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Fondamentali: Milan-Roma 3-3
27 ott 2020
27 ott 2020
Una partita divertente ma senza controllo.
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Quando Roma e Milan si sono affrontate per la prima volta nel mondo post-covid erano due squadre diverse. La Roma era ancora alla faticosa ricerca di un’identità, di un compromesso fra le ambizioni delle idee di Fonseca e una rosa poco adatta; giocava con la difesa a quattro e veniva da una difficile vittoria contro la Sampdoria. Il Milan, da parte sua, sembrava ancora una squadra mediocre, che nell’ennesima annata di transizione aveva scommesso che un attaccante 38enne proveniente dalla MLS restituisse almeno un po’ di entusiasmo.


 

Fu una partita stanca e sonnolenta, vinta dal Milan grazie a qualche episodio. Da lì è cambiato tutto. Due partite dopo la Roma è passata alla difesa a tre, è diventata una squadra più verticale e attenta, e ha trovato il modo di nascondere le lacune della propria rosa dando più protezione alla difesa. Il Milan dentro questo nuovo mondo ha trovato un nuovo equilibrio, ha preso una forma sempre più convincente: Ibrahimovic, totem al centro dell’attacco, ha spinto il proprio rendimento molto al di là di qualsiasi aspettativa. Attorno a lui ogni giocatore ha trovato il proprio senso: Ismael Bennacer e Franck Kessie a centrocampo, Leao e Rebic in attacco; mentre in difesa un altro veterano arrivato a gennaio, Simon Kjaer, si è dimostrato subito fra i centrali più affidabili del campionato.


 


La partita dello scorso anno.


 

Roma e Milan sono due delle tre squadre della Serie A, insieme all’Atalanta, ad aver totalizzato più punti dopo il lockdown, e la partita di ieri arrivava dopo un inizio di stagione convincente. La Roma era ancora imbattuta (lo è da 13 partite di campionato); mentre il Milan arrivava addirittura a punteggio pieno. Ma nella stagione 2020/21 bisogna considerare anche la variabile Covid-19, e se la Roma aveva già Amadou Diawara fuori da settimane, il Milan poche ore prima della partita ha perso Hauge e Donnarumma, risultati positivi al tampone. L’assenza del portiere creava un potenziale problema strutturale del Milan, sia per l’affidabilità tra i pali che per la capacità di iniziare l’azione dal basso di Ciprian Tatarusanu. Due aspetti che puntualmente hanno portato il conto ai rossoneri.


 

Tatarusanu è stato molto meno coinvolto dai compagni nell’uscita dal basso: ha toccato la metà dei palloni che mediamente tocca Donnarumma, e ha offerto meno soluzioni, costringendo il Milan a un gioco ancora più diretto. Ma soprattutto è suo l’errore che ha permesso alla Roma di rientrare in partita dopo l’avvio perfetto della squadra di Pioli. Tatarusanu è saltato male su un cross dal calcio d’angolo, permettendo a Dzeko di segnare a porta vuota. Secondo Marchigiani, che era in telecronaca su Sky, il tipo di soluzione meno semplice da allenare per un portiere disabituato alle situazioni di partita.


 

Era bastata una manciata di minuti al Milan per esporre invece tutti i problemi strutturali della Roma. Il dilemma per Fonseca era difensivo: come marcare Ibrahimovic e al contempo proteggere l’anello debole per eccellenza della Roma, ovvero l’esterno destro, dove il Milan schierava Theo Hernandez?


 

Come altre volte, Fonseca ha fatto una scelta controintuitiva, schierando Mancini al centro e mettendo Ibanez centrale di destra. Da una parte voleva garantirsi un centrale più forte di testa e più ruvido su Ibra; dall’altra uno più veloce, cioè Ibanez, ad aiutare Karsdorp - il prescelto di giornata nella roulette russa dei terzini destri giallorossi - sull’esterno. Ci si aspettava il mismatch Theo-Karsdorp, ma se la soluzione di Fonseca non ha funzionato, però, è soprattutto per la grande partita di Rafael Leao.


 

Leao come Annibale sulla fascia destra della Roma


Dopo un minuto e mezzo Leao ha ricevuto un passaggio diagonale di Calhanoglu. Era lontano 40 metri dalla porta avversaria, ma per i suoi mezzi fisici il campo ha le dimensioni domestiche di uno da calcetto. La Roma fatica a coprire l’ampiezza e potrebbe accelerare, e invece trotterella un po’; Hernandez si inserisce in profondità, non lo serve. Però questo movimento allunga un po’ la difesa giallorossa e si crea dello spazio. Leao ha intravisto che dall’altra parte sta correndo Ibra, calamita anche mentale dei pensieri di tutti i giocatori del Milan. Rientra sul destro, Karsdorp per qualche ragione gli lascia spazio, e lui mette un pallone dolce dietro l’ultimo difensore della Roma, cioè Kumbulla, dove si inserisce Ibra, che segna alla prima palla toccata. Il tutto viene aiutato dall'errore di lettura del centrale di origini albanesi, che avrebbe forse dovuto tenere la linea e fare il fuorigioco, oppure continuare a seguire la traiettoria della palla. In ogni caso, è rimasto incerto e la palla è finita precisa sulla punta di Ibrahimovic, che con lo stop ha superato naturalmente Mirante.


 

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In occasione del secondo gol, Leao ha mostrato un’altra sfumatura del suo repertorio. Ha ricevuto palla sulla riga laterale e l’ha portata avanti infilandosi fra le maglie della difesa della Roma lasciandole sgretolare. Leao è uno di quei giocatori che non sembrano toccare terra, e a cui basta camminare per andare più veloce degli altri. Ha corricchiato lungolinea, poi è arrivato si è trovato davanti di nuovo Karsdorp, e lì ha davvero accelerato, prima di mettere una palla perfetta per il gol del 2-1 di Saelemakers. Il terzo assist in due partite, calcolando anche quello, bellissimo, nel derby.


 

Oltre a queste due azioni non c’è molto nella partita di Leao, se escludiamo qualche corsa con cui ha permesso alla squadra di Pioli di risalire il campo. È un giocatore che si esprime attraverso momenti, ma che in ogni partita è capace di trovarne almeno uno in grado di piegare gli eventi.


 

Era arrivato al Milan come un numero 9 ma è stato l’arrivo di Ibrahimovic a liberarne le potenzialità. Spalle alla porta e in spazi stretti è un giocatore normale; quando può giocare fronte alla porta è devastante. Il modo in cui si associa con Ibra, poi, non si può limitare ai suoi assist dalla fascia sinistra. Anche ieri con le sue corse ha coperto ampie porzioni di campo. Spesso veniva a creare densità centrale, anche per liberare Theo Hernandez sulla sinistra. Quando la palla andava lunga su Ibra - ieri ancora una volta dominante nei duelli aerei e nel gioco a muro - lui gli si buttava alle spalle con fiducia cieca. Dalla banalità di questo schema il Milan è andato vicino al gol alla prima azione del secondo tempo.


 

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Un tipo di situazione che esprime bene il gioco efficace, pragmatico e semplice di Pioli. Il Milan è una squadra furba, equilibrata, che sa bilanciare bene le aggressioni alte con la difesa posizionale; che all’attacco ragionato preferisce correre in verticale, o andare direttamente su Ibrahimovic, sfinge illeggibile finora per qualsiasi difesa avversaria. L’identità dei rossoneri passa dall’alchimia fra i suoi giocatori, nell’equilibrio delle loro caratteristiche. Se la fascia sinistra è spregiudicata e verticale, con Theo e Leao, quella destra è solida e disciplinata, con Saelemakers e Calabria. Queste caratteristiche si abbinavano bene con alcuni difetti congeniti della Roma, che infatti il Milan ha esposto tutti. Eppure, proprio quando sembrava poter crollare, la squadra di Fonseca ha mostrato più resistenza di quanto forse potevamo immaginare.


 

La perseveranza della Roma


Dopo il 3-2 di Ibra su rigore, arrivato appena pochi minuti dopo il secondo pareggio della Roma, Fonseca ha chiesto ai suoi giocatori di rimanere calmi e di continuare a giocare. La squadra anche ieri ha barcollato in diversi momenti, ma senza mai crollare veramente, continuando a insistere sui propri principi. L’aspetto che forse più identifica il gioco della Roma è l’uscita palla paziente dal basso che poi diventa un attacco veloce in transizione. Una situazione su cui la squadra ieri ha avuto la forza di insistere anche nei momenti di maggiore difficoltà. In particolare ieri la Roma ammassava molti uomini sul lato destro, quello più di costruzione per la presenza di Ibanez, Karsdorp e Pedro. Cercando anche soluzioni coraggiose, la Roma è riuscita a battere il pressing del Milan e a ricavarsi lo spazio per attaccare poi sull’altro lato, il sinistro.


 

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Dopo il secondo vantaggio del Milan la Roma è riuscita a eludere la pressione del Milan con sempre maggiore insistenza. In questo caso la squadra forma un rombo sul lato destro, da cui esce con un paio di giocate complicate per poi andare a sinistra da Mkhitaryan e Spinazzola.


 

Anche la Roma, quindi, a suo modo cuce il gioco attorno alle caratteristiche dei suoi giocatori, e a un lato destro più bravo a costruire l’azione fa da contraltare uno sinistro più bravo a definirla. Nel secondo tempo è salita molto la prestazione di Mkhitaryan, che riceveva sempre sul centro-sinistra dopo un passaggio in diagonale. La Roma poi negli ultimi metri è stata imprecisa, come sottolineato anche da Fonseca dopo la partita, e Spinazzola ha quasi sempre perso il duello con Calabria. Eppure proprio da una ricezione di Mkhitaryan è nata l’azione del rigore del momentaneo pareggio.


 

È stato il secondo 3-3 della giornata di un campionato in cui si continua a segnare moltissimo. È difficile non mettere in relazione il numero di gol con l’assenza di pubblico, anche se continuiamo a non avere spiegazioni precise per il fenomeno. È come se il vuoto sugli spalti favorisse un effetto dispersivo sul campo, sulla concentrazione dei giocatori, o più in generale sulle loro energie emotive. È un livello invisibile e quindi non possiamo parlare che per impressioni. Le partite, però, prendono andamenti enigmatici, in cui è lecito aspettarsi di tutto più o meno in qualsiasi momento.


 

Ma la sceneggiatura della partita di ieri è stata favorita anche da due squadre che non riescono ad avere mai un vero controllo sulla partita. Due squadre che non amano gestire il pallone, che sanno andare quasi solo in verticale, e che hanno nella gestione degli spazi la loro unica forma di controllo. Dopo 50 minuti le squadre erano già completamente spezzate in due, rincorrendosi fra attacco e difesa come in una partita di basket. E in un contesto del genere nessuna delle due è stata brava a far girare gli episodi dalla propria parte. Entrambe hanno mostrato giocatori in stato di grazia e fragilità strutturali, come quella della difesa dei calci d’angolo, fatali per il Milan, quasi per la Roma, che si è salvata un paio di volte quasi per caso. Una al novantaduesimo, su un colpo di testa di Romagnoli a pochi centimetri dalla porta.


 

Il 3-3 conferma che Roma e Milan sono due delle squadre più in salute della Serie A, e quelle a cui è riuscito forse meglio abbracciare il caos e l’imprevedibilità del nuovo calcio senza pubblico.


 

 

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