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Lorenzo De Alexandris
From Cagliari with love
26 ago 2016
26 ago 2016
I migliori undici giocatori arrivati a Cagliari durante la gestione Cellino.
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Lorenzo De Alexandris
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È il 1992 quando Massimo Cellino, a 36 anni, diventa il più giovane presidente della Serie A. Per una cifra attorno ai 30 miliardi di lire, calcolando i costi per rilevare la società, sanare il deficit e gli investimenti sul mercato, il Cagliari passa dalla famiglia Orrù all'imprenditore sardo, attivo soprattutto nel ramo dei cereali.

 

Sono nati venti anni di gestione, tante critiche, qualche grande risultato (soprattutto nel primo periodo) e la fama di mangia-allenatori (36 cambi in panchina e 27 diversi tecnici). È arrivato con un patrimonio da consolidare, economico ma anche tecnico, rappresentato dalla presenza di giocatori come Nicolò Napoli, Matteo Villa e di un mito come Enzo Francescoli.

 

Tanti però sono stati anche i giocatori che Cellino è stato capace di portare in Sardegna. Li ho raccolti in questa classifica che, in un certo senso, riflette le luci e le ombre della sua gestione .

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=_qNbjtaupSo

Da Orrù al giovane Cellino (e i suoi primi dolori).


 

 



 

https://youtu.be/zsGMDpJ8V4A?t=16s

Un goal di testa di Zola contro la Juventus, saltando sopra Zebina e Thuram, è normale come mangiare un kebab con cipolla all'Osteria Francescana di Massimo Bottura.


 

Quella di Zola non è la solita storia del figliol prodigo. Non è di Cagliari, ma di Oliena, e non ha nel suo passato il rossoblù, se non quello della Torres. Ma, nonostante ciò, all'ultima curva della sua carriera, ha deciso di passare dalla gloria dello Stamford Bridge, dalla nomina a Membro dell'Ordine dell'Impero britannico e dall'amore di Londra per quella piccola scatola magica, alla Serie B con il Cagliari. E lo ha fatto in grande stile. Conquista una promozione segnando 13 reti il primo anno. Salva il Cagliari dalla retrocessione l'anno successivo con 9 reti, compresa questa serata magica contro la Juve.

 

Zola va oltre questa classifica, in un certo senso la guarda dall’alto.

 

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=Ypn1Jf2Zv6E

Semplicemente decisivo.


 

Solamente sei mesi. Pochi all'apparenza, ma comunque sufficienti per portare Marco Storari di diritto non solo tra i migliori portieri della gestione Cellino, ma in generale della storia cagliaritana (senza dimenticare poi il suo contributo alla risalita del Cagliari in A l’anno scorso). Il suo merito è quello di aver portato il Cagliari nella stagione 2007-2008 a una salvezza insperata.

 

È la 18° giornata e i rossoblù sono ultimi a soli 10 punti, 13 gol fatti, ma soprattutto 33 subiti. Bisogna porre rimedio alla sterilità offensiva e alla fragilità del reparto arretrato. Due acquisti nel mercato invernale: Jeda, dal Rimini, e Storari, direttamente dalla panchina del Milan. In quel momento il Cagliari sta gettando le basi della salvezza: qualche mese dopo, al Sant'Elia, tutti e due i neo-acquisti sono decisivi nel 3-0 finale contro il Torino. Jeda segna l'1-0 e Storari sbarra la strada a Di Michele su calcio di rigore per il possibile pareggio. La rincorsa alla permanenza in Serie A per gli uomini di Ballardini è possibile.

 

 



 

https://youtu.be/IDMUlpwb9jA

Sogni europei con Pancaro.


 

Pippo Pancaro è uno di quei giocatori che al Cagliari di Cellino deve molto, se non tutto. Se in carriera ha vinto due Scudetti, due Coppe Italia e svariati trofei internazionali con le maglie di Lazio e Milan, è perché è riuscito ad affermarsi a Cagliari, dove ha giocato da quando aveva vent'anni per cinque stagioni. Noi lo abbiamo conosciuto come terzino sinistro, ma molte volte in Sardegna, anche per la presenza di Pusceddu, è stato utilizzato sulla corsia di destra.

 

Il suo nome è marchiato a fuoco in una delle partite più importanti della storia cagliaritana: al Sant'Elia, il 30 marzo del 1994 in un tardo pomeriggio assolato, si gioca la semifinale di andata della Coppa UEFA, Cagliari-Inter. Fontolan, Oliveira, Ruben Sousa, poi pareggia Criniti di testa e su un calcio d'angolo a quattro minuti dalla fine il sinistro in mischia del poco conosciuto Pancaro, batte Zenga. Il Cagliari crede di poter andare in finale, in una stagione iniziata male e finita con il sogno europeo. Bergkamp, Jonk e Berti fermano i rossoblù al ritorno, ma quella Coppa UEFA rappresenterà comunque non solo un'esperienza incredibile per tutta la città, ma anche il grande salto di Pancaro nel calcio che avrebbe affrontato solo qualche anno dopo con il Milan e la Lazio.







 

https://youtu.be/1bWVjcg60Oc?t=4s

Uruguagio di Sardegna.


 

"Diego è una mia creatura", ha detto

Massimo Cellino, valutazione che rende Diego López uno dei giocatori fondamentali di questo undici. Un rapporto durato dodici anni, iniziato nel 1998 in Serie B con Ventura: Cellino è andato direttamente a Santander a prendere sia López che Abeijon, ma l'allenatore di Genova non li amava particolarmente. Così il centrale di Montevideo è costretto a una sola presenza alla prima stagione e a guardare molte partite dalla tribuna. Nessuno può immaginare che nel 2007, quando Suazo lascia incustodita la fascetta di capitano, proprio Lopez la erediti meritatamente.

 

Mauro Esposito

che in campo si comportava come un allenatore e non è un caso visto che nel periodo di Cagliari ha vissuto ben 16 guide tecniche differenti. López ha di fatto rappresentato il collante tra tutte queste piccole fasi della gestione Cellino, con cui ha tessuto un rapporto di amore-odio: l'ex Presidente ha raccontato di quanto fosse testardo il "suo Diego", del suo voler smettere a trent'anni (cosa che lo ha spinto a firmare per sei stagioni consecutive contratti annuali) e del suo rifiuto (iniziale) verso la panchina sarda. Forse, sapeva bene quale sarebbe stata la sua fine da allenatore, visti i precedenti.

 

 



 

Per affiancare Diego López in questa formazione, non poteva esserci altra scelta che il giocatore che lo ha di fatto sostituito dopo il suo ritiro: Davide Astori è arrivato poco più che ventenne a Cagliari in comproprietà dal Milan. Sei stagioni intere di Serie A e una costante attenzione attirata verso di lui a più riprese, sia in Italia che in Europa: nell'estate del 2012 decide addirittura di rifiutare l'interessante offerta economica dello Spartak Mosca (poco più di due milioni l'anno per quattro stagioni) per rimanere al Cagliari e credere nel nuovo progetto che la gestione Cellino sembra aver intrapreso: al centro c'è la costruzione del nuovo stadio. Il fallimento dell'idea del Presidente e le difficoltà con l'Is Arenas coincidono con la volontà di Astori di cambiare aria. La stagione difficile di Roma ha solo offuscato le sue buone qualità in impostazione, ma la rivincita conquistata a Firenze l'ha riportato a qualche anno prima, quando poteva permettersi di rifiutare i milioni russi.

 

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=YV2UqziqgnA

Neve, Pusceddu e un "surrigagno" dolce.


 

Vittorio Pusceddu e i suoi "surrigagni", come li chiamava Giovanni nel famoso sketch ai tempi di

, devono stare in questa classifica. Il mancino di Buggerru è un prodotto del vivaio sardo, tornato al Cagliari dopo un giro d'Italia attraverso Torino, Ascoli, Udinese, Genoa, Verona e Napoli, proprio nel 1992, il primo anno di Cellino.

 

Al suo ritorno sulla fascia sinistra dei rossoblù, i sardi conquistano la qualificazione in Coppa UEFA e lui diventa il miglior marcatore della squadra in campionato, con le stesse reti di Oliveira, Francescoli e Cappioli. Nella gelida trasferta europea di Malines segna addirittura con un pallonetto, sempre di mancino.

 





 

https://youtu.be/EVrOvW-xE3k?t=3m4s

Dal rischio della settima sconfitta consecutiva all'apoteosi firmata Conti... correva l'anno 2008.


 

Se il Cagliari di Cellino fosse un essere umano in carne e ossa, la sua materializzazione più veritiera dovrebbe avere i capelli lunghi e biondi di Daniele Conti e quel viso che pare strappato al padre Bruno. Uscire dall'ombra di un genitore così influente e ingombrante non deve essere stato facile e, a dire il vero, non lo è stato per niente. Ha dovuto cambiare aria e dedicare i suoi restanti 16 anni di carriera a una sola maglia, quella rossoblù del Cagliari.

 

Non è stato semplice affermarsi neppure in una realtà più piccola rispetto a quella della capitale: dalle difficoltà con Tabarez, fuori rosa con Ulivieri fino alla più recente, anno 2010, diatriba con Bisoli. Ma Daniele Conti ha comunque trovato la sua forza altrove divenendo centimetro dopo centimetro un leader difficilmente eguagliabile nel futuro di questa squadra. Non è più solo il figlio di Bruno.

 

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=S6NuzhsNPYg

Leggi della fisica queste sconosciute.


 

Definirlo controverso è un eufemismo. In O’Neill convivono quel senso estetico e violento del calcio che solo un uruguagio può avere. La vita da strada, i bar, le ubriacature notturne già a 9 anni, proseguite poi una volta arrivato in Italia, le ha raccontate lui stesso in un'intervista di qualche anno fa.

 

«Sì, bevevo. Avevo qualche problema quando facevo gli esami. Nel Cagliari non succedeva nulla perché il Presidente mi adorava», ed è

così; Cellino ha provato un amore appassionato e sofferto verso di lui. Lo ha assecondato, circondandolo con l'atmosfera ideale: O'Neill stanco di Tabarez chiese il suo licenziamento, ottenendolo. Al suo posto arrivò Gregorio Perez, uomo adorato dall'uruguagio.

 

In campo però era "

". Calzettoni bassi, numero 10 sulle spalle e il destro a far correre il pallone, mentre lui, un'aggraziata tartaruga, si muoveva lentamente per il terreno di gioco. È stato l'espressione pratica di quando si dice che il pensiero superi di gran lunga le capacità di movimento del corpo. La magia di un genio rinchiuso in un fisico pre-moderno.

 

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=U6lGIOZ3Pa4

Un nome e un cognome per descrivere il termine "caparbietà".


 

All'apparenza, un luogo dalla forte identità come quello sardo, non sembra il posto ideale per un ragazzo che al suo interno ha sangue belga e indonesiano. Un melting pot curioso che si infittisce ancor di più con le differenze religiose tra il padre e la madre, il primo protestante, la seconda cattolica.

 

Ma Radja Nainggolan, paradossalmente, si è sentito a casa più a Cagliari che ad Anversa.

 

Un ex centrocampista come Allegri non ha potuto non notarne le capacità e ci ha messo poco a farlo esordire in prima squadra. Poi è diventato il perno dinamico su cui hanno ruotato a lungo i rossoblù; Conti fa viaggiare il pallone, lui lo difende e lo mette nelle condizioni migliori per impostare.

 

Nainggolan abita a Serramanna, poco più di novemila abitanti, il bar dello sport sotto casa, terra incontrastata degli anziani del paese, e l'affetto per tutta la Sardegna, che lo porta ancora oggi a dedicare più di un pensiero ai rossoblù, anche immaginando lì la lontana fine della sua carriera.

 

 



 

https://youtu.be/rrHCXjRGyeA

Stop in corsa, taglia la strada al difensore, salta il portiere e l'appoggia in rete, quello era Mauro Esposito.


 

Nel regno di Massimo Cellino, Mauro Esposito è stato un tassello fondamentale.

 

Sei stagioni in Sardegna partendo dall'Udinese: poi Nedo Sonetti capisce che il ragazzo può esprimersi meglio da esterno offensivo che non da seconda punta, e così, assieme a Suazo prima e Gianfranco Zola poi, le sue realizzazioni passano da 7 a 17 in una sola stagione.

 

Arrivato in Serie A, Marcello Lippi lo chiama in Nazionale per le qualificazioni al Mondiale 2006; la sua esperienza cagliaritana prosegue a suon di gol fino all'infortunio del gennaio 2007, il preludio alla sua cessione, destinazione Roma.

 

Lì di fatto si conclude la sua carriera: Cagliari è stata una seconda casa, un livello che nella sua carriera non ha mai più toccato. Il tridente Esposito-Suazo-Langella resterà uno dei pacchetti offensivi più interessanti della storia rossoblù, di certo il più bello dell'era Cellino.

 

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=tw0C4uRsq_U

Bolt che gioca a calcio.


 

Se ci fosse una classifica all time del Cagliari, l'unico certamente inarrivabile sarebbe Gigi Riva. Lo Scudetto a Cagliari da capocannoniere è qualcosa che ancora oggi fa correre lungo le nostre schiene un brivido di sano rispetto sportivo. Il brivido però si trasforma in pelle d'oca quando realizziamo che, in una singola stagione di Serie A, non è stato Riva con le sue 21 reti a stabilire il record della squadra sarda, ma un honduregno di San Pedro Sula, nato quasi dieci anni dopo quell'impresa cagliaritana.

 

David Suazo condusse nel 2006 il Cagliari alla salvezza siglando 22 gol. Al contrario di O'Neill, il corpo di Suazo sembrava correre più velocemente del pallone. Innescato da Zola in profondità o servito al centro da Esposito e Langella, la sostanza era la stessa. L'eleganza albergava in altri lidi, soprattutto quando lo si vedeva calciare: la gamba, che fosse la sinistra o la destra non faceva alcuna differenza, si muoveva di scatto e leggermente scoordinata rispetto alla postura del corpo. A Cagliari però il risultato era quasi sempre la palla in fondo alla rete.

 

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=JJcU53rhGb8

Lulù e Dely Valdés, un altro che in questo undici ci sarebbe stato benissimo.


 

Il calcio anni ’90 è per me due volti: il mio mito di infanzia con i dentoni, Daniel Fonseca, e l'altro, capelli ricci, pelle d'ebano e orecchino sempre in vista, Luís

Oliveira.

 

Nato in una favela, cresciuto in Belgio, diventa calciatore vero in Sardegna. Il look appariscente ha fin da subito cozzato con la semplicità diretta di un uomo come Carletto Mazzone; l'estetica ha dovuto lasciare però spazio nel tempo alla pratica e ai suoi gol, neanche troppi a dire il vero: mai più di 15 in una stagione.

 

L'acquisto di Lulù ha dato avvio alla lunga stagione di Cellino, iniziata nel lontano 1992 e conclusa con la triste storia dell'Is Arenas nel 2014. I due estremi in cui si è mossa idealmente, tra alti e bassi, la folle gestione dell’ex presidente del Cagliari.

 

 

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