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Daniele V. Morrone
La Francia e la ricetta per vincere il Mondiale
11 lug 2018
11 lug 2018
Belgio e Francia hanno dimostrato di meritare una semifinale di un Mondiale ma quella di Deschamps si è dimostrata ancora una volta la squadra più solida.
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Daniele V. Morrone
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Il grafico di passaggi e posizioni medie mostra il volume di gioco concentrato sulla fascia destra per arrivare al cross. I dati Opta ci dicono che ha tentato 21 cross esclusi i corner.


 



 



 



 



 



 





 



 



 



 




 



 



 



 



Ad esempio i due centrali sarebbero più adatti a difendere alti e non arroccati a difesa della propria area, ma con l’avanzare del torneo hanno imparato a conoscersi meglio in campo e ora si compensano a vicenda. Varane ad esempio si concentra sull’area piccola.

 

La Francia è una squadra più cerebrale di quanto gli venga riconosciuto, perché legge e reagisce al contesto di gioco. A volte lo impone, a volte decide di accettarlo e galleggiare senza mai soffocare. Per questo c’è chi la paragona all’Atlético Madrid di Simeone, anche per la capacità di saper gestire sempre la propria fase di difesa posizionale e per l’importanza che hanno le letture senza palla. Possiede i giocatori per farlo come nessun’altra al Mondiale, questo è innegabile, ma non era scontato ad inizio torneo. Con l’andare avanti delle partite, invece, sono cresciute le influenze dei giocatori più intelligenti e in grado di guidare i compagni di reparto: Varane, Pogba, Griezmann.

 

La colonna vertebrale della Francia

Il luccichio della prestazione di Mbappé è quello che attira di più l’attenzione. Il ragazzo prodigio ha rappresentato da solo una sicurezza in termini di pericolosità offensiva grazie alla sua velocità e al suo dribbling in conduzione (7 dribbling riusciti su 15 tentati) e in termini di pure occasioni da gol create (6 totali, come nessun altro in partita).

 

La partita della Francia però si regge sulle prestazioni della sua colonna vertebrale, formata da Varane, Pogba e Griezmann. Tre giocatori totalmente inseriti dal punto di vista mentale lungo i 90 minuti (cosa che invece manca ancora a Mbappé, anche vista la giovane età) che permettono alla Francia di fare sempre la cosa giusta al momento giusto.

 

Contro il Belgio, Pogba ha dimostrato ancora una volta la totalità del proprio repertorio, oltre alla capacità di curare quelle piccole cose che cambiano una squadra. Come l’attenzione nei confronti di Fellaini per non permettergli di ricevere al limite dell’area e farne quindi il target dei lanci del Belgio; oppure la precisione nelle aperture, che fanno meno rumore di quella nell’ultimo passaggio (3 passaggi chiave), ma che servono comunque al sistema per dare il via alla transizione offensiva.

 

Quella transizione poi continuamente pulita da Griezmann. Il numero 7 ha eseguito l’ennesima sinfonia di letture, con e senza palla, per aiutare il sistema a muoversi senza singhiozzare. Ha lavorato in termini difensivi ponendosi come primo riferimento della pressione e bilanciando le transizioni offensive, portandosi lui in marcatura preventiva quando le lancia. Ogni suo tocco di palla indirizza la manovra in un senso, ogni suo movimento aiuta almeno un compagno.

 




 



 





 



 


Alla fine Hazard ce l’ha fatta a chiudere una partita stabilendo il record di dribbling riusciti in questo Mondiale: 10.


 



 



 



 

 

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