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Jvan Sica
Fenomenologia delle feste scudetto del Napoli
28 giu 2023
28 giu 2023
Abbiamo assistito a sei diverse a Napoli e dintorni.
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Jvan Sica
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IMAGO / ZUMA Press
(foto) IMAGO / ZUMA Press
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Negli anni dispari, quando non ci sono Mondiali o Europei che catturano le attenzioni, il mese di giugno per i tifosi di calcio passa tra speranze e delusioni che in Italia il calciomercato distribuisce minuto per minuto. Molto diverso però è stato questo mese di giugno per i tifosi del Napoli, sballottati da emozioni contrastanti che hanno prodotto però una sorta di atarassia poco congeniale per chi tifa l’azzurro.

Il mese di giugno in Campania (perché sacche di tifo azzurro anche consistenti sono praticamente ovunque) è stato dedicato alle “Feste per lo scudetto”, termine che metto fra virgolette perché sono eventi molto particolari con una struttura e un logica alle spalle quasi standard.

Per dovere di tifo e di sfizio ho partecipato a sei feste del Napoli, toccando tre province, Salerno, Avellino e Napoli. Prima domanda necessaria per quello che sta accadendo all’interno della società e della squadra dopo la vittoria dello scudetto: cosa pensa oggi il tifoso del Napoli?

Non si sa bene se è per fiducia ormai non condizionata (non vorrei esagerare usando addirittura “incondizionata”) nei confronti di Aurelio De Laurentiis, o per speranze sempre tenute segrete mentre oggi più esprimibili, ma il tifoso napoletano in questo mese ha vissuto una sorta di incanto disincantato, ossimoro molto stringente, ma che è l’unico modo per descrivere lo stato d’animo manifesto. L’incanto viene dal passato recentissimo, ovvero dalla vittoria di uno scudetto dopo 33 anni, capace di portare una sorta di rasserenamento dopo anni di vorrei ma non posso. L’attimo dopo il disincanto però lo vedi negli occhi dei tifosi, che comprendono come tutto sarebbe potuto continuare senza scossoni (e che scossoni, via Spalletti, via Giuntoli, via Kim, via chissà chi altro), con il timore di un futuro che sembrava chiaro e invece ora come minimo è nebuloso.

Al di là di questo sentimento di fondo, resta il fatto che ancora oggi i luoghi del tifo napoletano restano imbandierati e colorati e si continua a fare festa, imperterriti, con quel godimento di chi è nel pieno di un paradiso artificiale fatto di voglia di esserci e condividere. Come scrivevo, la festa del Napoli ha una struttura molto precisa, quasi standardizzata. In primo luogo si arreda la location, quasi sempre la piazza principale del paese, con striscioni azzurri e bianchi, bandiere e tricolori di varie fogge e misure. Una volta preparata la scenografia, ci si raduna e la festa inizia con una sfilata per il paese con le automobili. Ovviamente la sfilata è molto colorata e rumorosa. Ci si avvicina spesso alle case degli juventini e si sparano i Raudi o gli Zeus, “botte” che si usano a Natale ripescate per l’occasione. Terminata la sfilata e le botte, si torna in piazza e si dà il via alla festa, che ha quattro grandi must: il cibo, la musica, le guest star e la pizza, non quella col pomodoro e la mozzarella, ma la torta finale chiaramente a tema scudetto. Sul cibo poco da dire. La regina incontrastata è stata la pasta e fagioli (a Gaiano, vicino Salerno, era quasi gourmet), seguito dal panino con la salsiccia. Ad innaffiare poi il tutto, il vino, mediamente terribile, con momenti in cui davvero pensavi di bere acqua. Il capitolo musica è stato più vario. Il dj set non è mai mancato, con scelte che sono andate da “Malatìa” di Ciccio Merolla ad “Amore” di Jolly ès Suzy. I giovani volevano pure Lazza, ma i più saggi li hanno fermati dicendo che era milanista. Accanto al dj poi la musica live e qui ci siamo davvero divertiti, oltre a ballare e cantare (alla sesta festa ho sentito la mia età). Molto presenti gli “Skizzikea”, forti su Pino Daniele (il loro nome infatti viene da “Schizzichea with love”, album del 1988), così come “Decibel” Bellini, lo speaker dello Stadio “Maradona”. Ci sono poi almeno due giganteschi imitatori di Nino D’Angelo che hanno furoreggiato, ovviamente del Nino anni ’80, caschetto biondissimo e “Nu’ jeans e na’ magliett’”. Il primo è “Nino Esposito”, mentre il secondo, ancora più camp, è “Nino Nero”, in vita Reginaldo Carrino, ragazzo brasiliano che canta Nino e mi hanno detto che è anche mediamente famoso perché ha partecipato diverse volte al programma “Avanti un altro” condotto da Paolo Bonolis. Inutile dirvi che sono state due performance strepitose in cui ho perso anche dei chili, tanto dal trasporto. Il settore ospiti d’onore è stato dominato da una parte dai comici, come Peppe Iodice, Enzo e Sal, Nello Iorio, Gli Arteteca e dall’altra parte dagli ex calciatori, come Bruscolotti intervenuto a Mercato san Severino (SA), "El Pampa" Sosa e Pasquale Casale a Pesco Sannita (BN), per non parlare di Careca visto a Caivano (NA), la cui festa è stata davvero di alto livello (piccolo inciso carechiano: il 9 brasiliano è uno di quei sottomiti maradoniani che tanto amiamo. Con lui ci fa un po’ l’effetto che, si dice, i brasiliani avessero con il duo Pelè-Garrincha. Quando pensiamo a Maradona andiamo in estasi, quando pensiamo a Careca ci scende una lacrima, lo sentiamo più terreno e quindi ad alto grado di emozionabilità).

Infine la pizza, ripeto la torta con lo scudetto e il 3 immancabili. Degna di Massari quella di Pietrelcina (BN). Un momento che ho vissuto ovunque poi è stato il ricordo dei tifosi che non ci sono più. Trentatré anni sono tanti e purtroppo tanti tifosi del Napoli sono venuti a mancare in questo arco di tempo. In ogni festa a cui ho assistito c’è stato uno spazio dedicato o un momento molto emozionante in cui sono stati ricordati i tifosi che avrebbero fatto di tutto per esserci in corpo, mentre li si ritrovava con grande forza in spirito. È stato un mese di festa molto intenso e molto vario, in cui ho conosciuto tifosi dagli 0 ai 99 anni divertendomi con loro. In giro ho letto che festeggiare per così tanto tempo è una puttanata, una cosa da sfigati. Ho pensato a questo appunto, anche cercando di mettermi dalla parte di chi non ha voglia di vedere il proprio paese invaso da canzoni e colori per una notte. Sforzandomi di trovare un malus a tutte queste feste, sono riuscito invece a elaborare solo due pensieri. Il primo è molto semplice, ma non ci riflettiamo quasi mai. Ma c’è una cosa più bella che il calcio può darti se non fare festa con gli altri? Lo scudetto per i napoletani è stato come un bacio, ma non di quelli appassionati sulla bocca, da amanti, che vogliamo subito ripetere o di cui vogliamo il seguito. È stato un bacio d’amore sulla guancia, che ti può dare il proprio partner, un figlio, una madre, un amico. Quando ricevi un bacio del genere non spasimi per il successivo o per avere di più, ma te lo godi nella sua esattezza. Quando ricevi questo bacio senti due nudità pure che si incontrano, è una sensazione vera e il rumore, il sapore e l’orma di questo bacio ti resta sui sensi e nel cervello per tanto tempo. I tifosi del Napoli continueranno a festeggiare lo scudetto fin quando vogliono. La sensazione di quel bacio così tanto atteso non la si può cancellare con il dorso di una mano che ti dice «pensa alla prossima stagione, pensa all’allenatore che se ne va, pensa a Kim che ha la clausola, pensa ai soldi che servono per vincere ancora, pensa pensa pensa». Il bacio del vero amore ti toglie il pensiero e ti riempie di pura felicità, una felicità per cui puoi solo fare festa, per tutto il tempo che vuoi.

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