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Nikhil Jha
Frisbee per principianti
03 nov 2021
03 nov 2021
Chi l'ha detto che si può giocare a frisbee solo d'estate?
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Nikhil Jha
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Lo scorso 21 agosto, Mattia Santori ha annunciato la sua candidatura a consigliere comunale di Bologna tra le fila del Partito Democratico per le elezioni locali del 3 e 4 ottobre. Già leader delle Sardine, movimento politico di ispirazione anti-populista che conobbe grande popolarità mediatica sul finire del 2019, Santori ha presentato le sue idee per la città, citando a sorpresa tra le prime la costruzione di uno stadio del frisbee. Pur lasciando al lettore la valutazione soggettiva sulla bontà della proposta, non possiamo farci certo trovare impreparati, nel caso questo stadio s’avesse da fare. È allora il caso di conoscerlo meglio questo sport, per arrivare all’ipotetica inaugurazione dello stadio con cognizione di causa – e chissà, magari in Italia fare uno stadio per il frisbee è più semplice che farne uno per il calcio.


 

Anzitutto, bisogna sgomberare il campo da banali equivoci terminologici. Come accade con Scotch o Scottex, il termine Frisbee viene usato comunemente per indicare i dischi con orlo ricurvo che spesso si vedono volare nei parchi, ma è in realtà un marchio registrato dalla Wham-O, azienda di giocattoli statunitense. Se quindi Sartori vorrà evitare di sovvenzionare una ditta californiana con i soldi dei contribuenti, dovrà intitolare lo stadio che verrà con il nome corretto: lo stadio dell’ultimate.


 

L’ultimate nasce e si struttura come sport nella seconda metà degli anni Sessanta, nel nordovest degli Stati Uniti. Sono gli anni e i luoghi della controcultura giovanile, che si appropria dell’ultimate come alternativa agli sport organizzati dei licei e delle università – lasciando tracce profonde nello sviluppo dello sport, che indagheremo più avanti.


 

Le regole sono poche e semplici. Nella variante all’aperto – la più diffusa – si gioca su un campo rettangolare in erba, sette contro sette. Nelle competizioni della World Flying Disc Federation (WFDF), il campo misura 100 per 37 metri. Lo scopo è portare un disco di plastica di 175g negli ultimi 18 metri di campo avversario, denominati end zone, e realizzare così una meta. Ogni meta vale un punto. A seconda della competizione, si può giocare fino a raggiungere un certo punteggio o a tempo. Per risalire il campo, i giocatori di una squadra possono passarsi il disco l’un l’altro per guadagnare terreno, ma devono arrestare il prima possibile la corsa appena ricevono il possesso, e di lì avanti usare un perno finché non se ne liberano.



L’azione comincia con un lancio da parte della difesa a partire dalla propria end zone: l’attacco prende così possesso del disco e può cominciare l’azione.


 

Ci sono tre modi di lanciare il disco: il più naturale di tutti – il primo che immagino chiunque abbia tentato la prima volta che ha tenuto un disco di plastica tra le mani – è il rovescio, con il braccio che carica il lancio davanti al corpo. Seguono il dritto (analogo al corrispettivo tennistico) e il rovesciato, più spettacolare: il disco viene lanciato da sopra la testa in verticale, ma la meccanica di lancio lo fa arrivare (in teoria) orizzontalmente tra le mani del ricevitore. In tutti e tre i lanci base (e in quelli più sofisticati, ma il pezzo si intitola “per principianti” quindi calma) è cardinale il movimento del polso: deve essere deciso e fermo, per aumentare la rotazione e dare stabilità al disco.


 

I ruoli dell’attacco sono essenzialmente due: gli handler, i registi, e i cutter, che devono occuparsi di trovare spazi dove ricevere il disco. Grossolanamente, l’attacco può disporsi in due modi, allineando cioè i propri cutter in verticale e lasciando loro lo spazio per ricevere su entrambi i lati del campo, oppure schierandoli orizzontalmente e ottimizzando l’occupazione dello spazio – naturalmente, le varianti sul tema sono infinite.


 

Nell’ultimate, il contatto tra avversari non è ammesso: questo, insieme agli ampi spazi a disposizione dell’attacco, rende molto difficile il compito del difensore, tanto che la riconquista del disco da parte della squadra in difesa e una successiva meta vengono definiti come break e determinano le sorti della partita.


 

Non potendo caricare il portatore del disco, la difesa deve limitarsi a rendere più complicata la mossa successiva. La strategia difensiva si basa sul concetto di forza (force): il difensore può decidere se posizionarsi sul lato del rovescio o del dritto di un lanciatore, impostando rispettivamente una Forehand force o una Backhand force – di fatto provando a precludere una possibilità e lasciando libera l’altra. Idealmente, i difensori che marcano la profondità provano così a posizionarsi sul lato libero, in posizione migliore possibile per intercettare il disco e guadagnare il possesso.


 

La squadra in difesa ottiene il disco anche se un passaggio è incompleto – ossia, tocca terra prima di raggiungere un compagno – se il disco cade al di fuori del campo, o se il giocatore che ne è in possesso non se ne libera entro 10 secondi – al termine dello stall count.



Lo stall count, come tutti gli aspetti dell’ultimate, è regolato direttamente dai giocatori in campo: quando un difensore si avvicina a un attaccante che possiede il disco, deve pronunciare la parola “Stalling” e iniziare a contare fino a 10 secondi, momento entro il quale l’avversario deve liberarsi del disco. In caso di controversia, in questo come in tutte le altre circostanze contese, se nessuna delle due squadre accetta di essere nel torto, il gioco riprende dall’ultimo possesso non contestato. Nel regolamento internazionale, l’ultimate viene infatti esplicitamente descritto come sport auto-arbitrato.


 

Dovunque cercherete ulteriori informazioni sull’ultimate (non è che possiamo fare tutto noi) vedrete nominato lo SOTG, “Spirit Of The Game” – tanto riverito da avere, ogni anno, una giornata a lui dedicata. Lo Spirito del Gioco è un equilibrio difficilmente spiegabile di fair play, rispetto per l’avversario, e una generale attitudine costruttiva da mantenere durante il gioco. Come recita il primo articolo del regolamento internazionale: “Tutti i giocatori sono responsabili di amministrare e aderire alle regole”.


 

Lo sviluppo dello sport e la sua crescente popolarità stanno però attentando al principio di auto-regolamentazione dell’ultimate: se nei World Games (le Olimpiadi degli altri sport) sono stati introdotti i game advisor (che forniscono pareri imparziali ma non vincolanti per aiutare i giocatori ad amministrare la partita), la nascita di leghe americane dall’alto valore competitivo ha imposto la presenza di arbitri veri e propri, con le righine bianche e nere che tanto piacciono da quelle parti.



Se poi non vi bastasse, c’è pure il Disc Golf: qui un assaggio.


 

Un altro minacciato pilastro dell’ultimate è il rapporto tra i generi, anch’esso emanazione della controcultura degli anni ’60. Nei World Games, si gioca un singolo torneo a squadre miste, in cui ogni genere deve essere rappresentato da almeno tre giocatori su sette in ogni momento della partita. Nel 2012 è però stata fondata negli Stati Uniti la American Ultimate Disc League (AUDL), prettamente maschile, con l’obiettivo di introdurre il professionismo nel mondo dell’ultimate – obiettivo sinora non portato completamente a termine. A testimonianza di quanto sia radicata nell’ultimate una cultura che spinge verso la parità di genere, la nascita dell’AUDL ha portato in reazione nel 2019 all’istituzione della Premier Ultimate League (PUL), fondata con lo scopo di “incrementare il numero di donne, transgender, persone non-binarie, genderqueer, genderfluid e giovani che praticano lo sport”.


 

Al momento, l’AUDL rimane però la lega di più alto livello, dal punto di vista mediatico e tecnico. La finale in gara secca per l’assegnazione del titolo si è giocata lo scorso 11 settembre, quando i Raleigh Flyers hanno sconfitto 19-16 i New York Empire all’Audi Field di Washington – stadio della franchigia calcistica dei DC United. È stato il primo successo sportivo in campo maschile per la città di Raleigh, che ha dovuto strappare la cintura agli stessi proprietari, orfani di quello che forse è stato il più dominante giocatore di Ultimate della storia.



Gli highlights della finale.


 

Nella sua carriera Beau Kittredge è stato capace di vincere cinque campionati con quattro franchigie (di cui quattro consecutive con tre franchigie). È forse il singolo giocatore che ha condotto l’ultimate a una consapevolezza superiore del ruolo dell’atletismo in campo. Qualcuno ha addirittura paragonato una sua famosa giocata di inizio carriera a The Catch, la presa di Dwight Clark sul lancio di Joe Montana che cambiò la storia del football americano negli anni ’80 e segnò le decadi a venire – anche se il gesto atletico ricorda più quello di Vince Carter su Frédéric Weis.


 

Dopo la stagione 2020 annullata a causa del Covid, però, Kittredge, a 38 anni, sembra aver deciso di lasciare spazio alle nuove generazioni, concentrandosi su nuovi sport a livello non competitivo. La stagione 2021 è stata la prima senza di lui dal 2014, quando entrò e comincio a dominare la lega con due titoli da MVP consecutivi. Il suo erede, per certi versi, è Ben Jagt, arrivato insieme a Kittredge a New York nel 2018 e capace di vincere due titoli di MVP consecutivi nel 2019 e nel 2021, nonostante la sconfitta in finale.



I mondiali per nazionali e per club, organizzati a bienni alterni dalla federazione internazionale, comprendono una competizione maschile, una femminile e una mista. In Italia non c’è una categoria esclusivamente maschile, ma esiste quella Open (aperta senza distinzioni, anche se nei fatti è popolata principalmente da uomini), affiancata dalla Women e dalla Mixed, ognuna con una propria Serie A.


 

Tutte le categorie sono dominate da squadre di Bologna, e in particolare dal CUS, di cui proprio Mattia Sartori è stato bandiera per diversi anni. Ma considerando che l’ultimate è stato considerato eleggibile per le Olimpiadi del 2028, potrebbe essere proprio il momento giusto di farsi strada nel mondo del disco di plastica volante. Ci vediamo allo stadio di Bologna.


 

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