
La semifinale tra Fiorentina e Real Betis l’aveva aperta Abde Ezzalzouli all’andata e l’ha chiusa Abde Ezzalzouli al ritorno, curiosamente con due gol simili: il centravanti che vince il duello con il difensore, il pallone che da destra arriva all’ala sinistra che deve solo aprire il piatto. In mezzo oltre 200 minuti di calcio piuttosto rapsodici, dove però la Fiorentina non è mai sembrata veramente in controllo del proprio destino, davvero vicina a raggiungere la terza finale di Conference League in quattro anni, un risultato che sarebbe stato statisticamente difficile da interpretare, ma che era un chiaro obiettivo, come dimostrato dal tifo instancabile e sempre vicino alla squadra, per un trofeo che sembra ormai una maledizione.
Non che non sarebbe potuto succedere, la squadra di Palladino è rimasta sempre in scia del Betis, ma è sembrata farlo più con la forza dei nervi che con una reale volontà di risolvere l’enigma tattico di un’avversario ben allenato e con delle individualità tecniche di alto livello, che alla fine hanno fatto la differenza. Soprattutto le prestazioni di Isco e Antony sono state troppo per la Fiorentina, e ci può stare: i giocatori di questo talento risolvono le partite di calcio, lo fanno da sempre e lo faranno per sempre.
TECNICA VS AGGRESSIONE
Pellegrini aveva disegnato il suo 4-2-3-1 scegliendo quanti più giocatori di palleggio possibile - spostando Fornals in alto a sinistra e inserendo Lo Celso tra i due mediani, ad esempio - e affidandosi a Isco e Antony per cercare le ricezioni alle spalle della pressione della Fiorentina, cosa che è successa con troppa facilità.
Come all’andata la squadra di Palladino ha cercato di scardinare le certezze col pallone del Betis provando un pressing uomo su uomo ad alta intensità, ma spesso senza riuscire a vincere i duelli individuali, o dando la sensazione di essere sempre un po’ in ritardo nella riaggressione, finendo per essere scoperta ai fianchi di Fagioli e Adli, i due mediani, lasciati un po’ soli in mezzo al campo, con Mandragora che più da mezzala d’inserimento, giocava quasi da seconda punta accanto a Kean, forse per sfruttare il buon momento in zona gol.
Adli si fa intercettare un passaggio da Jhonny, Antony può ricevere solo e andare in due contro due: ci metterà una pezza il solito De Gea. L'aggressività della Fiorentina era giusta, ma va seguita dai giusti movimenti e soprattutto dopo il recupero del pallone non ci può essere questa sciatteria nei passaggi.
È così che il Betis ha creato il primo pericolo, con Antony che ha ricevuto nel mezzo spazio di sinistra, per condurre verso il centro e aprire per Fornals, il cui cross è diventato praticamente un velenoso tiro in porta. È così che il Betis ha creato il suo secondo pericolo, e poi il terzo, cioè il gol del vantaggio. Su un lancio lungo di Vieites è Adli a colpire di testa, ma dalle sue parti c’è solo Antony, che guadagna il possesso e - insieme a Isco, che spesso si apriva a destra per associarsi col brasiliano - organizza una lunga azione sulla catena di destra, la più pericolosa. Il Betis riempiva quella zona di calciatori, cercando connessioni nello stretto che hanno portato Lo Celso a ricevere nel mezzo spazio destro, con il centrocampista argentino bravissimo poi a sgusciare tra Adli e Fagioli, e guadagnare il calcio di punizione da cui è arrivato il primo gol.
È un gol da calcio piazzato, un evento che è difficile collocare nel normale sviluppo tattico di una partita, ma che - comunque - racconta qualcosa. Antony si sta dimostrando un giocatore fuori scala per questo livello, e anche un colpo di fortuna per il Betis, che però è un club che punta in maniera smaccata sulla tecnica individuale dei suoi giocatori, qualcosa che la doppia sfida con la Fiorentina ha dimostrato in maniera lampante, e che alla fine ha pagato.
Il doppio scarto ha costretto la Fiorentina ad aumentare il suo coinvolgimento nella partita. L’azione che pochi minuti dopo ha portato al pareggio, è indicativa di come la squadra di Palladino avrebbe potuto dare fastidio alla fase difensiva piuttosto statica del Betis. Gudmundsson si abbassa per ricevere il passaggio da Gosens al centro, intanto Ranieri va ad occupare lo spazio in alto a sinistra. L’islandese si gira verso il centro del campo, elude la pressione di Isco, serve Adli, che apre a sinistra da Ranieri. Ranieri intanto ha ricevuto l’appoggio di Gudmundsson che passa dietro Sabaly. Dopo la ricezione può arrivare sul fondo e crossare sul secondo palo. Dodo è rimasto troppo largo, ma Fornals è comunque costretto a mettere in angolo.
Anche qui, il gol arriva su calcio d’angolo, sfruttando la fisicità e il tempismo di Gosens, ma l’idea rimane: se sfrutti le tue caratteristiche a tuo vantaggio di solito arriva qualcosa di buono. La Fiorentina è riuscita a scombinare la difesa del Betis con i movimenti dei suoi giocatori, ha usato bene Gudmundsson per legare il gioco sulla trequarti ed è stata poi ricompensata da un gol. Purtroppo però è rimasta un’azione sporadica più che un piano gara ben realizzato.
UNA RIMONTA SUI NERVI
A questo punto la partita ha iniziato a seguire il nervosismo della Fiorentina: prima due errori in fase di costruzione (saranno una costante tragica per i Viola) di Comuzzo e Adli hanno concesso due buone occasioni al Betis, con Jhonny che ha colpito la traversa su un bellissimo cross in cutback di Isco, poi un perfetto intervento di Ranieri su Antony (il loro duello è stata la parte più divertente della partita) ha permesso a Gosens di ripartire veloce, e dal suo cross è arrivato un calcio d’angolo. E sul calcio d’angolo un altro gol di Gosens.
È un volo pindarico, ma pensateci: come l’Inter col Barcellona all’andata, anche qui, in uno scontro tra una squadra spagnola e una italiana, la squadra italiana sfrutta quella che è una peculiarità del nostro calcio: e cioè l’esterno a tutta fascia dalla forza fisica dirompente e molto forte nei duelli aerei. Gosens come Dumfries. Se il tedesco non è più al suo picco atletico, la sua capacità di essere incisivo negli ultimi metri di campo lo rende troppo importante per la Fiorentina, che rimane una squadra con diverse difficoltà nel creare occasioni pulite. Gosens segna veramente un bel gol, andando a colpire di testa in mezzo a tre difensori del Betis, facendoli sembrare quasi dei vasi di terracotta in mezzo a un vaso di ferro.
A inizio secondo tempo Palladino ha sostituito Adli con Richardson, probabilmente scontento del lavoro di gestione del pallone del suo centrocampista. Richardson ha effettivamente dato una migliore stabilità alla squadra, anche perché il Betis è sembrato subire i due gol presi senza aver davvero concesso occasioni pulite (se non, per assurdo, altre due volte sempre da calcio d’angolo).
È stato questo il momento della partita in cui la Fiorentina avrebbe potuto girare la qualificazione dalla sua parte. Al 49’ Kean, scattato sul filo del fuorigioco, ha messo in mezzo un bel pallone per Gosens, che ha calciato male. Al 54’ una sponda di Kean ha permesso a Gudmundsson di ricevere solo al limite dell’area, l’islandese però si è perso nella decisione, preferendo un difficile passaggio verso Mandragora al tiro o comunque alla giocata personale, che dovrebbe far parte del suo bagaglio tecnico. Al 56’ ancora un duello vinto da Kean col suo marcatore ha permesso a Fagioli di arrivare al tiro, sbagliato.
La superiorità di Kean contro Natan e Bartra sembrava prima o poi dovesse creare i presupposti per un gol, ma non è successo. Il centravanti della Fiorentina ha sopraffatto fisicamente chiunque abbia provato a marcarlo, ma la squadra non ha saputo capitalizzare questo vantaggio: o Kean è stato lasciato troppo solo, con i suoi compagni troppo lunghi sul campo, o quando è riuscito a connettersi con loro sono stati troppo imprecisi.
Kean vince il duello con Natan almeno due volte, ma è troppo solo. Poi quando i suoi compagni lo raggiungono, subisce il fallo.
La partita è così scivolata in quel limbo in cui ogni tanto il calcio si infila, dove anche i giocatori in campo sembrano aspettare che qualcuno al posto loro faccia qualcosa di decisivo. E anche così entrambe le squadre hanno rischiato di perderla (o vincerla). Al 85’ Gosens ha sfiorato, in senso letterale, la tripletta di testa da calcio piazzato, non riuscendo a deviare in rete la punizione di Mandragora davanti alla porta, dopo essersi liberato del proprio marcatore per l’ennesima volta. Sarebbe stata, immagino, la prima tripletta di testa in una semifinale europea: forse troppo. Tre minuti dopo un passaggio sciatto di Richardson ha mandato in porta Antony, che però non ha fatto abbastanza per superare De Gea, che poi è stato reattivo anche sulla seconda conclusione di Abde.
CON LA STANCHEZZA È USCITO FUORI IL BETIS
Nel calcio dei cinque cambi, l’approccio ai supplementari dipende anche molto da quanto riesci a mantenere propositiva la squadra con le sostituzioni. Da questo punto di vista i cambi del Betis sono stati molto più decisivi. Difficile dire se sia stata la bravura di Pellegrini nel leggere la partita, o se semplicemente gli spagnoli hanno una panchina migliore. Anche perché a creare i presupposti per il gol decisivo è stato un terzino, schierato centravanti. Aitor Ruibal, un passato da ala destra, ma diventato con gli anni un terzino (lì aveva giocato all’andata), è stato scelto da Pellegrini per sostituire uno spento Bakambu come centravanti (il centravanti titolare in campionato, Juan Camilo "Cucho" Hernández, non è in lista UEFA). E lui al primo pallone giocato ha controllato un lancio lungo del portiere tenendo Comuzzo alle sue spalle, si è girato alla sua sinistra, con la pausa ha attirato il raddoppio di Ranieri e poi con i tempi perfetti ha servito la corsa in profondità di Antony, su cui non era scalato Parisi. Antony ha poi servito un altro subentrato, Abde, che ha segnato.
Una giocata da centravanti vero, di un centravanti finto.
Dopo il gol mancava ancora quasi mezz’ora di gioco, ma se il primo svantaggio la Fiorentina lo aveva recuperato con una reazione nervosa, per questo secondo c’è stato poco da fare. Con la stanchezza la squadra si è allungata a dismisura, finendo per essere vittima delle ripartenze del Betis, che avrebbe potuto chiudere prima la partita con un po’ più di precisione.
Palladino ha provato a trovare risposte dalla sua panchina, ma non ne aveva. Anche le sue scelte sono sembrate mancare di lucidità. L’ingresso di Colpani, schierato praticamente larghissimo a destra, è stato abbastanza disastroso. Il giocatore della Fiorentina non era per nulla a suo agio nel lavoro di ricevere coi piedi sulla linea laterale e provare a rientrare dentro al campo per crossare. Per le sue caratteristiche, forse, sarebbe stato più utile farlo giocare in zone più centrali, per provare a scardinare la compattezza difensiva del Betis con qualche dribbling. Colpani ha finito per perdere quasi tutti i palloni giocati. Ma non è che Zaniolo e Beltran abbiano fatto meglio. La partita è finita senza neanche un sussulto, un'occasione su cui recriminare.
Con l’eliminazione dalla Conference e una qualificazione in Champions League oramai abbastanza improbabile dopo la sconfitta con la Roma, la stagione della Fiorentina ha preso la strada peggiore. Anche ieri i Viola sono sembrati farsi condizionare troppo dallo stato emotivo della partita, incapaci di razionalizzare un piano gara ed eseguirlo con lucidità. Ci sono state scene di nervosismo in campo e in panchina: Fagioli che discute con Palladino, Ranieri che stuzzica Antony. Forse sentivano troppo l'obbligo di arrivare in finale per riuscire finalmente a vincere la Conference. Non ha aiutato sicuramente l'assenza di Dodò all'andata, o la condizione precaria con cui ha affrontato la partita di ieri, dove è sembrato lontano dalla sua miglior versione di quest'anno. In generale la Fiorentina è sembrata una squadra abbastanza svuotata, aggrappata a De Gea, Gosens e Kean.
Gli alti e i bassi sono stati il filo conduttore di tutta la stagione, e anche contro il Betis la squadra ha vissuto fasi di esaltazione alternate a fasi in cui aveva difficoltà a tenere il livello dell’avversario. Che però vale ricordarlo, visto che la Conference è un torneo spesso bistrattato, è un avversario forte, che si è meritato di arrivare in finale.
Per il futuro vedremo cosa accadrà: c'è molto da decidere dentro la Fiorentina, ma non è tutto da buttare.