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Il lato oscuro di Inter e Fiorentina
25 feb 2019
25 feb 2019
Con cosa escono Spalletti e Pioli dalla sfida del Franchi.
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È difficile sostenere che una partita con 6 reti sia stata noiosa, e Fiorentina-Inter non lo è stata. Il match del Franchi, però, non ha mai trovato un suo ritmo. Condizionata pesantemente dagli agenti atmosferici, rallentata oltremodo dai 5 consulti tra arbitro e VAR, la partita da 105 minuti complessivi ha vissuto di strappi durante i quali le due contendenti hanno cercato di avere la meglio l’una sull’altra con quel che avevano. Perché Fiorentina e Inter, una volta in più, ieri hanno mostrato prevalentemente il loro lato oscuro.

Al di là dei difetti intrinseci, che forse la Fiorentina non potrà risolvere da qui alla fine del campionato, osservare il procedere del lavoro di Stefano Pioli è sempre interessante. Dopo un inizio di stagione in cui aveva tentato l’ibridazione di due sistemi a seconda della fase di gioco – difesa a 4 in caso di non possesso e più spesso a 3 dietro quando si trattava di impostare – nelle ultime giornate l’allenatore emiliano sembrava essere approdato con la sua squadra a una forma nuova, a un 3-5-2 con un orientamento aggressivo sull’uomo quasi di stampo gasperiniano.

Ieri, però, Pioli ha cambiato ancora, e come un sarto ha cercato di cucire l’abito migliore sulle misure dell’Inter. In fase di non possesso, la sua Fiorentina si è schierata col 4-3-1-2: in questo modo il trequartista Gerson finiva naturalmente sulle tracce di Brozovic, considerato, non a torto, l’uomo più creativo dell’ensemble interista.

In fase di possesso, la forza e l’impeto dei giocatori offensivi viola creavano uno schieramento che definire fluido è quasi riduttivo. Talvolta la Fiorentina sembra sistemarsi con un 4-2-2-2, altre con un 4-2-3-1 asimmetrico, altre ancora con un 3-2-4-1. Le tre forme appena descritte dipendevano dalle posizioni di Benassi e Gerson, piazzati alle spalle del centrocampo interista; posizioni che a loro volta dipendevano da quella di Chiesa, che agiva talvolta da punta centrale, ma che più spesso si allargava in fascia per scattare lungo la linea laterale, oltre il terzino sinistro Dalbert; e dipendevano infine dalla forza di Biraghi di portarsi già a inizio azione sulla stessa linea dei suoi trequartisti.

Veretout riceverà da Ceccherini, il movimento di Edimilson sposterà Nainggolan dalla traccia verso Benassi, che il regista francese prenderà prontamente. I reparti dell’Inter sono sembrati sempre troppo distanti e i difensori non hanno rischiato l’uscita dalla linea quasi mai.

I principi superano i moduli nelle intenzioni di Pioli, ovvero creare zone di superiorità numerica sulla trequarti per poi attaccare la linea difensiva avversaria con corse palla al piede e sovrapposizioni. Edmilson e Veretout, con l’appoggio di Vitor Hugo e Ceccherini, si occupavano dell’impostazione dal basso. Il pressing blando e per lo più d’iniziativa individuale portato dagli interisti facilitavano il compito dei quattro con la maglia viola.

Intorno al venticinquesimo minuto i viola erano in vantaggio nel possesso palla 61% a 39% e il loro scopo di servire un uomo alle spalle o ai lati di Vecino e Brozovic è stato centrato più e più volte in quel lasso di tempo. Uno scopo raggiunto anche grazie alla complicità di Perisic e Politano, che per la loro pigrizia negli scivolamenti sul giro palla avversario, aprivano i canali tra i difensori e i centrocampisti della squadra di casa.

I problemi strutturali dell’Inter

Lautaro Martinez ha giocato la quarta partita da titolare in dieci giorni. Se si è discusso spesso di quale fosse il modo migliore per utilizzare Mauro Icardi, coinvolgendolo di più nel gioco o sollevandolo da ogni compito fuori dall’area di rigore, lo si dovrebbe fare ancor di più ora che l’Inter ha un attaccante con caratteristiche completamente diverse.

Martinez cerca più spesso il dialogo, avvicinandosi al portatore di palla; è bravo nel movimento incontro, nel gioco di sponda, e nel rilanciarsi di corsa nello spazio. Martinez è stato però il giocatore che ha toccato meno la palla tra quelli che ieri hanno giocato dall’inizio alla fine, 33,4 tocchi per 90 minuti. Una soglia comunque più alta della media in stagione di Icardi, che si ferma a 24,9 tocchi palla ogni 90 minuti.

I primi due cambi di Pioli hanno sbilanciato la Fiorentina, e l’Inter ha potuto approfittare di molti più spazi ai lati dei mediani viola. Qui Perisic anticipa Laurini alle spalle di Edimilson e gira un pallone di prima verso Lautaro Martinez, che si appoggia su Vecino, che a sua volta premia la corsa senza palla di Politano.

L’Inter è strutturalmente poco capace di conquistare spazio nella zona centrale del campo. È ancora la squadra che in tutto il campionato mette più cross in area, nonostante si stia privando quasi del tutto di Candreva, che è stato per anni il crossatore più eccessivo e abulico d’Europa. Per di più la Fiorentina per quasi tutto il primo tempo ha bloccato di fatto il centro del campo e l’Inter si è fatta schiacciare, almeno fino a quando, intorno al trentacinquesimo, Spalletti ha chiesto una maggiore partecipazione offensiva ai terzini D’Ambrosio e Dalbert, per cercare di sfruttare la superiorità numerica per zone esterne.

L’Inter ha trovato un maggior coinvolgimento nel gioco della sua prima punta, e automaticamente maggior fluidità offensiva, solo quando la Fiorentina è calata nell’intensità e ha staccato la spina mentalmente, nel secondo tempo, dopo il gol del momentaneo 1-3. Vecino, che fino a quel momento era rimasto appiattito sulla stessa linea di Brozovic e in balia degli eventi, è “entrato” fisicamente sulla partita, con inserimenti profondi, accompagnando la manovra e duettando con Politano.

La squadra di Spalletti è stata brava a reagire alle avversità, col carattere e la tecnica più che col gioco. Nella catena di destra ha trovato un’alternativa di gioco a Brozovic, fortemente limitato dagli avversari (il croato ha giocato 68 passaggi contro una media di 83 avuta finora in campionato). Non è però riuscita ad addormentare la partita, a imporre lei un ritmo al match per arrivare a giocare col cronometro nel finale. Sarebbe stato difficile farlo per chiunque, in una partita dove l’unica costante è stata la battaglia continua per la seconda palla e l’imprecisione nei passaggi (entrambe hanno chiuso la partita con uno scadente 75% di passaggi completati, dato che l’Inter ha ulteriormente peggiorato nella seconda metà del secondo tempo).

Non si può sorvolare sulla confusa gestione arbitrale della partita e sull’ultima contestatissima decisione. Però va anche detto che l’Inter già prima dell’episodio decisivo aveva perso il controllo della partita: come anche in altre occasioni, ha dato l’impressione di non riuscire a dominare né gli spazi né il pallone. L’Inter non ha fatto altro che arroccarsi all’interno dell’area di rigore (con un baricentro medio di 45 metri e un’ampiezza media di 37 dal settantacinquesimo in avanti), in balia della Fiorentina ringalluzzita dalla magia di Muriel su punizione.

I due allenatori, oltre al punto in classifica, escono dal campo del Franchi con poco altro in tasca. Forse Pioli potrà dirsi contento più di Spalletti, perché nella sua opera quotidiana di destrutturazione tattica finisce inevitabilmente per arricchire il bagagli dei suoi giovani calciatori. Forse l'allenatore della Fiorentina, anche qui più di Spalletti, può dirsi certo di poter raccogliere nella prossima stagione quanto sta seminando in questa.

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