I Mondiali di ciclismo si erano aperti con il più oscuro dei presagi. Poco prima del loro inizio, l'UCI, l'Unione Ciclistica Internazionale, ha dato la notizia della morte di Chris Anker Sørensen, ex ciclista danese di 37 anni, gettando un'ombra sulla competizione che si stava per aprire in Belgio. C’è stato un momento, poco più di dieci anni fa, in cui era legittimo pensare che Chris Anker Sørensen avesse del potenziale per arrivare ai massimi livelli. O almeno: personalmente lo pensavo. In particolare mi piaceva il suo modo di pedalare sempre con la bocca spalancata come se dovesse mangiarsi tutta l’aria che riusciva a tirare dentro, magari per toglierne il più possibile agli avversari. Mi colpiva proprio la grandezza della sua bocca, uno strano ricordo da conservare di una persona, lo riconosco. Però, se ci pensate, dei ciclisti siamo in un certo senso condannati a vedere solo la parte inferiore del viso; tutto il resto è coperto dagli occhiali da sole e il caschetto. Certo, i ciclisti più forti e famosi li vediamo anche inquadrati dopo l’arrivo, quando si spogliano di ogni maschera e tornano ad essere dei semplici Clark Kent. Ma tutti gli altri, e Sorensen alla fine si rivelò uno di questi, li vediamo solo in sella alla bicicletta, con occhialoni da sole e tutto l’ambaradan. E quindi, principalmente, vediamo la loro bocca, quella sì. Quando ho letto la notizia della morte di Chris Anker Sørensen, però, ho pensato a un errore di traduzione dal danese. Un po’ come quando leggevo gli editoriali di Fuglsang e iniziavano sempre con “Colonna del Canto degli Uccelli”: la traduzione letterale che Google dà di "editoriale di Fuglsang". Poi, però, sono andato a cercare la foto all'interno del pezzo e credo di aver visto gli occhi di Sorensen per la prima volta. Forse è per questo che il mio sguardo si è immediatamente abbassato a cercare qualcosa più in basso: le labbra sottili ma insolitamente larghe, il mento allungato. Quella bocca che io ricordavo enorme era effettivamente lì. In Belgio - più precisamente nelle Fiandre - Chris Anker Sørensen ci era andato per commentare i Mondiali per la televisione danese, ma prima che potesse farlo, è stato investito e ucciso mentre andava in bicicletta, aggiungendo un altro capitolo al ciclico rapporto che lega questo sport alla morte.
Nonostante questo, il Mondiale non si è fermato e il pubblico si è riversato a bordo strada come nei giorni migliori. D'altra parte, il ciclismo in Belgio è religione di Stato e due tra i grandi favoriti della cronometro, Remco Evenepoel e Wout Van Aert, correvano proprio per il Belgio. Oltre a loro due, gli altri grandi nomi della vigilia erano invece Stefan Küng, campione d’Europa, e ovviamente Filippo Ganna, campione del Mondo uscente. Proprio Ganna, con il numero 1 attaccato alla schiena, è stato l'ultimo dei partecipanti della prova a cronometro maschile dei Campionati del Mondo 2021 a uscire in strada.
Foto di Tim de Waele/Getty Images
Non sembrava una crono adattissima alle caratteristiche di Küng e Ganna, a dir la verità: troppo lunga per entrambi, anche se in totale contava solo 43,3 chilometri. È una distanza sulla quale Ganna ha sempre pagato dazio, lui che è invece uno specialista dell’inseguimento su pista e quindi delle cronometro un po’ più brevi. Nell’ultima sfida diretta fra Ganna e Van Aert, ai Mondiali di Imola 2020, Ganna aveva accumulato un discreto vantaggio nella prima parte della cronometro per poi perdere vertiginosamente terreno dal belga nella seconda metà, pur riuscendo a mantenere un margine sufficiente per vincere la maglia iridata.
La cronometro di Imola però era di soli 31,7 chilometri, quasi 12 in meno rispetto al percorso di quest’anno, per uno sforzo complessivo di 35’54” contro i circa 47-48 minuti di quest’anno. Una differenza che avrebbe dovuto premiare Van Aert, almeno sulla carta. E infatti Van Aert, forse cosciente di non dover perdere troppo terreno nella prima parte, è partito subito forte: al primo intermedio è già nettamente avanti a Remco Evenepoel e a tutti gli altri semplici esseri umani in gara. Filippo Ganna passa al primo rilevamento cronometrico esattamente un minuto e sei secondi più tardi con un tempo che lascia presagire che sarà una giornata complicata un po’ per tutti. A quel punto della cronometro ci si aspettava un Ganna arrembante per giocare in difesa nel finale e quindi anche quel ritardo sembrava in realtà un distacco incolmabile.
Però, e qui c’è un però enorme, Filippo Ganna aveva già mostrato di essere migliorato notevolmente nelle cronometro lunghe in un’occasione in cui in realtà era stato aspramente criticato, in cui qualcuno aveva addirittura chiesto (e in un primo momento anche ottenuto) la testa del CT Davide Cassani. Nella cronometro dei Giochi Olimpici di Tokyo, Filippo Ganna aveva sfiorato il podio contro i più forti cronoman del mondo, su un percorso complicato e ben poco adatto alle sue caratteristiche. Ganna aveva perso il podio per 2 secondi, in una cronometro che per le persone che non si chiamano Roglic è durata 56 minuti (quindi quasi 10 minuti in più dei Mondiali di quest’anno e oltre 20 minuti in più di quelli del 2020). Una prova che oggi - vista con un po’ di freddo distacco - non possiamo non considerare positivamente visti gli avversari, il percorso, il tipo di sforzo e le caratteristiche di Ganna. Lì per lì la delusione della medaglia sfumata era stata forte, ma a guardarla oggi è chiaro che tutti i segnali di una crescita considerevole nella tenuta sulla lunga distanza erano già presenti anche a Tokyo.
È nel settore centrale, però, che tutti questi miglioramenti, invisibili fino a questo momento, iniziano a pesare facendo inclinare il piano della storia dalla parte del ciclista italiano. Van Aert dà la botta decisiva al suo giovane compagno di squadra passando con 31 secondi di vantaggio su Remco Evenepoel. La regia belga va impietosamente a inquadrare il giovane fenomeno che scuote la testa sconsolato mentre vede le sue speranze di vittoria sbriciolarsi in un colpo solo. A quel punto, quindi, è lecito aspettarsi un ritardo da Ganna di circa 40 secondi. Invece la regia stacca su Filippo Ganna quando la grafica segna ancora il distacco in verde e manca davvero poco al rilevamento cronometrico. Il cronometro scorre, inesorabile, e si ferma non appena diventa rosso: +0,85. Un’inezia, una pedalata data con meno convinzione, una curva presa leggermente più larga, un freno tirato un secondo più del dovuto: tanto separa Filippo Ganna da Wout Van Aert.
L’ultimo settore è un vorticare di sensazioni contrastanti con la consapevolezza che c’è ancora qualche speranza a cui aggrapparsi, quei pochi centesimi di secondo da recuperare per evitare un’altra beffa. Stavolta però non c’è Roglic, né Dumoulin a scrivere un’altra pagina della sua incredibile storia personale. Stavolta ci sono solo Wout Van Aert e Filippo Ganna che partono per il terzo e ultimo settore praticamente appaiati. Pedalano allo stremo senza sapere davvero chi dei due è in vantaggio e anche noi ci affidiamo alle sensazioni. Van Aert taglia il traguardo con 37 secondi di vantaggio su Remco Evenepoel, e non sono pochi. Ganna però rimonta un pezzetto alla volta, un secondo alla volta. Il cronometro della grafica scorre sullo sfondo verde che rende evidente che c’è ancora margine di manovra. Stavolta però i secondi sembrano scorrere più lenti e i metri che separano Ganna dal traguardo invece passano sempre più veloci. Quando Filippo Ganna taglia la linea d’arrivo, lo sfondo del cronometro stavolta rimane verde: -5”37.
È il secondo Mondiale a cronometro per Filippo Ganna, che l'anno scorso si era affermato come il primo italiano di sempre a vincere questa competizione. Se si allarga lo sguardo al di fuori dei nostri confini, però, non è di certo il primo a vincere due Mondiali di fila a cronometro, anzi: c’è da dire che è una cosa piuttosto comune e c’è anche chi - come Tony Martin e Michael Rogers - è riuscito addirittura a infilare la tripletta. Ogni periodo, quindi, ha avuto il suo dominatore con qualche intermezzo più o meno sorprendente (come la vittoria di Vasil Kiryenka nel 2015 o quella di Bert Grabsch nel 2008). Ma forse la cosa incredibile di questa doppietta, almeno per chi ancora non gli riconosceva un talento speciale, è proprio questa: che Filippo Ganna è il dominatore della sua epoca. Non è certo un dominio netto e schiacciante, perché la concorrenza è tanta e agguerrita. Ma in controluce proprio la fatica a reggere questa concorrenza ci fa vedere la grandezza di Ganna, che attraverso il valore dei suoi avversari si riesce a misurare con maggiore chiarezza e semplicità.
Il talento, però, è solo la base su cui ha costruito questo successo. Ganna, infatti, dimostra di migliorare di anno in anno, anche quando non sembra più possibile. E se avevamo già parlato dei miglioramenti su pista, dove era riuscito a trascinare il quartetto Azzurro all’oro olimpico con tanto di record del mondo, su strada - invece - attendevamo quel passo in più per essere competitivo nelle cronometro più lunghe. Non era così scontato che arrivasse: nello sport, lo sappiamo, i gradini diventano più alti mano a mano che si sale.
Foto di Simon Wilkinson - Pool/Getty Images
L’anno scorso, infatti, era legittimo pensare che la vittoria ai Mondiali di Imola fosse stata dettata anche dal contesto, in parte. Aveva aiutato il fatto che il percorso fosse disegnato su misura per lui: molto breve (troppo per essere un Mondiale), con ampi settori in cui poter sprigionare la massima potenza da quei pistoni che qualcuno ancora chiama “gambe”. Era stata una vittoria, insomma, che sanciva la superiorità netta di Filippo Ganna su quel tipo di cronometro ma che non diceva tutta la verità sui suoi limiti. Il trionfo di quest’anno ha invece davvero il sapore della consacrazione definitiva. Perché arrivato in una stagione normale (non stravolta dalla pandemia come il 2020), contro avversari preparati e soprattutto su un terreno che fino a poco tempo fa era normale considerare poco favorevole alle sue caratteristiche da inseguitore.
E così, mentre Wout Van Aert si dice stufo di arrivare secondo (era stato secondo anche nel 2020 a Imola), Filippo Ganna si gode il suo secondo successo consecutivo che segna il suo definitivo ingresso nell’Olimpo dei più grandi talenti di questa specialità. Tanto che appare completamente superfluo e insignificante ogni discorso tecnico sulla gara, ogni disquisizione sui tempi, la velocità (altissima: la più alta di sempre in una crono Mondiale), i piazzamenti. Parlare di Filippo Ganna è ormai diventato talmente frequente che sembra anche inutile aggiungere qualsiasi cosa a ciò che già è stato detto e a ciò che tutti abbiamo visto.
Possiamo però dire che - fra chi lo voleva un uomo da classiche del Nord e fra chi invece lo avrebbe voluto veder provare a far classifica nelle grandi corse a tappe - Filippo Ganna ha per il momento scelto di non snaturarsi, continuando a fare quello che gli riesce meglio. E forse, a questo punto, dovremmo aver imparato a godercelo così com’è.