
La notizia della separazione tra la Roma e Florent Ghisolfi è iniziata a circolare alla vigilia della conferenza di presentazione di Gian Piero Gasperini. E così nel giorno in cui avrebbe dovuto prendere ufficialmente il via un progetto in cui i ruoli societari sarebbero stati finalmente delineati, a Roma è tornata a scendere una nebbia di confusione. Come mai il direttore sportivo della Roma aveva deciso di andarsene? E chi sarebbe arrivato adesso? Claudio Ranieri, il cui ruolo aveva impedito solo pochi giorni prima di far crollare il palazzo ancora prima di gettare le fondamenta, rifiutando il ruolo di commissario tecnico della Nazionale, ha preferito non rispondere a questi interrogativi. A quel punto però era diventato chiaro che sarebbe stato difficile parlare di futuro con il nuovo allenatore della Roma. D’altra parte, come si fa a progettare una squadra senza direttore sportivo?
Non è una novità: la società giallorossa sembra attirata fatalmente dalle decisioni autodistruttive, o almeno da un tempismo discutibile. Secondo la Gazzetta dello Sport sono già 17 i dirigenti licenziati dalla dirigenza Friedkin, che sembra poco interessata a costruire qualcosa di duraturo o comunque poco incline al compromesso, anche quando ribaltare il tavolo potrebbe portare a conseguenze disastrose. Lo avevamo già visto la scorsa stagione con l’esonero dopo appena tre giornate di Daniele De Rossi, un allenatore rinnovato con un ricco triennale solo pochi mesi prima. Allora si diceva che il suo addio fosse nato dai contrasti tra l'allenatore e la dirigenza per via delle mancate cessioni di Dybala e Zalewski (il secondo poi effettivamente ceduto a gennaio all'Inter), su cui proprio la confusione nella catena di comando interna alla società giallorossa potrebbe aver avuto il suo peso.
In ogni caso la decisione ha tagliato le gambe a una stagione a poche settimane dal suo inizio, e di fatto ne ha condizionato tutto il resto, facendo crollare tutto il fragile impianto su cui fino a quel momento si reggeva Trigoria. Solo pochi giorni dopo sarebbero arrivate le dimissioni dell’amministratrice delegata, Lina Souloukou, individuata forse semplicisticamente come l’origine di tutti i mali. A nove mesi passati da quelle dimissioni, Souloukou ha trovato un nuovo posto al Nottingham Forest ma la Roma incredibilmente non è ancora riuscita (o non ha voluto) trovare un nuovo amministratore delegato e al momento la posizione risulta vacante.
Florent Ghisolfi era comparso solo pochi giorni fa nel video ufficiale di presentazione di Gian Piero Gasperini. I due erano apparsi sorridenti uno accanto all’altro, si erano stretti vigorosamente la mano, l’ex allenatore dell’Atalanta aveva lodato «un direttore sportivo molto giovane ma con una grande capacità di scouting». Tutti dettagli che sembrano contraddire l’ipotesi secondo cui questa fosse una separazione programmata da tempo. Insomma, se Gasperini era sincero, cosa dovremmo pensare del neonato progetto giallorosso oggi, a due settimane esatte dall’inizio ufficiale della sessione estiva del calciomercato? È un video che la Roma ha pubblicato sul proprio account YouTube solo undici giorni fa eppure, incredibilmente, sembra venire già da un’altra epoca.
Sulla partenza di Ghisolfi, ovviamente, si è già detto moltissimo. Secondo Francesco Balzani, sulla Gazzetta dello Sport, “a pesare [è stato] il rapporto incrinato con alcuni procuratori (compreso quello di Saelemaekers) e la mancata cessione di Angeliño, ma anche la gestione dei rinnovi di alcuni giovani della Primavera. Tutti temi sbattuti sul tavolo in video call dai Friedkin che hanno appreso come solo l’intervento di Ranieri era riuscito a salvare il rinnovo di Svilar”. A dar per buona questa ricostruzione ne escono indicazioni contrastanti. Davvero l’acquisto di Saelemaekers - un esterno che sembra avere difficile collocazione nel gioco di Gasperini - era così importante? La cessione di Angeliño, un terzino a quanto pare fortemente voluto da Daniele De Rossi, era un tema per i paletti del Financial Fair Play, con la chiusura del bilancio al 30 giugno, oppure c’è altro? E cosa pensare della gestione dei rinnovi dei giovani della Primavera? È realistico pensare che Dan e Ryan Friedkin si siano accalorati per la perdita del promettente portiere brasiliano Renato Marin a favore del PSG, o della partenza a parametro zero del centrocampista classe 2006 Sergej Levak? L’impressione è che non solo intorno, ma anche dentro alla Roma la mancanza di chiarezza sulle reali strategie societarie (sempre che esistano davvero) sia un problema.
La cosa di cui si è discusso di più a Roma nell’ultimo mese comunque è il rinnovo di Mile Svilar, ed è possibile che questo davvero sia stato un tema tra la dirigenza Friedkin e Florent Ghisolfi. Svilar è un giocatore significativo per tanti motivi diversi. Arrivato nell’estate del 2022 nell’indifferenza generale, il portiere serbo è forse uno dei pochissimi se non l’unico acquisto veramente voluto dal precedente direttore sportivo della Roma, Tiago Pinto - anch’egli, esattamente come Ghisolfi, una figura giovane, dal carisma grigio, poco fluente in italiano, che a quanto si diceva era stato scelto per le sue capacità di scouting e di lavoro con gli algoritmi statistici. Per mesi Svilar è rimasto in panchina, incarnando una strategia opposta rispetto a quella rappresentata da José Mourinho - un allenatore esperto per una squadra pronta che, secondo ciò che si diceva al tempo, era stato convinto a venire a Roma dall’abilità imprenditoriale dei Friedkin. Svilar inizierà a giocare con continuità solo a partire dalla metà di febbraio del 2024, quando ormai Mourinho era già stato esonerato e Tiago Pinto aveva già deciso di lasciare la Roma, e da quel momento si è gradualmente affermato come uno dei leader tecnici e carismatici della rosa giallorossa.
Arrivati alla fine di questa stagione è diventato chiaro che il rinnovo di Svilar sarebbe stato il primo bivio del calciomercato della Roma. Il contratto del portiere serbo scade infatti nel 2027 e questa sessione di mercato, senza rinnovo, sarebbe stata l’ultima per monetizzare bene l’exploit delle sue ultime stagioni. Le notizie sulle trattative per il suo rinnovo si sono innestate su questa consapevolezza con l’aleatorietà che hanno sempre le notizie di calciomercato. Ogni giorno poteva essere quello decisivo, e ogni giorno il rinnovo sembrava di nuovo lontano, finché, secondo alcune fonti, il decisivo intervento di Ranieri avrebbe finalmente fatto pendere la bilancia degli umori di Svilar verso la permanenza a Roma. Non possiamo essere certi della veridicità di queste notizie - perché nel calciomercato bisogna dubitare di tutto e tutti - ma la storia che è arrivata al pubblico giallorosso ormai era questa: Ranieri è stato costretto a intervenire per salvare una trattativa ormai compromessa, e inevitabilmente quello che ci ha fatto la figura dell’incompetente è stato Florent Ghisolfi. Nella conferenza stampa di presentazione di Gasperini, però, l’ex allenatore giallorosso ha dichiarato di aver fatto «ben poco»: «Ho solo chiamato il ragazzo, dicendogli che si può fare bene, che si può costruire una grande Roma». Davvero può bastare questo per convincere un giocatore?
Non è escluso, insomma, che dietro al rinnovo di Svilar ci sia un conflitto tra Ghisolfi e Ranieri, che per background e competenze non possono che avere idee molto diverse su come ricostruire questa squadra. Di certo, anche in questo caso, non aiuta la mancanza di chiarezza della dirigenza Friedkin, in questo caso sul ruolo di Ranieri. Perché - se lo saranno chiesti anche alla FIGC negli ultimi giorni - cos'è che fa esattamente un senior advisor? Nella conferenza stampa di Gasperini, Ranieri si è preso quasi totalmente il merito (e quindi la responsabilità) di aver convinto il nuovo allenatore a venire a Roma, e non è strano che lo si affermi placidamente, in una conferenza stampa ufficiale, essendo una mansione che dovrebbe spettare a un direttore sportivo in quel momento ancora in carica?
Secondo la Gazzetta dello Sport dietro la separazione tra Ghisolfi e la Roma potrebbe esserci anche lo zampino della Juventus che, dopo la separazione con Giuntoli, è alla ricerca di un direttore sportivo. “C’è una parola chiave che unisce Damien Comolli e Florent Ghisolfi, il direttore sportivo uscente della Roma: reclutamento”, scrive Giovanni Albanese,“il quarantenne ex Nizza (dove scelse Farioli, l’anno scorso all’Ajax) lavora col sostegno dei dati e potrebbe dunque far breccia facilmente su Comolli, che all’algoritmo affida la quasi totalità delle sue scelte”.
La Juventus, dopo gli ultimi cambi societari, sembra definitivamente avviata sulla via di una sostenibilità sostenuta dal player trading, ma non è facile dire se Florent Ghisolfi sia la figura ideale per questo tipo di strategia. In Francia, infatti, Ghisolfi è stato direttore sportivo di Lens e Nizza, società molto diverse per ambizioni rispetto alla Juventus, e alla Roma la sua esperienza è durata poco più di un anno e districare la sua volontà da quella dei vari ex allenatori della Roma è complicato se non impossibile.
Nell’ultima sessione estiva di calciomercato la società giallorossa ha speso quasi 127 milioni di euro solo in cartellini, ma la maggior parte di questi sono andati per profili a quanto pare fortemente voluti da Daniele De Rossi e da cui è difficile valutare le reali capacità di scouting di Ghisolfi. Insomma, giocatori come Artem Dovbyk (ex capocannoniere della Liga), Matias Soulé (uno se non il miglior giovane della scorsa stagione di Serie A), Manu Koné e il già citato Angeliño non possono essere davvero definiti scoperte, al di là di chi li abbia scelti.
Diverso è il discorso per giocatori più peculiari o comunque più giovani come Enzo Le Fée, Samuel Dahl, Saud Abdulhamid, Buba Sangaré, la cui responsabilità è stata inequivocabilmente addossata sulle spalle di Florent Ghisolfi nonostante anche in questo caso non esistano notizie certe a riguardo.
Le Fée - che al Rennes aveva dimostrato di essere uno dei centrocampisti più raffinati del campionato francese e per cui la Roma ha speso 23 milioni di euro solo per il cartellino - sembrava poter avere un ruolo nella Roma di De Rossi, ma un primo infortunio unito all’esonero dell’allenatore italiano lo ha relegato prematuramente ai margini della rosa. Ceduto in prestito con diritto di riscatto (forse proprio per volontà di Ranieri, che lo ha bocciato quasi all’istante), Le Fée ha avuto un impatto immediato al Sunderland, che ha aiutato a far risalire in Premier League giocando da titolare e mettendo a segno due assist nei playoff di Championship. La promozione della squadra ha trasformato il diritto in obbligo di riscatto, portando immediatamente 24 milioni nelle casse della Roma (cioè uno in più di quanti ne avesse spesi per acquistarlo un anno prima).
Samuel Dahl ha seguito una traiettoria simile. Dopo alcuni timidi esperimenti, la Roma ha deciso di cedere il promettente terzino svedese già a gennaio, al Benfica, dove è immediatamente entrato nelle rotazioni dei titolari. Ovviamente va fatta la tara sulla competitività del campionato portoghese, ma se la strategia della Roma era quella di prendere giovani giocatori per poi rivenderli (come detto: non ci sono certezze a riguardo) si può dire che la scelta di spedirlo altrove dopo appena sei mesi sia stata quanto meno affrettata. Ghisolfi, comunque, anche in questo caso è riuscito nell’impresa di mettere a bilancio una plusvalenza istantanea, con il Benfica che ha deciso di acquistare il terzino svedese per 9 milioni di euro più due di bonus a fronte dei 5,7 spesi per prenderlo.
Di fatto l’unico acquisto che può essere rimproverato davvero a Ghisolfi da un punto di vista puramente finanziario è Buba Sangaré (18 anni ancora da compiere), dato che anche i circa tre milioni pagati per Saud Abdulhamid rientrano con ogni probabilità in un programma di promozione dei talenti sauditi a cui la Roma ha deciso di aderire attraverso lo sponsor Riyadh Season (che nelle ultime due stagioni ha versato nelle casse giallorosse circa 25 milioni di euro).
Proprio per colmare i vuoti creati da queste repentine marce indietro, la Roma ha speso altri 15 milioni di euro nell’ultima sessione invernale di calciomercato, che però non ha davvero cambiato la conformazione o alzato la qualità della rosa giallorossa. Devyne Rensch, Anass Salah-Eddine e Victor Nelsson in Serie A hanno giocato complessivamente 802 minuti, e non hanno avuto altro ruolo se non quello di far rifiatare i titolari nelle rotazioni.
Alla fine, comunque, la Roma è riuscita a lottare per il quarto posto, che poi era l'obiettivo stagionale fin dall'inizio, e se oggi parliamo di miracolo non è tanto per la qualità della rosa quanto per il tentativo autodistruttivo di stravolgere i piani a poche settimane dall'inizio della stagione forse scommettendo sul fatto che non ci sarebbero state conseguenze. Ovviamente Claudio Ranieri ha avuto i suoi enormi meriti nel portare la squadra fin lì, ma il dualismo che si era venuto a creare con un direttore sportivo dipinto come grigio e incompetente forse era più frutto dell'apparenza che della sostanza. D'altra parte, lo si era visto già nella conferenza stampa di Ranieri come nuovo allenatore della Roma, in cui i due erano apparsi uno accanto all'altro in tutta la loro differenza. Ghisolfi timido e impacciato, Ranieri deciso e quasi canzonatorio. A chi avrebbe fatto piacere rimanere in una situazione simile?
C'è chi dice che proprio per lasciare Ranieri più libero la Roma stia adesso pensando a un DS meno intraprendente richiamando Frederic Massara o promuovendo una figura come Federico Balzaretti, che al momento nella società giallorossa si occupa dei giocatori in prestito. Il paradosso è che adesso Florent Ghisolfi, se dovesse davvero essere scelto dalla Juventus, potrebbe essere atteso da un salto di carriera, in una squadra che è a sua volta alla ricerca di idee e di nuovi equilibri all'interno della propria società.