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Non si può controllare il Real Madrid
15 feb 2018
15 feb 2018
Il PSG sembrava avere in pugno il Real Madrid ma in Champions League non ci si può distrarre un attimo.
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Foto di Gonzalo Arroyo Moreno / Stringer
(copertina) Foto di Gonzalo Arroyo Moreno / Stringer
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La teoria greca dei cicli storici, la concezione classica del tempo storica (ripresa poi da Giambattista Vico), è basata, appunto, sulla ciclicità: ogni evento è destinato a ripetersi nelle sue linee essenziali. Un'idea che sembra introdurre alla perfezione la situazione di Real Madrid e Paris Saint-Germain dopo la partita di andata. Perché ancora una volta il Real Madrid si è affacciato alla fase a eliminazione diretta della Champions League con un carico di incognite sulle spalle, la paura che l’equilibrio instabile su cui ha costruito il periodo più ricco di trofei della sua storia possa terminare: con 17 punti di distanza dal Barcellona (anche se con una partita in meno) in campionato, eliminato dalla Coppa del Re dal Leganés, il Madrid rischiava seriamente di veder naufragare l’ultimo obiettivo stagionale; il PSG partiva da premesse opposte, ma si trovava in una situazione simile: nonostante il dominio incontrastato in Francia, sarebbe stata la doppia sfida col Madrid a definire la stagione dei parigini. Ancora una volta.

E nulla è cambiato rispetto agli anni scorsi: il PSG ha fatto di nuovo i conti con le proprie fragilità, mentre i “Merengues” sembrano ancora circondati da quell’aura di invincibilità che li avvolge ormai da due anni a ogni turno a eliminazione diretta in Champions. Praticamente in ogni partita il Madrid sembra sul punto di cadere schiacciato dal peso dei suoi squilibri, ma alla fine resta in piedi e vince. È andata così contro il PSG, cui sono stati fatali gli ultimi minuti, esattamente come nell’incredibile rimonta subita a Barcellona l’anno scorso: dopo aver sfiorato più volte il vantaggio, i parigini hanno subito due gol (il 2-1 e il 3-1 con cui si è chiusa la partita) che rendono decisamente complicata la strada verso i quarti di finale.

Le sorprese: Lo Celso e Isco

Unai Emery aveva sciolto il dubbio più grande della vigilia con una sorpresa: a fare la “sentinella”, il nome che i francesi danno al giocatore che sta davanti alla difesa, c’era Giovani Lo Celso e non il redivivo Lassana Diarra. Emery ha voluto premiare il grande stato di forma dell’argentino, reinventato già in Ligue 1 da regista per coprire le lunghe assenze di Thiago Motta, con l'idea magari di rinunciare a un po’ di equilibrio per scommettere proprio sulla sua qualità per eludere la pressione del Madrid.

A conti fatti si è rivelato un azzardo: oltre alla leggerezza che ha causato il rigore, Lo Celso ha perso un paio di palloni sanguinosi in uscita, il prezzo da pagare alle attitudini di un giocatore formato per ricamare sulla trequarti, con una confidenza nei propri mezzi che lo ha portato a compiere scelte troppo rischiose per un regista. Il PSG si è trovato a giocare una partita diversa dalle sue abitudini, ha tenuto meno il pallone e in zone più basse. In questo senso ha pesato sicuramente anche il grande divario tra Champions League e Ligue 1: le qualità in palleggio e le soluzioni individuali di Lo Celso si sono viste solo a sprazzi nella metà campo avversaria, dove in campionato riesce a fare la differenza.

Emery ha anche rinunciato a Thiago Silva, titolare in 5 delle 6 partite della fase a gironi, ma praticamente esautorato nello spogliatoio, in favore dell’esuberanza fisica di Kimpembe e, per la prima volta nel 2018, ha schierato insieme da titolari Neymar, Mbappé e Cavani.

La scelta forte di Zidane è stata invece la rinuncia a Bale per Isco, il giocatore chiave per dominare il disordine creativo che caratterizza il possesso del Madrid. Isco, che di recente era stato sacrificato per inserire in squadra Bale, si è posizionato inizialmente a destra, ma da subito si è mosso liberamente per il campo comparendo nella zona del pallone per facilitare il palleggio.

La presenza di Isco ha riproposto alcuni temi della stagione del Madrid. Innanzitutto l’importanza in fase offensiva dei terzini: in assenza di esterni di ruolo tocca a loro, infatti, occupare l’ampiezza. Marcelo ha dominato la fascia sinistra, mentre dalla parte di Nacho (che ha sostituito lo squalificato Carvajal giocando una partita più prudente in linea con le sue caratteristiche difensive) erano importanti i tagli verso l’esterno di Modric per dare continuità al possesso, e la presenza di Cristiano Ronaldo, a cui Zidane ha chiesto di allargarsi a destra. Oltre a fornire un’opzione di passaggio comoda, muovendosi sulla destra Ronaldo poteva finalizzare quanto costruito sull’altra fascia. Nel primo tempo è stato appunto uno splendido cambio di gioco di Marcelo a metterlo davanti ad Areola, colpito in faccia dal tiro del portoghese.

In maniera controintuitiva, la presenza di Isco ha contribuito a svuotare la trequarti, non solo per l’attitudine della squadra di Zidane di ignorare il centro del campo quando costruisce l’azione, che di fatto porta Isco ad allargarsi sulle fasce per dare supporto alla manovra, ma anche per la tendenza dell’andaluso ad abbassarsi per contribuire alla prima impostazione.

Il Madrid preferisce occupare l’ampiezza e si disinteressa degli spazi dietro il centrocampo del PSG: Kroos e Modric occupano il vuoto lasciato dai terzini che si alzano, Isco si abbassa per prendere la palla dai piedi di Kroos, mentre Casemiro viene ignorato.

Un altro effetto collaterale della presenza di Isco è stato quindi l’accentuazione del disordine posizionale quando il Madrid attaccava, che complicava di conseguenza le transizioni difensive: da una fase offensiva caotica non può derivare una fase difensiva ordinata. In questo modo la squadra di Zidane era obbligata a cercare il recupero immediato del pallone, perché non era strutturalmente preparata a ripiegare e a difendersi con maggiore ordine dalle ripartenze del PSG.

Strategie difensive diverse

Si è capito immediatamente: subito dopo il calcio d’inizio il Madrid ha aggredito il primo possesso del PSG e ha recuperato la palla dopo 7 secondi poco dentro la metà campo francese con Casemiro. La squadra di Zidane ha complicato l’inizio azione avversario con queste folate di pura intensità, a volte confuse, ma efficaci per la naturalezza con cui i suoi centrocampisti riescono a coprire grandi distanze: anche se in teoria la contrapposizione degli schieramenti dava alle mezzali e al trequartista un avversario di riferimento (Isco su Lo Celso, Kroos e Modric su Verratti e Rabiot), le rotazioni del centrocampo del PSG e lo sviluppo mai lineare della sua manovra li costringeva ad adattare le uscite e a pressare avendo molto campo da coprire. Soprattutto nei primi minuti, il PSG ha fatto fatica ad adattarsi al contesto e a conservare il possesso. Alla fine, circa il 30% dei recuperi del Madrid è avvenuto nell’ultimo terzo di campo (dato Wyscout).

Vista la difficoltà a dominare con il pallone come da abitudini, il PSG si è affidato in misura maggiore all’enorme quantità di talento di cui dispone, contando su una giocata di Neymar (soprattutto) e Mbappé per consolidare il possesso in uscita dalla difesa e aprire il campo saltando la pressione del Madrid. La prima occasione costruita dalla squadra di Emery, il tiro di Berchiche al settimo minuto, si è sviluppata in ripartenza su una grande giocata di Mbappé, costretto a ripiegare per seguire Marcelo. Verratti ha recuperato la palla e l’ha offerta all’ex attaccante del Monaco, che ha saltato Kroos e Casemiro aprendo poi il gioco a sinistra, dove la classica combinazione tra Neymar e Berchiche ha mandato in area il terzino spagnolo.

Il piano difensivo del PSG è stato un po’ più sofisticato di quello del Madrid, perché univa la difesa alta alla rinuncia a pressare la prima impostazione per mantenere una struttura più ordinata e ostruire la progressione palleggiata della manovra. La squadra di Emery ha così recuperato la palla in zone avanzate solo nel 20% dei casi (dato Wyscout), e soprattutto nel secondo tempo, quando sembrava maggiormente in controllo della partita.

Il PSG ha coperto meglio gli spazi con i ripiegamenti di Mbappé e Neymar ai fianchi di Verratti e Rabiot e ha pressato con minore intensità secondo inneschi più precisi, combinando l’aggressività del trio di centrocampo con l’attenzione della linea difensiva nell’accorciare gli spazi: per ben 8 volte ha mandato in fuorigioco gli attaccanti del Madrid.

La linea difensiva del PSG è molto alta e manda in fuorigioco Isco e Ronaldo.

La combinazione tra le diverse strategie delle due squadre ha definito l’andamento del primo tempo: il Madrid è riuscito più facilmente a consolidare il possesso e ha definito l’azione appoggiandosi sulle fasce, o cercando direttamente la profondità con gli scatti di Benzema e Ronaldo dietro la difesa; il PSG ha puntato di più sul talento individuale per saltare la pressione dei “Merengues”, mostrando i loro squilibri ogni volta che riusciva a consolidare il possesso e a giocare negli spazi.

Lo sviluppo dei due gol segnati riflette questo andamento: il PSG è passato in vantaggio con Rabiot dopo una grande giocata di Mbappé sulla destra: Varane e Nacho hanno controllato i movimenti di Cavani e Neymar, ma davanti a loro nessun compagno ha seguito l’inserimento di Rabiot, libero di concludere a centro area; il Madrid ha pareggiato su rigore poco prima dell’intervallo grazie a un corner conquistato dopo aver pressato un rinvio dal fondo: Areola è stato costretto a lanciare lungo, la squadra di Zidane ha recuperato palla, ha saltato la pressione del PSG con Benzema e Kroos e poi si è appoggiata a Marcelo per concludere l’azione: il terzino brasiliano ha servito Benzema, il cui tiro è stato deviato in calcio d’angolo da Areola. Sullo sviluppo di quel corner, Kroos è stato toccato leggermente da Lo Celso e si è conquistato il rigore trasformato da Ronaldo.

L'importanza dei secondi tempi

Lo scenario è cambiato dopo l’intervallo: il Madrid si è abbassato per difendere in maniera più ordinata, probabilmente per le difficoltà a sostenere per tutta la partita l’aggressività del primo tempo, ma anche come contraccolpo per l’occasione subita in ripartenza che ha portato Mbappé a sfiorare il vantaggio: così il PSG ha potuto finalmente controllare il pallone e giocare secondo le abitudini.

L’aver rinunciato ad aggredire la prima impostazione per iniziare il pressing dopo essersi schierati su due linee non ha però garantito maggiore stabilità ai “Merengues”. Lo spazio tra difesa e centrocampo si allungava facilmente e, attirando la pressione dei centrocampisti, la squadra di Emery riusciva a crearsi gli spazi in cui palleggiare. Dopo un lungo possesso dominato da Dani Alves, il PSG ha così costruito l’altra grande occasione di inizio secondo tempo: il tiro di Rabiot intercettato con un braccio da Sergio Ramos.

Il Madrid si schiera su due linee, ma non guadagna solidità: tra difesa e centrocampo c’è una prateria in cui si infila Mbappé e facendo circolare il pallone il PSG riesce facilmente ad aprire spazi per avanzare.

Probabilmente il nuovo scenario e la crescente influenza di Dani Alves sul possesso della sua squadra hanno convinto Emery a togliere Cavani per inserire Meunier, nella speranza di consolidare la situazione di controllo con un terzino più difensivo e Alves più libero di muoversi per facilitare il palleggio. La situazione, però, sarebbe cambiata di lì a poco con i cambi di Zidane, che prima ha mandato in campo Bale al posto di Benzema e poi ha rinunciato alla prudenza togliendo Casemiro e disegnando un centrocampo a 4 molto offensivo con Vázquez e Asensio ai lati e Kroos e Modric come coppia di interni.

Il Madrid, che fino a quel momento si era reso pericoloso soprattutto in ripartenza, ha immediatamente beneficiato della verticalità offerta da Asensio, affondando con facilità sulle fasce: prima uno scatto dello spagnolo alle spalle di Meunier ha spinto in basso la linea difensiva del PSG, e sullo sviluppo dell’azione Ronaldo ha trovato il gol del 2-1; poi una splendida combinazione sulla sinistra iniziata e conclusa da Asensio ha costruito il 3-1 di Marcelo. Due reti “sporche”, una segnata col ginocchio e l’altra con lo stinco, che sembrano davvero altrettanti segnali della forza quasi mistica con cui il Madrid riesce a vincere le partite.

Parlando alla stampa alla vigilia della sfida, Zidane aveva manifestato tutta la sua tranquillità dichiarando di non avvertire nessuna pressione perché la sua squadra vive per giocare questo tipo di partite. Emery era sembrato invece piuttosto teso e aveva rievocato la rimonta subita a Barcellona, utilizzandola come espediente motivazionale per la sua squadra. Nei momenti decisivi, i diversi stati d’animo dei due allenatori hanno fatto la differenza: Zidane ha scelto di osare con Asensio e Vázquez, Emery si è rifugiato nella prudenza togliendo Cavani per Meunier, nonostante potesse contare su Di María, uno dei giocatori più in forma del PSG nelle ultime settimane. I cambi non sono stati fondamentali solo dal punto di vista tattico, ma a un livello più sottile hanno mandato messaggi opposti che sono serviti a dare la svolta negli ultimi minuti.

Cristiano vs Neymar

La sfida tra le due stelle più attese è stata quindi vinta da Cristiano Ronaldo. La sua prestazione e quella di Neymar si sono delineate sullo stile che ormai contraddistingue il loro gioco. Il portoghese si è preoccupato quasi esclusivamente di segnare: non ha completato un dribbling, non ha creato un’occasione, ma ha accumulato 10 conclusioni e con la doppietta realizzata ha aggiunto altri record alla sua collezione. Adesso è l'unico giocatore in grado di segnare 100 gol con la stessa maglia in Champions League e, inoltre, di andare in doppia cifra per sette stagioni consecutive.

Neymar ha sbilanciato gli attacchi del PSG dal suo lato (per il 48% sono arrivati a sinistra), è stato il terzo miglior giocatore della partita per palloni toccati, ma si è accontentato quasi sempre di ricevere nel solito cuscinetto sul centro-sinistra fuori dallo schieramento avversario, pressato alle spalle da Nacho e con diversi avversari a chiudergli lo spazio per accentrarsi. Il brasiliano ha tirato fuori un paio di giocate fenomenali, ha completato un numero enorme di dribbling (13 su 16 tentati), ma è stato poco incisivo nelle volte in cui ha ricevuto con il corpo rivolto verso la porta, tra le linee o scattando dietro Nacho.

Vanno sottolineate, poi, alcune scelte discutibili, che ha anche eseguito male: almeno una volta è stato manifestamente egoista non dando il pallone a Mbappé solo in area di rigore. A che serve attrarre tutta la difesa avversaria se poi non si cerca il compagno libero di concludere? Una domanda troppo semplice per un giocatore con la sensibilità tecnica di Neymar, il cui talento gli permetterebbe di essere anche utile per il resto della squadra, non solo un piacere per gli occhi di noi spettatori. In questo modo non fa altro che alimentare la retorica del giocatore tecnicamente divino, ma inutile, ed è un peccato...

Il PSG si ritrova ora nella situazione che ha inguaiato il Napoli, il Bayern Monaco e l’Atlético Madrid nella passata stagione. Qual è la migliore strategia per ribaltare il risultato contro il Real Madrid? Tentare innanzitutto di impedirgli di segnare, cercando di vincere 2-0? Oppure rinunciare a qualsiasi prudenza per giocarsela a viso aperto a chi segna più gol?

La squadra di Emery ha probabilmente più talento rispetto alle avversarie affrontate l’anno scorso dal Madrid, ma è decisamente meno organizzata e potrebbe pagare a caro prezzo una strategia troppo offensiva. D’altra parte, snaturandosi al Bernabéu con una partita più prudente, Emery non ha comunque limitato il potenziale dei “Merengues” e ora si trova a un passo dal precipizio.

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