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From Reggio Calabria with love
19 mag 2016
19 mag 2016
I migliori dieci giocatori che hanno indossato la maglia amaranto.
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L'ultimo anno è stato un travaglio duro da sopportare per i tifosi reggini. Le penalizzazioni, l'esclusione per motivi finanziari dal campionato, la rifondazione come A.S.D. Reggio Calabria e la riammissione tra i dilettanti. Il suo Presidente non è più Lillo Foti, passato dalla promozione in Serie A nel 1999 al triste epilogo dei debiti nel 2015.

Il primo decennio del Duemila ha rappresentato il periodo d'oro degli amaranto e la salvezza dal -11 nel 2006-2007 è stata una delle pagine più belle e incredibili che una realtà di provincia ha espresso nel calcio italiano. La capacità di mantenere un’ossatura stabile, gestita soprattutto da un paio di allenatori come Franco Colomba e Walter Mazzarri, ha reso la Reggina un modello da seguire per un certo target di società.

In questa classifica, come sempre soggettiva, non ci sono giocatori che per qualità hanno rappresentato il meglio che Reggio Calabria ha visto (o almeno non solo), ci sono però quelli che hanno saputo incarnare l'intensità e lo stile della città, rendendola per un breve periodo un’oasi felice della zona salvezza.

10° Massimo Taibi (1999-2001)

Lo abbiamo visto mille volte, ma non credo ci farà male vederlo ancora.

Nel giro di due stagioni Massimo Taibi passa da essere soprannominato il Cieco di Venezia con il Manchester UTD, ingaggiato per volere di Sir Alex Ferguson, alla Reggina. Con lo United, Taibi è stato “uomo partita” contro il Liverpool, prima di compiere la clamorosa papera sul tiro di Le Tissier contro il Southampton. Il Times a fine anno lo nomina, con un certo equilibrio, “il peggior portiere della storia della Premier”. Taibi torna in Italia, alla Reggina, riuscendo a conquistare una salvezza anticipata da neopromossa.

La stagione 2000-2001 è tutta in salita. Un inizio difficile, con 8 sconfitte consecutive dopo la prima vittoria con l'Inter, sembra pregiudicare il cammino della squadra. La speranza però riesce a darla proprio Taibi e non come di consueto tra i pali, ma nell'area avversaria. Al Granillo sotto di 1-0 contro l'Udinese a tre minuti dalla fine, il portiere palermitano sale sull'angolo. La colpisce, deviazione e nuovo corner. Batte Mamede, Taibi si stacca dalla marcatura di Giannichedda e trafigge Turci sul primo palo. Dopo Rampulla, c'è Taibi. Alla fine sarà retrocessione nello spareggio contro l'Hellas, con un suo errore, in un'annata per lui tra i pali peggiore rispetto a quella precedente. Quel momento però resterà indelebile per tutti i reggini.

9° Bruno Cirillo (1994-1996, 1999-2000, 2002-2003, 2008-2009, 2015)

Uno dei soli due goal segnati in maglia amaranto, ma pur sempre il più importante.

Quando nel 2015 ha deciso di dire basta con il calcio, Bruno Cirillo ha voluto ricordare i momenti più importanti della sua carriera: vestire la maglia dell'Inter, la Champions League con l'Aek Atene e l'Europa League con il Paok. Ha lasciato uno spazio speciale alla squadra che ha abbracciato all'inizio e alla fine i suoi 20 anni di campo: «Ho voluto chiudere la mia carriera, giocando l’ultimo anno nella società che mi ha lanciato nel calcio che conta, la Reggina, che assieme ai tifosi, terrò sempre stretta nel mio cuore».

Cirillo aveva iniziato nel settore giovanile assieme a Belardi e Perrotta, debuttando in A con la maglia amaranto nel 1994, ad appena 17 anni. Il tipico giocatore insopportabile per gli avversari ma beniamino dei suoi tifosi: sempre sopra le righe, pronto all'entrata dura e alla scontro fisico. La stagione a cavallo del millennio è stata la migliore e Tardelli si innamora di lui: lo fa acquistare all'Inter di Ronaldo, Seedorf, Recoba e Blanc per 7,5 milioni di euro, ma prima lo convoca, schierandolo anche titolare, nella nazionale Under 21 campione d'Europa e in quella olimpica di Sidney 2000. Cirillo non riuscirà a confermarsi del tutto a quei livelli: con l’Inter collezionerà 17 presenze in un anno, prima di tornare al sud – a Lecce – per far ripartire una carriera da giramondo: Grecia, Spagna, India, in mezzo addirittura tre ritorni alla Reggina.

8° Édgar Barreto (2007-2009)

Un inferno amaranto e una diabolica traiettoria.

Il mito della salvezza del 2007 sembra pesare sulle aspettative della squadra che affronta la stagione successiva. L'eroe Mazzarri ha lasciato in estate, i suoi sostituti, Ficcadenti prima e Ulivieri poi, vengono esonerati. Quando Nevio Orlandi siede sulla panchina, la Reggina occupa il penultimo posto. Si sta vanificando l'impresa dell'anno precedente, i giocatori sembrano quasi appagati, o comunque scarichi, il Granillo no. Dall’arrivo di Orlandi la Reggina in casa non perde più, grazie soprattutto a Édgar Barreto: Parma e Catania vengono recuperate e sorpassate e alla penultima giornata, contro l'Empoli, gli amaranto possono giocarsi addirittura la salvezza anticipata.

Il paraguyano venuto dall'Olanda è il fulcro a centrocampo della squadra. Sa interpretare al meglio la fase difensiva da interditore e quella di impostazione, peccando solamente negli inserimenti offensivi senza palla e nella rapidità. Ha un buon tiro, che gli ha fruttato nella prima stagione due reti, una nella rimonta contro l'Atalanta, l'altra inutile nella sconfitta con il Milan. Nessuno aspetta una sua giocata nella difficile sfida salvezza contro l'Empoli. Da 35 metri al 68° minuto invece inventa una parabola di potenza e precisione sotto l'incrocio. Neanche 10 minuti dopo Semioli segna per la Fiorentina contro il Parma, rendendo aritmetica la salvezza degli amaranto.

7° Giandomenico Mesto (1998-2000, 2002-2007)

L'unica rete in 138 presenze in maglia amaranto.

Un altro prodotto del settore giovanile della Reggina pur essendo reggino solo d'adozione. Arriva infatti giovanissimo in Calabria e ha l'opportunità di esordire in Serie B a 17 anni. Dal 2002 resta stabilmente a Reggio, diventando presto uno dei terzini italiani più interessanti della Serie A. Nel 2004 ha un ruolo fondamentale nell'Italia che vince l'Europeo Under 21, conquista la medaglia di bronzo all'Olimpiade di Atene e viene convocato da Lippi nelle amichevoli in Nord America del 2005.

Da quella stagione la Reggina può schierare la coppia di terzini Mesto-Modesto, che danno solidità agli amaranto di Mazzarri. Nel 3-5-2 occupano un ruolo fondamentale, fatto di coperture in fase di non possesso, e continui inserimenti per costringere le ali avversarie a pensare anche a difendere. Segnano poco o nulla, ma arrivano spesso sul fondo premiando i colpi di testa di Amoruso e Bianchi. Vanno via a distanza di un anno: Mesto dopo la miracolosa salvezza del -11, Modesto bissando il risultato l'anno seguente.

6° Nicola Amoruso (2005-2008)

Derby amarcord.

La stagione 2005-2006 inizia male. L'umiliante 0-3 casalingo contro la Roma getta premesse pessime almeno quanto la coppia d'attacco Cavalli-Bianchi. L'ancora di salvezza a cui la Reggina deve aggrapparsi viene dall'altra parte dello stretto: Nick Amoruso. Qualche mogugno all'inizio per la sua esperienza in giallorosso col Messina, ma quando inizia a segnare nessuno può più criticarlo. È il capocannoniere della Reggina quell'anno. La stagione successiva, quella del -11, insieme a Bianchi forma la coppia goal più prolifica della Serie A con 17 reti lui e 18 il compagno.

La sua definitiva catarsi, che lo rende a tutti gli effetti un cittadino onorario della città di Reggio (come tutta la rosa di quella stagione), avviene nel derby dello Stretto del 18 aprile 2007. Segna il goal del sorpasso di testa, guadagna il rigore costringendo Rizzoli all'espulsione di Morello e infine realizza la rete dagli undici metri. La sua media realizzativa in amaranto è molto alta: sempre in doppia cifra in tre anni, con 40 reti in 96 presenze in campionato.

5° Mohamed Kallon (1999-2000)

Tutto molto bello.

Un solo anno è bastato a Kallon per entrare nel cuore dei tifosi amaranto. Non è una stagione qualunque, né lui è il tipico attaccante che a Reggio si vede spesso. La Reggina è per la prima storica volta in Serie A, deve salvarsi e la squadra di Franco Colomba ce la fa, soprattutto grazie a uno stupefacente rendimento nel girone di ritorno, che permetterà alla squadra di chiudere al dodicesimo posto. Come per qualsiasi neopromossa, la prima partita è complicata: si gioca al Delle Alpi, l'avversaria è la Juventus.

L'Inter aveva notato Kallon nel 1995 e lo aveva girato in prestito. Dopodiché, non convinta dell'investimento, aveva ceduto il giovane alla Reggina. Kallon è un numero 9, nonostante giochi con la maglia numero 2, non esattamente adatta al suo ruolo. Per questo tutti lo notano all'esordio a Torino, in cui sembra solo una nota eccentrica in un match scritto. Al gol di Inzaghi invece risponde un gol di testa di Kallon, che regala alla Reggina uno storico pareggio.

A fine stagione Kallon diventa il capocannoniere della squadra. Dopo quell'unica annata amaranto, una buona stagione al Vicenza, poi il nulla, fino al ritorno in Sierra Leone, dove tuttora gioca nella squadra che aveva acquistato nel 2002, divenendone Presidente, dall'egocentrico nome di Kallon Football Club.

4° Mozart Santos Batista Junior (2000-2005)

Mozart parla meglio reggino che italiano.

Un brasiliano bianco dai ricciolini biondi, basso, leggermente tarchiato e con il nome del più famoso pianista e compositore della storia. Mozart aveva tutte le carte in regola per diventare un simulacro, un oggetto di culto non solo per Reggio, ma per il calcio italiano. In ogni caso, dietro la patina da oggetto bizzarro e misterioso, c'era molto di più. La Reggina se ne accorge al suo secondo anno in maglia amaranto. Mozart dirige la squadra muovendo il pallone rapidamente da una parte all'altra del campo grazie a un sinistro sempre preciso e a unl baricentro basso che gli permette di difendere bene palla sotto pressione.

Diventa leader e alle volte capitano, rifiutando le offerte che da grandi squadre italiane (Moggi e Canovi parlarono di lui in ottica Juve e Roma, non si sa con quanto fondamento). Dopo cinque stagioni, con 9 reti, di cui 8 di sinistro, lo Spartak Mosca lo strappa per poco meno di 5 milioni. Lui vive fin da subito una forma di saudade verso Reggio Calabria. Da calciatore non riuscirà più a tornarvi (terzo di sempre per presenze con 144 partite), ma lo ha fatto due anni fa, da collaboratore tecnico in panchina. Sono pochi i giocatori che si sono adattati come lui al contesto in cui hanno vissuto. Mozart è reggino.

3° Rolando Bianchi (2005-2007)

La rassegnazione non è di Reggio.

Maglia azzurra numero 10, 13 milioni sborsati dalla proprietà del Manchester City dell’ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra per Rolando Bianchi. Con il senno di poi un pessimo investimento, ma l’attaccante bergamasco l’anno precedente aveva portato, grazie ai suoi 18 gol, la Reggina alla salvezza nell’incredibile stagione del -11. Con Mazzarri tocca l’apice della sua carriera segnando in ogni modo, da vero attaccante d’area di rigore. Anche la nazionale sembra pronta a dargli la sua chance, prima del triste tunnel che imbocca in Premier.

La coppia con cui inizia la stagione 2005/2006 è Cavalli-Bianchi, che riesce al massimo a strappare qualche risata. Anche perché Rolando si fa male subito e in quell’anno praticamente non lo si vede giocare. Nessuno a Reggio immagina che diventerà l'eroe principale della salvezza del 2007 e che rimarrà nella storia del club con il soprannome di Rolandinho. Il goal alla seconda giornata segnato al 90° contro il Cagliari, con la squadra a -15, è il primo segnale che la Reggina non vorrà rassegnarsi alla retrocessione.

2° Shunsuke Nakamura (2002-2005)

Il video non sarà di qualità, ma qualche giocata si intravede. Il commento giapponese sulle partite della Reggina fa il resto.

Difficile scindere il giocatore dall'icona. Succede un po' con tutti i giocatori giapponesi che hanno calcato il nostro campionato. Vengono vissuti come gli ultimi simboli esotici di un calcio sempre più globalizzato. Shunsuke Nakamura ha rappresentato l'evoluzione internazionale di Hidetoshi Nakata, entrando anche a far parte della lista del Pallone d'oro 2007, pur non ricevendo alcun voto (al pari di Torres, Scholes e Raul).

Per la Reggina è stato sia un grande giocatore, capace di disegnare traiettorie mai viste al Granillo con il sinistro, sia un personaggio che è riuscito ad attirare una grossa attenzione su Reggio.

Appena arrivato, Nakamura ha segnato tre gol nelle prime tre partite, facendo scatenare una seria Nakamura-mania, sostenuta dal seguito di giornalisti e fotografi nipponici venuti a commentare ogni secondo dell'esperienza italiana di un loro giocatore. Grazie alla Reggina ritrova la Nazionale, dopo aver saltato il Mondiale casalingo, e vince la Coppa d'Asia del 2004.

Come tradizione giapponese vuole, il suo piede magico non poteva che essere il sinistro, ricalcando così calcisticamente il mito sacro scintoista per cui la divinità Izanagi diede vita proprio tramite il suo occhio sinistro ad Amaterasu, la grande dea del Sole.

1° Francesco "Ciccio" Cozza (1999-2004, 2005-2006, 2007-2009)

Una sfida storica e una genuina dichiarazione d'amore finale.

Una storia d'amore vera. Alti e bassi, addii e ritorni. Quella tra Ciccio Cozza e Reggio è stato un rapporto bello e genuino, e proprio per questo complicato. Alla Reggina deve tutto, dalle giovanili in cui è cresciuto, prima di spostarsi in quelle del Milan, dove Berlusconi lo accostò ad Albertini, fino alla continuità nella Serie maggiore. Viceversa, a Cozza gli amaranto devono molto, come la conquista della prima storica partecipazione al campionato di Serie A, la vittoria nello spareggio contro l'Atalanta (in goal assieme a Bonazzoli) e una continuità spaventosa (oltre 200 presenze) che lo ha elevato, da numero 10 (o 35) e capitano, ai vertici di qualsiasi progetto della squadra.

Gli scontri ci sono stati: Cozza si prende molte responsabilità e se i tifosi contestano è spesso lui a finire al centro delle polemiche. La sua schiettezza lo ha portato a non nascondersi mai, ergendosi anche a parafulmine di stagioni difficili. Poi gli addii, in direzione Genoa e Siena; in tutto tre pause di riflessione in una relazione senza scadenza. Così ogni volta il suo ritorno è stato accompagnato da buone prestazioni e goal, anche quando è stato schierato da prima punta al fianco di Amoruso.

La fine della sua carriera in campo non ha segnato la conclusione del suo rapporto con la Reggina: prima collaboratore tecnico con Atzori (2010), poi allenatore nel 2015 in Lega Pro (dimesso pochi mesi dopo). Il suo primo e forse unico amore, ora ha cambiato nome e milita in acque non degne del suo passato e della sua città, ma Ciccio Cozza non ha abbandonato la barca e la nuova Reggina, rinata con il nome A.S.D. Reggio Calabria, sta crescendo sotto le sue mani.

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