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Foto di Adrian Dennis - Pool/Getty Images
tennis Federico Principi 13 luglio 2019 7'

Roger Federer non smette di migliorare

La quarantesima sfida a Nadal è stata tra le più affascinanti di sempre.

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Quando Rafael Nadal ha incassato il break che ha deciso il quarto set e la semifinale contro Roger Federer a Wimbledon, il suo volto ha iniziato ad assumere espressioni sempre più tese, che hanno scavato rughe inedite sulla sua pelle. Nei game conclusivi, a eccezione forse dell’ultimo, Nadal ha provato a restare in partita smettendo di lottare contro Federer e iniziando a farlo prima di tutto contro la propria esasperazione. Uno stato d’animo nuovo per lui, abituato soprattutto nei “Fedal” all’accettazione impassibile di qualsiasi esito dell’incontro.

 

Nadal non riusciva a innalzare il suo tennis al livello più alto, l’unico che gli avrebbe permesso di stare dietro a un Federer così brillante, che dal 2017, sui campi veloci, può vantare un impressionante 5-0 sullo spagnolo. I progressi, soprattutto del rovescio, hanno rotto le prigioni mentali che hanno condizionato sempre Federer contro Nadal, rendendolo più sciolto e deciso nel modo di attaccare, senza paura nei momenti chiave.

 

È stato forse, soprattutto, questo aspetto a generare una serie di fattori a catena che hanno permesso alla sfida di ieri – così come quella precedente negli Slam sul veloce, a Melbourne nel 2017 – di raggiungere picchi di qualità e spettacolarità per certi versi superiori rispetto ai loro confronti di circa dieci anni fa. La limatura del suo principale punto debole, ha permesso a Federer di aumentare le proprie certezze e di conseguenza di togliersi anche pressione di dosso, esplorando una nuova libertà mentale che da sempre Nadal è riuscito a limitargli, soprattutto negli Slam.

 

Ovviamente per poter riuscire nella sua sedicesima vittoria in 40 sfide contro Nadal, lo svizzero non aveva solo bisogno, prosaicamente, di un evidente progresso nel colpire in anticipo il rovescio in top dall’alto in basso; Federer ha avuto bisogno anche di uno spaventoso lavoro sulla condizione fisica, che ha dato i suoi frutti quest’anno a partire da Indian Wells e soprattutto a Miami.

 

Come un ballerino di danza classica, per rendere efficace e disinvolto il suo esercizio, il suo tennis impossibile, Roger Federer ha bisogno di un lavoro dietro le quinte troppo spesso sottovalutato, e che lo ha portato ora a sconfiggere il suo demone più invadente: l’inferiorità sulla diagonale sinistra contro il suo avversario di sempre.

 

Il dominio tecnico

I problemi tecnici e tattici che Nadal poneva a Federer sono stati forse sottovalutati in passato, per far prevalere la retorica della fatica, del lavoro, delle capacità fisiche: lo svizzero li ha risolti con un po’ di ritardo, scegliendo solo nel 2010 di cominciare a lavorare con degli allenatori, per poi cambiare attrezzo a gennaio del 2014, ormai a 32 anni e mezzo.

 

Eppure, troppo spesso ci si dimentica come, per quanto il tennis sia uno sport dove la componente mentale rivesta un ruolo predominante, gli equilibri psicologici e le certezze in campo derivino dal consolidamento del proprio bagaglio tecnico. Come Nadal ha quasi sempre avuto la meglio su Federer negli scontri diretti su tutte le superfici fino al 2016, escluso l’indoor, per motivi inizialmente tecnici e solo conseguentemente psicologici, la situazione si è ora ribaltata sui campi veloci.

 

In conferenza stampa Nadal ha sottolineato gli aspetti tecnici della partita che hanno permesso a Federer di procurarsi vantaggi tattici e mentali: «Non ho risposto troppo bene e quando questo succede lui prende il controllo del match», ha detto lo spagnolo. «Roger colpisce tanto avanti da non darti la possibilità di aprire il campo. Non riuscirai mai a farlo sbagliare di potenza; lo fai solo se lo sposti tanto e oggi non ci sono riuscito, non ho manovrato bene con il rovescio».

 

Il risultato della superiorità tecnica su erba di Federer, che ha aumentato le sue certezze psicologiche sul controllo del match, si riassume in questa frase dello svizzero a fine partita: «Nel terzo e quarto set ci sono stati degli scambi brutali e sono stato bravo a vincerli. Lì il match è girato dalla mia parte».

 

Ma la superiorità di Federer negli scambi più lunghi, oltre che rappresentare uno dei numerosi punti di rottura con le vecchie certezze dei “Fedal” di qualche anno fa, nasce anch’essa da questioni tecniche prima ancora che atletiche o mentali. La tenuta di Federer con i colpi in anticipo ha condizionato il gioco di Nadal in due aspetti principalmente: il primo è stato quello elencato proprio dal maiorchino, che non è riuscito a fare male con costanza con il proprio rovescio. Il colpo bimane dove utilizza molto la mano non dominante, generando una grande quantità di rotazione oltre che di angoli stretti, è andato in difficoltà di fronte alla rapidità, all’anticipo e alla profondità dei colpi di Federer.

 

Nadal non è riuscito quasi mai a completare l’apertura del rovescio e per questo motivo non è stato efficace con il colpo bimane in diagonale: visto che non riusciva ad arrivare abbastanza in anticipo per “girare” la direzione della palla, i diagonali di rovescio di Nadal sono usciti quasi sempre troppo centrali e forse questo è l’aspetto principale per cui il maiorchino sostiene ora di non essere riuscito a spostare a sufficienza Federer lateralmente. Questa impressione avuta da Nadal è confermata anche dalle statistiche: solo nel primo set – oltretutto lungo, finito al tie-break – e nel quarto lo spagnolo è riuscito a far correre Federer per più di 791,9 metri complessivamente, come suggerito dal sito di Wimbledon.

 

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Federer ha programmato di giocare più spesso possibile la risposta in anticipo proprio sul rovescio di Nadal. In questo modo, come si vede dalle immagini, lo spagnolo non è riuscito a completare l’apertura e a stringere la palla incrociata, giocandola troppo centrale e favorendo l’attacco di Federer

 

Il secondo aspetto tecnico in cui Nadal è risultato condizionato dal gioco di Federer è stato sullo scarso utilizzo del dritto lungolinea. Lo spagnolo preferisce giocare il dritto incrociato sul rovescio di Federer, e comunque lo svizzero è quasi sempre arrivato coordinato nei recuperi di dritto e capace di spostare subito lo scambio in diagonale verso il rovescio di Nadal, girando l’inerzia del punto. Lo spagnolo ha commesso spesso errori con il dritto lungolinea dovuti proprio alla pressione di forzare questo colpo vicino alle righe, per evitare di perdere il comando del gioco proprio con il dritto mancino.

 

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Due dritti a sventaglio di Nadal potenti e profondi dove Federer impatta perfettamente il recupero di dritto in diagonale direzionandolo sul rovescio dello spagnolo. In questo modo forza l’errore e annulla una palla del contro-break nel terzo set che poteva cambiare l’andamento della partita.

 

Forse quello che è mancato a Nadal, dal punto di vista tattico, è stata un’arma che lui utilizza spesso contro avversari che impattano bene la risposta ai lati, cioè il servizio al corpo. Come suggerito dalla grafica sotto, Nadal ha optato solo 4 volte in tutta la partita per questo tipo di soluzione. Forse anche da questo aspetto si nota quanto Nadal sia stato sorpreso e non abituato a trovarsi di fronte una versione di Federer capace di giocare così bene in anticipo e con tutta questa continuità, a eccezione del secondo set.

 

fedal-3

I servizi giocati da Nadal nella partita. Stranamente pochi slice da sinistra, ma ci stava anche di provare il servizio centrale, più diretto. Solo 4 volte, invece, ha servito al corpo.

 

La leggenda

Il risultato di questi incredibili progressi di Federer alle soglie dei 38 anni è stata forse una delle migliori prestazioni della carriera, forse la migliore in risposta. Federer ha dominato Nadal con la risposta in anticipo come solo Djokovic era riuscito a fare, ma rispetto al serbo ha aggiunto anche una grande quantità di attacchi vincenti, oltre che una percentuale positiva con il serve and volley.

Ma se è vero che Nadal si poteva aspettare di dover accettare molti servizi vincenti e molte soluzioni definitive da parte di Federer, a sgretolare le sue certezze – come era avvenuto nella finale dell’Australian Open 2017 – è stata la tenuta di Federer negli scambi lunghi, che ha forzato il tennis dello spagnolo sovraritmo e lo ha stretto in una morsa letale.

 

In questo scenario, ovviamente, c’entra molto anche la soprannaturale condizione atletica di Federer, non più solo incredibilmente rapido in relazione alla sua età ma dotato ora anche di molto più fondo rispetto soprattutto allo scorso anno. Dodici mesi fa avevamo assistito al lento spegnimento dello svizzero contro Anderson dopo aver giocato un brillante primo set e non era minimamente immaginale che Federer sarebbe tornato con questa condizione atletica, dopo la faticosa stagione sulla terra battuta che quest’anno ha deciso di disputare.

 

Questi aspetti, nonostante la partita non perfetta di Nadal, rendono questa quarantesima sfida così affascinante, una sorta di elogio della loro longevità. Ma il fatto che Nadal non sia riuscito a giocare il suo miglior tennis non va interpretato come un segnale di carenza di qualità della partita: a Nadal non è stato permesso di giocare in un certo modo praticamente per tre set su quattro, sovvertendo antiche dinamiche dei loro confronti diretti. Il quarantesimo Fedal non è stato un semplice spot promozionale per il tennis bensì la certificazione che almeno uno dei due campioni, o tutti e due, riesce ancora a sorprendere per dedizione, costanza, progressi e longevità, ad aggiungere qualcosa nel proprio percorso e nella propria legacy.

 

Il fatto stesso che si dibatta se Nadal sia ora più forte – almeno sul veloce – rispetto a diversi anni fa, considerati i suoi 33 anni, ci invoglia a pensare sempre più insistentemente che siano queste tre leggende, con il loro livello sempre altissimo, a tenere i nuovi arrivi con la testa sott’acqua e non invece i giovani a non essere abbastanza forti. E il continuo rinnovamento di Federer, Nadal e Djokovic conferisce una dose immensa di valore aggiunto alle loro sfide: non solo perché esse stesse valgono ancora finali o titoli Slam, ma anche perché queste tre leggende si mantengono ancora a un punto molto alto delle proprie parabole.

 

Anche l’età che avanza, in qualche modo, toglie pressione a questi campioni che hanno ormai determinato in maniera definitiva le loro carriere, forse Nadal e Federer più di Djokovic. L’intensità della rivalità personale tra lo svizzero e lo spagnolo sembra essersi un po’ affievolita e questo, per un apparente paradosso, ha favorito l’aumento della qualità tecnica delle loro sfide, in particolar modo dal lato di Federer, non solo per i progressi tecnici degli ultimi anni ma anche per essersi scacciato qualche pressione di dosso.

 

Alla fine, negli ultimi due giochi della sfida di ieri, Nadal ha complessivamente annullato quattro match point. Il livello sia tecnico che agonistico della partita si è ulteriormente alzato e lo spagnolo ha anche avuto una palla break per inerpicarsi sul 5 pari. L’atmosfera elettrizzante, quasi inebetita, del campo centrale, di fronte all’intensità e alla qualità della partita, sembrava chiedere ancora emozioni e spettacolo.

 

L’andamento del quarantesimo Fedal ha seguito di pari passo quello della passione attorno a queste due figure leggendarie: la qualità delle loro sfide si è incredibilmente alzata negli ultimi anni e le due fazioni sembrano ormai parte di un’unica voce, un unico coro che chiede ancora tanti altri anni vissuti a questo livello e con questa intensità.

 

 

Tags : federernadalwimbledon

Federico Principi nasce nel 1992 e si ammala di sport. È telecronista della Serie C su Eleven Sports Italia. Ha scritto "Formula 1 2016: The review", un libro completo sulla stagione 2016 di Formula 1.

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