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Emiliano Battazzi
Fondamentali: Milan - Fiorentina
28 ott 2014
28 ott 2014
Il Milan continua a fare passi avanti rispetto all'anno scorso: discorso inverso per i viola. Il pareggio non ferisce nessuno, tranne gli spettatori di una Serie A sempre meno appassionante.
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Emiliano Battazzi
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SICS,



 


Filippo Inzaghi e Vincenzo Montella sono stati i centravanti d’area più forti della loro generazione e, forse perché ero solo un ragazzino, li ricordo così abili e così pericolosi in area di rigore da mandare i difensori in paranoia (gente come Nesta, Stam, Aldair, Maldini e Cannavaro, per intenderci). Segnavano sempre, anche se a volte non si capiva bene come.
Non vuole essere un elogio dei bei vecchi tempi andati: è solo per evidenziare l’incredibile differenza tra quello che i due erano in campo e ciò che le loro squadre hanno prodotto. Nella partita di domenica sera Milan e Fiorentina hanno tirato in porta solo due volte ciascuno e, in fondo, è quasi fenomenale che siano riuscite ad evitare lo 0-0.

 

Il Milan è sceso in campo con l’ormai classico 4-3-3 del nuovo corso: Ménez falso centravanti, e di conseguenza Torres in panchina. Questo tentativo di riconversione di Ménez mi ricorda quello di Guardiola con Ribéry (non proprio riuscitissimo) nella scorsa stagione: solo che il francese del Bayern Monaco è andato in doppia cifra sei volte negli ultimi sette anni (coppe comprese), mentre il francese del Milan non ha mai superato i 9 gol stagionali (per la precisione, il record appartiene al suo primo anno al Psg).

 

In realtà, durante la partita Ménez ed El Shaarawy si sono alternati spesso di posizione, e l’impressione è che quest’ultimo sarebbe più indicato nella posizione di punta centrale, se solo avesse più visione di gioco e di capacità di servire il compagno in profondità. Ma Inzaghi è obbligato a giocare in questo modo? C’è Fernando Torres nella rosa del Milan: è entrato negli ultimi dieci minuti, il tempo per un impressionante stop al volo e poco più. Per schierare Torres da centravanti stabilmente servirebbe, però, ancora più gioco sugli esterni: il Milan ha crossato più della Fiorentina (10 vs 3), e Abate sulla destra ha spinto molto (il 42% delle azioni del Milan si sono svolte sulla sua fascia) ma De Sciglio dall’altra si è limitato al compitino (fatto bene, comunque).

 

Gli interni Muntari e Poli sono i veri ammortizzatori della squadra milanista: un momento sono in pressing alto, quello dopo provano ad attaccare gli spazi, dopo ancora sono in raddoppio sugli esterni. In questo modo la loro mancanza di qualità tecnica diventa quasi irrilevante: nel gioco di questo Milan sembrano perfetti.
De Jong sembra rigenerato in un ruolo da schermo davanti alla difesa: è un difensore aggiunto, domina sulla propria trequarti a livello difensivo, anche se come sempre la sua attività di impostazione si limita ad un semplice smistamento del pallone. Le combinazioni di passaggio più ricercate sono quelle per Abate e Zapata: nel Milan non c’è un vero creatore di gioco, forse questo è il più grande problema del Milan di Inzaghi. Certo, contro la Fiorentina l’olandese ha persino segnato, non gli si può chiedere di più, ma al Milan manca un vero e proprio cervello in mezzo al campo.

 




 

La Fiorentina è entrata in campo con un 4-3-2-1, che spesso in fase difensiva si trasformava in un 4-3-3 a specchio con il modulo milanista, con Babacar unica punta (nel senso che i viola, purtroppo, in questo momento hanno solo lui) e Cuadrado e Mati Fernandez a supporto, tra le linee. Aquilani ha fatto il regista di centrocampo al posto dello squalificato Pizarro e, potrà sembrare ingeneroso, ma è indicativo che alla tenera età di 30 anni ci dobbiamo ancora chiedere quale sia il vero ruolo di Aquilani. Molto probabilmente l’interno di centrocampo, come quasi sempre è accaduto con Montella; ma da regista non ha sfigurato, senza confrontarlo con il cileno, ovviamente. Aquilani è uscito dal campo secondo solo a Cuadrado per il numero di passaggi chiave: 4 (SICS tiene conto, nei “

”, di tutti quei passaggi che hanno creato pericolosità in fase offensiva: assist, assist al tiro e third pass – il passaggio prima dell'assist – ma anche verticalizzazioni); ma la Fiorentina ha sofferto l'incapacità di Aquilani nel dettare i tempi, e dunque di saper gestire anche le pause, che permette di solito di far salire la squadra verso la metà campo avversaria senza disunirsi.

 

In più c’è il problema di giocare con un attaccante che vuole sempre essere servito in profondità: Babacar andrebbe cercato spesso con lanci in profondità come accadeva con il Modena ed è un problema per chi pratica un gioco di posizione, fatto di possesso del pallone alla ricerca di varchi nella difesa avversaria.

 




 


Dopo venti minuti di partita era forte la sensazione che la partita si potesse sbloccare solo con un calcio piazzato del Milan o un tiro da fuori della Fiorentina. Così sarà, nonostante l’avvio di gara avesse momentaneamente esaltato il pubblico per il dinamismo e l’aggressività di entrambe le squadre.
Inizialmente, infatti, il Milan aveva pressato alto sul possesso dei difensori viola, costringendo il portiere Neto a lanciare lungo: il brasiliano è però molto abile con i piedi (non ce ne sono molti nel nostro campionato) ed ha chiuso la partita con un ottimo 75% di precisione. Anche quando il Milan riprendeva il pallone, con, a turno, uno tra Muntari e Poli che attaccava il primo possesso viola chiudendo ogni linea di passaggio, non sapeva bene cosa farne. Anche la Fiorentina inizialmente ha provato a pressare molto alto, dando l’illusione a tutti gli spettatori di assistere ad un match di stampo europeo, in cui l’intensità e il ritmo sono alti per quasi tutti i 90 minuti. Ma è stata solo un'illusione.
Il pressing della Fiorentina ha prodotto in ogni caso risultati migliori rispetto a quelli del Milan. L’altezza media delle palle recuperate dai rossoneri è stata di circa 33 metri, praticamente sulla trequarti difensiva: quando cioè la Fiorentina non riusciva più a trovare l’ultimo passaggio per Babacar. I viola, invece, sono riusciti a recuperare il pallone più in alto (altezza media 40 metri) conquistando nella metà campo milanista quasi il doppio dei palloni (20) di quelli che il Milan è riuscito a conquistare nella metà campo viola (11). Una differenza dovuta a mio avviso alla minor qualità ed abitudine dei giocatori del Milan nel giocare il pallone sotto pressione, oltre alla necessità della Fiorentina di dover recuperare il risultato per metà gara e dover aumentare la pressione sugli avversari.

 




 

Nel corso della partita il Milan ha provato a utilizzare tutti gli strumenti di gioco di cui dispone. Si è notato l’utilizzo delle catene di fascia con la ricerca del terzo uomo: l’interno di centrocampo crea spazio per il movimento offensivo del terzino che riceve il pallone in profondità. Sì è vista la capacità di compattarsi in fase difensiva con le linee di centrocampo e difesa molto vicine per chiudere ogni corridoio. Sono emersi però anche dei limiti: la necessità di una circolazione del pallone molto bassa, sulla propria trequarti, per la difficoltà di creare gioco a centrocampo; e la continua ricerca dei lanci lunghi per gli esterni d’attacco in profondità che non può funzionare sempre.

 

A sbloccare il risultato è stato un calcio d’angolo: il Milan ha cercato il secondo palo con un cross abbastanza lento di Ménez, e ben tre giocatori viola non sono riusciti a coprire su Zapata, la cui sponda ha permesso a De Jong (coperto da due avversari) di segnare. È una sorta di gol dell’ex: da quest’anno i rossoneri hanno a disposizione Giovanni Vio, collaboratore che si occupa esclusivamente di studiare i calci piazzati e che nelle due passate stagioni era proprio a Firenze (ci vorrebbero più specialisti del genere: nelle grandi squadre europee, ad esempio il Bayern Monaco, è considerato di routine studiare gli ultimi 60 calci piazzati dell’avversario e valutare nuovi schemi di attacco e di difesa in funzione di ogni singola squadra).

 

Un po’ per caratteristiche dei terzini, un po’ per le difficoltà in fase difensiva di Cuadrado, il Milan come detto ha attaccato spesso dalla parte di Abate, anche se da quel lato il duo spagnolo Borja Valero-Marcos Alonso ha tenuto bene il campo. È in fase offensiva che è mancato l’apporto di Borja: sempre schermato da Poli e De Jong, non è riuscito a dare qualità alla sua squadra (4 passaggi chiave in tutta la partita, quanti Iličič in 39 minuti). Ad inizio secondo tempo è sembrato risvegliarsi dal torpore, o per lo meno ha capito come doveva giocare: servendo immediatamente, ad un tocco, Babacar in profondità; ma non riuscendo a trovare lo spazio alle spalle degli interni milanisti è stato difficile persino ricevere il pallone per lunghi tratti. Anche l’asse con Cuadrado non ha funzionato benissimo, il colombiano cambiava continuamente posizione per trovare più spazio e forse anche maggior collaborazione.
Da parte sua, Cuadrado ha insistito troppo nella ricerca dello spunto individuale, soprattutto nel secondo tempo, quando i viola avrebbero potuto sfruttare meglio qualche contropiede.

 




 

L’unico modo per arrivare al pareggio della Fiorentina era con il tiro da fuori: ci ha pensato Iličič, entrato da pochi minuti, anche grazie al movimento di Babacar che ha trascinato fuori posizione Alex, con Zapata poco reattivo nel leggere la situazione e uscire dalla linea difensiva. Forse è l’unico errore del difensore colombiano (10 duelli difensivi vinti – anche questo è un dato elaborato da SICS pesando statistiche base come tackle e anticipi – su 11 in totale) che nel corso della partita ha contenuto bene il suo connazionale Cuadrado. In quel frangente, guarda caso, De Jong non era in copertura, a dimostrazione della sua importanza negli equilibri della squadra.
Si tratta del quarto gol della Fiorentina da fuori area, sui 6 totali realizzati: il 67%, un dato che evidenzia l’incredibile (rispetto alla mole di gioco che gli uomini di Montella sanno produrre) difficoltà dei viola nel creare situazioni di vero pericolo.
L’ingresso di Iličič al posto di Kurtic ha dato maggiore convinzione alla squadra: con Mati Fernandez abbassato ad interno di centrocampo, e con lo sloveno dietro Babacar e Cuadrado, la Fiorentina ha ritrovato il suo gioco ed è stata molto più pericolosa.

 

Inzaghi dopo il pareggio ha provato un cambio tattico, con Bonaventura al posto di Poli, risistemando la squadra con un 4-2-3-1: si è visto che un po’ più di qualità in campo potrebbe aiutare, con il nuovo entrato che ha realizzato ben 4 assist totali (definiti in "passaggi che hanno portato ad un tiro verso la porta") in 25 minuti, più di tutti i suoi compagni in 90 minuti. Non è stato sufficiente, ma il campo ha dato un’indicazione su cui Inzaghi sicuramente rifletterà: parlando di cervello, forse è quello di Bonaventura il più interessante tra quelli a disposizione del Milan.

 


Il pareggio di San Siro in realtà ci dice poco o nulla sulle ambizioni delle due squadre. Il Milan può realisticamente credere nel podio della Serie A, visto che al momento ci sono sette squadre in quattro punti per il terzo posto. Il suo gioco mediocre ma molto pragmatico ha un senso, soprattutto perché garantisce alla squadra un’identità: i giocatori sanno cosa fare in campo, e l’organizzazione di gioco è funzionale alla rosa. Potrebbe non essere sufficiente, potrebbe esserci bisogno di più qualità in mezzo al campo, ma finora i rossoneri hanno dimostrato di poter lottare con tutti.

 

La Fiorentina, invece, sembra in una situazione più difficile: non a livello numerico, visto che solo due vittorie la separano dal terzo posto, ma a livello di prestazioni, ancora troppo alterne. Il pericolo è che si ritrovi incastrata in una stagione di metà classifica sebbene la squadra abbia le potenzialità per arrivare più in alto. Molto dipenderà dal rientro dei suoi attaccanti, perché al momento la Fiorentina è una squadra terribilmente acefala, e va bene che anche la Nike di Samotracia è senza testa, ma questo rischia di rimanere l’unico punto di contatto tra i viola e la vittoria (alata).

 

Se vogliamo la partita tra Milan e Fiorentina ci dice qualcosa sul calcio italiano. Il posticipo dell'ultima giornata di Serie A è stato di una noia brutale e giudicandolo come prodotto culturale e di intrattenimento non trovo nessuna ragione per cui uno spettatore neutrale, senza alcun interesse affettivo verso una delle due squadre in campo, possa aver guardato l'intera partita: è stata, come dire, una partita di cui sono noiosi persino

. Squadre attentissime a non sbagliare (e ciò nonostante, entrambi i gol nascono da errori) senza che nessuno si assumesse un rischio. Un’impressione supportata anche dai dati: solo 3 dribbling riusciti per parte, con il Milan che, oltretutto, ne ha fatto solo uno nella metà campo avversaria. La paura è che la Serie A si stia trasformando in uno “spettacolo” solo ed esclusivamente per tifosi, isolando il calcio da una società che sta cambiando. Ma anche i tifosi, a mio parere, dovrebbero sperare che ci sia qualcosa di più in questa Serie A.

 


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