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(di)
Valerio Coletta
Kiraly, hipster prima di te
30 giu 2016
30 giu 2016
L'ultimo portiere sopravvissuto agli anni '90.
(di)
Valerio Coletta
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L'amore degli ungheresi per Gabor Kiraly inizia il 25 marzo 1998, all'Ernst-Happel-Stadion di Vienna, in un'amichevole contro l'Austria di Michael Konsel. Gabor ha 22 anni e questo è il suo esordio assoluto in nazionale. Al settimo minuto è già rigore contro.

 

In una realtà fatta di #EURO2016 e #HUN(bandiera ungheria) Kiraly è l'archetipo del vecchio portiere che ne ha viste di tutti i colori, una figura mitica e presente in ogni categoria. Quello che guida il pulmino alle trasferte e offre la birra dopo la sconfitta, quello che sa dirti cosa ti sei fatto solo per averti guardato cadere, quello che ti mangia il cuore se fai un giro di campo in meno degli altri. Kiraly mi dà l'idea di essere quel tipo d'uomo, pieno di esperienze e di storie, custode dei trucchi del mestiere, con un modo di vivere il campo e le partite che appartiene a un'altra epoca.

 

Toni Polster si avvicina al dischetto, ma la palla è ancora in mano a Kiraly, che cammina e palleggia davanti alla porta, stringendo e lisciando la palla tra i guanti, passandosela tra le mani e intorno al corpo, come uno che entra in campo prima della partita e vuole qualche minuto per stare da solo con il pallone, per toccarlo come se fosse la prima volta dopo 10 anni. In effetti siamo al settimo minuto e Kiraly fino a quel momento non ha mai toccato palla.





 

Lungi da me fare il nostalgico, anzi, dico solo che se il Campionato europeo di calcio fosse un gigantesco campo scuola del calcio continentale, Kiraly sarebbe quello a cui tutti si rivolgono per un consiglio, quello che la sera, prima di andare a dormire, si siede sul tavolo della mensa a raccontare di come si allenavano i portieri nel 1995 nell'Haladás di Szombathlyi in Ungheria, mentre Courtois, Neuer, De Gea, Hart e Lloris ascoltano rapiti a braccia conserte, ridendo di qualche metodologia assurda, o sorprendendosi di qualche trucco geniale. Quello che la mattina alle 7 e un quarto butta giù dal letto Pogba, Morata, Guidetti, Rashford e Insigne e li porta in macchina al campo per allenarsi sui rigori, mentre loro borbottano proteste con gli occhi a mezz'asta. Insomma una guida, uno di quelli che ci ricorda chi eravamo e ci aiuta a diventare chi saremo, come qualcuno avrà fatto con lui quando aveva ancora i capelli e come farà tra vent'anni Renato Sanches (19 anni) che racconterà ai più giovani di quando da ragazzino recuperava palla per consegnarla sui piedi di Cristiano Ronaldo.

 

Poi Kiraly comincia a parlare da solo, o forse a parlare con il pallone, come un cowboy che sussurra frasi di conforto al suo cavallo prima di una tempesta, frasi in realtà rivolte anche un po' a sé stesso. Poi lancia la palla verso il dischetto, come per dire: io qui ho finito, ora tocca a te. Già qui si vedeva  che il portiere ventiduenne aveva un tipo di confidenza tutta sua con la partita, un modo di intendere il calcio molto poco accademico, creativo, istintivo.





 

Sempre se i Campionati Europei fossero un mega campus-scuola del calcio europeo, Bale si avvicinerebbe timidamente a Kiraly e gli direbbe:"Mi piacciono i tuoi pantaloni", con una scintilla un po' buona e un po' ironica negli occhioni verdi. Kiraly indossa quella tuta grigia dal 1996. Una volta i pantaloni neri della divisa dell' Haladás si erano insudiciati nella terra e il club non aveva fatto in tempo a lavarli. Kiraly ne aveva trovato solo un paio grigio e più largo. Da quel momento la sua squadra vinse 9 gare consecutive ed evitò la retrocessione. Non li ha più tolti. Il paio originale, usato più di cento volte, ora è nell'armadio di Gabor, pieno zeppo di ricordi. Ma la tuta grigia diventò il suo marchio di fabbrica, e tanti tifosi, nel corso della sua carriera, l'hanno indossata alle partite, come gesto di affetto verso il portiere (la potete acquistare sul suo

per circa 25 euro). Ma Kiraly non direbbe queste cose a Bale, semplicemente risponderebbe come

in una vecchia intervista «Sono un portiere, non sono una top model, devo stare comodo».

 

Il capitano austriaco finalmente batte il rigore. Durante la rincorsa Kiraly è immobile al centro della porta, dritto, con la gambe strette e la mani incrociate dietro la schiena, come un prete, o un condannato in attesa della fucilazione. Non so se l'attaccante abbia notato questo atteggiamento, sta di fatto che a vederlo da fuori è molto strano, non è una posizione reattiva, copre il minor spazio possibile. Kiraly sembra aver trasformato il calcio di rigore in un duello puramente mentale, astratto dalle componenti concrete di spazio e tempo. Fino all'istante prima di colpire la palla la situazione sembra surreale e immobile. Poi Kiraly scatta in tutta la sua plasticità da portiere robusto ed esplosivo. Para il rigore ovviamente. A fine partita, dopo aver battuto l'Austria 3 a 2, si presenta davanti al microfono di un giornalista, e dopo qualche secondo è in lacrime, perché lo stadio sta cantando il suo nome.

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=imksfjNR7PM

 

Euro 2016 è stata l'ultima competizione di Kiraly con la nazionale Ungherese. Durante gli Europei il portiere è riuscito a sfoderare tutti i colpi più magici del suo bagaglio, come se, prima di andarsene, avesse voluto dire: ricordatevi di me, ricordatevi di non prendervi troppo sul serio e di divertirvi. L'unico colpo che ha risparmiato ai suoi tifosi è la rimessa in gioco tirando il rinvio sulla traversa della propria porta. Leggenda vuole che Kiraly provasse svariate volte questo colpo in allenamento, ai tempi dell' Herta Berlino, ma l'allenatore gli proibì categoricamente di farlo in partita. Lo stesso anno, l'ultima di campionato contro l'Amburgo, il pubblico cominciò a cantare di "tirare la palla", sfidando il portiere a quel trick definitivo, ma quando Kiraly si voltò verso la porta tutti si ammutolirono e allora, lanciando un sorriso verso la panchina, rimise in gioco la palla normalmente.

 

 

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