volta e per di più dalla parte sbagliata. Come se il suo modo di calciare non lasciasse ai portieri altra possibilità se non quella di ammirare il tiro. Dopo la partita il portiere brasiliano raccontò che il presidente Moratti, tra il serio e il faceto, gli disse: «Almeno buttati». Commentando queste parole davanti ai microfoni Julio Cesar dichiarò di non aver riconosciuto se stesso su quei tiri: «Questo è mio fratello, non sono io».


 

Le parole di Julio Cesar mi sembrano indicative di come si sentì l’Inter in quel momento. Dopo un anno in cui i nerazzurri sembravano semplicemente imbattibili, specialmente da un punto di vista fisico e psicologico, un singolo giocatore li fece sentire vecchi, superati. L’Inter, insomma, di fronte a Bale si sentì semplicemente inadeguata, il che è incredibile per una squadra abituata a vincere le partite ancora prima di entrare in campo e assume un senso solo quando si vede Ivan Ramiro Cordoba, per anni uno dei difensori più veloci al mondo, faticare come un matto di fronte alla progressione infernale del gallese.



Nelle 13 partite che seguirono Inter-Tottenham e che precedettero l’esonero di Benitez, i nerazzurri ne vinsero appena cinque, perdendone altrettante e pareggiandone tre. Spesso ci concentriamo sul senso di eccitazione che ci danno i giocatori generazionali nel trascinarci nel futuro, in un’epoca che ancora non conosciamo, ma raramente facciamo i conti con la sensazione opposta - quella di sentirsi improvvisamente parte di un passato che sta finendo.


 

Forse è quello che lo stesso Bale sta provando oggi, e vorrei scrivere che è paradossale visto il giocatore che è stato. In realtà è paradossale solo per noi che a volte non ci dimentichiamo che ci sono dei giocatori dietro alle narrazioni che costruiamo, con tutto ciò che questo comporta - infortuni, sfortuna, incompatibilità con gli allenatori. E poi chissà: magari per Bale il futuro c’è ancora, senza per forza assomigliare al suo passato.


 

 

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