
Intorno a metà degli anni '90, nel momento più luminoso della gestione Cecchi Gori, i tifosi della Fiorentina intonavano il coro «Se si vince lo Scudetto/Cecchi Gori facci il tetto». Era l’epoca delle Sette Sorelle, del calcio italiano dai mezzi illimitati e di stadi che erano stati costruiti o ritoccati poco più di cinque anni prima per Italia ‘90. L’atmosfera di generalizzata grandeur portava anche a voli pindarici sul futuro delle nostre infrastrutture sportive, cornice ideale per lo spettacolo calcistico più ambito al mondo.
Sono passati 30 anni: le Sette Sorelle sono solo un ricordo da pagine social nostalgiche, il calcio italiano non è più il migliore al mondo e la gestione Cecchi Gori – deragliata di lì a poco – è stata l’ultima ad aver portato un trofeo a Firenze e in curva Fiesole si attende ancora il tetto, anche senza bisogno per forza di una vittoria del campionato.
Chiunque abbia visto anche soltanto in tv una partita della Fiorentina nell’ultimo anno avrà notato il grande cantiere che sta interessando proprio la curva Fiesole per il piano di restyling dello stadio, voluto dal Comune. «Abbiamo uno stadio in condizioni pietose. Al Franchi con i lavori non abbiamo il pubblico che ci spinge» aveva commentato l’ormai ex direttore sportivo Daniele Pradè qualche settimana fa dopo la sconfitta con il Milan, nel pieno del peggior inizio di stagione della storia della Fiorentina, come ad aggiungere il tema dei cantieri alla lunga lista di elementi negativi che hanno caratterizzato il disastro della gestione Pioli. A onor del vero lo scorso anno la Fiorentina, con gli stessi cantieri presenti, ha raggiunto una semifinale europea e centrato il sesto posto in campionato, miglior piazzamento delle ultime nove stagioni. È innegabile però che l’impatto visivo non sia dei migliori: capienza dell’impianto dimezzata, macchinari da lavoro a bordo campo, calcestruzzo a portata di tiro alto sopra la traversa.
Nel caos viola di queste settimane si innesta anche la vicenda “nuovo stadio”, che parte lontana nel tempo, con sentieri lunghi e tortuosi. È una storia molto italiana e molto poco anglosassone, avrebbe detto uno che non apprezzava i toscani.
Nel pieno della contestazione dei giorni scorsi c’è anche un pensiero per l’amministrazione comunale.
Già in passato era stata presa in considerazione l’ipotesi di un ampliamento dell’allora Stadio Comunale, impianto comunque difficile da trattare: progettato e realizzato a cavallo tra gli anni Venti e Trenta dall’ingegner Pierluigi Nervi, per merito della rilevanza architettonica di alcuni elementi – la Torre di Maratona, la pensilina che copre la tribuna centrale e le scale elicoidali, queste ultime ormai diventate una specie di meme lessicale nella chiacchiera cittadina – lo stadio è vincolato dal Ministero dei Beni Culturali. Fatto che rende complesse soprattutto a livello burocratico la definizione e la realizzazione di interventi strutturali.

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Al momento della sua inaugurazione nel 1931 l’impianto si trovava in pratica in mezzo al nulla, l’area del Campo di Marte al tempo era utilizzata prevalentemente per esercitazioni militari, da qui il nome. Col passare degli anni però intorno allo stadio è sorto un quartiere residenziale che spesso mal sopporta i disagi dovuti allo svolgimento delle partite. Curiosità: l’impianto fu inaugurato quando ancora non era stato completato, la Fiorentina dovette giocare i suoi primi incontri nello stadio in mezzo ai cantieri. Corsi e ricorsi.
«Lo stadio è considerato un bene culturale, ma in cinquant’anni che sto a Firenze non ho mai visto turisti che vengono a visitarlo» ci dice Giovanni Galli, nove stagioni in maglia viola dal 1977 al 1986 e dieci in maglia centrodestra in due distinte esperienze politiche, prima come consigliere comunale poi come consigliere regionale.
Prende piede dagli anni Duemila l’idea di dotare la città di una nuova casa per la Fiorentina, una struttura che si smarchi anche dalla tipicamente italiana proprietà comunale degli impianti sportivi.
Nel 2008 la famiglia Della Valle presenta un progetto firmato da Massimiliano Fuksas per la costruzione di un nuovo stadio con una copertura “a nuvola”; insieme all’impianto sono previste aree sportive, commerciali e turistico-ricettive per un’occupazione complessiva tra i 70 e i 90 ettari. I Della Valle chiedono un’area nel territorio del comune di Firenze, i terreni più indicati dovrebbero essere quelli nella zona di Castello nei pressi dell’aeroporto di Peretola. Tempo qualche settimana però l’area viene messa sotto sequestro da parte della Procura di Firenze in un’inchiesta che riguarda tra gli altri l’imprenditore Salvatore Ligresti, già coinvolto in Tangentopoli e proprietario dei terreni tramite FondiariaSai.
Non tutti peraltro sono d’accordo con l’operazione: memorabile il commento dell’allora assessore alla cultura del Comune, Giovanni Gozzini, qualche giorno dopo la presentazione del progetto: «Un’operazione molto scorretta al limite dell’illegalità, è soltanto un favore a Ligresti. È un’operazione tutta a vantaggio dei Della Valle che vede il Comune subire delle pressioni appunto poco corrette. Di questo progettino – chiosa Gozzini per non lasciare dubbi sulla sua valutazione – bisognerebbe farne un rotolino e ficcarselo su per le trombe del cosiddetto». Passa il tempo, le inchieste si dipanano, il progetto tramonta.
I Della Valle ci riprovano anni dopo grazie alla sponda del sindaco Matteo Renzi che individua come spazi adatti a un nuovo stadio l’area dei mercati generali Mercafir: disponibile per metà della superficie totale secondo le intenzioni del Comune, da sfruttare per intero secondo i desiderata della Fiorentina. Palazzo Vecchio si adatta alla richiesta viola ed il successore di Renzi, Dario Nardella, inserisce una variante al regolamento urbanistico all’inizio del 2015. L’assessora all’urbanistica Elisabetta Meucci spiega in consiglio comunale che comunque «per la posa della prima pietra bisognerà aspettare tre anni». Costo ipotizzato dell’operazione: 320 milioni di euro. Diego e Andrea Della Valle però si stanno progressivamente disamorando della Fiorentina, mentre in parallelo monta una crescente sfiducia dei tifosi nei confronti della proprietà marchigiana. Palazzo Vecchio attende con pazienza passaggi formali da parte della società che vengono rimandati costantemente. Passa il tempo, le contestazioni dei tifosi aumentano, i Della Valle cedono il club.
Se davvero l’amministrazione comunale ha intenzione anche con atti formali di far costruire un nuovo stadio in città, allo stesso tempo non decolla il dibattito su quale sarà il destino del Franchi. Le idee di riconversione in quegli anni vertono timidamente sulla possibilità di dedicare la struttura al rugby, vengono anche ospitati alcuni test match della nazionale – l’Italrugby trova buone vibrazioni a Firenze, battendo al Franchi per la prima volta nella sua storia prima il Sudafrica nel 2016 e poi l’Australia nel 2022. Si guarda alla palla ovale in verità per un parallelismo da evitare, ovvero la situazione del Flaminio di Roma: l’ex stadio della nazionale di rugby, anch’esso progettato da Nervi, già da qualche anno versa in totale abbandono dopo che la Federugby ha spostato le partite del Sei Nazioni all’Olimpico e i test match autunnali degli Azzurri sempre più spesso in altre città. «Non diventi un Flaminio bis!» è un mantra che si sente ripetere anche in nome della tutela dei residenti di Campo di Marte. L’unico minimo cambiamento in quel periodo interessa i parterre delle due tribune che vengono rinnovati anche con l’abbattimento delle barriere tra spalti e campo. Per il resto passa il tempo, la pioggia continua a cadere sulle teste degli spettatori del Franchi, il dibattito si arena.
Prende piede da allora la nouvelle vague delle esultanze dei giocatori viola: tuffarsi in mezzo al pubblico.
Nel giugno 2019 arriva alla guida della Fiorentina Rocco Commisso, che punta subito sulle infrastrutture per il club. Nel giro di pochi mesi chiude l’accordo col Comune di Bagno a Ripoli, al confine est di Firenze, per la realizzazione del Viola Park poi completato in tempi relativamente rapidi, per gli italici standard. Per la questione stadio la proposta iniziale del fondatore di Mediacom è molto più semplice: demolizione del Franchi e ricostruzione sullo stesso sito di un nuovo impianto, il tutto a spese proprie. Il “no” della Soprintendenza a tutela del «monumento», così lo definisce pedissequamente e burocraticamente l’allora soprintendente di Firenze Andrea Pessina, è dietro l’angolo.
Commisso e il Franchi, una relazione complicata fino dai primi mesi…
Commisso vuole operare fast-fast-fast e non difetta in intraprendenza imprenditoriale, pur non presentando concretamente un vero progetto completo per un nuovo stadio. Il nuovo presidente si spazientisce presto di fronte alla farraginosità di alcune situazioni, come quando il Comune ripropone al club viola la Mercafir per il nuovo stadio. Dopo mesi di analisi e valutazioni, a marzo 2020 la Fiorentina non partecipa alla gara per l’assegnazione dell’area, anche perché probabilmente il club non intende accollarsi gli oneri di urbanizzazione conseguenti all’operazione. Il patron italo-americano annuncia: «Ritengo che nessuna delle tre condizioni da me a suo tempo richieste, tempi rapidi, costi ragionevoli e controllo totale del progetto di costruzione e gestione dello stadio dopo il suo completamento, sia stata soddisfatta». Molto meno diplomatico successivamente il dg viola Joe Barone: «Lo stadio alla Mercafir? Una truffa. La presa in giro più grande della storia della Fiorentina».
Il “controllo totale” che Commisso sta cercando potrebbe essere ottenibile fuori Firenze: il Comune di Campi Bisenzio, cittadina dell’hinterland fiorentino 4 chilometri a nord-ovest del capoluogo, mette a disposizione dei terreni su cui il presidente firma un’opzione di acquisto: «Si tratta di 36 ettari e mezzo sufficienti per fare tutto quello che vogliamo fare – spiega all’epoca Commisso – lo stadio e pure i parcheggi e l’area commerciale». Stavolta si mette di mezzo il combinato disposto di logiche politiche e di una implicita punta di campanilismo: il presidente della Toscana Eugenio Giani mette in guardia sul rischio idrogeologico presente nell’area, che effettivamente poi sarà interessata dall’alluvione che colpisce Campi nel novembre 2023, e con Nardella rispostano il focus sul Franchi (anche per non lasciare la patata bollente al Comune di Firenze di uno stadio senza più la Fiorentina e senza uno scopo definito?).
Di fatto il dialogo tra il sindaco di Campi Bisenzio Emiliano Fossi e la Fiorentina si ferma e, sarà un caso, il giorno dopo un colloquio tra Fossi e Commisso lo stesso Fossi viene convocato in Palazzo Vecchio da Giani e Nardella... Anche perché – non lo dice nessuno ma è un retropensiero individuabile in alcune dichiarazioni di allora – Firenze ha già perso il centro sportivo viola “scippato” da Bagno a Ripoli e sia mai che la Fiorentina vada a giocare fuori dai confini comunali. Come se qualcuno si fosse stracciato le vesti perché il Milan abbandonava la propria città ai tempi del progetto del nuovo stadio a San Donato Milanese.
A inizio 2021 Commisso incassa il niet definitivo del Ministero dei Beni Culturali su un’ipotesi di abbattimento anche solo parziale del Franchi. Il patron viola a quel punto è categorico: «Vedo che c’è più interesse a conservare una struttura fatiscente di cemento armato di 90 anni che permettere ai tifosi di assistere a un evento sportivo con tutti i servizi moderni e i comfort di uno stadio all’avanguardia che Firenze avrebbe meritato. Il tema Stadio Franchi per la Fiorentina è chiuso».
Si arriva così al quadro attuale. Nel 2021 il Comune di Firenze indice un concorso internazionale per l’ammodernamento dello stadio, vinto dallo studio Arup con il progetto dell’architetto David Hirsch: tra gli interventi principali sono previste due nuove curve più vicine al campo, la riprofilazione delle sedute delle due tribune e una nuova imponente copertura su tutto lo stadio complementare alla pensilina della tribuna coperta. Il tutto senza poter toccare la struttura originaria di Nervi.
Per finanziare l’operazione Nardella ottiene 150 milioni di euro dal Piano Nazionale Complementare, parallelo al PNRR, nell’ambito della programmazione Cultura: se davvero il Franchi è considerato un monumento può a pieno titolo essere considerato per questo tipo di progettualità. Vengono inizialmente intercettati a questo scopo anche altri 55 milioni di fondi europei destinati alla riqualificazione di periferie disagiate, successivamente definanziati da Bruxelles. Un progetto di cui ad oggi la Fiorentina, spiegano fonti della società viola, ha soltanto potuto prendere atto, dovendo ancora individuare in che modo e a che livelli questa ristrutturazione porterà concreti miglioramenti al club e ai suoi tifosi.
Vari fattori, tra cui l’aumento dei costi delle materie prime di inizio 2022, fanno sì che i fondi a disposizione non consentano di coprire l’intera operazione e il progetto, che interessava anche spazi adiacenti al Franchi, viene ridotto nella portata limitandosi solo alla struttura dello stadio. «Alla fine verranno spesi 300 milioni sul Franchi, da anni sono convinto che la cifra raddoppierà rispetto ai 150 inizialmente disponibili» attacca Giovanni Galli. Impatta sui costi, oltre che sulle tempistiche di intervento, anche l’eventuale utilizzo dell’impianto per le partite della Fiorentina: la squadra giocherà comunque al Franchi durante i lavori o andrà da un’altra parte?
Tra le varie proposte del Comune c’è la rimodulazione dell’impianto Padovani, adiacente al Franchi e casa del Firenze Rugby 1931, per far giocare lì i viola il tempo necessario a finire i lavori. La Lega Serie A effettua anche una serie di sopralluoghi per valutare la realizzazione di uno stadio temporaneo: il club alla fine non accetta, non considerandola una possibilità reale per una squadra di serie A.
Vengono scartati trasferimenti in altri stadi come il Castellani di Empoli (per il quale arriva il no dell’amministrazione comunale: «Problemi di ordine pubblico, di viabilità relativi al fatto che, per come lo stadio di Empoli è collocato all'interno della nostra città, evidentemente ogni volta che gioca l'Empoli già dobbiamo gestire l'afflusso dei tifosi ospiti» è la posizione della allora sindaca Brenda Barnini) o fuori regione. La Fiorentina, nonostante in uno dei confronti con il Comune di Firenze di fine 2023 avesse essa stessa proposto la soluzione di compromesso di non utilizzare l’impianto per due stagioni (24/25 e 25/26), decide alla fine di giocare al Franchi anche con i cantieri.
Il 2024 vede l’inizio della fase principale di cantierizzazione, non prima di un ricorso d’urgenza in Tribunale da parte della Fiorentina addirittura per far sospendere i lavori – respinto su tutta la linea. Si deve fare di necessità virtù perché i viola utilizzano ancora lo stadio e per questo, ad esempio, l’area del campo da gioco non può essere impiegata come spazio di cantiere, secondo quanto inizialmente previsto. La capienza passa da circa 40mila spettatori a poco più di 20mila per la chiusura completa della Curva Fiesole e di alcuni settori delle due tribune, aree interessate dai cantieri. Si tratta del primo lotto di lavori coperto dai 150 milioni del PNC, interventi che, in base alle norme di utilizzo dei fondi, devono essere completati e rendicontati entro il 2026. Mancano ancora le coperture economiche per la restante parte dei lavori: i 55 milioni inizialmente definanziati tornano a disposizione grazie a una triangolazione con la Città Metropolitana di Firenze ma non sono comunque sufficienti.

Viene ciclicamente ipotizzato quindi di proporre un project financing alla Fiorentina – le voci più recenti sono proprio di queste ultime settimane: la società di Commisso metterebbe i soldi mancanti in cambio, come da normativa, di agevolazioni sulla convenzione di utilizzo della struttura e su questo una base di confronto è attiva tra club e amministrazione comunale. La Fiorentina però detta una scadenza: «Se entro dicembre si riesce a siglare un accordo – ha spiegato in un’intervista a Repubblica il dg viola Alessandro Ferrari – la Fiorentina farà parte del secondo lotto del progetto». Le sensazioni però sono negative: «Oggi, a differenza di qualche mese fa, c’è il rischio che la Fiorentina rimanga fuori dal progetto» ha aggiunto Ferrari.
A livello amministrativo il dossier Franchi a metà 2024 è passato da Nardella alla nuova sindaca di Firenze Sara Funaro: la prima cittadina inizialmente annuncia che la Fiesole sarà riaperta per il centenario del club nell’agosto 2026, salvo poi essere costretta il mese scorso a fare marcia indietro, spostando il termine lavori ai primi mesi del 2027 (e il vincolo di rendicontazione alla fine del prossimo anno…?). «La prima a essere dispiaciuta sono io – ha dichiarato Funaro – avere la nuova curva utilizzabile per il centenario era un mio auspicio personale per la città, per la Fiorentina e per i tifosi. Per dei ritardi e per una serie di contingenze che ci sono stati questo non è stato possibile». Una volta conclusi i lavori sulla Fiesole il cantiere si sposterà dalla parte opposta realizzando l’intervento analogo sulla Curva Ferrovia.
Il completamento del restyling è previsto per il 2029, anche se un vero cronoprogramma di tutto l’intervento, pur annunciato da Funaro, ancora non è stato presentato. La scadenza finale, anche solo facendo un calcolo a spanne, appare non realistica – e cosa accadrebbe se non si riuscissero a intercettare tutti i fondi necessari al completamento dell’opera? «Se avessimo fatto fare a Commisso lo stadio nuovo probabilmente nel 2026 sarebbe stato pronto» punge ancora Giovanni Galli. Torna di attualità la possibilità per la Fiorentina di lasciare il Franchi per accelerare l’attività di cantiere, ipotesi che però il club spiega di considerare molto problematica per questioni economiche e logistiche, con ripercussioni anche sulla squadra che sarebbe costantemente in trasferta – cosa che comunque sarebbe stata evidentemente accettabile, dato che proprio la Fiorentina aveva proposto di trasferirsi lontano dal Franchi…
In un’intervista a La Nazione di fine ottobre 2025 il direttore tecnico del progetto Luca Buzzoni spiega che dall’inizio dei lavori il cantiere «tra partite, meteo avverso» e altri imprevisti è stato fermo per un totale di «circa 2/3 mesi». Resta da valutare anche quale sarà l’effettivo impatto di tutto l’intervento nelle aree immediatamente adiacenti al Franchi rispetto alle alberature presenti intorno allo stadio, alla viabilità e alla vivibilità del quartiere, secondo alcune ipotesi anche per la portata della copertura dell’impianto prevista nel progetto.
Nonostante la totale incertezza sul suo futuro, il Franchi è comunque uno degli stadi candidati a poter ospitare le partite di Euro2032: la decisione ufficiale sui 5 impianti italiani selezionati arriverà ad ottobre 2026. L’Uefa riceverà giovedì a Nyon una delegazione congiunta Comune-Fiorentina.
Idee, rendering favolistici, burocrazia, fughe in avanti e marce indietro: elementi che su questa vicenda si sono protratti per oltre vent’anni e che visto l’andazzo sfonderanno la barriera del doppio decennio. Lasciando spazio anche a nuovi plot twist degni di una serie Netflix, un misto tra il dramma e la farsa probabilmente. Passa il tempo, le polemiche salgono di tono (svetta su tutti Renzi contro il suo successore ed ex compagno di partito: «Avevamo messo in guardia sull'errore tragico di fare lo stadio coi soldi del contribuente e del PNRR. Nardella ha voluto fare il fenomeno e la conclusione è sotto il naso di tutti: la Fiorentina in mezzo al guado, la Fiesole è in ritardo, il Comune è in difficoltà») e i tifosi, ancora costretti in uno stadio quasi centenario, nelle giornate di pioggia hanno sempre pronto il coro «Sotto l’acqua forza viola alé».