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FantaSpalletti
05 ott 2015
Luciano Spalletti sulla panchina del Liverpool. No, del Chelsea. Oppure del PSG. Anzi no, della Juve. No, sulla panchina della Roma.
(articolo)
13 min
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È difficile spiegarsi e spiegare perché l’ultimo allenatore italiano ad aver innovato strutturalmente il gioco del calcio sia rimasto per più di 18 mesi senza una squadra e rimanga ancora oggi disoccupato. Tra i tanti grandi allenatori italiani al momento svincolati, Spalletti vive forse la situazione più paradossale: il tecnico di Certaldo non è stato esonerato per grossi demeriti sportivi (come Prandelli), non è fuggito da situazioni societarie disperate (come Donadoni) e non si è preso periodi di riflessione più o meno forzati (come Montella e Ancelotti).

Sembra, più che altro, che sia rimasto in mezzo a un guado, riuscendo a emergere a livello internazionale, ma non al punto di essere appetibile per un club europeo di medie o grandi dimensioni.

E non sembra che possa reinventarsi modello.

È difficile dire precisamente quanto abbia inciso la sua esperienza allo Zenit San Pietroburgo. Alla corte della Gazprom, Spalletti ha raggiunto buoni risultati—in fin dei conti ha vinto 2 campionati, una Coppa di Russia e una Supercoppa russa – ma di recente sembra uscito dal circuito d’attenzione globale, trasformandosi nel ricordo di sé stesso: la proiezione della sua Roma 2006/2007 che i guru del mercato appiccicano al nome di qualunque squadra che sia in cerca di un nuovo allenatore (persino dello stesso Zenit, ora che anche Villas-Boas sembra essere in difficoltà). Un feticcio da spendere al bar: «Ti immagini questa squadra allenata da Spalletti?».

Al tempo stesso, il fattore economico ha il suo peso, sopratutto psicologico: l’ultimo contratto con lo Zenit segnava quasi 5 milioni di euro netti a stagione e adesso Spalletti è percepito come un allenatore affascinante, ma costoso. Se dovessi compararlo a un automobile, Spalletti sarebbe una Bentley. Con un budget limitato nessuno si comprerebbe una Bentley, il sacrificio economico sarebbe sopportabile solo in cambio di un'automobile dal valore immediatamente riconoscibile, come una Ferrari o una Porsche. Nel caso di grossi budget, invece, la Bentley sarebbe la scelta di nicchia di chi vuole apparire come un vero intenditore, un’automobile da portare al circolo di golf solo per mostrare a tutti quei proprietari di Rolls-Royce l’eleganza dei suoi interni in pelle.

Immaginarsi il futuro di Spalletti sulla panchina delle migliori squadre europee è eccitante e frustrante al tempo stesso, come sperare che un regista di film indipendenti inizi a lavorare con un budget serio.

Nonostante ciò, Spalletti rimane una delle opzioni migliori nel caso in cui una squadra volesse il proprio allenatore durante la stagione. E non sarebbe la prima volta per lui: nella sua prima esperienza di successo, a Udine, venne ingaggiato a marzo del 2001 in sostituzione di De Canio per poi essere esonerato a fine stagione nonostante la salvezza raggiunta (venne poi assunto di nuovo all’inizio della stagione 2002/2003, dopo l’anno Hodgson-Ventura). Oggi, dopo nemmeno due mesi di campionato, le squadre europee dalla panchina instabile sono già tante. Quale sarebbe la migliore per Spalletti?

Spalletti al Liverpool

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Ad Anfield non vedono un allenatore non britannico (a Liverpool verrebbe definito, con disprezzo, oversea) ormai da più di cinque anni. L’ultimo, però, porta con sé dolci ricordi. Fu lo spagnolo Benítez a trascinare il Liverpool a vincere Champions League e Supercoppa europea, gli ultimi trofei di grosso calibro raccolti dai Reds. Ma al di fuori di Rafa, riuscirebbero i tifosi della Kop a sopportare un altro maniaco tattico dalla personalità grigia? Anche, Brendan Rodgers, fresco ex, non spicca per un carisma trascinante e se venisse annunciato il tecnico di Certaldo, i tifosi del Liverpool probabilmente googlerebbero la sua pagina Wikipedia scuotendo la testa.

Anche i giocatori vivrebbero con ansia il passaggio d’allenatore dopo 3 anni passati ad adattarsi alle idee e ai mutamenti di Rodgers, senza contare l’ostacolo della lingua. È vero che l’accento nordirlandese di Rodgers può risultare indigesto persino per un inglese, ma comprendere le “C” aspirate di Spalletti forse sarebbe troppo difficile per ottenere risultati immediati.

Come si dice “Nun ce piace facce cojonà” in inglese?

In campo i cambi inizierebbero già dalla difesa. Spalletti, al contrario di Rodgers, non ama particolarmente i terzini offensivi. Anzi, nella sua carriera ha dimostrato di preferire quasi sempre ottimi interditori bravi nei duelli aerei (adattando più volte dei centrali di difesa come Chivu, Panucci e Criscito). A rimetterci sarebbero soprattutto i due terzini offensivi, Clyne e Moreno, mentre risalirebbe le gerarchie Dejan Lovren, che all’occorrenza ha anche ricoperto il ruolo di terzino sinistro.

Anche a centrocampo ci sarebbero cambiamenti strutturali, con Coutinho che verrebbe definitivamente arretrato sulla linea mediana a gestire il ritmo della squadra. Il brasiliano verrebbe affiancato da un recuperatore di palloni forte e dinamico, come Jordan Henderson o James Milner. Sulla trequarti i veri stravolgimenti: con Joe Allen, maestro nei movimenti senza palla e negli inserimenti, che potrebbe vivere i suoi giorni migliori messo direttamente dietro la prima punta a prendere in contropiede le difese avversarie.

Spalletti, però, si ritroverebbe in grossa difficoltà con l’attacco. Benteke non è certo il suo tipo d’attaccante e il rapporto tra i due potrebbe franare fin da subito. Il tecnico toscano ha bisogno di un uomo capace di reggere l’urto dei difensori avversari spalle alla porta e allo stesso tempo di possedere la tecnica per poter lanciare gli inserimenti dei centrocampisti negli spazi.

Come reagirebbe Benteke a un cambio?

La società dovrebbe accontentare le sue esigenze fin da subito, tornando sul mercato già da gennaio, mentre in estate si potrebbe realizzere il clamoroso ritorno di Mario Balotelli, l’unico con quelle caratteristiche disponibile a un prezzo contenuto, che con Spalletti sboccerebbe definitivamente dando vita al primo falso nove 3.0.

In definitiva Liverpool potrebbe essere una buona piazza per rilanciare Spalletti, ma quanto sarebbe efficace il gioco del toscano in un calcio verticale e fisico come quello inglese? I tifosi avrebbero la pazienza di aspettare i risultati dopo le delusioni degli ultimi anni?

Spalletti al Chelsea

Per presentarsi ad Abramovich basterebbe sostituire “Zenit” con “Chelsea”.

Spalletti arriverebbe ben referenziato a Stamford Bridge: non è la prima volta che la Gazprom fa la fortuna di Abramovich (gran parte del suo patrimonio deriva dalla vendita record di una compagnia petrolifera proprio al colosso russo dell’energia) e il patron russo potrebbe pensare al tecnico toscano per calmare gli animi dopo l’estenuante montagna russa emotiva dell’era Mourinho.

Ma come verrebbe percepito dalla squadra? Tatticamente Spalletti si ritroverebbe una squadra praticamente fatta: Ivanovic e Azpilicueta sono perfetti per il gioco del tecnico toscano e anche il centrocampo sarebbe praticamente già sistemato. L’unica possibile modifica potrebbe essere lo spostamento di Pedro al centro. Con l’importanza data da Spalletti agli inserimenti dei trequartisti, Hazard potrebbe rientrare in quel club esclusivo composto solamente da Messi e Cristiano Ronaldo, come da tempo dichiara Mourinho.

Ancora una volta, il problema di Spalletti sarebbe l'attacco, nella gestione psicologica di un giocatore come Diego Costa. Il nove del Chelsea, se sostituito, potrebbe diventare il portavoce dello scontento dello spogliatoio rispetto ai maniacali dettami tattici di Spalletti.

E il tecnico toscano inizierebbe a soffrire un gruppo di giocatori portati all’esaurimento nervoso da Mourinho e, mancando delle qualità democristiane di Ancelotti, finirebbe per arrivare allo scontro totale.

Riuscite a immaginare cosa potrebbe succedere se giocatori come Matic, Terry e Ivanovic iniziassero a prenderlo in giro? Forse il Chelsea non è l’ambiente ideale per rilanciare Spalletti sui palcoscenici europei.

Spalletti al PSG

Spalletti masochista.

Anche se per il momento Laurent Blanc non è in discussione, a Parigi Spalletti troverebbe un ambiente perfetto: tranquillo, elegante e dalle grandi prospettive. Con quel baffetto sottile che si era fatto crescere a San Pietroburgo potrebbe addirittura passare per francese. La dirigenza qatariota non avrebbe problemi a sostenere il suo ingaggio e lui diventerebbe presto uno degli allenatori più ricchi del mondo.

Anche la squadra si adatterebbe perfettamente alle esigenze del tecnico toscano. In difesa, l’unico possibile cambiamento potrebbe essere l’adattamento di Marquinhos a terzino destro. A centrocampo, Matuidi verrebbe alzato sulla trequarti (à la Perrotta) dietro a Ibrahimovic, affiancato da Di María e Lucas. Sulla mediana, Verratti e Thiago Motta giocherebbero anche infortunati.

D’altra parte che Spalletti provasse un certo fascino per la Francia lo si capiva già da tempo.

Tra Ibrahimovic e Spalletti nascerebbe un’inusuale storia d’amore. Il tecnico di Certaldo troverebbe finalmente il suo archetipo d’attaccante, mentre Ibrahimovic vivrebbe una seconda giovinezza. Lo svedese rimanderebbe il progetto di finire la carriera in Qatar e tenterebbe l’assalto finale all’accoppiata Champions League/Pallone d’Oro che scolpirebbe definitivamente il suo nome nella storia del calcio.

Anche Di María tornerebbe quello di Madrid, trovando nell’architettura spallettiana il suo habitat naturale. Insomma, Spalletti darebbe finalmente risalto ai grossi investimenti arabi, compiacendo la dirigenza dopo anni di cervellotica gestione Blanc.

Ovviamente tutte le metamorfosi comportano dei sacrifici e con la gestione Spalletti molti di quelli che già oggi sembrano rami secchi verrebbero tagliati. Cavani andrebbe all’Arsenal, dove ritroverebbe finalmente il palcoscenico principale. Pastore e Lavezzi invece tornerebbero in Italia alla fine della stagione per fare le fortune di Juventus e Inter.

Nonostante l’improbabilità dello scenario, il PSG potrebbe essere davvero la piazza migliore per la consacrazione di Spalletti, il passaggio definitivo da allenatore di nicchia a star internazionale. Al momento, però, sembra che gli sceicchi parigini preferiscano puntare su allenatori dal carisma forte e determinato, in grado di forgiare psicologicamente una squadra. Spalletti forse non rientra all’interno di questo profilo.

Spalletti alla Juve

Una delle prestazioni più convincenti della Roma di Spalletti fu proprio contro la Juve, un 2-3 nella Coppa Italia 2005/2006.

Molti juventini andrebbero probabilmente in psicanalisi se la società dovesse cercare di rimediare al fallimento di un allenatore livornese che ha fatto le fortune del Milan sostituendolo con uno fiorentino ex-Roma. Ci sarebbero nuove proteste, probabilmente con uova marce lanciate sulla macchina di Marotta e, almeno all’inizio, l’ambiente sarebbe pesante.

Se ciò non bastasse, Spalletti si ritroverebbe con una squadra poco adatta alle sue esigenze di gioco. In difesa Lichsteiner verrebbe probabilmente soppiantato da Cáceres e anche Alex Sandro, almeno inizialmente, perderebbe gran parte del grosso valore economico con cui è arrivato a Torino quest’estate.

Il peggiore cubo di Rubik, però, sarebbe il centrocampo. I bianconeri tornerebbero sul mercato già da gennaio per trovare un vero e proprio regista (dubito che a Spalletti possano piacere gli esperimenti Hernanes e Padoin) da affiancare a Marchisio in mediana. Il sogno sarebbe Verratti (credo non ci sia al mondo giocatore più simile nelle movenze a Pizarro) pallino della società bianconera da anni, ma viste le richieste esorbitanti del PSG alla fine la scelta ricadrebbe su Jorginho.

Khedira verrebbe spostato sulla trequarti, direttamente dietro alla punta, e finirebbe la stagione con 10/15 gol all’attivo. Anche Cuadrado tornerebbe agli antichi splendori, diventando automaticamente un titolare inamovibile. Sulla sinistra, invece, Spalletti dovrebbe adattare qualcuno, probabilmente Pereyra, ma poi finirebbe per chiedere alla società un nuovo innesto.

Il vero problema sarebbe l’inserimento di Pogba all’interno dell’architettura spallettiana. All’inizio il tecnico toscano proverebbe a salvarsi dalle polemiche provandolo falso nove, ma con scarso successo. A fine anno verrebbe ceduto al Barcellona alla metà del prezzo a cui avrebbe potuto venderlo quest’estate, mentre il titolare in quel ruolo diverrebbe Dybala, che con Spalletti potrebbe fare il definitivo salto di qualità da giovane promettente a top player.

Anche Morata all’inizio faticherebbe moltissimo. L’ipotesi ritorno a Madrid, però, svanirebbe dopo l’ennesimo infortunio di Khedira e il conseguente adattamento dello spagnolo a trequartista di inserimento. Ok, questo è un bell'azzardo fantascientifico, ma con gli insegnamenti di Spalletti, Morata potrebbe diventare uno dei giocatori più polivalenti al mondo, formando con Dybala una delle “coppie” più futuristiche del calcio globale.

La Juve, per società e squadra, sarebbe probabilmente la scelta “più semplice” per il rilancio di Spalletti. Ma quali risultati dovrebbe raggiungere per dover essere considerato un grande allenatore? Dopo gli anni di Conte e Allegri, ho l’impressione che i tifosi della Juve siano diventati estremamente esigenti.

Spalletti alla Roma

Tacchi e numeri banditi: panico a Trigoria.

Il ritorno di Spalletti a Roma genererebbe il perenne e ciclico scontro fratricida all’interno dell’ambiente romanista. Alla fine la stessa città è stata fondata in questo modo. I tifosi si spaccherebbero tra gli entusiasti, estasiati del ritorno dell’ultimo allenatore ad aver fatto vincere la squadra, e i depressi, quelli contrari ai grandi ritorni che oppongono la parola “Ancelotti” a qualunque domanda tu gli faccia.

Il maggiore shock sarebbe però per la squadra, passata dall’oggi al domani da un motivatore capo-branco a un tattico cerebrale e calcolatore. Maicon entrerebbe immediatamente in analisi e durante l’anno maturerebbe l’idea di appendere gli scarpini al chiodo. Anche De Sanctis, dopo il gelo sceso in spogliatoio, entrerebbe in una fase cupa della sua vita.

La squadra verrebbe ridisegnata totalmente sotto un profilo tattico. Torosidis diverrebbe il titolare sull’out di destra, mentre la società tornerebbe già a gennaio sul mercato per acquistare un centrale di difesa tecnico e capace di uscire brillantemente palla al piede. Si concretizzerebbe finalmente il ritorno di Benatia, che soppianterebbe sulla nascita l’esperimento Rüdiger.

Florenzi vivrebbe l’ennesima metamorfosi tattica della sua vita diventando trequartista di inserimento dietro la prima punta (e se Perrotta avesse avuto i suoi piedi...). Con Spalletti, il centrocampista di Vitinia esploderebbe definitivamente segnando 20 gol, di cui la metà in semirovesciata volante. Salah verrebbe spostato a sinistra, togliendo il posto da titolare al leader tecnico attuale, Iago Falque. A destra il tecnico di Certaldo avrebbe parecchi più problemi: all’inizio proverebbe Gervinho con risultati modesti, alla fine convincerebbe la società a tornare sul mercato in attesa di Gerson.

Anche sulla mediana si consumerebbe una rivoluzione. Nainggolan sarebbe l’unico sicuro di un posto da titolare, mentre Pjanic e De Rossi finirebbero ripetutamente in panchina. Nel ruolo di regista Spalletti si accontenterebbe di Keita, all’inizio, per poi chiedere l’acquisto di un nuovo giocatore (o il ritorno di Paredes dal prestito all’Empoli). A fine anno il bosniaco si convincerebbe a chiedere la cessione.

In avanti, il dualismo Totti-Dzeko diverrebbe reale. Con Spalletti in panchina, il capitano della Roma si convincerebbe a rinnovare il contratto per altri due anni, ma la condizione fisica continuerebbe a non sostenerlo. Dzeko non convincerebbe a pieno Spalletti, ma la società lo costringerebbe a non sostituirlo.

La partita che tutti i romanisti ricordano quando si parla di Spalletti.

Dalla storia del calcio è difficile trarre conclusioni sull’efficacia dei grandi ritorni. La risposta sta a metà tra due quesiti: quanto Spalletti è adatto alla squadra e quanto la squadra è adatta a Spalletti. Il tecnico di Certaldo riuscirebbe a malleare una rosa costruita con altri intenti? A reggere la pressione della fame di trofei della società?

Qualunque sia la risposta a queste domande, l’unica cosa sicura è che dopo un anno e mezzo di pausa per Spalletti è arrivato di rimettere il cartello “Vendesi” dietro la Bentley, per capire se il valore corrisponde al prezzo. O qualcuno prima o poi la metterà in un museo.

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