Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Fisica del gol olímpico
30 ott 2015
30 ott 2015
Si dice che i gol da calcio d'angolo sfidino le leggi della fisica, e invece è proprio il contrario.
Dark mode
(ON)

«Una forza rettilinea è impressa a destra rispetto al centro di un oggetto sferico. Come risultato, l’oggetto sferico assume un moto avente traiettoria curvilinea. Nel corso del suo volo, l'oggetto sferico è attratto verso il basso dalla forza di gravità, rallentato dall'attrito dell’aria e spinto lateralmente dalla rotazione di spin dovuta all'applicazione della forza in posizione non centrale. Dopo due secondi l’oggetto sferico atterra nel lato destro più lontano di un parallelepipedo cavo».

Questa è una descrizione possibile del gol segnato domenica 18 ottobre da Alejandro Darío Gómez al 43° minuto del primo tempo di Atalanta - Carpi. Gómez l’ha segnato da calcio d’angolo, entrando così nella ristretta lista di giocatori che nella storia del calcio hanno saputo mettere a segno un tiro che, a detta di molti commentatori, sfida le leggi della fisica. Secondo Eric Goff, autore della descrizione precedente, invece, sono proprio le leggi della fisica ad averlo reso possibile.

«Le leggi della fisica pongono dei limiti a quanto ciascuno di noi può fare», spiega Eric Goff, responsabile del Dipartimento di Fisica al Lynchburg College in Virginia, Stati Uniti, «In questo modo gli atleti migliori possono migliorarsi e avvicinarsi il più possibile a quei limiti».

Goff si dedica a ricerche di fisica applicata allo sport ed è autore del libro Gold Metal Physics: The Science of Sports. Tra le altre cose, dal 2003 cerca di predire il tempo impiegato dal vincitore di tappa del Tour de France. Recentemente si è avvicinato a un margine di errore del 5% (ma se non piove e non ci sono cadute può arrivare all’1%).

Il primo a memoria d'uomo

Il gol da calcio d’angolo è detto anche “olímpico”, perché il primo a segnarlo, un’ala sinistra dell’Argentina di nome Cesáreo Onzari, lo fece il 2 ottobre 1924 ai danni dell’Uruguay, reduce dalla vittoria nelle Olimpiadi dello stesso anno. Racconta Eduardo Galeano che, dopo essersi ripresi dalla sorpresa, gli uruguaiani cominciarono a protestare con l’arbitro, dicendo che Onzari non aveva intenzione di tirare in porta e che era stato il vento a deviare la traiettoria nella rete. L’arbitro, però, non si fece intimidire: pochi mesi prima l’IFAB (International Football Association Board) aveva deliberato in favore del gol su calcio d’angolo, irregolare fino ad allora.

Onzari, costretto a confrontarsi con le allusioni di involontarietà dei giocatori della Celeste, sostenne fino alla morte di aver cercato quel gol, ma aggiunse anche: «Mi è riuscito perché doveva riuscirmi», sfumando ulteriormente i contorni tra caso e premeditazione. Per quanto riguarda la seconda obiezione degli uruguaiani, secondo cui il gol era stato aiutato dal vento, era tecnicamente vera: il vento spesso contribuisce alla buona riuscita di questo genere di parabole, ma il vento è aria in movimento e giocare a calcio senz’aria sarebbe come nuotare in una vasca senz’acqua.

Sulla Luna e sulla Terra

«Per immaginare un tiro senz’aria dovremmo ambientarlo sulla Luna, dove la palla seguirebbe una traiettoria parabolica dovuta solo alla gravità lunare che la attira verso il basso», spiega Goff, «Sulla Terra, una palla che si muove percepisce la forza resistente dall’aria che la colpisce. Inoltre, una palla che mentre si muove ruota anche su sé stessa rilascia aria dietro di sé in modo asimmetrico e a causa di ciò si può muovere a destra o a sinistra, cosa che non potrebbe succedere sulla Luna».

È l’effetto Magnus, la curva assunta da una palla che è stata colpita leggermente a destra o a sinistra rispetto al suo centro. Per capirci, è l’effetto dei tiri a giro o delle palle curve a baseball, che sarebbero impossibili senz’aria intorno alla palla.

Per segnare un gol da calcio d’angolo sulla Luna occorrerebbe perlomeno far rimbalzare la palla: il suolo eserciterebbe una frizione sulla palla che sta ruotando su sé stessa e la farebbe rimbalzare con un angolo che potrebbe dirigerla verso la porta. È un’opzione valida anche sul nostro pianeta. Basti pensare al gol segnato d’esterno sinistro da un Roberto Carlos a fine carriera:

O a quello segnato, facendo rimbalzare la palla appena prima della riga, dalla centrocampista statunitense Megan Rapinoe nella semifinale di Londra 2012 contro il Canada, l’unico gol “olímpico” segnato effettivamente durante un’Olimpiade.

Invece, l’unico gol “olímpico” segnato da calcio d’angolo durante una Coppa del Mondo FIFA tra professionisti, nel 1962 in Cile, è stato quello di Marco Coll in un rocambolesco 4-4 tra Colombia e Unione Sovietica. Segnare dalla bandierina ai Mondiali brasiliani del 2014, invece, sarebbe stato particolarmente difficile, dato che la palla Brazuca mostrava buona stabilità anche a basse velocità: «A parità di velocità ed effetto, due tiri potrebbero ottenere risultati diversi a seconda della superficie della palla», spiega Goff, che nel 2014 ha svolto una ricerca in collaborazione con un team di ricercatori giapponesi sulle performance di Brazuca, «La lunghezza delle cuciture, il motivo delle cuciture, la profondità dei punti: prese tutte insieme, queste caratteristiche contribuiscono a determinare la quantità di forza impressa dall’aria sulla palla».

Campioni e specialisti

Vento, rimbalzo, caratteristiche della palla: per registrare queste variabili e combinarle con angolo, velocità di lancio, posizione dei piedi in modo da ottenere un gol da calcio d’angolo serve una sapienza calcistica che solo pochi giocatori hanno a disposizione. Non sorprende, allora, che nel palmarès dei bomber “olímpici” figurino Roberto Baggio, Maradona, Beckham, RonaldinhoHenry e Recoba (all'elenco mancano stranamente Messi e Cristiano Ronaldo).

Ci sono, però, dei veri e propri specialisti, come l’argentino Juan Ernesto CocochoÁlvarez, che in sei stagioni in Colombia negli anni Settanta, giocò 226 partite e segnò 35 gol, di cui 8 dalla bandierina e 2 nella stessa partita. O il tedesco Bernd Nickel, detto "Dr. Hammer", che segnò 4 dei suoi 141 gol per l’Eintracht Francoforte dalle quattro bandierine del Waldstadion. Il centrocampista del Celtic Glasgow Charlie Tully ne segnò 11 in carriera. Nel 1953 si vide annullato un gol olímpico perché la palla, al momento di essere calciata, era fuori dallo spicchio dell’angolo. Come niente fosse ripeté la battuta e segnò ancora.

In Italia, lo specialista per eccellenza fu Massimo Palanca, attaccante mancino di Catanzaro, Como, Napoli e di una Nazionale sperimentale di Bearzot tra gli anni Settanta e Ottanta. Basso e baffuto, Palanca in carriera segnò 13 gol dalla bandierina e, nonostante il soprannome “O Rey” affibbiatogli dalla Curva Sud del Catanzaro, fu sempre modesto al momento di spiegare la genesi di quel tiro perfetto. Il merito, raccontava Palanca, era del suo compagno di squadra Claudio Ranieri, che, secondo uno schema deciso in precedenza, saltellava sulla linea di porta per oscurare la visuale del portiere.

Un altro fattore a favore di Palanca era il numero di piede: 37. «La forza necessaria a mettere in moto la gamba e il piede è direttamente proporzionale alla loro massa», spiega Goff, «Naturalmente esistono muscoli più grandi capaci di generare quella forza, ma l’inerzia in eccesso fa sì che arti più grandi siano anche più difficili da controllare quando si muovono velocemente. E segnare da calcio d’angolo richiede grande precisione nel piazzamento dello scarpino sulla palla e dunque grande controllo».

Insomma, un fisico minuto può certamente aiutare al momento di tentare un gol da calcio d’angolo. Ma si tratta pur sempre di un tiro ignorante, che la fisica non potrà mai finire di spiegare: una traiettoria indefinita fatta di coraggio, talento, errore, fortuna e confusione.

Così, un posto d’onore nell’olimpo dei gol olímpici spetta a Sükrü Gülesin, centravanti turco di Besiktas, Palermo e Lazio negli anni Sessanta. Gigante di due metri per cento chili, dotato di piedi raffinatissimi, Gülesin è passato alla storia per due caratteristiche: l’atavico terrore dei contrasti (si buttava a terra prima che arrivasse l’avversario) e l’abilità nel calciare a rete direttamente dalla bandierina. Ne fece 32, sia da destra che da sinistra pur essendo mancino: davvero uno specialista del gol impossibile per eccellenza.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura