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Feyenoord a pezzi
27 set 2017
27 set 2017
Il Napoli riprende la propria corsa in Europa, vincendo in modo convincente contro un avversario inferiore.
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Foto di Maurizio Lagana / Stringer
(foto) Foto di Maurizio Lagana / Stringer
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Il Feyenoord arrivava al San Paolo dopo due settimane difficili. Prima ha perso 4-0 in casa con il Manchester City all’esordio in Champions League, poi ha perso lo scontro diretto col PSV ed infine è stato battuto in casa dal NAC Breda in Eredivisie. Un evento unico: il NAC non aveva mai vinto nei loro precedenti 49 incontri. La crisi di gioco e di risultati della squadra allenata da Giovanni van Bronckhorst si è fatta ancora più profonda con gli infortuni di Nicolai Jorgensen, il capocannoniere della scorsa Eredivisie, e di Eric Botteghin, il leader della difesa. E a queste assenze va aggiunta quella dell’ultimo minuto di Jan-Arie van der Heijden, l’altro difensore centrale titolare, che ha costretto van Bronckhorst a presentarsi al San Paolo con una coppia difensiva d’emergenza: St. Juste e Tapia, centrocampista arretrato in difesa. Insomma, dal punto di vista del Napoli, il Feyenoord capitava nel miglior momento possibile per rimediare alla sconfitta contro lo Shakhtar Donetsk. Maurizio Sarri poteva oltretutto contare sull’esempio dato dal Manchester City, i cui principi di gioco sono simili a quelli del Napoli, in particolare per il possesso palla molto organizzato e per i meccanismi consolidati di pressing e riaggressione. Nella partita contro Guardiola, van Bronckhorst si era preoccupato innanzitutto di coprire i corridoi interni, schierando la difesa a 3 per facilitare le marcature dei giocatori negli spazi di mezzo, e stingendo gli esterni del tridente offensivo per tagliare le linee di passaggio in verticale ai difensori del City. Il Feyenoord non aveva rinunciato ad aggredire il possesso della squadra di Guardiola, ma le frequenti indecisioni su marcature e tempi d’uscita avevano permesso al City di generare facilmente superiorità numerica e posizionale alle spalle delle linee di pressione. La difesa e le imprecisioni del Feyenoord Alla squadra di Sarri, seguendo l’esempio di quella di Guardiola, in pratica sarebbe bastato seguire il solito spartito per trovare spazi da attaccare, nonostante il cambio di sistema deciso da van Bronckhorst, che ha scelto una linea difensiva a 4 stavolta, con un triangolo di centrocampo schierato in modo da non generare dubbi nelle marcature dei centrocampisti del Napoli: due interni (El Ahmadi e Amrabat) e un trequartista (Vilhena) che si contrapponevano naturalmente ad Allan, Hamsik e Jorginho. Le due ali avevano riferimenti diversi: Berghuis, a destra, restava più vicino a Ghoulam; mentre Toornstra, adattato a sinistra, entrava dentro il campo con un compito delicato: gestire i tempi di uscita su Maksimovic o Hysaj dando un occhio ad Allan alle sue spalle, per consentire a El Ahmadi di staccarsi all’indietro e coprire lo spazio tra centrocampo e difesa, vitale per lo sviluppo della manovra del Napoli. Le diverse scalate sui due lati del campo pensate da van Bronckhorst servivano a contenere la catena sinistra azzurra, quella su cui la squadra di Sarri costruisce preferibilmente il gioco, anche a costo di lasciare maggiore libertà a Hysaj, ritenuto il meno bravo a impostare. Nelle intenzioni di van Bronckhorst, la concentrazione di giocatori al centro avrebbe dovuto sabotare il possesso del Napoli, indirizzandolo verso le fasce, e facilitare la gestione della palla una volta recuperata. Ma anche se il possesso della squadra di Sarri non è stato brillante come al solito, le imprecisioni olandesi nella gestione delle marcature rendevano semplice l’aggiramento della pressione, con spazi ampi per risalire il campo. Poi la linea difensiva del Feyenoord ha mostrato i limiti facilmente immaginabili: quasi sempre bloccata a creare un buco alle spalle delle linee di pressione, ma soprattutto incapace di assorbire gli inserimenti profondi alle sue spalle (qui ad esempio Hamsik vede il buco nella difesa e si inserisce). Uno strumento utilizzato spesso dal Napoli, vista la concentrazione di giocatori a centrocampo e le difficoltà a sviluppare la classica manovra palla a terra. L’aggressività del Napoli La chiave della vittoria è stata però il pressing del Napoli. In Olanda il Feyenoord è abituato a dominare il possesso e a schiacciare gli avversari nella propria metà campo. Le mezzali intervengono solo nelle prime fasi dell’azione, poi si alzano di fianco al centravanti, concedendo maggiore libertà alle coppie esterne (il terzino e l’ala), che rappresentano i riferimenti privilegiati per risalire il campo, con sovrapposizioni e uno contro uno. La squadra di van Bronckhorst, però, aveva già sofferto il pressing del City, che le impediva di consolidare il possesso, e ha sofferto anche quello del Napoli (pur riuscendo a conservare maggiormente il pallone). Spinti costantemente all’indietro, i campioni d’Olanda non sono riusciti a difendersi col pallone, e anzi l’insistenza nell’iniziare l’azione da dietro ha causato i tre gol del Napoli. Nel primo è decisivo un contrasto di Jorginho su Toornstra, con il Feyenoord che è in superiorità numerica dal quel lato ma perde palla e viene punito da Insigne, bravo a sfruttare il pessimo comportamento della linea difensiva olandese (Tapia viene portato via da Mertens, St. Juste non accorcia e il numero 24 napoletano ha lo specchio della porta libero quando calcia). Nel secondo e nel terzo gol, invece, sono determinanti due ingenuità dei difensori del Feyenoord: prima Diks che serve Mertens con un retropassaggio; poi Tapia che prova una ruleta assurda e concede una facile ripartenza al Napoli, chiusa da uno splendido diagonale di Callejón. L’Europa non permette sbavature Il Feyenoord ha faticato a trovare i propri riferimenti in fase di possesso, pur ruotando il centrocampo per aumentare le linee di passaggio e cercando la solita flessibilità per costruire l’azione. Si sono scambiati spesso la posizione Toornstra e Vilhena: il primo, assecondando la propria natura di centrocampista adattato sull’esterno della trequarti, entrava spesso dentro il campo per dare continuità al palleggio, il secondo si allargava al posto del compagno per avere una via d’uscita semplice dal pressing del Napoli e attivare le combinazioni che permettessero di risalire il campo. La squadra di van Bronckhorst non è riuscita a presidiare la trequarti con le mezzali come fa solitamente e solo in rare occasioni la manovra si è sviluppata con fluidità. Una di queste è l’azione che ha portato al rigore sbagliato da Toornstra. In quella situazione il Feyenoord è uscito a sinistra, appoggiandosi proprio su Toornstra e Vilhena, poi è riuscito a entrare nell’area di rigore del Napoli grazie a un doppio scambio di Berghuis, passato in mezzo tra Koulibaly e Ghoulam. Il gol del 3-1 è arrivato a pochi secondi dalla fine per via di un calo di concentrazione di Maksimovic e Koulibaly, inspiegabilmente passivi su una palla alta piuttosto semplice da intercettare, che ha spalancato la strada verso Reina ad Amrabat. La disattenzione non è ovviamente piaciuta a Sarri, uscito dal campo visibilmente arrabbiato per il gol concesso all’ultimo secondo. Aver “sporcato” la differenza reti in modo grossolano a partita ormai chiusa è un dettaglio da non trascurare, anche se comunque la gare decisive per la qualificazione saranno il ritorno con lo Shakhtar e il doppio confronto col Manchester City che attende il Napoli nelle prossime due giornate. In caso di arrivo a pari punti contano innanzitutto gli scontri diretti: avere un “saldo” positivo con City e Shakhtar peserà più del gol subito da Amrabat. Il Feyenoord sembra semplicemente di un livello troppo basso, per valore della rosa e organizzazione tattica, per poter rientrare nella corsa alla qualificazione agli ottavi. Le sfide col City e lo Shakhtar danno sicuramente più indicazioni per chiarire il livello del Napoli in Champions. La convinzione nei propri mezzi e nel proprio gioco raggiunta in campionato sembra aver migliorato la competitività degli azzurri come rivali della Juve per lo scudetto. In Champions, invece, il Napoli deve ancora mostrare la maturità necessaria a rispondere alle sfide tattiche poste dalle migliori squadre d’Europa e assottigliare il gap con queste ultime. Manipolare lo schieramento del Feyenoord e approfittare dei macroscopici errori commessi dalla sua linea difensiva è stato troppo semplice per poter dire che il Napoli ha superato i problemi mostrati all’esordio con lo Shakhtar. Gli azzurri si sono rimessi in corsa rispettando i pronostici, ma saranno altre le partite in cui giocarsi la possibilità di qualificarsi agli ottavi.

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