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Fulvio Paglialunga
Game Over
05 mag 2014
05 mag 2014
Questo weekend la Juventus ha vinto lo scudetto, il Milan ha vinto il derby, è quasi finito il campionato. Dopo i fatti di Roma, alcuni vorrebbero che finisse per sempre.
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Fulvio Paglialunga
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Per comprendere il corto circuito in cui Genny 'a carogna ci ha condotto basta leggere l'indignazione del Sap (sindacato autonomo di Polizia). Nel comunicato si legge che l'uomo diventato simbolo, o forse specchietto per le allodole di una finale di Coppa cominciata male, gestita peggio (e finita forse meglio di come avrebbe potuto): «indossava una maglietta inneggiante all’assassino di un poliziotto». E dunque non si doveva trattare con costui. Il Sap, i cui membri hanno applaudito i poliziotti condannati per l'omicidio di Federico Aldrovandi. Ci muoviamo, dunque, in un contesto in cui nessuno è credibile e tutti pretendono di esserlo. Non ho intenzione di esserlo io, nemmeno di difendere Genny 'a carogna, per il quale però mi pare sia stato istituito il reato di parentela («È figlio di un camorrista!», sebbene le sue macchie siano altre) e che ormai comodamente è “quello che ha dato il permesso per far giocare la partita”, anche se poi nelle ricostruzioni, di chi ha dovuto cercare di documentarsi senza l'ansia da tweet perché doveva scriverne sul giornale del giorno dopo, non c'è traccia dell'ok di Gennaro De Tommaso (si chiama così, eh) a qualche figura ufficiale. Il Corriere parla di una decisione, quella di giocare lo stesso, presa da Prefetto e Questore alle 19.30, ma ancora farà comodo dire che si è giocato per volontà di Genny, che c'è stata una trattativa che la Questura smentisce (perché, certo, non lo confermerebbe mai). Il Paese di santi, poeti, navigatori ed esperti di gestione dell'ordine pubblico è ormai scatenato, c'è il capro espiatorio, c'è di tutto per sputare sul pallone. “SI È TRATTATO CON GLI ULTRÀ” Mettiamo che sia: con un ferito gravissimo fuori, una massa di persone che vuol farsi giustizia e uno stadio colmo, non pensare ad alcuna mediazione avrebbe voluto dire scegliere di andare alla guerra. Sapendo però di farla con l'organizzazione che nemmeno è riuscita a evitare l'invasione di campo a fine partita. Certo, Hamšík va a parlare, Genny fa gesti che calmano la curva dei napoletani, ma nella definizione di tifoseria organizzata c'è la parola organizzata che qualche significato deve averlo: ragiona in modo piramidale e, forse, così gestisce persino i cani sciolti, che spesso nelle tifoserie sono la parte meno controllabile e più pericolosa. “NON SI DOVEVA GIOCARE” Avrebbe voluto dire mettere per strada non solo chi era assetato di scontri e vendetta, ma anche chi non c'entrava nulla e in un attimo avrebbe potuto trovarsi nel mezzo, mentre è apparso forse intelligente diffondere per un attimo l'idea che il calcio non c'entrasse niente con la sparatoria (idea vera in parte, ne parlo dopo) per lasciare tutti dentro, evitare la caccia, placare la voglia di vendetta. E forse è il momento di aprire anche una riflessione sull'impatto che le notizie in tempo reale hanno nell'era della comunicazione veloce e su quanta responsabilità ci si debba assumere quando si scrive, ché poi tutti leggono e ognuno agisce con la testa sua (o, se va bene, con quella di Genny 'a carogna). Sarebbe bastata un'informazione sbagliata, letta dalla persona sbagliata e adesso chissà. Però ormai il treno retorico era partito. “SI VA ALLO STADIO CON LE PISTOLE” Però chi aveva la pistola allo stadio non stava andando, e forse è una delle poche cose che in questa storia possiamo dare per certo. Il calcio c'entra comunque, in qualche modo: sarebbe stato Daniele De Santis, ultras della Roma meglio conosciuto come Gastone, noto soprattutto per essere stato tra quelli che impedirono il derby del 2004 perché si era sparsa la voce che fosse morto un bambino fuori dall'Olimpico investito da un'auto della Polizia (uno dei casi in cui, invece, una comunicazione veloce avrebbe evitato la bufala, ma allora Twitter non c'era e non è detto che avrebbe aiutato, visto l'uso fatto sabato sera). Non avremo mai una versione ufficiale: la Questura dice che è un gesto isolato, che Gastone avesse deciso di lanciare oggetti in solitudine, mentre alcune testimonianze dicono che si è trattato di un agguato, sempre di tifosi romanisti ma comunque lontano dallo stadio (Per dire: si possono chiudere le curve ma si può sparare anche a distanza; in questo, forse, possiamo dire di seguire già il modello inglese). Qualcosa di premeditato, in ogni caso (non lo sparo, l'assalto). C'entra il calcio? C'era la partita, in effetti. Ma c'entra la tensione perenne tra Napoli e Roma quando sono una contro l'altra? Se fosse stata una carovana di tifosi del Napoli di basket che andavano a una partita sarebbe successo lo stesso? Non lo so, non lo escludo, ma non lo so... “NON POTEVA ENTRARE CON QUELLA MAGLIA” Vero che il messaggio indossato da Genny 'a carogna non era edificante, ma il punto è che non è possibile nascondere una maglietta entrando in uno stadio se il sistema prevede che si lasci fuori un tifoso che ha un tatuaggio dal significato politico (giuro, visto con i miei occhi in Verona-Taranto nel 2010). E se è difficile nascondere la maglia che si indossa, immaginate le bombe carta, eppure tutto è entrato: maglie e bombe, varcando tornelli e superando perquisizioni (quelle, per intenderci, in cui devi lasciare la bottiglia d'acqua e buttarla via). Dunque è un sistema magnificato dagli organi ufficiali e invece inutile, quello dei tornelli e delle tessere del tifoso, progetto fallimentare che non ha impedito (anzi, ha causato) il derby folle Salernitana-Nocerina ma in cambio non mi ha fatto andare allo stadio a vedere Lazio-Napoli perché vivo a Roma ma sono residente in Puglia e potevano entrare solo i residenti del Lazio, in una sorta di discriminazione territoriale di fatto dovuta a una evidente incapacità istituzionale. Mentre scrivevo della maglia di “Genny” ho ripensato alla presa di posizione del Sap. A come il calcio non possa essere scollegato dalla realtà in cui viene giocato. Essendo fenomeno popolare veste gli stessi abiti della comunità, e in un momento in cui pochi sono credibili e nemmeno una sentenza passata in giudicato basta, allora ecco le maglie, ecco gli applausi. È dunque più grave che un Genny qualsiasi critichi con una maglia l'autorità giudiziaria dello Stato o che lo facciano altrettanto pubblicamente membri delle Forze dell'Ordine che quello stesso Stato dovrebbero servire? E la coreografia dei tifosi del Milan perché nasce, se non per prendere le distanze da un sistema-Paese impazzito? Ed ecco pure che sbuca Saviano (la coscienza morale si infila dove può quando mancano figure credibili), che twitta: «Solo ora ci si accorge che nella tifoseria organizzata napoletana la camorra comanda?» Dimenticandosi per un attimo che ci sono molti più atti documentali sull'influenza delle organizzazioni criminali nella politica. E non si capisce perché le istituzioni sì e le curve, che sono uno stato più popolare dei rapporti sociali, no. “CHIUDETE IL CALCIO” Il calcio è l'Italia? L'Italia è il calcio? Domande che restano aperte ma non sono nate oggi. Lo diceva anche Churchill che «gli italiani vanno allo stadio come se andassero in guerra e vanno in guerra come andassero allo stadio» ed era un concetto molto più profondo di quanti ora strillano, senza magari mai aver visto una partita o senza averla vista da una curva, che il calcio andrebbe chiuso e che intorno agli ultrà costruiscono un muro di veleno (non sempre immeritato, ma non da tutti però) che quasi costringe i genitori del povero Ciro Esposito, il tifoso napoletano in gravi condizioni dopo la sparatoria a dire che «Ciro non è un ultrà». Perché quello è il marchio di infamia del giorno. Adesso va di moda così, fra un po' si passerà ad altro, mentre Alfano pensa al Daspo a vita, qualcuno chiede un altro po' di tornelli, e si fa di tutto per rendere il calcio ancora più inaccessibile e chiuso: e dunque teso, per rispondere alla pancia di chi adesso bagna i pensieri nella retorica. Nel frattempo Genny 'a carogna passa in secondo piano. Perché la Roma ha perso, la Juve ha vinto il campionato, il Milan ha vinto il derby. Sono 30 o 32 gli scudetti?

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