
Da sempre il Gran Premio di Barcellona occupa un ruolo centrale all’interno del calendario, anche in senso strategico. Il circuito del Montmeló è infatti una pista completa, con un’ampia varietà di curve e rettilinei, in grado di mettere sotto pressione ogni aspetto della macchina.
Quest’anno, però, il weekend catalano ha attirato su di sé ancora più aspettative, dal momento che proprio da Barcellona entreranno in vigore le nuove direttive FIA sulla flessibilità delle ali anteriori: da domenica queste ultime non potranno più flettersi come nei gran premi precedenti, ma dovranno attenersi ai nuovi criteri imposti dalla federazione, che ha richiesto un aumento della rigidezza minima tra il 30 e il 66% a seconda del tipo di flessione. Una stretta al regolamento di cui, al momento, non è semplice quantificare l’impatto sul bilanciamento e l’efficienza aerodinamica delle vetture, ma che sembra poter essere uno spartiacque importante per tutte le scuderie.
Certo, è difficile che il cambio di regolamento sovvertirà completamente i rapporti di forza, ma alcune cose potrebbero succedere: Max Verstappen ad esempio è convinto di poter trarre più di qualche beneficio dall’ennesimo rimescolamento voluto dalla FIA.
Anche Fred Vasseur, team principal della Ferrari, da settimane guarda con curiosità a questo Gran Premio. Del resto la Ferrari, dopo un inverno carico di aspettative, si è resa protagonista fino a qui di un'altra stagione deludente e di certo non guarda con dispiacere a questo altro rimescolamento delle carte. Come ha suggerito Toto Wolff, per esempio, la nuova conservatività sulle ali anteriori della rossa potrebbe aiutare la SF-25 ad "assorbire" meglio la nuova direttiva e a trovare un nuovo punto di partenza. Forse una mano dall'alto per una monoposto che ha palesato diverse criticità.
INCONSISTENZE TECNICHE E POSSIBILI SVILUPPI
Interpellato dai media, Vasseur ha più volte ribadito (forse sopravvalutandola) l’importanza delle qualifiche nella Formula 1 contemporanea: «Le qualifiche sono sempre cruciali. Più si è vicini, più il divario tra le vetture è ridotto. Non sei in lotta solo con il pilota avanti a te. Sì, probabilmente sarà un campionato deciso dalla qualifica».
Nei primi weekend della stagione, anche le sue analisi sulla vulnerabilità della SF-25 si sono per lo più concentrate sulle complicate sessioni di qualifica vissute dai piloti, alle prese con una monoposto incapace di portare le gomme nuove nella finestra di funzionamento ideale. Sotto questo aspetto, senza dubbio, è difficile dare torto alle parole di Vasseur: basti pensare alla sconsolante qualifica di Miami, in cui la Ferrari è riuscita ad andare oltre anche alle previsioni più pessimistiche. In Q2 Hamilton, dopo un normale run con le gomme usate, ha montato le gomme nuove non riuscendo incredibilmente a migliorarsi in nessuno dei tre settori e concludendo così la sessione al dodicesimo posto. Stesso destino è toccato a Leclerc che si è piazzato in ottava posizione, dopo aver realizzato il suo giro migliore con gomma usata. Tanto per citare un dato, in qualifica a Miami la SF-25 è stata soltanto due decimi più veloce di quella SF-23 che tanto aveva faticato tre anni fa, portando di fatto all’allontanamento di Mattia Binotto.
Nelle ultime settimane, se da un lato il team principal ha ampliato la sua disamina, ammettendo finalmente alcuni dei problemi strutturali che affliggono la Ferrari come le croniche difficoltà nelle curve a bassa percorrenza, dall’altro non ha comunque perso la fiducia nel potenziale della monoposto che, nelle simulazioni, continua a fornire buoni dati prestazionali. Per bocca dello stesso Vasseur, proprio l’estrazione del potenziale della vettura sembra divenuto l’attuale focus del team. Un mantra a cui ci eravamo abituati anche nella passata stagione, quando nel periodo estivo gli aggiornamenti portati a Barcellona avevano condotto la Ferrari in acque stagnanti da cui però era riuscita a uscire con i giusti correttivi e un gran finale di stagione.

Un confronto tra SF-24 e SF-25: si notano le modifiche al retrotreno che risulta meno ingombrante e le pance più rastremate rispetto a un anno fa (immagine di Andrea Galante).
Siamo di fronte a una situazione simile? Difficile fare previsioni, vista la mole di Gran Premi ancora in programma, ma le indicazioni fino a questo momento non sono confortanti. Anche la SF-24 non era una vettura perfetta, persino nei weekend in cui aveva più impressionato, ma la monoposto di quest’anno sembra vittima di carenze molto più profonde, figlie di un cambiamento radicale che finora non ha portato i risultati sperati. Non è un mistero che durante l’inverno la Ferrari abbia di fatto rivoluzionato il progetto dello scorso anno: il dibattito è stato immediatamente catalizzato dal passaggio alle sospensioni pull-rod, un’innovazione certamente significativa, a cui tuttavia è stata data fin troppa centralità, visto il loro reale impatto, strettamente dipendente dall’intero ecosistema della vettura.
Il comparto tecnico di Maranello, attraverso una geometria profondamente diversa da quella della passata stagione, ha deciso di cambiare il bilanciamento aerodinamico della monoposto, probabilmente per puntare maggiormente sull’anteriore. Il risultato, però, è stato un asse posteriore fin troppo morbido che inevitabilmente ha compresso la finestra aerodinamica in cui la vettura può performare al meglio: la SF-25 forse ha dei picchi più alti, ma quest’ultimi sono tutti condensati in un range molto ridotto, nello specifico quando la macchina può viaggiare ad un’altezza molto bassa rispetto al suolo. Una configurazione molto estrema dal punto di vista dell’usura del fondo che metterebbe costantemente la Ferrari a rischio squalifica, come peraltro già avvenuto a Shanghai.
Questo problema, che è passato inizialmente sottotraccia, si è manifestato sin dal primo weekend della stagione: nel venerdì di Melbourne la Ferrari aveva impressionato mostrandosi estremamente bilanciata e solida in tutte le sessioni di prove libere, per poi eclissarsi inesorabilmente prima in qualifica e poi in gara. Un peggioramento legato all’eccessivo consumo del plank riscontrato dal team nel long run del venerdì che ha inevitabilmente costretto gli ingegneri a portare la vettura ad un’altezza maggiore da terra, inficiandone così il rendimento.
Come riportato dalla bella analisi tecnica di FormulaPassion, da questo vulnus aerodinamico deriverebbero a cascata tutte le carenze che la Ferrari ha mostrato nel primo segmento di stagione. Nel tentativo di limitare il rialzo della vettura, che inevitabilmente comporta una perdita di carico aerodinamico, gli ingegneri hanno provato ad irrigidire il comportamento delle sospensioni, incontrando tuttavia diverse difficoltà. La risposta sospensiva infatti si è rivelata molto più rigida del dovuto, acuendosi in modo particolare in qualifica, quando le velocità medie di percorrenza delle curve sono più elevate, al pari delle compressioni a cui è soggetta la vettura.
In altre parole, la Ferrari al momento è troppo rigida, con conseguenze funeste nei tratti più lenti dei circuiti: la SF-25 non ha una buona percorrenza sui cordoli, dove si scompone facilmente andando rapidamente in sovrasterzo; manca ovviamente in trazione; e soprattutto, con una rigidità così marcata, genera poco carico aerodinamico. Un maggiore carico, aumentando la compressione verso il suolo, aiuterebbe non poco la monoposto a portare in temperatura le gomme, conducendole nella finestra di performance tanto agognata da Vasseur. Per contro la rigidità delle sospensioni, assicurando una maggiore stabilità della piattaforma, ha costituito fino a qui un plus nelle curve ad alta velocità, dove in effetti la Ferrari si è rivelata piuttosto efficace.
È evidente insomma che la coperta è corta e quindi ci sia bisogno di un ripensamento consistente, cosa non semplice da attuare a stagione in corso. Per questo motivo è iniziata a serpeggiare l’ipotesi di una Ferrari pronta ad abbandonare lo sviluppo della vettura 2025 e a concentrare tutti gli sforzi progettuali sull’annata 2026, particolarmente cruciale visto il cambio di regolamenti (un altro topos che sembra ripetersi ad ogni stagione di questa banter era della Ferrari). C'è da dire che su questo aspetto Vasseur è stato categorico: «Anticipare il passaggio di tutte le risorse al progetto 2026 sarebbe un errore. Non possiamo dire alla squadra che scende in pista ogni weekend che ci arrendiamo». Una scelta che il team principal ha legato anche alla possibilità di trasferire parte della meccanica della SF-25 alla futura generazione di vetture.
Almeno nell’immediato, però, non sembrano esserci correttivi sostanziali all’orizzonte, come ammesso candidamente dallo stesso Vasseur durante il Gran Premio di Imola: «Siamo al punto in cui è difficile portare grandi aggiornamenti, si lavora sui dettagli. Barcellona sarà il primo vero momento di discontinuità e potremmo vedere una modifica degli equilibri in griglia». Recentemente si è parlato di una nuova sospensione posteriore che tuttavia necessita di tempi non esattamente brevi e che dovrebbe fare il suo ingresso in scena soltanto dal Gran Premio di Silverstone, ad inizio luglio. Al di là dell’enfasi smodata che la notizia ha generato, l’impressione è che questa nuova sospensione possa far parte di un pacchetto di aggiornamenti molto più ampio che proveranno – tanto per usare delle parole care a Vasseur - a sbloccare il potenziale della macchina nella seconda parte del campionato.
LAMPI ROSSI
Alla luce di tutte queste considerazioni, l’ottimo weekend di Leclerc in una pista come Montecarlo, ricolma di cordoli e curve lente, potrebbe sembrare un piccolo miracolo sportivo. Lo stesso Leclerc, nell’avvicinamento al Gran Premio di casa, si era mostrato particolarmente pessimista davanti alle telecamere, sentenziando che il circuito avrebbe messo a nudo tutti i difetti della vettura. Con il senno di poi, forse un tentativo di giocare a carte coperte.
È vero che sulla carta Monaco possedeva tutte le caratteristiche per mettere in difficoltà la Ferrari, ma nel concreto la sua conformazione uniforme, molto differente per esempio da quella di Miami (dove la rossa ha toccato il punto più basso della stagione), ha finito col mascherare parte dei deficit della SF-25. La lenta velocità di percorrenza del tracciato del principato, la più bassa dell’intero Mondiale, ha ridimensionato i problemi meccanici della macchina, ammorbidendo la risposta delle sospensioni. E non è azzardato ipotizzare che gli ingegneri per una volta non abbiano dovuto guardare con preoccupazione all’usura del fondo, vista la breve durata della gara – la più corta dell’anno- e soprattutto la bassa incidenza del carico aerodinamico nel circuito monegasco.
Un raffronto tra le ultime due curve del giro di qualifica di Leclerc e di Norris a Montecarlo.
Quest’ultimo aspetto ha sicuramente permesso alla Ferrari di lavorare con un più ampio spettro di assetti, guadagnando in prestazione. Al termine della qualifica Leclerc è finalmente uscito allo scoperto, non riuscendo a celare la delusione per la mancata pole. La verità però è che ha ben poco da recriminarsi, visto il giro straordinario che è riuscito a tirare fuori. La sua sfortuna è stata quella di trovare sulla sua strada un Norris in altrettanto stato di grazia, capace di prendersi il primato con una guida al limite della perfezione nel binomio finale Rascasse-Noghes. Un Norris bravo anche a capitalizzare nell’ultimo settore la migliore trazione della McLaren, particolare ben riassunto dalla telemetria, che mostra nel tratto finale del circuito una progressione in accelerazione dell’inglese molto più lineare di quella di Leclerc.
Anche gli ottimi risultati ottenuti da Hamilton nelle prime due sprint stagionali non sono in contraddizione con le criticità della monoposto. Del resto nella gara sprint, visto il ridotto chilometraggio e il minor carico di benzina a bordo, la SF-25 può viaggiare più vicina al suolo, con un assetto molto simile a quello ideale e con tutti i benefici che questo comporta per la vettura. Non è un caso che dopo l’accoppiata pole e vittoria nella sprint di Shangai, Hamilton si è detto per la prima volta a suo agio con la macchina, sciogliendosi forse nell’unico vero slancio di fiducia di questa sua prima stagione in rosso.
Proprio il divario tra i due piloti, non tanto in termini di piazzamento finale quanto in termini di passo gara, è stato uno dei temi che più ha tenuto banco in queste settimane in casa Ferrari. E ancora una volta, sono i difetti della monoposto a finire sotto la lente di ingrandimento, fornendo in parte una risposta al gap tra Hamilton e Leclerc. Non è un mistero che il pilota inglese abbia costruito la sua epopea in Mercedes anche grazie a una monoposto solida e dal posteriore particolarmente stabile, tutte caratteristiche che in questo momento la Ferrari non possiede. La sensazione è quella di un pilota che, ad oggi, fatica a metabolizzare tutte le imperfezioni della vettura, con cui non riesce a creare il giusto feeling.
Un’impressione restituita anche dagli onboard e dalle telemetrie che evidenziano come il sette volte campione del mondo sia tra i primi in griglia a staccare il piede dall’acceleratore in frenata, per anticipare il momento in cui ritornare sul gas. Una mossa con cui Hamilton prova a mettersi al riparo dall’ingombrante sottosterzo generato dalla macchina, ma che nel concreto gli costa più di qualche decimo.
Completamente diversa è la situazione di Leclerc che, abituato da annate corse con una vettura molto scarica nel posteriore, ha affinato uno stile di guida in grado di portare la vettura al limite in ingresso curva. In questo senso, il monegasco è probabilmente insieme a Verstappen il più bravo a “guidare sopra” i problemi della macchina, governando vetture dal bilanciamento complicato.
Al di là della differente efficacia dei due compagni di squadra, la macchina sembra stia scontentando entrambi i piloti. Per questo motivo, uno dei prossimi obiettivi della Ferrari dovrà essere quello di tracciare una linea di sviluppo che possa uniformare il più possibile il comportamento della macchina e di riflesso le prestazioni dei suoi piloti.
LA GENESI DEL CAOS
Le difficoltà della SF-25 sono forse figlie anche di una genesi travagliata, segnata da un addio importante: l’8 luglio 2024, in un momento cruciale per lo sviluppo della vettura 2025, l’allora Direttore Tecnico, Enrico Cardile, rassegna le sue dimissioni ed esce di scena, in direzione Aston Martin. Il suo sostituto, Loic Serra, era già stato prenotato da Vasseur ma, dovendo rispettare il periodo di gardening leave (il periodo cioè in cui un impiegato viene pagato ancora dalla sua vecchia società ma non può prendere un lavoro con una nuova), non ha potuto unirsi al team prima dell’inverno.
È seguito un periodo piuttosto nebuloso in cui la direzione tecnica, rimasta vacante, è stata ricoperta ad interim dallo stesso Vasseur e lo sviluppo della monoposto è sembrato privo di una vera guida. Recentemente il team principal ha provato a fare chiarezza sull’argomento attribuendo di fatto la paternità della vettura – e di riflesso tutte le sue problematiche- a Cardile e ribadendo il tardivo ingresso nel team da parte di Serra, giunto in un momento in cui la progettazione della vettura si trovava ormai in uno stadio avanzato. Dichiarazioni che non hanno chiarito del tutto i dubbi, a partire da quello sul motivo per cui Cardile avrebbe dovuto fare carta straccia del progetto 2024, che aveva comunque dato i suoi frutti nella seconda parte della stagione.
La figura di Serra, inoltre, pone l’accento su una questione ancora più ampia, ovvero la struttura organizzativa della scuderia Ferrari. Serra è stato l’ultimo e forse il più importante tassello del rinnovamento in seno al team iniziato da Vasseur ormai due anni fa. Senza dubbio necessita di tempo per implementare le sue idee e il suo curriculum importante parla di una lunga esperienza in Formula 1, prima alla Sauber e poi in Mercedes, di cui ha vissuto tutta l’età dell’oro, oltre a un periodo a inizio carriera in Michelin che porterà in dote alla Ferrari tanta competenza nello sfruttamento degli pneumatici e nello sviluppo delle sospensioni.
Nei progetti iniziali di Vasseur, però, Serra avrebbe dovuto affiancare Cardile con un ruolo di coordinamento tra i vari reparti ingegneristici. Ora, invece, si trova ad occupare una posizione del tutto diversa, e per lui inedita, visto che la sua scalata in Mercedes si era fermata alla Direzione delle prestazioni del veicolo. Questo cambio di programma arriva in una fase piuttosto delicata per la Ferrari, soprattutto alla luce di alcune strategie cervellotiche prese dal muretto in questo primo scorcio di campionato e di una linea comunicativa non sempre all’altezza.
Al di là del credito che è giusto concedere a Serra, mai come in questo momento la scuderia di Maranello necessiterebbe di un Direttore Tecnico con tanta esperienza nel ruolo, in grado di indirizzare il team verso scelte meno scollegate dalla realtà e - semplificando il concetto- di sedersi allo stesso tavolo di due purosangue come Leclerc e Hamilton. Proprio il sette volte campione del mondo sembra aver captato in modo evidente le fragilità della direzione tecnica, e ormai da tempo sta letteralmente prendendo a picconate la diplomazia di Vasseur con parole che, nemmeno in maniera troppo velata, lamentano un deficit di competenza all’interno della squadra.
Tre minuti di team radio surreali a Miami, culminati con la ormai celebre battuta di Hamilton: «Volete che lasci passare anche Sainz?».
A farne le spese è stato soprattutto il suo ingegnere di pista, Riccardo Adami, che per la verità, al netto di alcuni errori, ha la grande sfortuna di essere la punta dell’iceberg. Il malumore del britannico è stato piuttosto evidente fin dal weekend di Melbourne, dove si è consumato il primo pasticcio stagionale: nel bel mezzo di una gara difficile per la Ferrari d’un tratto sopraggiunge la pioggia a rimescolare le carte.
Hamilton, che in quel momento è con le slick, si apre via radio per chiedere se l’intensità delle precipitazioni sarebbe aumentata di lì a poco. Adami lo rassicura e lo invita a proseguire, non rientrando ai box per montare le intermedie. La previsione però si rivela errata ed entrambi i piloti sono costretti ad effettuare la sosta tardivamente. Il commento di Hamilton è lapidario: «Pensavo avessi detto che non avrebbe piovuto molto. Abbiamo perso una grande occasione». Da allora il pilota di Stevenage, attraverso dichiarazioni e team radio icastici, ha costruito un personalissimo romanzo, in cui fa esperienza di ogni possibile sfumatura della frustrazione. Dapprima il pessimismo cosmico, dopo la pallida gara di Jeddah: «È stato orribile. Sbandavo e basta. In gara ho provato di tutto ma la macchina non ce la faceva ad andare più veloce. Al momento non c’è una soluzione. Credo che il resto della stagione sarà doloroso». Poi ha fatto capolino l’ironia beffarda e a dir poco canzonatoria nei confronti del team, che ha raggiunto l’apice durante il gran premio di Miami con l’ormai celebre saga di team radio. E, infine, nell’ultimo gran premio a Montecarlo, è stata la volta dei dubbi e dello sconforto: «La strategia non mi era molto chiara e per la maggior parte del GP non sapevo quasi nulla. Mi hanno detto in radio: "Questa è la nostra gara", ma non sapevo per cosa stessi lottando, se prendere il pilota davanti o altro». Parole desolanti che tra l’altro hanno fatto seguito alla penalità comminatagli in qualifica per impeding nei confronti di Verstappen, una sanzione frutto di una errata comunicazione via radio di Adami.
Dal canto suo Leclerc, senza essere meno trasparente ed incisivo in alcune dichiarazioni, sembra vivere una fase quasi messianica nel suo rapporto con la Ferrari. Nelle prime gare non è stato certo risparmiato dalle scelte discutibili del team, eppure ha preferito mantenere un atteggiamento distensivo nei confronti della squadra, quasi volesse caricarsi sulle spalle tutte le mancanze dell’ecosistema Ferrari. In questo senso, sono state emblematiche le sue parole dopo la sprint di Miami, una gara a cui non ha potuto prendere parte a causa della scellerata decisione di mandarlo in pista con le intermedie nel bel mezzo di un diluvio biblico: «Si potrebbero dire tante cose ma alla fine dietro al volante c'ero io. È stato un errore mio, un vero peccato. Il weekend comunque non è finito, proveremo a rialzarci».
In questo momento storico Leclerc è probabilmente giunto nel pieno della sua maturazione, ed è riuscito a limare sensibilmente alcuni difetti del passato. Basti pensare al primo run di Jeddah su gomme medie, in cui è stato magistrale prima nell’amministrare il surriscaldamento degli pneumatici e poi nell’allungare lo stint martellando tempi vicini a quelli degli avversari che si erano appena fermati per montare le hard. Anche per questo motivo, è un peccato vederlo pagare costantemente un tributo eccessivo alla sfortuna e alla scarsa lungimiranza del muretto. Senza dubbio occorrerebbe al suo fianco una figura in grado di guidarlo nel modo corretto o quantomeno di assecondare le sue intuizioni in pista, come quella con cui a Imola, dopo l’ultimo ingresso della safety car, aveva chiesto invano di montare le gomme soft.
Dopo ormai sette anni avari di successi, in cui spesso la vettura non è stata in grado di supportarlo a dovere, è normale che qualcuno abbia provato a tracciare un bilancio definitivo e a immaginare un futuro lontano dalla rossa. In una recente intervista, rilasciata a l’Equipe, Leclerc ha però sgombrato il campo da ogni dubbio, ribadendo inoltre il suo legame con Vasseur: «Ho sempre avuto fiducia in Fred, spero davvero che riusciremo a riportare la Ferrari al top, insieme». Ad oggi, alla Ferrari, non rimane molto che ripartire da questa dichiarazione d’intenti.