
Il panorama contemporaneo dell'atletica italiana è talmente ricco che anche molti degli atleti meno conosciuti e reclamizzati stanno vivendo il loro momento migliore. È il caso di Francesco Fortunato, marciatore classe 1994 reduce dalla miglior annata della sua carriera.
Parte della generazione d'oro pugliese del race walking (lui di Andria, Massimo Stano di Grumo Appula e Palmisano di Mottola, per citare i tre tenori della marcia provenienti dal tacco d'Italia), Fortunato ha ottenuto, rimanendo solo agli ultimi 12 mesi, la medaglia d'oro ai Mondiali di staffetta mista di Antalya (in coppia con Valentina Trapletti), la medaglia di bronzo nella 20 chilometri di marcia agli Europei di Roma e il record del mondo sui 5000 metri di marcia, quest'ultimo arrivato lo scorso febbraio agli assoluti italiani indoor ad Ancona. Con un tempo di 17 minuti, 55 secondi e 65 centesimi Fortunato ha infranto un record che resisteva dal 1995, quello del russo Mikhail Shchennikov, fissato a 18 minuti, 7 secondi e 8 centesimi. Domenica scorsa, 18 maggio, Fortunato ha anche ottenuto la medaglia d’argento nella 20 km di marcia nel campionato europeo di marcia a squadre a Podebrady, registrando il suo record personale su questa distanza.
Di seguito l'intervista che ho fatto con lui, realizzata prima del successo di Podebrady ma dopo quello di Prato, dove si è piazzato secondo nella 10 km ai campionati italiani di società, alle spalle di Stano.
Partiamo dalla stretta attualità. Com'è andata a Prato?
La gara è andata molto bene, perché ho fatto un gran tempo. C'è un po' di rammarico per non aver vinto, ma va bene così, me lo tengo. Diciamo che la sconfitta la devo comunque accettare, perché l'avversario è stato un pelino più bravo.
Hai fatto il tuo miglior tempo personale, registrando la seconda prestazione europea e quarta mondiale assoluta. C'è comunque qualcosa di buono da portare a casa.
Certo. Ovviamente è stato molto strano fare una prestazione così importante e non vincere la gara...
Quando ci siamo sentiti un anno fa mi avevi detto: «Sicuramente sono al top della mia carriera». Dopo quella chiacchierata, a ulteriore riprova di ciò, sono arrivati il bronzo europeo e il record del mondo ma anche, nel mezzo, il 20° posto di Parigi. Per l’esperienza olimpica vedi il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
Mezzo pieno, senza dubbio. Bisogna guardare il tutto nel complesso: seppur la prestazione finale di quella gara non mi renda soddisfatto, guardo ciò che ho raccolto in tutto l'anno, che è stato con certezza quello in cui ho raccolto di più, avendo ottenuto il bronzo agli Europei e l'oro nel mondiale di staffetta mista. Portare a casa due medaglie internazionali così importanti è tanta roba, quindi devo guardare il bicchiere mezzo pieno, benché i Giochi non siano andati bene.
Passiamo ai due exploit degli ultimi 12 mesi. Iniziamo dagli Europei di Roma: prestazione maiuscola premiata con una medaglia importante. Che sensazione è stata ottenere una medaglia in un europeo casalingo?
È stata un'emozione unica, non so se ripetibile, sinceramente non credo. Al di là del colore della medaglia, gareggiare davanti al pubblico e davanti ad amici e parenti che erano venuti lì a guardarmi è stato veramente un'emozione unica, anche con l'ingresso nello stadio che è stato un momento emblematico. Per questo dico che non so se riuscirò ad avere la possibilità di replicare. Di sicuro è stata unica; ci saranno altre emozioni, anche differenti, ma quella situazione lì, con l'ingresso nello stadio e la medaglia, è stata unica e importante. Questo mi fa ingoiare anche più facilmente il boccone amaro dei Giochi Olimpici, perché oggettivamente avevo finalizzato nella gara degli Europei: sapevo che sarebbe stata un'occasione irripetibile per provare queste emozioni. Alla fine viviamo anche di emozioni, per me la medaglia degli Europei era sotto certi aspetti più importante di Parigi, dove onestamente non ero ancora pronto per vincere la medaglia. Quindi a quel punto, molto razionalmente, mi sono detto: "io devo puntare alla medaglia". Meglio prendere la medaglia europea che non arrivare, che so, nei primi otto ai Giochi, che poteva essere un obiettivo per me raggiungibile, ma non mi avrebbe dato la stessa soddisfazione e la stessa emozione di Roma.
Passiamo al record del mondo fatto segnare ad Ancona. Un momento storico per l'atletica italiana e soprattutto per te. Sei partito già puntando il record oppure te ne sei reso conto solo durante la gara, o addirittura dopo? Sei stato protagonista di un ultimo chilometro eccezionale...
Sono partito per fare il record. Ho impostato la gara proprio per provare a battere il record, perché sapevo che era possibile, molto difficile ovviamente perché è un record mondiale, ma io sono partito per farlo. Durante la gara ho capito che stavo meglio, quindi ho aumentato ancora il ritmo e ho buttato giù quei 12 secondi. Io sono partito per farlo spaccato, al secondo. Ecco, la sorpresa è stata riuscire a tirar giù altri 12 secondi, però è un obiettivo che ho programmato e sono riuscito a centrare quindi non è stata una sorpresa vera e propria.
Il tuo record è arrivato indoor. Quali pensi che siano le differenze, se ci sono, tra la prestazione indoor e quella outdoor?
Certamente. La prima è quella della distanza, chiaramente, visto che in questo caso parliamo di 5000 metri, una distanza che si percorre unicamente indoor. Ogni distanza ha delle caratteristiche differenti, che siano fisiologiche, fisiche o mentali. Sono richieste delle caratteristiche differenti, nell'approccio, nell'allenamento eccetera. Anche tra indoor e outdoor ci sono delle differenze: a livello fisico è uguale, perché la distanza è la stessa. Ciò che cambia sono i fattori esterni: fuori sei soggetto al clima (pioggia, vento, temperature particolari...), mentre indoor le condizioni sono sempre standard. Si può dire, però, nel complesso, che a pari distanza non ci sia una grossissima differenza tra indoor e outdoor. Ciò che cambia sono le distanze: indoor si fanno solo 5 km, outdoor puoi fare 5, 10, 20 e così via.
A proposito di distanze, tu sei un marciatore da percorsi tendenzialmente più brevi. Come hai vissuto l'abolizione della 50 km? A proposito dei cambi regolamentari, mi piacerebbe avere un tuo punto di vista sulle nuove distanze della marcia [uniformate a quelle di mezza maratona, quindi 21,097 km, e della maratona completa, dunque 42,195 km, nda].
Per quanto riguarda il taglio della 50 km, in un certo senso non mi ha né favorito né sfavorito, perché io non l'ho mai fatta e non ho mai valutato di farla. C'è stato un impatto indiretto: togliendo la distanza lunga c'è stata una sorta di iper-specializzazione nella 20 km. Se pensiamo che a Parigi l'unica opportunità per i marciatori era fare la 20, si sono dedicati tutti a quella gara. Chiaramente il livello medio, di conseguenza, è stato molto più elevato.
Una sorta di travaso competitivo, per così dire...
Sì, chiamiamolo così. Prima magari uno poteva scegliere, quindi ci si poteva "dividere", tra virgolette, i titoli, perché quelli forti su entrambe le distanze potevano scegliere se fare la 20 o la 50. Ora, non avendo più la possibilità di scelta, c'è stata questa iper-specializzazione, come dicevo pocanzi, dunque il livello è diventato davvero tanto elevato.
Per quanto riguarda le nuove decisioni sulle distanze, non sono per niente contento perché onestamente sono già un po' di anni che subiamo modifiche alle distanze, nuove gare eccetera. Il problema è che non c'è una linea equa, ed è anche poco chiara onestamente. Non so in che direzione si sta andando, sicuramente non in una positiva per il nostro movimento. Io sono favorevole alle novità, ma è evidente che questi non sono cambiamenti che stanno facendo bene alla nostra disciplina, anzi, la "indeboliscono" tra virgolette. Fanno perdere anche di credibilità a mio avviso.
Denotano anche un po' di confusione, no?
Anche, certo, perché non sono cambiamenti volti al miglioramento. Semplicemente chi prende le decisioni reputa la marcia un problema perché, dal loro punto di vista, non attira tanti spettatori, quindi provano a cambiare le distanze. Io credo però che alle persone importa poco se facciamo 20 chilometri, 21 o 35: se uno vuole seguire la marcia lo fa in ogni caso. Se vuoi rendere più attrattiva la nostra disciplina non sono queste le strade che bisogna percorrere, a mio avviso. Non è la distanza di gara la discriminante per renderla più attrattiva, perché altrimenti dovrebbero scegliere solo distanze più corte, ma non è il caso evidentemente.
Giacché siamo in tema cambi regolamentari: dopo una fugace apparizione a Parigi, la staffetta mista è stata rimossa dal programma olimpico di Los Angeles 2028. Tu hai commentato un reel in cui Maria Pérez [marciatrice spagnola, nda] ha parlato di questo tema scrivendo semplicemente "gracias Maria". Potresti dirmi cosa ne pensi, qui?
La staffetta mista è proprio l’emblema di quanto siano state prese delle decisioni in maniera affrettata. La cosa brutta è l'incoerenza di chi decide: l'iter decisionale di cambiamento ha visto prima togliere la 50 km perché troppo lunga e per favorire la parità di genere. Dopo di ciò, è stata inserita la 35 km per uomini e donne per favorire la parità di genere. Arrivati a Parigi hanno cambiato ancora idea: niente 35 km, sostituita dalla staffetta mista perché rispecchia ancor di più la parità di genere. Il tutto deciso a meno di 12 mesi da Parigi, quindi anche a livello di preparazione non c'è stato il minimo rispetto per tutti quelli che stavano preparando la distanza più lunga.
Abbiamo rispettato la volontà di mantenere questa novità, dopo di ciò ci è stato comunicato che a LA non faremo più la staffetta, ma solo una gara. Non solo: come dicevamo prima, ci cambiano anche le distanze senza alcun motivo. Perché io, a dire il vero, non vedo nessun motivo per fare un chilometro in più: dicono che sia stato fatto per fare un paragone cronometrico con la mezza maratona, ma io non ne vedo nessun beneficio, se non di cancellare 100 anni di storia della 20 km inutilmente.
Quest'anno sarà l'ultimo anno per fare la 20 km. Ripeto: i princìpi iniziali (mantenere una gara di resistenza, favorire la parità di genere e fare una gara inclusiva) sono stati dimenticati e siamo stati lasciati solo con una gara a Los Angeles. Mi chiedo: quale sarà il futuro? Ci toglieranno anche l'unica gara che ci rimane? La nostra preoccupazione è un po' quella. Se si guarda il percorso nel complesso si va sempre più verso quella direzione. Prima ci tolgono la 50 km cambiando la distanza, poi anche la 35 non va bene... per questo c'è un po' di timore.
Torniamo sul tuo percorso personale. Il tuo tecnico, Riccardo Pisani, ha la particolarità di allenare sia i 400 metri che la marcia. Al di là del rapporto personale sviluppato con lui, questa peculiarità comporta qualcosa di diverso nel tuo allenamento o sono proprio due comparti separati?
Probabilmente la sua preparazione "multidisciplinare" può avermi dato una visione più ampia nell'approccio all'allenamento, nella metodologia e programmazione. Nel concreto poi sono due discipline che allena in maniera differente, giustamente. La contaminazione di preparazione può essere comunque stata positiva; rispetto a un atleta che magari rimane sempre nel suo, non è detto che sia un male. Può essere stato proficuo nei dettagli, perché al contrario, quando rimani per tanto tempo in un settore, puoi adeguarti ad un unico modus operandi.
Voi marciatori avete dei programmi specifici per recuperare dall'usura di anche e caviglie? Più in generale, c'è un dibattito sui danni fisici specifici a lungo termine derivanti dalla disciplina specifici?
In realtà no. La prevenzione e la dedizione al recupero sono elementi generici tra tutti gli atleti. Bisogna seguire i punti cardine del recupero: riposo e alimentazione. Tutto il resto è complementare. Senza dubbio parliamo di fattori importanti (penso alla fisioterapia, ad esempio) ma è tutta la branca della prevenzione ad essere fondamentale. Tutti gli atleti professionisti sanno che se vuoi recuperare al meglio non si scappa: la cosa migliore che tu possa fare è dormire il più possibile e alimentarti bene. Quello che fanno i cosiddetti fitness influencer non sono rimedi che funzionano. Gli atleti professionisti fanno una vita molto semplice: si allenano, mangiano e dormono. Poi certo, bisogna dedicare tempo alla fisioterapia piuttosto che allo stretching, ma siamo tutti ben consapevoli che sono componenti marginali. Non ci sono segreti speciali in questo: più dormi e meglio ti alimenti, più ti potrai allenare forte. Non ci sono altri segreti. Questa è la mia visione, ma penso sia così a tutto tondo.
Per chiudere, torno su quella frase di cui parlavamo all'inizio, sul fatto che tu ti sentissi all'apice. I risultati recenti danno già una risposta, ma te lo chiedo: pensi di star cavalcando ancora quell'onda, ed essere nel pieno della tua carriera?
Sto ancora meglio sinceramente! [ride, nda]. Dopo Parigi ho voluto cambiare delle cose tecniche nel mio allenamento, parlandone col mio allenatore, e questa cosa mi dà il doppio della forza, perché mi dico: "caspita, avevo ragione". Sono contento di aver avuto il coraggio di sperimentare: distaccarsi dalla routine è sempre un rischio, ma quando ti assumi la responsabilità e il coraggio di provare a cambiare per il meglio, rischiando però di fare peggio, ottieni i risultati.
Quest'anno ho fatto tre gare e ho fatto tre record personali [sui 5000, sulla 10 km e sulla 20 km, nda], ma questa volta non solo: record che hanno valenza storica nella marcia, come quello sui 5000 metri. Onestamente pensavo di poter migliorare, ma devo dire che sto migliorando più in fretta di quello che pensassi: questo mi dà ancora più fiducia per il futuro, perché sto lavorando bene e penso di poter migliorare ancora. Sono convinto di poter già migliorare tutti e tre i tempi che ho fatto quest'anno. Ad esempio, la prestazione che ho fatto a Prato sui 10 km penso di poterla ancora migliorare. Stesso discorso per il record indoor, che proverò a migliorare ancora l'anno prossimo, e infine il mio personal best nella 20 km, che è quello dove ho più margine, perché sono ancora un po' indietro rispetto ai migliori al mondo.
I principali obiettivi stagionali sono il campionato di marcia a squadre a maggio a Poděbrady e i Mondiali di Tokyo, immagino.
Esattamente. Tra cinque settimane arriva già Poděbrady [come detto il campionato si è svolto lo scorso 18 maggio e Fortunato ha vinto la medaglia d'argento, nda].
Come ti stai preparando?
Non farò periodi fuori, rimarrò a casa [a Tivoli, dove vive e si allena, nda]. Non cambierò le mie abitudini. Le cose stanno andando molto bene. Quello di Prato era proprio un test per verificare se l'allenamento stesse andando nella giusta direzione e mi ha dato più che una conferma.