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I problemi della Fiorentina vanno oltre Pioli
13 ott 2025
C'è anche un problema di costruzione della rosa.
(articolo)
10 min
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IMAGO / NurPhoto
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Con 3 punti in 6 giornate, la Fiorentina è la grande delusione di questo primo mese di campionato. La "Viola" non è riuscita a portare a casa neanche una vittoria, malgrado un calendario non particolarmente impegnativo, al di là delle sfide casalinghe con Napoli e Roma.

Più dei risultati preoccupano le prestazioni, che segnano una sinistra continuità con l’ultima Fiorentina di Palladino, che era comunque riuscito a condurre i toscani fino al sesto posto, il miglior piazzamento dal 2016. Dopo le dimissioni del tecnico campano, il direttore sportivo Daniele Pradè ha scelto l’ennesimo cavallo di ritorno della storia recente, Stefano Pioli, che aveva già allenato la Fiorentina tra il 2017 e il 2019. Nonostante il cambio di guida tecnica, la squadra presenta gli stessi problemi nella gestione palla e nell’andare a contrastare l’avversario in zone medio-alte.

Prima però di parlare dei problemi incontrati dal tecnico emiliano (la cui posizione in questo momento non sembra in discussione), bisognerebbe partire dai limiti della rosa a sua disposizione. Ed è paradossale affermarlo dopo un mercato da 90 milioni di euro (!) solo in cartellini nell'acquisto di nuovi giocatori, che però non ha alzato in maniera significativa il livello dell’undici titolare, né ampliato lo spettro delle caratteristiche della squadra. Non avendo più in organico ali o mezze punte al di fuori di Gudmundsson – Infantino e Kouamé non rientrano nelle liste, mentre Sabiri, che è rientrato dopo due anni in prestito tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi non è un’opzione al momento – di fatto Pradè pare aver puntato sul 3-5-2 proposto da Palladino da marzo in poi. Un modulo che sembrava in realtà un compromesso al ribasso per restituire stabilità alla fase difensiva.

La Fiorentina 2025/26 si trascina le stesse difficoltà nel far progredire l’azione. Manca della qualità necessaria per ordinare il possesso anche in zone più alte di campo, e vive sulle folate dei suoi giocatori migliori, Dodò e Kean, che per caratteristiche rendono la fase offensiva molto diretta. Del resto nessuno dei difensori centrali ha particolare confidenza con la palla, né come passatore né a proporsi nella metà campo avversaria. Nel precampionato Pioli aveva lavorato su Fagioli come vertice basso, che sulla prima costruzione si andava ad abbassare sulla linea dei difensori, ma è un’opzione che pare già tramontata, considerate le difficoltà dell’ex Juve nello schermare la difesa (tra l’altro nelle ultime due partite di campionato è rimasto pure in panchina).

L’ex allenatore del Milan in queste prime partite ha alternato soprattutto 352 e 3421, che ha usato anche nelle ultime due uscite con Pisa e Roma, ricercando la superiorità numerica sull’inizio azione con il 3+2, mentre i laterali rimangono alti.

L’inizio azione della Fiorentina.

Ma anche con la coppia di mediani Mandragora-Nicolussi Caviglia – quella che più si avvicina al concetto di regista, per quanto non sia sempre lucida in distribuzione, specie con l’uomo vicino – la "Viola" fa fatica a ottenere un’uscita del pallone pulita. All’avversaria di turno alla fine basta schermare il centro e orientare il pressing su un difensore, di solito Ranieri, che viene costretto a liberarsi della palla con un lancio lungo.

Se Ranieri non la lancia, si appoggia a Gosens, ma a quel punto la viola è dentro a un cul de sac: il tedesco per anticipare l’arrivo di Vojvoda allontana la sfera col destro.

Col passare delle giornate i difensori stanno tornando a coinvolgere De Gea, forse anche troppo. Il portiere, una volta ricevuto lo scarico, chiama la salita della squadra e rinvia. La Fiorentina non sembra avere né i palleggiatori né la pazienza di resistere alla pressione, anche perché la tentazione di lanciare subito sulla punta è sempre invitante. D'altra parte, Moise Kean viene da una stagione in cui si è imposto come uno straordinario target man, capace non solo di dominare i duelli individuali ma di prendere distanza dai difensori, aprirsi lo spazio per la corsa e arrivare al tiro quasi da solo. È vero che ha segnato un solo gol (e che gol!) in campionato, ma ha un’esuberanza fisica che alla fine gli basta guardare la porta palla al piede, anche a più di 30 metri dalla porta, per diventare una minaccia credibile.

L’ex Juve viene cercato con un lancio sulla figura oppure in profondità: quando attacca la linea difensiva diventa l’opzione immediata a cui i compagni si affidano, verticalizzando direttamente su di lui anche quando magari avrebbero spazio per portare palla o provare a organizzare un attacco più ragionato. Il lancio sulla punta o su Dodò spesso rappresenta la soluzione più comoda e meno rischiosa, ma se non si “prepara” la palla in profondità, rischia di trasformarsi in una preghiera fine a se stessa.

Se poi attacca la profondità pure l’altro attaccante, Piccoli (vedi la seconda immagine), per Mandragora la tentazione di lanciare è ancora più forte.

Tuttavia è comprensibile l’urgenza di far arrivare il prima possibile il pallone a Kean e al brasiliano, banalmente perché rappresentano le principali fonti di gioco, che una volta entrati in possesso cercano subito di sprintare con la palla, alzando il ritmo dell’azione. Manca però un sostegno che smetta di isolare questi due giocatori, che di loro tendono già a isolarsi. C'entra la conformazione di un centrocampo ancora da definire, fatto di giocatori difficili da associare tra loro, nessuno davvero bravo nella gestione e nella conservazione del possesso negli ultimi due terzi di campo.

Forse l’unico è Fagioli, la cui esperienza a Firenze si sta rivelando però intermittente. Non aiuta non aver ancora trovato un ruolo definito. Ndour e Sohm sembrano impacciati e l’unico che ha portato un po’ di dinamismo e qualche traccia interessante senza palla è Fazzini, che però finora si è dimostrato poco incisivo.

A proposito di Sohm, qui lo svizzero sbaglia la misura di un passaggio relativamente semplice con cui avrebbe potuto mandare in porta Kean.

Sulla trequarti sarebbe lecito aspettarsi di più anche da Gudmundsson, riscattato dal Genoa malgrado un’annata altalenante. I toscani avrebbero bisogno di lui per dare ordine e aumentare l’imprevedibilità della fase offensiva, ma l’islandese continua a essere poco presente dentro le partite, magari perché è più un tiratore che non un play offensivo.

Nelle due partite che ha saltato per infortunio, Pioli ha giocato col doppio centravanti, Dzeko con la Roma (che pare davvero appesantito dai suoi 39 anni) e Piccoli contro il Como, che chiaramente hanno aumentato la tensione verticale della squadra. Del resto Pioli è un allenatore che si è distinto negli anni per mettere in campo formazioni che cercano di saltare il centrocampo e “andare dritto”, senza consolidare il possesso o ricercare un attacco più posizionale (ad eccezione del biennio 2020-22 al Milan). E dunque i difetti individuali dei giocatori sembrano sclerotizzati anche dalle idee del tecnico.

Pioli però nei dopogara si è lamentato della frenesia dei suoi uomini. «Dobbiamo gestire di più la palla se vogliamo fare una partita più di controllo e dominio, meno di rincorsa e seconde palle», ha detto dopo la sconfitta contro il Como. «È la situazione in cui dobbiamo lavorare di più. Non c’era la pressione per calciare così tanto lungo come abbiamo fatto noi. E se sei basso la squadra fa fatica ad accorciare e lasci campo all’avversario (...)ci vuole più personalità, tornare dal portiere. Ci vuole tempo ma ci arriveremo». Dopo lo 0-0 di Pisa ha aggiunto: «Siamo andati molto fuori, dovevamo però tenere di più la palla dentro e trovare di più i due trequartisti o i due mediani (...) Le difficoltà nascono dall’aggressività dell’avversario, dobbiamo avere più pazienza coi difensori centrali e muoverla fino a quando non trovavamo i centrocampisti. Superare la prima pressione è un obiettivo indispensabile per diventare una squadra di livello».

Nella prima parte di stagione Palladino aveva cucito sulle letture (con e senza palla) di Adli, Cataldi e Bove una fase di possesso a tratti molto brillante. Oggi nessuno dei tre centrocampisti fa più parte della rosa e Pioli ha a disposizione un parco giocatori meno creativo e meno preposto a controllare la palla (tra l’altro la "Viola" è tredicesima in campionato per percentuale di passaggi completati, solo il 78,9%), che oltretutto sta difendendo peggio. L’ex tecnico del Milan, come ormai quasi tutte le formazioni di Serie A, sull’inizio azione avversario si difende con un forte orientamento sull’uomo, ma questa squadra non pare avere né l’intensità né la reattività necessaria nelle uscite in avanti.

Nico Paz “tira fuori” Ranieri, in questo modo si crea lo spazio per l’inserimento di Perrone.

Il lavoro in fase difensiva della prima linea di pressione è trascurabile (non tanto quello di Kean, quanto quello di Gudmundsson e Fazzini), in più gli stessi difensori stanno mostrando una certa difficoltà nel difendere lontano dalla porta. Neppure Nicolussi Caviglia e Mandragora sono troppo mobili e possono soffrire in spazi ampi, specialmente quando devono correre all’indietro.

Insomma la Fiorentina ha problemi a coprire la palla e a recuperarla palla in zone medio alte (nonostante i due mediani abbiano buoni numeri negli anticipi), ma anche vicino alla sua porta. L’inserimento di Pablo Marì al posto di Comuzzo non ha aumentato la solidità difensiva, anzi la squadra sembra meno applicata nel gioco aereo (soprattutto su palla inattiva), che pure era stato uno dei punti di forza dello scorso campionato.

Contro la Roma, sia Ranieri sia Pablo Marì rimangono su Dovbik, che libera Soulé. L'argentino si infila nella zona di conflitto tra Nicolussi Caviglia, Gosens e lo stesso Ranieri. Da notare anche lo spazio di cui gode Baldanzi al limite dell’area.

A livello statistico la "Viola" ha concesso un numero di reti, 8, più o meno in linea con le attese (7,28 xG secondo i dati di Hudl StatsBomb), mentre ha ottenuto appena 4 gol dai 5,95 xG prodotti. Si tratta comunque di un campione ridotto dopo sole 6 giornate: è verosimile che la Fiorentina aumenti la precisione in zona gol (solo il 18,1% tiri finiscono in porta, peggior dato del campionato), potendo contare su due giocatori come Kean e Dodò in grado di generare occasioni quasi in maniera estemporanea. Allo stesso modo è possibile che tornerà a ricavare di più dalle azioni laterali, una situazione in cui solitamente si rende pericolosa portando in area diversi giocatori. Insomma: è difficile che i risultati non cambieranno almeno un po', anche solo per inerzia, per la qualità indubbia di certi giocatori.

Dopo 3 pareggi e 3 sconfitte, la Fiorentina però è chiamata a fare risultato per allontanarsi innanzitutto dal fondo della classifica e ritrovare un po’ di serenità. Il problema è che la formazione di Pioli – che contro la Roma ha rimediato una sconfitta severa - nelle prossime giornate affronterà Inter e Milan, a Milano per di più, oltre al Bologna dell’ex Italiano al Franchi. Nel mezzo ci sarebbe la trasferta a Vienna in Conference League, dove i toscani hanno vinto tutte e tre le gare giocate tra preliminari e fase a gironi. Per l’allenatore emiliano è già un momento decisivo, innanzitutto per la sua permanenza in panchina. Dovrà provare a limare le criticità nelle due fasi, magari dando una centralità diversa a Gudmundsson e Fagioli, i più credibili per implementare il gioco centrale e il controllo sulla trequarti, anche se non sarà facile.

Un anno fa Palladino uscì da una situazione delicata inventandosi nel secondo tempo con la Lazio un 4-4-1-1 asimmetrico con Colpani, Cataldi, Adli e Bove a centrocampo. Pioli però oggi ha molto meno margine di manovra del suo predecessore: contro il Torino aveva optato per un 3-4-1-2 che però si è rivelato poco sostenibile a palla persa, mentre col Como pur di abbandonare la difesa a tre, ha proposto un 4-4-2 senza esterni alti di ruolo (Fazzini a sinistra e Lamptey a destra). Un esperimento durato una ventina di minuti, visto che il grave infortunio all’inglese ha privato l’ex allenatore del Milan di uno dei pochi elementi di gamba in rosa.

La grande domanda rimane sempre la stessa: che margini di crescita ha questa Fiorentina?

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