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Fare i conti con Inzaghi
11 set 2017
11 set 2017
Il tecnico della Lazio è stato bravissimo a mostrare tutti i limiti del Milan.
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Foto di Marco Rosi / Getty Images
(foto) Foto di Marco Rosi / Getty Images
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Gli ostacoli affrontati dal Milan in questo inizio di stagione non erano ancora riusciti a chiarire la dimensione, e quindi le ambizioni, della squadra di Montella. Niente era ancora riuscito a scalfire l’entusiasmo o a ridurre le aspettative suscitate dalla grandiosa campagna acquisti estiva: 6 vittorie in 6 partite, 15 gol fatti e appena uno subito, una partenza in campionato in linea con le altre squadre d’alta classifica e la qualificazione ai gironi di Europa League raggiunta in assoluta tranquillità. Il livello degli avversari affrontati (Craiova, Shkendija, Crotone e Cagliari) aveva facilitato il percorso e nascosto alcuni limiti nel gioco, normali a questo punto della stagione in una squadra che è cambiata così tanto. Prima della partita contro la Lazio, Vincenzo Montella aveva inquadrato la situazione ancora incerta della sua squadra: «Siamo una squadra del tutto nuova, abbiamo calciatori che si sono allenati insieme pochissimo e quindi siamo ancora un gruppo da capire e scoprire. Sappiamo bene che su di noi ci sono grandi aspettative e finora abbiamo risposto molto bene. Il nostro livello forse nemmeno noi lo conosciamo, dopo Roma ne sapremo qualcosa in più, ma non sarà una partita decisiva per le nostre ambizioni». Anche Simone Inzaghi ha dovuto fare i conti con una piccola rivoluzione estiva, non tanto per la quantità ma per la qualità dei giocatori ceduti: Lucas Biglia e Keita Baldé, due dei più decisivi nella scorsa stagione. Inzaghi ci ha però messo poco tempo a trovare un undici di base: perse per motivi diversi le conduzioni di Keita e Felipe Anderson (che è infortunato e non ha ancora esordito), la Lazio ha ricalibrato il proprio gioco con l’ingresso in squadra di Luis Alberto, le cui qualità nel palleggio hanno contribuito a rendere più ragionato e meno diretto lo sviluppo della manovra. Il lato "forte" della Lazio Il sistema di Inzaghi, sulla carta, non è cambiato nemmeno contro il Milan: difesa a 3 con Wallace, de Vrij e Radu; quadrilatero centrale formato da Parolo, Lucas Leiva, Milinkovic-Savic e Luis Alberto che aveva il compito di generare la superiorità numerica e posizionale necessaria a risalire il campo, specie con i movimenti tra le linee di Milinkovic-Savic e Luis Alberto; Lulic e Basta come esterni a tutta fascia e Immobile unica punta. In realtà i movimenti in campo hanno disegnato un sistema asimmetrico, sbilanciato sul lato sinistro: Luis Alberto, infatti, non si muoveva in maniera complementare a Milinkovic-Savic sul centro-destra, ma sovraccaricava la zona mancina oscillando tra le linee del Milan e scambiandosi di posizione con il serbo. La Lazio aveva così un lato “forte” su cui uscire per costruire l’azione, creando la superiorità numerica e/o posizionale per aggirare il pressing del Milan e risalire il campo, e poteva sfruttare la libertà concessa a Parolo e Basta sul centro-destra per chiudere l’azione o consolidare il possesso nella metà campo rossonera. Il pressing del Milan prevedeva infatti l’uscita di Montolivo su Lucas Leiva, e mentre Kessié e Biglia dovevano occuparsi di seguire Milinkovic-Savic e Luis Alberto, Parolo poteva smarcarsi con assoluta tranquillità nello spazio liberato da Montolivo. La bravura nell’adattarsi al Milan e adeguare le scalate a seconda del lato in cui i rossoneri costruivano l’azione è stato l’altro importante vantaggio tattico costruito da Inzaghi. La squadra di Montella ha impostato l’azione su due linee: la prima formata da Bonucci e Musacchio, la seconda da Biglia, Rodríguez e Kessié (o in alternativa Calabria, il terzino scelto da Montella per sostituire l’infortunato Conti). La Lazio non ha quasi mai contestato il primo possesso al Milan, limitandosi a a lasciare Immobile e Luis Alberto a disturbare (senza troppa convinzione) la costruzione dal basso rossonera, accorciando su Bonucci e Musacchio e provando a schermare Biglia. Il Milan poteva uscire con tranquillità sulla propria sinistra: Parolo doveva scegliere se alzarsi su Musacchio o Rodríguez o pensare a Montolivo alle sue spalle, e di fatto i rossoneri avevano sempre un uomo libero per poter iniziare l’azione.

La situazione tipica quando il Milan impostava l’azione, con la libertà concessa a Musacchio e Rodríguez.

I limiti del Milan Il Milan ha però faticato a trasmettere in zone più avanzate del campo la superiorità guadagnata a inizio azione. A sinistra Borini era controllato a turno da Wallace (e poi Bastos, subentrato al compagno infortunato dopo un quarto d’ora) e da Basta, mentre gli smarcamenti e le scelte col pallone di Montolivo non erano abbastanza efficaci per sfruttare lo spazio alle spalle di Parolo, bravo a gestire la complessità dei compiti difensivi richiesti da Inzaghi e la grande porzione di campo da coprire. A destra le scalate previste dal tecnico biancoceleste potevano essere più aggressive e bloccare sul nascere la costruzione del Milan grazie alla superiorità numerica garantita da Lucas Leiva. Il piano difensivo preparato da Inzaghi puntava innanzitutto a non far arrivare il pallone a Suso, controllato da Radu e Lulic e schermato da Leiva nei suoi frequenti tagli al centro per ricevere palla. Disattivato Suso, per il Milan è stato praticamente impossibile risalire il campo sul proprio lato destro.

L’attenzione dedicata a Suso.

Inzaghi ha messo a nudo i limiti mostrati dal Milan in questo inizio di stagione, nascosti in parte dagli ottimi risultati. Montella sta provando a trasformare i rossoneri in una squadra in grado di controllare la partita col pallone, che costruisce l’azione in maniera sicura da dietro, ma è veloce nel verticalizzare quando arriva sulla trequarti. Se la qualità dei giocatori coinvolti nell’impostazione e gli aggiustamenti adottati da Montella di partita in partita permettono al Milan di portare con sicurezza il pallone fuori dalla difesa, la seconda parte del piano continua a dipendere troppo da Suso. C’è un evidente squilibrio creativo tra il lato destro e quello sinistro del Milan, che non è stato ancora compensato dalle combinazioni sulle catene di fascia, che permetterebbero di nascondere i limiti individuali. Borini e Montolivo non riuscivano a trasmettere in zone profonde la superiorità costruita a inizio azione, e questo ha reso ancora più evidente quanto vada in difficoltà il Milan se a Suso viene impedito di giocare il pallone. I rossoneri sono diventati più pericolosi dopo il 4-0, quando l’ingresso di Calhanoglu ha alzato il tasso tecnico sulla trequarti si è alzato e le soluzioni individuali per rifinire o finalizzare l’azione sono diventate due: i lanci del turco alle spalle della difesa e gli isolamenti di Suso (e poi di Bonaventura, entrato al posto dello spagnolo negli ultimi venti minuti), rimasto più stabilmente largo a destra per puntare Lulic o Radu e provare a servire un assist o a tirare rientrando sul sinistro. Sostenere le proprie ambizioni Il piano ambizioso di Montella, che porta la squadra a stare molto alta nel tentativo di schiacciare gli avversari nella propria metà campo, se non è sostenuta dalla qualità o da meccanismi abbastanza consolidati da non perdere palla sulla trequarti, può trasformarsi in un autentico suicidio tattico a ogni errore. Recuperata il pallone, per la Lazio si aprivano praterie da attaccare in transizione, nelle quali Immobile è diventato praticamente ingestibile, sia per Bonucci che per Musacchio. L’azione che porta al rigore conquistato da Luis Alberto, decisivo per indirizzare la gara, parte da una palla persa da Montolivo nella trequarti biancoceleste che taglia fuori ben sette giocatori del Milan.

Ci sono poi le imprecisioni, ancora piuttosto gravi, quando la palla ce l’hanno gli avversari. Montella ha abbandonato le fasi d’attesa tipiche della scorsa stagione in favore di un atteggiamento aggressivo che punti a recuperare nel minor tempo possibile la palla, sia quando la squadra avversaria imposta da dietro che quando c’è da riconquistare il possesso dopo un errore. Per la Lazio è stato però facile sabotare il pressing del Milan, creando superiorità a sinistra con Milinkovic-Savic e Luis Alberto e sfruttando con Parolo e Basta gli spazi che si aprivano alle spalle di Montolivo. Ma la linea difensiva è stata imprecisa anche nelle fasi di difesa posizionale. Il 3-0 nasce ad esempio da una rimessa laterale della Lazio, con una serie di errori a catena che fa capire quanto sia ancora lontana l’intesa. Calabria si fa saltare troppo facilmente da Lulic, mentre tra i compagni della linea difensiva manca chiarezza sui princìpi da seguire in area di rigore: Bonucci e Musacchio difendono rispettivamente il primo palo e la zona centrale, Rodríguez invece segue a uomo Parolo, che riesce con una gran giocata a far passare la palla tra lo svizzero e Musacchio per spalancare la porta a Immobile. Oltretutto davanti a loro manca la copertura di Montolivo, rimasto alto mentre Borini è costretto a ripiegare per seguire Basta.

Montella, insomma, non è ancora riuscito a costruire un contesto tattico che moltiplichi le qualità dei suoi giocatori (ma con così poco tempo a disposizione sarebbe strano il contrario), finendo anzi per esporne i limiti. Quelli di Bonucci in particolare, messo in grande difficoltà da Immobile sia in area di rigore che a campo aperto. Al netto di una forma ancora lontana dal suo picco, anche un difensore del suo livello non riesce a fare la differenza se le sue qualità non vengono inserite in un sistema coerente. Bonucci è stato anche piuttosto impreciso con la palla tra i piedi, nonostante lo spostamento sul centro-destra gli aprisse il campo per i cambi di gioco sulla sinistra e le verticalizzazioni su Calabria. Passare alla difesa a 3? A fine partita Montella ha ammesso che il passaggio alla difesa a 3 è tra le ipotesi sul tavolo, ma di non avere ancora avuto abbastanza tempo per allenarla. Ovviamente non è la panacea che risolve tutti i mali del Milan, ma può senz’altro contribuire a migliorare la solidità difensiva. Il tecnico rossonero dovrà comunque trovare un modo per far convivere almeno due tra Bonaventura, Suso e Calhanoglu per equilibrare le responsabilità creative sui due lati del campo e alzare la qualità sulla trequarti. Quello del Milan è un progetto a lungo termine che ha bisogno di tempo per compiersi e anche queste battute d’arresto, per quanto pesanti, possono essere utili per capire in che direzione muoversi. All’Olimpico la squadra immaginata da Montella si è vista solo per un quarto d’ora, in cui il Milan ha schiacciato la Lazio nella propria metà campo trascinato da Biglia, capace da solo di blindare la costruzione dal basso, tappare i buchi tra difesa e centrocampo per permettere alla squadra di restare alta, conquistare le seconde palle e tagliare le linee della Lazio. Quando la partita è man mano scivolata nei canali immaginati da Inzaghi, Montella non è stato in grado di trovare i rimedi per ribaltare la situazione e la sua squadra è stata colpita nei suoi punti deboli. Il piano pensato da Inzaghi si è rivelato ancora una volta efficace, mettendo brillantemente in mostra le sue qualità nella preparazione della singola partita e nello studio degli avversari. Nonostante la necessità di ricalibrare il gioco della squadra per far fronte alle cessioni eccellenti, il tecnico biancoceleste è riuscito in pochissimo tempo a trovare un nuovo equilibrio: se riuscirà a gestire il doppio impegno tra campionato ed Europa League la Lazio può puntare quanto meno a consolidare la posizione raggiunta lo scorso anno. Il Milan, invece, è ancora alla ricerca di tante risposte, com'è normale che sia a questo punto dell'anno.

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