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Fabio Barcellona
Franz Beckenbauer pensava il calcio in modo totale
09 gen 2024
09 gen 2024
Un genio che ha anticipato l'evoluzione tattica futura.
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Fabio Barcellona
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Foto Imago / ANP
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Cos’era il libero?

Il libero doveva controllare lo spazio. Doveva farlo in un calcio dominato dalle marcature a uomo, dove la posizione dei difensori era definita in maniera reattiva da quella degli attaccanti da marcare. Esentato da marcature, il libero provava a riannodare la struttura difensiva della squadra sfilacciata dalle marcature a uomo. Ricucire laddove la squadra si spezza, dare continuità a un tessuto che si smaglia: ricostruire l’ordine. Doveva coprire la zona palla; doveva essere pronto pronto a contrastare l’avversario che era riuscito a liberarsi dalla marcatura; doveva occupare le zone scoperte con il compito di assorbire inserimenti da dietro e di leggere le linee di passaggio avversarie.

L’invenzione del libero è ormai vecchia di quasi cent’anni. Fu l’austriaco Karl Rappan che, alla guida del Servette, mise a punto il verrou. La disposizionepartiva dal Metodo – detto anche WW per identificare con i vertici delle due lettere la posizione dei giocatori - ma poi arretrava le due mezzali con il compito di marcare le due ali avversarie. I due terzini venivano così lasciati in superiorità numerica contro il centravanti avversario. Uno dei due terzini era deputato alla marcatura mentre l’altro era libero e poteva dedicarsi a spazzare la propria zona difensiva, to sweep, da cui sweeper nome con cui è anche denominato il ruolo in lingua inglese.

Nato con finalità puramente difensive, il ruolo del libero sul finire degli anni ’60 si arricchì di una dimensione offensiva. Appunto perché libero, non impegnato nel gioco delle marcature, alcuni interpreti del ruolo cominciarono a utilizzare la loro libertà per ottenere vantaggi in fase di possesso palla. Il libero aveva tempo e spazio per iniziare la manovra offensiva e, in maniera ancora più coraggiosa, alzarsi a centrocampo per creare superiorità numerica per la propria squadra.

Il migliore di tutti, in questa doppia interpretazione del ruolo fu Franz Beckenbauer. Come tanti grandi liberi del passato, Beckenbauer nasce centrocampista e da mediano gioca la Coppa del Mondo in Inghilterra del 1966. Il controllo, la comprensione e la gestione dello spazio richiesto al libero, favoriva nel ruolo ex centrocampisti. Rispetto ai difensori puri dell’epoca erano più abituati a leggere e ad anticipare gli sviluppi della manovra avversaria.

Beckenbauer fu un libero esemplare, capace di intuire e leggere le trame di gioco avversarie e di posizionarsi in maniera perfetta per ostacolare e interrompere la manovra d’attacco. Ma non era solo questo: Franz Beckenbauer non avrebbe vinto per due volte, da difensore, il Pallone d’Oro senza la formidabile e futuristica interpretazione offensiva del ruolo di libero. Al di là del carisma e dello stile di gioco definito principesco da Gianni Brera, Beckenbauer fu per il Bayern Monaco e la Germania Ovest il vero ordinatore della manovra, il regista della squadra.

Da dietro, sfruttando a pieno la sua libertà, definiva il ritmo dell’azione offensiva. Chiedeva ogni pallone e decideva lui in che modo avrebbe dovuto attaccare la squadra. Poteva decidere di iniziare palleggiando sul corto o, in alternativa lanciare lungo direttamente verso le punte. Poteva anche decidere di giocare all’interno della struttura difensiva avversaria coi suoi passaggi a media gittata giocati con l’esterno del piede, all’ungherese, che sono diventati un’icona del suo stile di gioco. Oppure poteva inserirsi a centrocampo, con o senza il pallone, usando la sua libertà per creare superiorità numerica in un campo dominato dai duelli individuali. In un calcio essenzialmente verticale come quello giocato a quei tempi, Beckenbauer gestiva il tempo e lo spazio in maniera singolare. In mezzo al campo ogni sua scelta era finalizzata a ottenere un vantaggio che oggi si definirebbe posizionale. Ogni suo dribbling apriva uno spazio allo sviluppo della manovra e la sua incredibile capacità di mantenere il possesso – oggi viene chiamata resistenza al pressing -, anche andando contro alla tensione verticale del calcio dell’epoca, riordinava la squadra e apriva nuovi scenari alla manovra offensiva. Aveva una comprensione ai limiti del mistico dello spazio attorno a sé e dello sviluppo del gioco.

In questo video l’incredibile capacità di generare vantaggi con i suoi dribbling in mezzo al campo e la resistenza al pressing che ordina la squadra. Oltre alla sua incredibile eleganza.

È comune a tanti geni dello sport esprimere un’arte in anticipo sui tempi, e non è difficile vedere in Beckenbauer un calciatore della nostra epoca. Un difensore che pensa il calcio in modo totale e non convenzionale, che è arrivato a capire l’essenza dei codici complessi del gioco, e per questo può liberarsi degli schemi più rigidi della propria epoca. Lagrandezza di Franz Beckenbauer è stata la sua estrema modernità. Era al contempo un creatore e un anticipatore degli sviluppi tattici futuri. La sua eredità tattica è stata grande e profonda.

Il calcio tedesco ha, per almeno vent’anni dopo il suo ritiro, provato a ricreare in campo le dinamiche costruite da Beckenbauer. Non ha abbandonato il concetto di libero costruttore di gioco, e ha continuato a spostare centrocampisti indietro di ottima tecnica: Matthias Sammer, Lothar Matthäus e persino l’ex trequartista Olaf Thon.

In maniera ancora più profonda, la modernità di Beckenbauer sta nell’avere spostato indietro, sulla linea difensiva, le origini della manovra offensiva, nell’utilizzo della superiorità numerica in zona arretrata per porre le basi di vantaggi successivi in zone più avanzate di campo. Tutti concetti poi sistematizzati e codificati nei successivi sviluppi tattici del gioco, ma presenti nel calcio di Beckenbauer. E ancora, la creazione di superiorità numerica e posizionale in mezzo al campo, la capacità di ordinare la squadra tramite un sapiente equilibrio di movimento del pallone e mantenimento individuale del possesso, la gestione dei tempi di gioco come arma per muovere la difesa avversaria e trovare varchi al suo interno, erano principi tattici che Beckenbauer padroneggiava a meraviglia, in maniera profetica per i suoi tempi, e che sono alla base del calcio che si gioca sessant’anni dopo. Per questo, davvero, se ne è andato uno dei più grandi di tutti i tempi.

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